Non è il caso di accodarsi ai commentatori in marsina e parrucca che menano scandalo dai disguidi emersi tra Quirinale e presidenza del consiglio, sulla legge di stabilità. E sulla sua mancata bollinatura da parte della ragioneria generale dello Stato ad attestazione delle veridicità delle partite di bilancio e delle coperture.
Il tutto si iscrive nel capitolo insufficienze delle strutture di Palazzo Chigi, affidate a un endocrinologo (Delrio, segretario del consiglio dei ministri), a un dirigente del comune di Reggio Emilia (Bonaretti, segretario generale) e all’excomandante dei vigili urbani di Firenze (Manzione, capo del dipartimento affari legislativi e giuridici). Queste scelte del presidente del consiglio sono manifestazione di grave insicurezza nel padroneggiare collaboratori di serie A, come sarebbero quelli, anche giovani e giovanissimi, che potrebbero essere tratti dal Consiglio di Stato o dall’Avvocatura dello Stato, di sicuro capaci di realizzare le intenzioni di Renzi senza «arrière-pensée» o lentezze. Del resto, tanti suoi predecessori (tutt’altro che incapaci) affidarono con successo Palazzo Chigi a esponenti delle magistrature amministrative. Prima o dopo, ci arriverà, non c’è dubbio, vista la capacità di muovere uomini e strutture con cinica e implacabile decisione.
A questo punto, con le sfide che ha ingaggiato su tutti i fronti, infatti, c’è bisogno, intorno al «premier» del meglio della cultura economica, amministrativa e scientifica.
L’incidente dell’altro ieri dimostra che la sagacia politica e la sagacia di governo sono due cose diverse. Alla prima non necessariamente corrisponde la seconda e viceversa: l’ideale è che entrambe convivano nella medesima persona. In passato, il felice connubio s’è visto di De Gasperi, in Moro, in Andreotti (con il grave difetto dell’assenza di sensibilità strategica), in Craxi e in D’Alema. Quanto a Renzi, mentre è indiscutibile una eccellente capacità politica, c’è da aspettare la maturazione di quella di governo, in netto continuo miglioramento.
Ieri, abbiamo ascoltato il suo discorso al Senato in preparazione del vertice dei capi di governo dei 27 paesi, che presiederà, per la ragione del semestre italiano, da oggi, giorno in cui la Chiesa cattolica celebra il beato Giovanni Paolo II, il papa guerriero.
E abbiamo apprezzato la capacità di collocare in un unico contesto i problemi della politica nazionale, europea ed extraeuropea. Un approccio razionale e sereno, da grande leader, che può aspirare a rafforzare il proprio ruolo nell’Unione, in un momento in cui, a parte la grigia Merkel, interlocutori di spicco non ce ne sono.
Le questioni nazionali, delle quali, vanamente, la Cgil tenta la drammatizzazione, vengono ridimensionate a ipofenomeni di una situazione complessivamente difficile e unitariamente governabile. Nel senso che siamo all’interno di una congiuntura continentale sulla quale non possiamo incidere positivamente. Solo aggravarla se l’avvitamento italiano dovesse continuare.
Quindi, le misure della legge di stabilità, contenute in limiti compatibili con lo sciagurato «Fiscal compact», troppo facilmente sottoscritto da Mario Monti, più commissario europeo che rappresentante italiano, debbono essere sostenute dall’Unione e dalla Bce, per combattere la recessione in corso. Ecco, dunque, le questioni comunitarie, che Renzi ormai maneggia con consapevole abilità, dal mancato collegamento Spagna-Francia con un gasdotto che allevierebbe la dipendenza dalla Russia, all’avanzamento politico-istituzionale, ai rapporti, appunto, con la Russia che deve essere recuperata al concerto internazionale, si tratti di G8 o di G20, per corresponzabilizzarla nella partita che stiamo giocando, dal Medio Oriente (Siria-Iraq), all’Ucraina. I medesimi rapporti tra Poroshenko e Putin vengono chiariti definendo il terreno della possibile soluzione del contenzioso (una Ukraina che rispetti le autonomie e l’identità del gruppo russofono). Salvo il fatto dell’annessione della Crimea che potrebbe essere il prezzo della pace.
È andato, col discorso, anche in Africa, il nostro «premier», segnalando la vastità dei rapporti che l’Italia coltiva nell’Africa nera, e le difficoltà della situazione libica.
Un bel discorso, di quelli che da tempo non si ascoltavano in Parlamento. Se dobbiamo ripetere un confronto, solo Craxi e D’Alema, negli ultimi trentacinque anni, hanno mostrato di saper interpretare e padroneggiare la politica internazionale al medesimo livello del nostro giovane Renzi.
Ha certamente ragione Domenico Cacopardo nella sua rappresentazione del giovane sindaco d'Italia, ma..se si vuole anche noi essere realisti..tutto sembra fermarsi ad un capace modo di esprimersi, dato il fatto che alla messa in prova.. Renzi ha dimostrato solo Di saper parlare per entusiasmare gli animi.
Si ha la netta sensazione che sia messo lì proprio perchè capace di esprimersi col tono di chi entusiasma e infonde speranze. Basterebbe questo per qualificare una politica scadente ed irresponsabile. In realtà anche lui.... da furbo ed intelligente qual'è, sa bene che le reali difficoltà non potranno mai risolversi nel modo con il quale si esprime e che.. anche questa Europa..gli impone. Da qui l'identificazione di una figura che risulta di per sè assai ipocrita e che, per rendersi credibile usa la democrazia come fosse un gioco nel quale.. la prepotenza del suo determinismo.. finisce sempre col prevaricare.
Sicuramente la somiglianza a Craxi è appropriata, ma Craxi era una figura più di statista (malgrado le personali pecche)...Le difficoltà del momento sono ben superiori e tanti economisti sanno bene che senza un sistema che allarga le maglie dei finanziamenti verso le aziende (anzicchè opprimerle) ed uno Stato che apre la strada ad una più libera economia.. attraverso un sistema più keynesiano che imposto dagli schemi di questa Comunità europea, nulla potrà mai risolversi.
I discorsi sono belli ed anche più facili del contesto di una realtà che affligge giorno per giorno la società....occorre ben altro! Occorre lavoro..cantieri aperti..occorre dar fiducia alle iniziative..occorre aprire ad una economia reale più efficiente..occorre un fisco meno opprimente ..etc.. Sono cose che conosciamo bene e conosce anche il giovane premier, il quale gioca separatemente la sua ambiziosa carta di un personale successo..coperto da una politica che sta commettendo un crudele gioco delle parti per mantenere un personale potere sulle poltrone (vedasi la inverosimile staticità di un partito come il PD).
Quindi giusto lodare Renzi per la sua parlantina a 360 gradi..giusto lodarne un certo instancabile lavoro nel correre da una parte all'altra..ma facile anche comprenderne la sua evidente malafede nei confronti di un sistema di democrazia. Difficile apprezzare la sua limitata concezione sul tema del lavoro.. proposta solo in termini di regole, impossibile poter apprezzare riforme a danno dei pensionati, ed infine..non difficile riuscire a decifrarne quella caratteristica ipocrita insita nel suo Dna.
Il paese vuole i fatti, l'economia non può attendere e la democrazia non può più essere mortificata..