29 lug 2015

una nota all'analisi del consigliere Cacopardo

Perchè meravigliarsi?

Da quanto scriviamo dello sfacelo del nostro Paese?...e non certo per voler apparire gufi, ma per l'evidente situazione politica che non muove passi avanti se non nell'orbita di una abnorme comunicazione di un premier saccente e presuntuoso che continua ad imporre una visione estranea ad ogni realtà.
Per quanto concerne la sicurezza (argomento toccato in modo puntuale da Domenico) la ragione stà anche nel fatto di considerare la nostra democrazia un punto sul quale tutto viene affidato alla libera interpretazione dei cittadini, non tenendo più conto di un indispensabile impegno da parte dello Stato su un necessario controllo preventivo.

Su tutto ciò si muove una giustizia assai lenta, a volte troppo indulgente che finisce col premiare i farabutti. Ma perchè questo nostro Paese ..rimane coperto e seppellito dalla miriade norme fin troppo buoniste ed inidonee che fomentano in qualche modo il crimine?

Uno sforzo fondamentale dovrebbe essere fatto dalla politica per guidare un processo evolutivo moderno più spedito, meno farraginoso... anche verso un coordinamento più utile tra giustizia e sicurezza per meglio avvicinare lo Stato ai cittadini. Quando si parla di sicurezza, in un sistema come il nostro, non si può trascurare l’impegno degli organi dello Stato che, nell’attuare regole a protezione del cittadino, sono spesso costretti a barcamenarsi in un nugolo di cavilli burocratici costruiti proprio in difesa delle libertà: Magistrati, forze dell’ordine e quanti altri preposti alla garanzia della nostra sicurezza, sembrano agire con l’uso di procedure ormai vecchie e con una metodologia poco risolutiva.

La risposta sta nel fatto che non si è ancora provveduto ad una vera riforma che possa rendere equilibrio al sistema di sicurezza dell'ordine pubblico..cioè ..nel Paese in cui regna di continuo il “troppo” in contrasto con il “poco” ... una certa inettitudine delle forze politiche procede pensando che ogni concetto di prevenzione sia un optional nel contesto di un sistema di libera democrazia.

Tagli e sacrifici imposti dall'Europa hanno infine dato il colpo di grazia a questo indispensabile servizio in favore della collettività.

Per ciò che riguarda l'occupazione e gli investimenti gettati al vento messi in evidenza in questo articolo da Domenico, non possiamo che dare la responsabilità ad una certa politica ed a quel suo “modus pensandi” insito nella classe odierna. Una politica che persevera nel ritardo di una essenziale riforma sulla burocrazia che risulta fatale per ogni possibile crescita del paese.

vincenzo cacopardo



un inarrestabile sfacelo....

La sensazione è precisa: quest’Italia è un Paese allo sfacelo.

Tra giugno e luglio ho percorso per lavoro l’Autostrada del Sole da Parma a Roma almeno otto volte. Non ho mai incontrato una pattuglia della Polizia Stradale. Anzi, nel tratto Bologna-Firenze, da qualche anno si poteva constatare che il divieto di sorpasso di camion e di autotreni era rispettato. Ora non più: poiché gran parte dei mezzi pesanti non hanno targa italiana (è noto che diverse migliaia di padroncini hanno «estero-vestito» i loro mezzi), i conducenti se ne fregano e occupano tranquillamente per chilometri la corsia di sorpasso. Ma l'aspetto più inquietante del caso è la totale assenza della Polizia stradale che, ormai, interviene solo in caso di incidente grave.
Anche la situazione dei furti in appartamento e in villa è peggiorata e di molto. Ora i più specializzati sono i georgiani che, insieme agli zingari, detengono il record anche in materia di efferatezza e di aggressioni inutili. La questione è semplice: attiriamo ladri. E non per carenze delle varie polizie di cui disponiamo: in un numero accettabile di casi i responsabili di questi reati vengono arrestati.
Ma la gestione giudiziaria di essi è molle, indulgente. Invece di tenere i ladri in galera e, possibilmente, buttare la chiave (anche per disincentivare questo genere di immigrazione specializzata), nel giro di una decina di giorni i delinquenti tornano in circolazione pronti a delinquere di nuovo e, avendo minacciato i già rapinati, a dare sfogo alla loro violenza bestiale.
Certo, l’autorità giudiziaria è inefficiente per definizione, ma il complesso delle norme buoniste che governa il crimine è inidoneo a contrastarlo. Anzi, come abbiamo detto, un’analisi comparata di pene e condoni, fa ritenere l’Italia il Paese più indulgente d’Europa.
Di sbieco ricordiamo che questo andazzo è estremamente frustrante per gli operatori della Pubblica sicurezza, sempre sull’orlo di durissimi procedimenti giudiziari, mai sugli scudi di un apprezzamento reale e verificabile da parte di coloro che giudicano i delinquenti che popolano la Nazione.
In questo disastro dei fondamentali dell’ordine pubblico, ci si mette pure il più elevato giudice d’Italia: la Corte costituzionale.
Come si si trattasse di un organismo lontano mille chilometri dalla realtà concreta (che è una realtà di difficile gestione, di risanamento coordinato con le autorità europee, di tagli e sacrifici distribuiti tra lavoratori e imprenditori) senza alcuna specifica attenzione alle conseguenze delle decisioni, la Corte, in questi ultimi mesi, ha inanellato una serie di sentenze che hanno dato un colpo mortale alle finanze pubbliche: i vari regimi di blocco delle crescite retributive sono stati dichiarati in tutto o in parte incostituzionali, senza apprezzamenti giuridici delle conseguenze su precetti costituzionali, della mancanza di inflazione (causa tecnica delle progressioni automatiche), dell’emergenza debito e dell’emergenza di bilancio. Il medesimo blocco dei contratti degli statali è stato giudicato incostituzionale, dimenticando che un contratto è il negozio giuridico che deriva da un libero confronto tra almeno due parti. E, in questo caso, una delle due, lo Stato è stata costretta a definire con la legge di bilancio la propria impossibilità ad aderire a una qualsiasi crescita degli oneri per stipendi della burocrazia.
Senza volere esprimere alcun giudizio, constatiamo che questa Corte è presieduta da un magistrato ordinario.
L'autorità giudiziaria, peraltro, usa, come un solerte impiegato delle poste addetto alla timbratura dei francobolli finisce, timbrare tutto ciò che gli capita a tiro, così molte corti si comportano di fronte agli eventi della vita quotidiana, usando il loro potere come un «juke-box» nel quale inserire la fattispecie e dal quale automaticamente fare uscire una sentenza devastante per l’ambiente lavorativo, sociale ed ecologico di riferimento. Occupazione a picco, stabilimenti strategici chiusi, investimenti gettati al vento: nulla importa, solo la cieca applicazione della norma, di norma generica.
C’è una responsabilità della politica in questa situazione: senza parlare della ministra Severino, onusta di glorie professionali e di discutibili decisioni governative, ricordiamo il continuo inserimento nel codice penale di nuovi reati, dalle definizioni, in alcuni casi, così labili da indurre qualche bravo e onesto operatore di giustizia ad acchiappare chi gli capita a tiro, forte di una discrezionalità quasi assoluta. Un ampliamento delle fattispecie attuato con l’inspiegabile consenso di Confindustria, mai scesa sul terreno della contestazione dell’arbitrio fatto legge che regola molte attività umane e imprenditoriali.
Lo sfacelo riguarda, quindi, anche il governo e la politica.
Decine di gruppetti sono in movimento per contestare qualsiasi cosa accada in area di governo. Lo scopo non è quello di impedire qualche scempio, qualche errore, qualche decisione inaccettabile. L’unico scopo che anima le minoranze del Pd, il Movimento5Stelle e gli altri contestatori è uno solo: costringere alla resa Matteo Renzi. Anche se non sanno cosa e come fare dopo, pensano che, come in passato, l’Italia accetterà supinamente ogni nefandezza, ogni radicalismo, ogni ritorno a formule deprecabili.
Abbiamo criticato e critichiamo Renzi: ma consideriamo inaccettabile il metodo delle congiure e delle pregiudiziali, quando è in gioco uno stretto passaggio dal disastro alla sopravvivenza.
Certo, Matteo Renzi non è il politico di cui avevamo bisogno. È, però, l’unico dirigente di partito che ha saputo riporre in soffitta argomenti e uomini del passato, avviando, tra mille contraddizioni, errori e passi indietro, un processo riformista che inciderà su alcune delle rendite di posizione che paralizzano l’Italia.
Più rimarremo ancorati a polemiche senza senso (quella sulla scissione di Forza Italia realizzata da Verdini) meno ci sarà la possibilità di andare avanti con le difficoltà che sappiamo nella riparazione dei tanti sfaceli che si vedono in giro.
E lo scontro politico tra Orfini e Renzi è il caso emblematico della deriva autolesionista che attraversa il Paese e, in esso, il Pd: il prezzo è Roma, la preda uno dei due.
Domenico Cacopardo


