Io..almeno non credo di appartenere a quella categoria degli "emarginati dal
fiume della storia e della contemporaneità"..a cui fa riferimento
Domenico che continua a dare credito alla politica del sindaco
d'Italia.
Non è per
partito preso sul fatto di non voler credere ad un rinnovamento,
ma come già ripetuto mille volte in questo Forum, la questione
rimane sul merito stesso di tali riforme: Al di là del metodo assai
poco ortodosso sul quale si è proceduto fino ad adesso.. attraverso
anomalie macroscopiche ed infiniti colpi di fiducia, quello che non
si può accettare è proprio il fatto di relegare un sistema di
democrazia ad un ruolo che non gli appartiene e portarlo avanti con
la naturalezza di una ipocrisia fuor da ogni limite.
Le sensazioni a pelle, formulate da Domenico Cacopardo, relative ad "una
comitiva di nemici dell’ammodernamento di uno Stato intorno al quale sono vissuti e hanno prosperato in posizioni
parassitarie", non giustificano, a parer mio, nemmeno il metodo assai poco democratico
condotto con quell'assolutismo.. tanto osannano dallo stesso
Domenico.
Ma entrando
nel merito e rispondendo ad una domanda che lo stesso Domenico si
pone: Possiamo davvero avere l’onestà di riconoscere che si sia rimesso in moto il Paese con riforme
coraggiose? Chi può sostenere a priori che un sistema
bipolare... in chiara direzione bipartitica.. potrà portare la politica ad un
rafforzamento dei principi di una democrazia? Chi può esser certo che
togliendo di mezzo una Camera.. rendendola non elegibile, si potrà
sostenere un sistema migliore? Chi può credere che il lavoro possa
aumentare per via di una regola che offre solo risorse temporali alle
aziende, ma nessuna certezza sullo sviluppo futuro? Chi può
sostenere che la scuola possa sostenersi attraverso una riforma che
mira ad un adeguamento simile un sistema aziendale, senza curare alcuni
aspetti più profondi del sistema di apprendimento? Chi può mai
pensare che il Mezzogiorno, assai poco considerato da questo governo, potrà ancora avere possibilità di
sviluppo?
Renzi ha parlato tanto di rottamazione..e non ha rottamato per nulla,
ha disquisito abbondantemente sui risparmi e non si è procurato di
riformare sulle cospicue entrate degli onorevoli e le spese della politica, ha sottolineato
l'importanza di un'azione etica della politica e non si è
preoccupato, con opportunità, di non candidare alcune figure....
Sono alcune
delle tante domande che dovremmo chiederci, ma se restiamo immobili
nel considerare che.. chi è con Renzi è un riformatore.. e chi non
condivide il merito di queste sue riforme.. è un gufo...allora siamo
al continuo gioco delle parti che non troverà mai fine! Se poi..con la solita retorica..si vuole continuare a ripetere che questo è l'unico modo per risolvere la questione..allora meglio buttarsi su un regime di dittatura e non fingere più con la "teoria" della democrazia!
Le nuove
proposte di Fabrizio Barca sulla natura del Partito e sulla divisione
tra il ruolo di premier e quello di segretario di Partito (questioni
che nel mio Forum ho già messo in evidenza e trattato diverse
volte) potrebbero essere un inizio migliore per poter dare più
solidità e credibilità a qualsiasi altra operazione di base
riformista.
Per ciò
che riguarda le riforme Grilline..tra cui.. quella relativa ad uno
pseudo reddito di cittadinanza.. ho già detto e scritto in
abbondanza!
Vincenzo
cacopardo
E c’è
una cosa inaccettabile, è il salire in cattedra per attaccare con
argomenti frusti che risalgono all’età della pietra democratica
Renzi e il suo tentativo di mettere in movimento il Paese.
Non che non
abbia risparmiato critiche al nostro primo ministro e su tanti
fronti, dalla scelta delle persone al caoticità delle iniziative ad
alcune insanabili contraddizioni sui contenuti delle sue proposte e
sul suo atteggiamento sulla questione morale. Ma che, dalla riunione
semisansepolcrista di Coesione sociale, una specie di club per
vecchie glorie ormai in panchina e per gente emarginata dal fiume
della storia e della contemporaneità.