nuovo articolo di Domenico Cacopardo su Marino

Oggi, si capirà qualcosa di più, rispetto a ciò che s’è capito su Roma e sul suo sindaco Ignazio Marino. Un professore universitario che, per ragioni mai esplicitate, ha abbandonato l’ambito ruolo di capo di dipartimento in un centro ospedaliero americano (Philadelphia) per abbracciare la politica e il Pd.
Ma già è emerso abbastanza, soprattutto nell’ultimo week-end.
Infatti, sembra chiaro agli addetti lavori che lo scontro in corso non è tra Renzi e Marino, ma tra Renzi e Orfini, il giovanissimo presidente del Pd, commissario del partito romano.
Quando è esploso il caso Roma, Orfini, capo di una delle frazioni exDS, alleato di Renzi, è stato incaricato di mettere a posto il partito della capitale, investito, come il comune, dalla tempesta denominata «Mafia capitale», consistita in una raffica di arresti, di avvisi di garanzia e di sospensioni dagli incarichi pubblici.
La «ratio» e i limiti della scelta di Orfini come risanatore del partito, risiedeva nel suo essere espressione diretta e (relativamente) nuova della realtà capitolina, dopo esperienze di base compiute nella storica sezione Prati e un’elezione in Parlamento ottenuta proprio a Roma.
I limiti della scelta erano costituiti proprio dalla stretta correlazione tra il commissario e il mondo politico che doveva «normalizzare».
Sostengono molti che Orfini s’è mosso bene, coinvolgendo nell’analisi dei vizi del sistema delle sezioni di Fabrizio Barca, figlio di un importante dirigente comunista, estraneo però al partito e al suo tran-tran romano.
La vicenda ha, però, preso una brutta svolta quando Renzi s’è azzardato a dichiarare –più o meno- che Ignazio Marino era giunto al capolinea.
Orfini ha reagito immediatamente e ha cominciato a spendersi in favore del discusso sindaco, allo scopo dichiarato ed evidente di sostenere l’amministrazione in essere rinviando il più possibile un appuntamento elettorale che per il Pd potrebbe significare una clamorosa sconfitta.
Probabilmente, il primo ministro non s’è subito reso conto che si stava innescando un confronto nel quale la testa in palio non era, appunto, quella di Marino, ma la sua, dato che se le sue imprudenti dichiarazioni non avessero avuto effetto, nell’ircocervo democratico, un po’ exPci, un po’ exDc, la sua autorità e, peggio, la sua autorevolezza avrebbero subito un drastico tracollo. Tale, in definitiva, di riaggregare, intorno a Orfini, tutte le minoranze interne e, soprattutto, la palude degli incerti, accorsi in soccorso del vincitore Renzi, ma pronti a mollarlo se un altro uomo forte, con serie possibilità di «vincere» il partito fosse emerso.
È quindi vitale, per comprendere cosa accadrà in politica nei prossimi sei mesi, osservare quale sarà l’evoluzione del caso Roma e vedere se, col sostegno di Orfini, Marino sopravviverà o altrimenti crollerà, lasciando il campo ai renziani di tutte le ore.
Sullo sfondo, ma non tanto, c’è la figura di Franco Gabrielli, prefetto di Roma e autorità cui competeva tirare le somme di un’inchiesta amministrativa attivata subito dopo il manifestarsi dello scandalo.
Con la cautela del funzionario consumato (e del politico capace di sceverare gli interessi in campo), Gabrielli ha trasmesso al ministro degli interni una relazione che non poteva non contrariare il suo sponsor Renzi.
Se, infatti, quest’ultimo si attendeva un rapporto esplosivo tale da giustificare il commissariamento del comune, si sbagliava. La relazione Gabrielli, pur evidenziando le magagne capitoline, sosteneva che Marino era al di fuori del malgoverno e della corruzione. Del che nessuno, in verità, dubitava.
Ciò che la città imputa al suo sindaco è invece un atteggiamento ondivago, incapace di scegliere cosa fare e con quale urgenza, come disporre e realizzare un’ampia purga della dirigenza, insomma quel cambio di passo che era lecito attendersi dopo la devastante esperienza Alemanno.
Perciò, in questa partita che si gioca su più tavoli contemporanei, occorrerà che l’inchiesta e il rapporto Gabrielli trovino la conclusione politica amministrativa che sembra profilarsi: censure aspre che non investono il sindaco e rendono impossibile il commissiariamento.
Insomma, Gabrielli ha mostrato al presidente del consiglio che la realtà non può essere forzata per aiutarlo a realizzare i propri desideri politici e che la pubblica funzione attribuitagli sarà esercitata «ratio veritatis» non secondo la sua utilità.

Almeno, a oggi, queste sembrano le coordinate con cui si può valutare lo stato dell’arte. Coordinate non felici per la politica (azzardata) di Renzi.
In questo gioco, allo stesso tempo raffinato e cinico, chi ci rimette è Roma. Sono i romani. Alle prese con un’amministrazione inesistente, talmente legata al passato (a dispetto delle affermazioni della relazione Gabrielli) da suggerire all’assessore al bilancio Silvia Scorzese di motivare le proprie dimissioni con (tra l’altro) il permanere dell’andazzo di affidare direttamente, senza gara, forniture e lavori. Infatti, secondo la dimissionaria, gli uffici romani lasciano tranquillamente scadere i termini per avviare le procedure concorsuali, in modo da essere legittimati a disporre la continuazione dei vecchi contratti dei vecchi appaltatori.
C’è un particolare inquietante: se è vero (e non c’è ragione di dubitare) ciò che sostiene la dottoressa Scorzese, avremmo una evidente smentita dell’affermazione che, con Marino, sarebbe cessato il vecchio andazzo.
Insomma, un pasticcio inestricabile, nel quale le furbizie prevalgono sulle esigenze della città.

Domenico Cacopardo

28 lug 2015

Congetture spropositate in un clima ormai rovente



Il caso Crocetta sembra non essersi concluso ed appare tutt'ora rimasto appeso in aria.. in attesa di riscontri ed altre notizie che possano ofrire più chiarezza all'accaduto. Nessun'altra dichiarazione da parte dell'Espresso..e ciò ha offerto al Presidente della regione Sicilia la libertà di esprimere tutto il suo disaccordo sui metodi usati da una certa stampa. Crocetta ha finito persino col piangere ed autocommiserarsi per la manovra bassa e faziosa studiata al fine di farlo fuori dalla poltrona di governatore del regno siciliano.

Ma sono in molti oggi ad ostentare pettegolezzi e finire con l'esprimere alcune congetture in proposito, poiché la suddeta storia tanto astrusa e quanto mai incomprensibile... non sembra trovare alcuna spiegazione.

Il più stravagante tra i sospetti è quello che gira nei ristretti ambienti in cui il pensiero politico si spinge a legarsi ad eccentriche strategie. Sono teorie che potrebbero anche potersi prendere in considerazione e che non possono che riportarsi de relata: In tutto questo piano si presuppone possa esservi un disegno voluto dallo stesso Governatore al corrente di questa registrazione già secretata da parte della procura. Per porre la sua figura (in fase calante) su un piano di immagine superiore...si pensa che Crocetta possa aver congegnato un piano al fine di costruirsi un alibi vincente...potendo così dimostrare di essere una vittima di un sistema dei Media e ricavandone al contrario maggior consenso. La notizia all'Espresso potrebbe infatti essere stata inviata dalla sua cerchia..non suffragata da prove certe, ma supportata da un ambiente in cui il presidente stesso potrebbe essere stato il vero portatore di palla. Una notizia che successivamente sarebbe stato facile smentire, ma che avrebbe offerto l'assist avvelenato perfetto.. intrappolando il giornale Espresso in una trama dalla quale risulta tutt'ora difficile venir fuori. Ma si sollevano ulteriori incertezze in proposito che lasciano dubbi su questa eccentrica ipotesi.. vista l'amicizia di Crocetta col suo medico Tutino che, in tal modo, sarebbe stata usata a suo discapito. Tutte le congetture in proposito non trovano ancora oggi una motivazione facile da comprendere. Ma se..invece.. esiste questa registrazione telefonica ..perchè non viene fuori?
Naturalmente non si possono sposare in pieno le tante teorie che giornalmente prendono corpo sulla telefonata di Crocetta.. se non vengono sostenute da prove.. Lasciamo, perciò, ai lettori di questo blog la possibilità di pensare e riflettere su ogni altra possibile teoria in proposito su di un fatto tanto inquietante ..quanto strano ed ancora del tutto irrisolto.

Tuttavia.. non possono esservi dubbi che la singolare teoria sopra esposta.. è il risultato dei veleni che si insinuano nel corso di questa tormentata legislatura. Viene fuori dagli ambienti ostili di una politica regionale ormai allo sbando che avanza in modo sregolato nel percorso istituzionale che vede contrapposizioni interne negli stessi partiti e che non potrà più offrire spazio ad un percorso politico più lineare ed utile. Al di là di un probabile prossimo default finanziario, questa regione non può più insistere nell'inseguimento di un percorso così poco felice per paura di nuove elezioni che potrebbero vedere la vittoria del mov 5Stelle.
vincenzo cacopardo