Formule e
slogan vecchi e inattuabili, petizioni di principio senza principi
rendono poco credibili per peccato di irrealismo i propugnatori di
una poco plausibile «coesione».
La
sensazione, a pelle, è che si tratti di una comitiva di nemici delle
riforme e dell’ammodernamento di uno Stato intorno al quale sono
vissuti e hanno prosperato, insediati in ricchi parcheggi genere
«authority» o, comunque, in posizioni parassitarie.
«Tutto
meglio che lavorare», hanno detto in tanti a proposito del mestiere
di giornalista e lo si può ripetere per tanti altri lavori che sono
prosperati nel periodo delle vacche grasse, per i quali non c’è
ormai spazio.
Al succo,
la questione è semplice: la società contemporanea italiana non
produce margini tali da consentire le vecchie dissipazioni,
l’esercito di persone che vivono e mantengono le famiglie con la
politica, le legioni di assistiti, di finanziati, di imboscati in
associazioni senza apparente scopo di lucro, ma con concreti scopi di
rapina e furto.
Al di là
della volontà dei governanti, non ci sono soldi per proseguire o per
inventare nuove formule dal reddito di cittadinanza al salario minimo
garantito.
Senza
invocare i sacri padri del liberismo (che hanno sostenuto a ragione
che l’assistenza assopisce e uccide l’iniziativa e l’aspirazione
al lavoro e alla crescita), basta esaminare il bilancio dello Stato
italiano per scorgere un insuperabile disco rosso.
E occorre
aggiungere che le colpe di questa situazione risalgono al passato
remoto, quando iniziò lo scasso del bilancio per le necessità di
una precaria pace sociale nella quale s’era impegnato il governo
Andreotti (1976) dalla nonsfiducia del Pci, all’appoggio aperto
comunista in quello che si chiamò il compromesso storico.
Poi, in
tanti ci misero del loro, ma la risalita del debito pubblico
s’impennò negli anni ’90, con ancora Andreotti e, poi, per le
avventate decisioni del governatore della Banca d’Italia Ciampi
(per una sanguinosa difesa della lira) e ancora dopo, con Berlusconi,
sino alla decisione del duo Prodi-Damiano di controriformare il
sistema pensionistico, aggravandone il deficit.
Ora, giugno
2015, non dobbiamo tacere o nascondere sotto il tappeto gli elementi
critici di un governo e di un premier inadeguati all’attualità.
Ma dobbiamo
avere l’onestà di riconoscere che, nonostante i limiti, hanno
rimesso in moto il Paese con riforme coraggiose che vanno sostenute.
Anche quella della scuola, che ha costituito la pietra dello scandalo
e che è stata evocata dai «coesi sociali», costituisce un passo
avanti, non definitivo, sulla strada per trasformare l’istruzione
da diplomificio organizzato per i professori a opportunità formativa
reale e concreta per milioni di giovani che debbono essere resi bravi
come sono gli altri giovani delle nazioni sviluppate e non.
Non credo
nella marcia indietro di Renzi sul tema scuola. Credo in qualche
aggiustamento che tenga conto non tanto delle necessità reali del
sistema quando della realtà degli schieramenti in campo e, quindi,
del realismo necessario per andare avanti.
Sulla
geometria variabile, infine, mentre nere nubi si addensano su
Angelino Alfano per i suoi rapporti con Castiglione, il
sottosegretario indagato, dobbiamo ammettere serenamente che non è
nelle disponibilità di Renzi procedere a una rottura immediata e
profonda con quel pezzo di Pci-Dc-Pd che è compromesso in Roma
capitale e che ancora controlla vaste zone e vasti ambienti di
militanza dura e pura.
È la
voglia di vedere il Paese in marcia, in ripresa, in rilancio che ci
può far dire che, a dispetto di gufi e di errori, la strada delle
riforme deve essere percorsa sino in fondo. E se l’autista ha una
macchina scassata, una patente fresca, e una scarsa abilità di
guida, è l’unico che ha il volante in mano.
Domenico
Cacopardo