27 lug 2015

Nuovo articolo di Domenico Cacopardo

Matteo Renzi e il suo governo, peraltro come i governi che li hanno preceduti, stanno gravemente sottovalutando il fenomeno in corso della trasmigrazione di decine di migliaia di uomini e donne dal Sud del mondo all’Italia. Una trasmigrazione che comprende due categorie di persone, abilmente indicate come «migranti» per confondere le idee della pubblica opinione: coloro che abbandonano situazioni di guerra o regimi dittatoriali e coloro che fuggono dalla fame.
Ora, gli obblighi internazionale liberamente sottoscritti dallo Stato italiano ci impongono di identificare tutti coloro che entrano nel territorio nazionale non avendone diritto. Coloro che si dichiarano rifugiati politici debbono essere sottoposti a uno specifico procedimento per la verifica di tale qualità (rifugiati politici) alla fine del quale coloro che saranno riconosciuti «rifugiati politici» saranno ammessi nel territorio italiano e, quindi, europeo.
Tutti gli altri, cioè migranti non politici, debbono essere «respinti»: anche perché esiste, per loro, un altro specifico procedimento che passa attraverso le sedi consolari italiane, che consente l’emissione di un visto (di lavoro) per coloro che presentano un valido contratto. Non c’è nessun’altra possibilità legale.
Questo è lo stato della legge. Certo, le dimensioni degli arrivi sono tali da rendere difficile la sua applicazione, ma questo non giustifica la scelta compiuta dal governo: chiudere gli occhi, non identificare la maggioranza degli arrivati, ospitarli nei centri di raccolta e, infine, stimolarli disperdersi nel territorio nazionale e, sperabilmente, in quello europeo.
Sostiene l’amministrazione dell’interno, a propria giustificazione, che è difficile l’identificazione di questi poveri esseri umani. L’affermazione è deviante. Infatti, se il migrante rifiuta di dare le proprie generalità o le dà false, occorre renderlo identificabile mediante le impronte digitali, possibilmente il Dna, le foto segnaletiche e da ultimo il conferimento di una sigla alfanumerica.
Quindi, l’identificazione che si deve effettuare è rivolta al presente e al futuro in Italia e in Europa e non riguarda un non accertabile passato.
Perciò l’Unione europea è fortemente restia a darci una mano nella gestione di questa povera gente ed è tutta colpa nostra, dei nostri governanti, dei funzionari del ministero degli interni e delle sedicenti (non tutte, ma molte, sempre troppe) organizzazioni umanitarie che spendono le risorse di cui dispongono soprattutto per se stesse e per i propri operatori.
Questo atteggiamento «mite», in realtà corrivo, irresponsabile e fellone, spinge i nuovi arrivati ad avanzare pretese inaccettabili e a manifestare clamorosamente, come è accaduto a Lampedusa, a bruciare i materassi del centro di accoglienza. Operazioni, queste, attivate e coordinate da connazionali particolarmente noti alle autorità di pubblica sicurezza, impedite a intervenire dal timore di ritorsioni giudiziarie e politiche.
Se ci riflettiamo, chi arriva senza averne diritto compie una illegale e non ammessa invasione del territorio nazionale. Un fenomeno che dovrebbe essere ostacolato a termini di Costituzione.
Ma questa è cronaca di questi anni, insieme alla retorica ammannita dai media in una catena di Sant’Antonio volta a difendere e a promuovere il lucro personale dei soliti disonesti.
Un discorso diverso meritano coloro che operano sulle imbarcazioni, militari italiani e di altri paesi d’Europa, che applicano le norme sul soccorso in mare.
Però, la missione militare annunciata con enfasi ed entusiasmo dalla Mogherini e dalla Pinotti, sembra arenata prima di iniziare.
Il contrappasso di questo modo incosciente di governare l’Italia è la paura.
Non il razzismo, ma la paura.
La paura di tutto ciò che turba il normale tran-tran delle nostre comunità, già sottoposto a inattesi stress dalla massa di immigrati orientali che si sono insediati e vivono in Italia, nella stragrande maggioranza, onesti lavoratori.
Ma la paura di questi nuovi arrivi deriva da un complesso di ragioni e come tutti i sentimenti (irrazionali per definizione) deve essere rispettato dallo Stato, il cui compito costituzionale è quello di difendere i cittadini e di rassicurarli, in modo da allontanare proprio le paure ancestrali e attuali che li aggrediscono.
Invece, la paura viene trasformata in razzismo: ovunque la paura si manifesti là c’è un’accusa di razzismo che colpisce chi dimostra la propria paura e, pacificamente, protesta.
Non è questa la strada. Sul futuro roseo e vincente rappresentato, a parole, da Matteo Renzi pesa come un macigno questo problema.
Sarebbe molto più giusto spiegare le difficoltà e i limiti dell’azione di governo. Sarebbe molto più giusto che i pubblici ministeri, i Ros e le altre forze di Polizia indagassero sugli italiani che speculano sull’accoglienza. Sarebbe molto più giusto che il ministero dell’interno si organizzasse per dare una risposta ai richiedenti l’asilo politico entro due mesi (durante i quali gli aspiranti debbono essere ospitati in apposite strutture. Negli Stati Uniti in luoghi di detenzione amministrativa) invece che dopo due anni.
Insomma, l’unica risposta accettabile è il dialogo con i cittadini e il miglioramento dell’attività amministrativa.
Invece, le solite fonti bene informate rivelano una svolta: i problema dell’accoglienza dei migranti sarà affidato ai sindaci e tolto ai prefetti.
Un avviso di disastro annunciato, la sublimazione di «Nimby» (Not in my back-yard), la fine dell’unitarietà ontologica dello Stato per il ritorno alla penisola dei comuni e delle signorie.
La crescita di Grillo e di Salvini, quindi, è effetto soprattutto dell’incapacità del governo di maneggiare la questione.
Senza dubbi né speranze per l’immediato futuro.
Vincerà la paura e l’irrazionalità con effetti devastanti: abbiamo già ricordato il 1922.

Domenico Cacopardo

24 lug 2015

Crocetta e Marino: figure incompiute di una identica politica

di vincenzo cacopardo
Dopo un cilclone si ritrovano tutti incollati sulle poltrone! 
Una chiara “inversione di rotta”, dopo le minacce da parte delle opposizioni di sfiduciare il presidente Rosario Crocetta. Con il solito pretesto del senso di responsabilità ..simile a quello del premier Renzi, ed il bisogno di procedere verso le essenziali riforme, Crocetta pare aver persuaso i suoi avversari e chiunque fosse distratto dalle recenti accuse diffamatorie ancora da verificare.

Sappiamo ormai che Crocetta per difendersi..usa il classico metodo di alzare il tono della voce.. se pur nella confusione delle parole che riesce a tirar fuori..(a volte incomprensibili ed espresse con la manifesta mancanza della consonante "d"..confusa ripetutamente con la "t") Rosario Crocetta afferma categorico di non dimettersi e pone la fiducia proprio di fronte al Parlamento siciliano che oggi appare quanto mai coinvolto negli interessi delle proprie comode poltrone. Il governatore però non omette di dichiarare che la vera minaccia per lui arriva dalla capitale e proprio dal premier Renzi, il quale intervenendo col suo solito fervido pragmatismo, afferma che il Presidente siciliano deve dimostrare di esser capace di governare. Parole che offendono il governatore che fino a poco tempo prima sembrava aver sposato in parte alcuni programmi con il suo partito.

Si sa bene quanto possono essere dannose queste lotte con il governo centrale... quando ancora vi sono da concludere accordi sulle risorse che lo Stato deve risconoscere alla Sicilia. (Risorse che riguardano soprattutto i temi scottanti dei forestali e della formazione). Se l'intervento del governatore nella sala del Parlamento sembra aver preso l'attenzione delle opposizioni...non è ancora altrettanto chiara una loro futura reazione: Chiusa questa partita delle riforme..si vedrà se si sarà trattato di interessi per il territorio o di partito. Tutto per adesso sembra differito verso la prossima Primavera.

Ma al di là del ciclone scatenatosi sulle intercettazioni telefoniche di Crocetta con il suo medico Tutino (tutte invero ancora da verificare)..per quel che riguarda la sanità..sembrano evidenziarsi grossi problemi di bilancio sui costi e la spesa di questo assessorato. Pare infatti che dal 2008 al 2015 – il costo della sanità sia stato superato di oltre un miliardo ( 9 miliardi di euro all’anno, rispetto ai quaisi 7) 

In 33 mesi di gestione della presidenza Crocetta non sono bastati tre rimpasti, 37 assessori ed una dozzina di vertici di maggioranza per capire come procedere. Ma quello che in realtà bisogna rimproverare a Crocetta e qualche suo predecessore è il fatto che la stessa regione si è fermata.. non è cresciuta di niente...anzi, in verità, è caduta in uno stato di impoverimento senza alcuna speranza. 

Bisognerebbe comprendere che governare una regione non vuol dire solo fare pulizia ( come insiste facendosene una bandiera Crocetta) ma anche saperla fare crescere attraverso misure che guardino all'innovazione soprattutto coincidenti con gli interessi del proprio territorio. Le azioni di uno sviluppo non possono mai arrestarsi sotto la guida di chi ritiene di vigilare come fosse in seno ad una caserma, ma operare a favore di un rinnovamento per una crescita che necessita di idee politiche lungimiranti. Per far ciò occorre circondarsi di personalità particolari e capaci..non solo oneste..che già di per sé rappresenta una precondizione naturale.

Il caso di Marino, per altri versi, viene oggi messo alla ribalta allo stesso modo poichè egli rappresenta la figura che, se pur integralmente onesta, non ha dimostrato di saper condurre..un'amministrazione. Una differenza sostanziale separa Crocetta da Marino: L'uno.. pare aver operato per una pulizia scordandosi di uno sviluppo ..l'altro a cercato uno sviluppo in un ambiente in cui non è stato capace di fare pulizia...In ambedue figure non si scorge comunque un'innovazione sia politica che amministrativa.

Di tutto ciò sembra consapevole proprio il Premier Renzi che..trae opportunità per rimproverare ambedue ..ma non determina alcuna azione in proposito: La paura di nuove elezioni che potrebbero vedere salire il mov 5 Stelle... lo vedono bloccato per motivi di partito( altra anomalia dovuta dal suo doppio ruolo). La sua critica sulle due figure... è giusta, ma rimane racchiusa nella ipocrisia politica di chi ancora una volta resta spettatore consapevole ed opportunista.


22 lug 2015

La spossante staffetta che non lascia intravedere un traguardo sicuro


Da Berlusconi... a Renzi..
di vincenzo cacopardo

Se da un lato "Il 54% degli italiani dichiara di non volerne sapere più di questa politica e di non intendere più andare al voto...da un altro lato una considerevole percentuale manifesta inquietudine su certi piani fiscali esposti del sindaco d'Italia-premier che, con le sue continue promesse, pare voler prendere in giro i cittadini.

Nel frangente ...il Cavaliere si attiva ancora una volta sul piano politico, malgrado i suoi guai giudiziari, sottolineando la rabbia degli elettori che oggi votano solo per protesta: Per Berlusconi il voto non mira più ad una vera astensione, ma viene indirizzato verso i Salvini ed i Grillo di turno. Per l'anziano leader politico, che continua ad incantare un certo elettorato, non si possono chiudere gli occhi e fingere di non vedere che oltre ventimilioni di cittadini non vanno più a votare. A tal proposito parla ormai di un' “Altra Italia” . Per lui è l'idea nuova.. come lo fu allora per Forza Italia. Una forza politica che dovrebbe essere costituita da figure nuove.. non professionisti del settore. Berlusconi accenna a una ipotesi di governo composto da 20 saggi che possa rispettare e dar corso ad un nuovo programma. Per lui questa rappresenta una sorta di crescita dopo che il suo vecchio partito sembra essersi sbriciolato.

Ma quello che per lui appare quasi una rivoluzione... non sembra affatto una idea, poiché rimane legata sempre ad un processo costruttivo di una politica contrapposta e se le idee si limitano ad essere quelle di facciata..come ad esempio cambiare nome o figure..l'innovazione non potrà mai scorgersi. Berlusconi contiua a non accorgersi che il testimone lo ha già passato a Monti e che questi lo ha passato a Letta che infine lo ha ceduto a Renzi.. e che la sua corsa in staffetta è già da tempo terminata..

Sembra strano..ma in questa interminabile corsa... nessun politico accenna mai ad una ricerca o a studi teorici che possano davvero essere la base per una rivoluzione politico istituzionale al fine di rendere più funzionale il percorso....Nessuno si spinge oltre i confini di un sistema che blocca ogni idea, restando imprigionato nella propria presunzione. Così si continua a restare incatenati ad un vecchio modo di leggere la politica attraverso personaggi come Berlusconi che insistono con progetti di cambiamento che riguardano solo una facciata..Sono ormai in molti a pensare che il Cavaliere sia stato cancellato dall'impetuoso Sindaco d'Italia. Un premier che pare marciare spedito verso un traguardo.. portando in mano il testimone.

Ma il traguardo per Renzi è di sicuro a rischio..I suoi elettori non gli credono più come una volta.... e la promessa di tagliare 50 miliardi di tasse in cinque anni sembra essere stata presa in considerazione solo dal 30% degli italiani. Il 70% pare invece non credergli affatto. Queste promesse con fini propagandistici..che potrebbero far salire l'indice di gradimento di tali personaggi, non rendono alcun sostegno ad una vera politica che meriterebbe maggior considerazione in direzione di un utile cambiamento.. sia sul piano organizzativo che sul merito.

Continueremo dunque a avanzare e far procedere tali personaggi prodighi di una falsa comunicazione e privi di iniziative più valide ed utili idee innovative?



21 lug 2015

RICORDATI NELLA MEMORIA...ABBANDONATI NEL CORAGGIO


Coinvolti ed immersi in una città allora incantevole..rimanemmo distratti e disorientati.. seppur ostili ad ogni gesto di mafiosità. 
di vcacopardo

E' inutile negarlo..in tanti fummo estranei agli atti coraggiosi dei due magistrati uccisi dalla mafia! Lo fummo, non per contrastare intenzionalmente la loro opera, ma perchè disattenti e coinvolti in altre faccende...distratti da una città che ci regalava il bel mare di Mondello, bellezze naturali e profumi incomparabili….Cittadini disattenti pensavamo che questi problemi appartenessero solo e soltanto alla politica e che fossero opportunamente gonfiati ed usati per contrastare l'avversario.
In tanti si pensava anche che l'argomento “mafia” fosse qualcosa di quasi congenito, formatosi nella cultura della nostra società, che restava impossibile da contrastare. Questa mentalità faceva si che in tanti ..più o meno benestanti... se ne stessero alla larga..avendo chiaro il concetto che l'argomento non dovesse entrare ad invadere la quiete del proprio spazio sociale. Il coraggio eroico dei due magistrati appariva come inutile...una battaglia contro  un nemico nascosto molto più forte ed indomabile.

Eravamo circondati dal malaffare e da una deleteria mentalità e ne restavamo interiormente estranei!..Fummo egoisti ed egocentrici..ma anche inconsapevoli...e se una colpa abbiamo avuto è stata sicuramente quella di non esserci calati nell'argomento con più impegno...un po' per inquietudine.. ed un po' per la mancanza totale della presenza di quelle istituzioni che ci avrebbero dovuto accompagnare a reagire e che non lo hanno fatto. D'altronde lo stesso Borsellino affermava che aveva vissuto gli anni della sua giovinezza in un contesto in cui si esaltavano quelle figure prepotenti dei quartieri.. sempre pronte a dimostrare i particolari gesti di mafiosità: Apparivano un pò gli eroi arbitri in un contesto in cui lo Stato e le sue istituzioni avevano lasciato campo aperto. 

L'assenza di uno Stato ha fatto la sua.. sia nell'esercizio della prevenzione e nel controllo del territorio..che nella mancanza di un insegnamento da parte delle scuole e dei luoghi predisposti all'informazione.

Insomma..comunque si voglia rappresentare…questa nostra cultura, era frutto della poca consapevolezza... avendo anche qualche piccola attenuante...poichè tanti di noi affrontavano la vita con la forza dei propri sogni.. contornati da una bellezza naturale che, ai tempi, sembrava davvero incomparabile. Se oggi possiamo e dobbiamo fare un'autocritica.. volendo essere obiettivi…potremmo guardare al passato identificandoci come spettatori ignoranti e passivi. Un’assenza fisica, ma anche culturale.. che ha finito col coprirci gli occhi ed ingannarci su quella lotta in contrasto alla crescente cultura mafiosa.

Ci davano fastidio i gesti ..le scorte..le auto che sgommavano..ci dava fastidio il teatro che vi era intorno, ma non guardavamo in profondità nel merito un problema di enorme caratura che andava a sconvolgere l'assetto di un territorio quasi condizionato dalla prepotente organizzazione...Ma chi doveva istruirci? Chi avrebbe dovuto informarci meglio..quando la stessa informazione veniva manipolata persino politicamente a favore o sfavore dai partiti?... Quando si propagandavano e si contrapponevano pensieri ed ideologie politiche che finivano col sottovalutare e distrarre dall'argomento dominante di quella prepotenza espressa contro le istituzioni.


Abbiamo assistito a miriadi di omicidi di alte e meno alte figure istituzionali..abbiamo subito l'arroganza di poteri costruiti sul malaffare...Fummo ignoranti ed inconsapevoli, ma anche abbandonati dalle istituzioni che sottovalutarono il fenomeno impedendoci di osservarlo col giusto spirito critico, non dandogli il corretto peso.

Eravamo in crescita e quindi anche meno attenti..a differenza di oggi.. dove l'austerità e certe problematiche sociali.. ci spingono a valutare ogni fenomeno con molta più attenzione!
Quando si dice che la storia deve potersi leggere ed analizzare col tempo!... Troppo sangue versato prima di intervenire..e ciò ci spinge ancora a riflettere... Oggi dopo oltre vent'anni dalla morte di questi coraggiosi servitori dello Stato..tutto appare diverso e più chiaro..come diversi appaiono gli interessi dei gruppi mafiosi che sembrano operare in modo differente. Ma di sicuro diverso è il nostro modo di pensare e di leggere quel passato...
Quella di Falcone e Borsellino rimane una storia triste ed amara che ha avuto solo in ritardo la giusta attenzione nel risveglio mentale dei tanti che...hanno finalmente percepito l’importanza di questa piaga che ha afflitto il Paese. 

20 lug 2015

i sistemi restrittivi di una fragile politica

di vincenzo cacopardo
Quello che si vorrebbe far comprendere.. a chi ritiene che il“bipartitismo” possa essere un sistema sicuro...e' il fatto che si pensa di poter costruire un percorso di rappresentanza politica stabile..senza poi  riuscire a fornire il giusto sfogo ad un sistema di compiuta democrazia. 

La domanda rimane questa: Come si può pensare di poter spaccare in due un pensiero politico..quando questo è dettato da principi che non potrebbero mai ammettere chiusure e limiti? Insomma...come dire: devi scegliere tra il nero o il bianco!...Trattandosi di principi, di cultura, di sociale e di etica..non si potrà mai evitare di riflettere: Se su alcuni pensieri si può essere d'accordo con una parte..non è detto che non si possano sposarne altri dall'altra.. 

Non esiste una verità assoluta, ma nemmeno può intimarsi una chiusura che impedisca in modo così determinato una posizione: E' proprio la netta separazione che tende ad irrigidire un modo di pensare.. che in realtà.. non dovrebbe mai rendersi inflessibile..poichè contrasta in modo netto con un utile principio di democrazia. Un sistema che.. da una parte...sembra studiato ad hoc per chi pretende di assurgere ad un fine governativo e..dall'altra..  pare adattarsi assai bene per chi vuol restare ancora succube di un tale metodo! 

Per un proporzionalista come me ..risulta improponibile ogni visione politica impostata su un simile sistema che continua a generare solo inutili contrapposizioni senza limiti: Posizioni rigide evidenziate in una serie di azioni e reazioni scatenate proprio dall'assolutismo imposto dallo stesso criterio e modo di pensare. 

Sappiamo bene che in moltissimi Paesi esistono tali sistemi inflessibili in favore di tale metodo per porre stabilità ad una governabilità al fine di farla procedere sicura e senza impedimenti, ma non si sottolineano mai i risvolti negativi che bloccano in modo deciso ogni dinamica e lo sviluppo di una politica di base che dovrebbe restare libera e più aperta: Tali regole mettono forse in luce alcuni lati positivi, ma finiscono col nascondere diverse impurità ed i grossi margini di una democrazia poco corretta.

Quando si guarda al nostro sistema di democrazia, sarebbe opportuno, dapprima, fissare l’attenzione sul momento di passaggio che questo muove in direzione di una governabilità. Un passaggio logico che, in teoria, dovrebbe vedere nelle elezioni, il vero funzionamento di costruzione di un impianto in favore dei cittadini e che, al contrario, finisce col non tener conto del loro pensiero. Se a questo aggiungiamo il metodo duro e limitativo dei sistemi bipolari e bipartitici, possiamo ben comprendere come non potrà mai completarsi in modo utile ogni progetto di democrazia intesa come "governo del popolo". Ma possiamo avere la piena convinzione di come..tali sistemi... esistono solo per la determinazione di una governabilità più comoda e sicura ...e mai edificata dal basso...Un limite sul quale pochi sono oggi disponibile e confrontarsi!

La crisi del sistema nella debole politica delle figure


di vincenzo cacopardo
Quello della Sicilia è l'appendice di un problema che riguarda il fenomeno del mezzogiorno ..Quello del mezzogiorno riguarda l'intero nostro Paese che ha trascurato le valide iniziative per un suo naturale sviluppo...Quello Nazionale rimane un problema ormai legato all'Europa ed alla globalizzazione...Ed infine.. quello internazionale parte da una questione di crisi di tutto il sistema mondiale.

Pensare che in Sicilia..come nella nostra Nazione... possa cambiare il percorso politico attraverso una figura, equivale a non aver ancora intuito il pericolo di quel meccanismo che ci imprigiona e che condiziona un percorso politico più sicuro e funzionale.

Quando alla Sicilia si tolgono le potenziali possibilità di sviluppo costruite sull'agricoltura ed il turismo ed all'indotto che vi gira intorno..non approntando efficienti reti di trasporto ed utili infrastrutture... e quando nell'intero Paese si viene condizionati da sistemi e parametri innaturali che bloccano l'essenziale valore sulla quale si è costruita per anni una qualità, ci si potrà scordare di essere competitivi e quindi di svilupparsi in modo consono ed adatto…La crisi è sicuramente sistemica ed andrebbe combattuta contro un criterio che blocca un naturale procedimento di crescita costruito su valori ed idee personali.. legate ad un contesto territoriale e culturale.

Le speranze di crescita restano solo un mito al di là di ogni tentativo di voler far credere ad uno sviluppo attraverso formule e formulette dettate da ogni premier che avanza le abituali proposte per fronteggiare la ripresa: Questa è in sè la vera ragione per la quale costoro possono essere identificati come i sostenitori di una politica falsa ed ipocrita. 

Se nel Mezzogiorno ..territorio più povero, ma potenzialmente ricco di naturali risorse ...occorrono precise ed adatte infrastrutture, per l'intero Paese sarebbe opportuno lottare a difesa del valore principe che lo ha fatto crescere..ossia quella particolare qualità.. unità alla naturale genialità che nel passato lo ha sempre messo in luce. Ma sia l'uno che l'altra appaiono bloccate da un processo di sviluppo che segue illogiche strade semplificative e appianate da incomprensibili parametri.

I valori..ormai del tutto trascurati.. potrebbero, al contrario, spingere ad una trasformazione dello stesso sistema che non può più identificarsi in quel meccanismo costruito su una competitività finanziaria tendente ad escludere un più naturale processo di economia reale. Il problema principale sta nel fatto che la politica non si è mai veramente interessata a regolamentare il sistema finanziario e bancario. In teoria si può affermare che una delle principali cause della povertà sia dovuta alle banche, ma ciò non sempre rispecchia la realtà, anche perché le motivazioni dei fenomeni come la povertà sono molteplici e molto più legate a cattive scelte politiche.

La politica del nostro Paese ha sempre preso la strada più breve, comoda e meno impegnativa dell’esterofilia, agganciandosi ai sistemi finanziari Americani e dei paesi più ricchi, dimenticando l’approfondimento della problematica anche in relazione al tema sociale e culturale... dimenticando il pericolo imminente di un possibile default. L’indirizzo politico degli istituti bancari del nostro Paese sembra non aver mai preso alcuna strada in proposito: Mai una economia di crescita in linea con la realtà, nessun impegno adeguato verso un intervento a favore dello sviluppo reale delle aziende.

Da qui si evidenzia la responsabilità di un sistema che deve potersi cambiare a favore ed a sostegno di una vera economia e delle esigenze di una società più equa. Ma pensare di poter cambiare ciò solo attraverso la rigenerazione di nuove figure non è sufficiente.

Al di là degli ultimi avvenimenti politici accaduti alla regione Sicilia che vedono coinvolta la figura del presidente Crocetta..i molteplici problemi che interessano la politica di questa isola sono legati al metodo attraverso il quale si procede verso un percorso politico vecchio e stantio che continua e continuerà a premiare la politica degli interessi e dei ricatti ..ma non di certo una funzionalità a beneficio della cittadinanza..Crediamo davvero che una figura diversa potrà risolvere tutto ciò ..se non si cambia il meccanismo con il quale si continua a procedere? Per la nostra Nazione..il problema rimane identico ..ed è davvero inverosimile non accorgersi di come si possa restare bloccati..senza reagire, da una visione poco attenta di un'Europa che costringe il nostro Paese a comprimere le nostre risorse qualitative per un'evidente sistema che premia interessi valutati solo per numeri.
Più che un tentativo di crescita....sembra l'epilogo di una società che pare volersi consumare in modo alquanto masochista.  

19 lug 2015

la disinvolta comunicazione di un premier ipocrita e disgregatore...


Quello che veramente di copernicano esiste nell'opera di Renzi è la presunzione di pensare di poter mettere la sua figura..come il sole.. al centro dell'universo.
di vincenzo cacopardo

Il furbo sindaco d'Italia insiste e... con estremo opportunismo, prendendosi il tempo strategico di cinque lunghi anni, annuncia la sua rivoluzione copernicana.

Come tempo fa parlò dei mille giorni..oggi si ripete..allungando i termini ed aggiungendone cinque... Il suo atteggiamento.. di matrice berlusconiana.. studiato opportunamente per poter incassare preferenze, non contraddice un percorso fatto di continui annunci ed inverosimili promesse. Persevera nell'additare i soliti gufi contrari che non gli hanno ancora permesso di procedere più speditamente nell'opera riformista e pone esempi come quelli degli ottanta euro, dimenticandosi di specificare che tali costi dedicati solo ad una fascia di impiegati...sono ricaduti su altre tasse imposte dagli enti locali.

Il suo nuovo progetto prevede per il 2016. di togliere IMU e Tasi sulla prima casa. Per il 2017 l' Ires. ..e badate bene: solo nel 2018 (lontano a venire) diminuire Irpef e aumentare le pensioni minime: Per un caso non difficile da intuire queste due voci appaiono solo nel 2018..come promesse lontane per attrarre consenso da una fetta consistente dell'elettorato..Ma promesse sempre rimangono.. ed intanto con queste.. potrebbe andare al voto..forte di un impegno che potrebbe non realizzarsi mai.

Un impegno di 50 miliardi di euro di riduzione tasse in cinque anni. Con questo annuncio...Renzi rottama l'idea del Pd come partito delle tasse cercando di restituire fiducia agli italiani e, persino, competitività all'Italia. Ma questo premier, malato di annuncite..per rendere più plausibile la sua promessa è costretto a sottolineare che la riduzione di queste tasse, dovrà essere fatta mantenendo il rispetto dei parametri di Maastricht e del 3%, per una questione di serietà con i mercati e con l'Europa. In chiusura non manca la carezza ipocrita verso il Paese scandita da queste parole "Lo abbiamo fatto, lo stiamo facendo, lo faremo assieme a chi vuole bene all'Italia, con buona pace dei gufi e dei disfattisti".

 G.B. Shaw affermava che l''ipocrisia e l'omaggio che la verità rende all'errore.... 
Quindi la domanda scontata che potrebbero porsi i cittadini è: Ma se anche noi, in considerazione del mostruoso debito pubblico, dopo le continue raccomandazioni ed i limiti imposti dalla Comunità Europea, siamo costretti da un regime di austerità, come potremmo mai fare fronte a tali promesse di riduzioni fiscali..se non attraverso altri artifici nascosti che ricadranno come macigni su noi stessi?

La continua insistenza contro i gufi ed i disfattisti la dice lunga su come Il sindaco d'Italia si appoggi di continuo a tali congetture per dare maggior forza al suo percorso attraverso una studiata e voluta contrapposizione tra i bravi ( che lo osannano) ed i cattivi ( che non possono nemmeno permettersi di criticarlo).   

interessante articolo di Domenico Cacopardo sulla Sicilia

È inutile illudersi: la Sicilia è irredimibile e il suo destino è legato in modo indissolubile all’ipocrisia, alle mezze verità, alle mezze bugie di un contesto sociale assuefatto e complice della criminalità specifica dell’isola che si chiama mafia.
Lo riscontriamo in ogni viaggio nell’«amata terra» che, ogni volta, diventa odiata, per le palesi falsità di amministratori, politici, professionisti e gente comune, tutti felici nel bozzolo di un’applicazione della legge personale e opzionale.
Ma l’aspetto più inquietante di questa società è che non sai mai con chi hai a che fare: se, veramente, è quello che dice di essere, un cittadino esemplare dedito alla legalità, o un doppio agente del crimine, capace di ascoltarti e di utilizzare un semplice colloquio per le sue personali mene.
Non sostengo che, in Sicilia, sono tutti mafiosi. Sostengo che la società ha metabolizzato il fenomeno, ha imparato a conviverci e a utilizzarlo per i propri interessi utilitaristici, si tratti della fornitura in nero o del piccolo abuso, non rilevato dal comune in quanto con l’atteggiamento indifferente e complice l’interessato s’è conquistato la sua piccola fetta di impunità.
A parte, ci sono coloro che della lotta alla criminalità hanno fatto una missione di vita. Una scelta coraggiosa che, spesso, comporta un eroismo, incompreso: oggetto di critiche e di isolamento.
Sulla piazza, quindi, esistono coloro che non chiudono gli occhi, che sono fedeli al motto (tanto, troppo in disuso) «tra legalità e illegalità non sono possibile compromessi», che testimoniano l’inquinamento degli enti locali, dei partiti, di alcune organizzazioni sociali, che non accettano che anche le piccole comunità ospitino trafficanti e «pusher» di droga, che non subiscono le quotidiane intimidazioni. E ci sono magistrati che, come gli «Arditi» della Prima guerra mondiale, rischiano quotidianamente la vita (o la perdono come Chinnici, Falcone e Borsellino e tanti altri) sapendo di rischiarla per un principio per un dovere per una Nazione che ritengono, giustamente, nonostante tutto, Patria.
In giro, in quegli stessi luoghi nei quali la mafia governa per interposta persona o direttamente, di norma non si commemorano i caduti di mafia. Ma quando gli amministratori sono più raffinati nell’ipocrisia, lo fanno, invitando a partecipare i cittadini di rispetto, quelli con i quali una persona normale non vorrebbe incontrarsi in un qualsiasi bar.
Ecco, in questo ambiente complesso e tragico, viene in luce (l’Espresso) una telefonata tra il dottor Matteo Tutino e il presidente della regione Rosario Crocetta, nel corso della quale il sanitario affermava: (Lucia Borsellino) «va fermata, fatta fuori. Come suo padre.»
Più che uno scandalo, l’affermazione di una complicità, di un’intesa intollerabile, in Sicilia come altrove.
Non abbiamo ragione di ritenere che la rivelazione dell’Espresso non sia fondata, nonostante una smentita che non esaurisce le possibilità che il documento, segretato, sia effettivamente esistente.

Come sempre, molti si stanno spendendo a favore di Crocetta, nell’illusione di una antimafiosità che la telefonata smentirebbe in modo clamoroso.

Ma l’onorevole Giuseppe Lumia, Pd, regista della giunta siciliana, merita una risposta: non ha alcun rilievo stabilire se Crocetta abbia ascoltato o meno Tutino. È grave che Tutino si sia permesso di esprimere l’auspicio stesso: trattandosi di un professionista affermato, risulta evidente che se ha detto (Lucia Borsellino) «va fermata, fatta fuori. Come suo padre.», lo poteva dire per il livello di confidenza e di amicizia con Crocetta.
«Et de hoc satis» (basta): non può esserci dubbio né perdono per un personaggio del genere. Salvo esigenze di cordate e di solidarietà inaccettabili e inquietanti.

Domenico Cacopardo

17 lug 2015

Con Crocetta la Sicilia sembra precipitare sempre più!

La Sicilia..terra nella quale cultura ed intelligenza politica si disperdono
di vincenzo cacopardo


Una terra nella quale.. la stolta politica degli interessi politici e degli inganni continuano a segnare il tempo e nella quale non sembrano venire fuori figure alternative più fattive ed integre a beneficio di un utile sviluppo. 
Il nuovo patto del Presidente siglato col Premier Renzi sembra dissipare enormi risorse per la nostra terra. Dopo la Grecia potrebbe essere la nostra isola a fallire: un default sicuramente spinto dalla carente amministrazione di chi ancora sembra imporsi con presunzione e senza una adeguata visione verso il futuro dell'Isola di nessuno.

E' ormai nota a tutti la legge approvata dal Parlamento siciliano che stabilisce che il decreto legislativo n. 118 del 2011 verrà applicato quest'anno in tutti i Comuni della Sicilia. Non è nemmeno confutabile la possibilità di un fallimento dei tanti comuni, che soccomberanno per una scelta tanto scellerata..quanto illogica. Se a tutto ciò introduciamo la naturale difficoltà che tutto ciò produrrà sulla stessa riforma delle Province che dovrebbe vedere gli stessi consorzi dei Comuni prendere il loro posto ..si completa la visione di un pessimo quadro contro il quale sarà difficile porre rimedi.

Intanto.. tra smentite e conferme...restano pesanti, se accertate, le parole riferite da Matteo Tutino per telefono al governatore della Sicilia, il quale non replicando, potrebbe aver dimostrato persino di condividerle. Secondo l’anticipazione del settimanale L’Espresso, che dovrebbe essere in edicola oggi:- “Lucia Borsellino? “Va fatta fuori come suo padre”, è la frase che Matteo Tutino, ex primario di chirurgia plastica dell’ospedale Villa Sofia di Palermo, avrebbe rivolto al governatore.

Naturalmente tutto rimane in mano a chi dovrà far luce su un fatto che ancora adesso si dimostra di particolare interesse per l'opinione pubblica, ma che resta confinato quasi in un giallo. Certo è.. che la Borsellino, figlia del magistrato assassinato in via d'Amelio ha rimesso il suo incarico nelle mani del governatore Crocetta dopo l'arresto di Matteo Tutino, medico personale del presidente accusato di truffa per aver praticato interventi estetici, spacciandoli per operazioni necessarie e rimborsate dal sistema sanitario:  Concomitanze che danno da pensare, ma che sono tutte da verificare .

Al di là di questo sconveniente avvenimento che in realtà potrebbe mettere a fuoco..un certo pressappochismo, l'arroganza ed il dispregio nei confronti di personaggi che hanno dato la vita per grandi principi e valori, quello che sorprende è il debole cammino politico del presidente Crocetta. Un percorso che è proseguito costantemente su un indirizzo politico condotto da anni attraverso giochini di maggioranze che hanno operato politiche di basso interesse per mantenere poltrone e potere.
La Sicilia non merità ciò e sappiamo ormai in tanti.. quanta cultura ed intelligenza politica rimane dispersa... sfortunatamente a favore di una trionfante pseudo politica di mestiere che intrallazza nei soliti interessi di bottega.