Al
di là delle omelie di Saviano e delle particolari caratteristiche
dei cittadini del sud-italia già molte volte espresse in questo
blog: Palesi problemi caratteriali che gravano sui cittadini di
questa parte del territorio (un quasi naturale cinismo - una innata
arroganza ed un indubbio astio per chi fra loro emerge) quello che
veramente è sempre mancata.. è una vera idea di sviluppo per il Sud..Lacuna che...se messa in relazione con la mancanza di risorse,
finisce col chiuderlo in se stesso e legarlo in una solitudine senza
scampo.
Di
sicuro il sud sul piano del lavoro e dell'economia fa molto pensare
ad una Grecia italiana: la distanza politico culturale..la mancata
realtà industriale e la evidente posizione terrestre che la avvicina
di più al territorio africano.. non sembrano darle scampo. Ma quello
che più sorprende è la mancanza di una forza locale capace di
portare avanti un programma politico in favore di questa terra.
Tutto
ciò che scrive Domenico potrebbe essere giusto se non vi fosse ormai
da parecchi anni uno stato di abbandono in conseguenza di una
politica centralista che non ha saputo offrire proposte valide per la
sua crescita infrastrutturale. Le
storture evidenziate dal clientelismo e dalle scelte su
amministratori locali incapaci è soprattutto dovuta ad un certo
abbandono da parte di chi avrebbe dovuto avere più cura e maggior
prevensione oltre ad un preciso piano di sviluppo che avrebbe potuto rappresentare un vero polmone per la crescita dell'intero Paese.
La
colpa principale sembra essere quella di chi non ha saputo leggere
il futuro di questo territorio e lo ha abbandonato in mano a forze
politiche locali ignoranti. Ma un dato di fatto è certo: Napoli..come Palermo ..non potranno mai
ospitare fiere internazionali senza le necessarie infrastrutture..e senza di queste.. ogni altra lacuna viene accresciuta.
vincenzo
cacopardo
In mancanza
di meglio, anche il Sud è tornato all’ordine del giorno.
Le
anticipazioni della Svimez, il carrozzone in disarmo che studia il
Mezzogiorno (non autorizzate e non condivise da membri del consiglio)
segnalano che sprofonda e non ha una chanche di risalire. Addirittura
sarebbe peggio della Grecia.
Si
inseriscono nella polemica in tanti e, in particolare, Roberto
Saviano, l’eroe di Gomorra che s’è attribuito il ruolo di guru o
profeta del Meridione, qualsiasi sia l’argomento specifico in
discussione. E, nel disastro dell’economia del Sud, sembra trovarsi
nel suo elemento naturale, visto che ogni colpa è del Nord e, in
particolare, del governo nazionale, che ha smesso di fare ciò che ha
fatto per quarant’anni abbondanti: mandare vagonate di soldi,
ingrassare politici, affaristi e, in ultimo, estremo luogo,
cittadini.
Dimentica,
Saviano, che da qualche decennio ci sono i fondi strutturali europei.
Che le poche regioni italiane a poter attingere a questa forma di
finanziamento, sono le regioni del Sud. Che decine di miliardi di
progetti giacciono sulle scrivanie di non solerti funzionari
regionali e comunali, senza che un solo euro sia speso per la
comunità.
Insomma,
come per la mafia, la camorra e la ‘ndrangheta attribuire la colpa
agli altri, a quelli del Nord e al governo non solo è facile, ma
anche utile. Infatti, se la responsabilità è degli altri, essa non
è dei siciliani, dei napoletani, dei calabresi e dei pugliesi.
Quindi essi vanno assolti ed è lo Stato e gli altri italiani a dover
essere indagati, perseguiti, demonizzati. Un inaccettabile mondo al
contrario.
Il
corollario è la popolarità: se questo è vero, rizzarsi sulla
schiena e denunciare gli altri rende molto, ovunque, ma in
particolare nei salotti radical-chic dei capoluoghi, quelli nei quali
i resti di una borghesia che fu propositiva e governante, si adagiano
nell’inazione e nella rinuncia.
Certo,
Saviano, pubblicando il libro che ha pubblicato, s’è meritatamente
guadagnato i galloni di eroe. Ma ciò non basta per comprendere e
giustificare la sua partecipazione al coro delle geremiadi nelle
quali l’imprecazione e la criminalizzazione degli altri è in
sostanza l’alibi degli ignavi e dei complici.
Ho scritto
più volte che la società delle grandi e delle piccole città
siciliane non è mafiosa. È corriva e rinunciataria, talché gli
abitanti si dividono (per semplificare) in varie categorie: quelli
antimafia, veramente antimafia, che della lotta per la legalità
hanno fatto ragione di vita; coloro che usano l’antimafia per
prosperare e crescere, partecipando, solo «per figura» a ogni
manifestazione di condanna del fenomeno criminale. Poi c’è la
maggioranza: sono gli indifferenti, quelli che tirano a campare e
che, se non fanno parte della criminalità, ci convivono senza
problemi. Essi sono peggio che complici, giacché costituiscono il
brodo di coltura del malaffare e del crimine. Infine i mafiosi e i
loro simpatizzanti.
Certo, il
contesto provoca un indotto immenso: pensate alle parcelle delle
centinaia di avvocati impegnati nei procedimenti antimafia. E ai
benefici che alcuni traggono dalla situazione.
Insomma, è
difficile immaginare che la Napoli di De Magistris, la Sicilia di
Crocetta, la Calabria di Oliviero (però di gran lunga il migliore,
personalmente non assimilabile agli altri due) riescano a voltare
pagina, mentre milioni di euro non vengono spesi e milioni vengono
buttati dalla finestra per spedire (vero, Napoli?) tonnellate di
rifiuti in Olanda, dove sono trasformati in materie prime per la
lucrosa produzione di energia elettrica. Chi ha rifiutato un
termovalorizzatore per spendere i quattrini dei contribuenti italiani
(non partenopei) per inviare i rifiuti in Olanda, in un Paese normale
sarebbe indicato al pubblico ludibrio e allontanato dalle
responsabilità che ha conquistato.
Ma così
non è.
Secondo
me, la colpa di quanto di male è accaduto e sta accadendo da Roma
(Roma ha abbandonato il link con il Nord e l’Europa per assimilarsi
a Napoli e al peggio che il Meridione dà) a Capo Passero è tutta
dei cittadini di quelle zone. Perché non hanno scelto gli
amministratori secondo un corretto criterio democratico, ma secondo
clientele e favoritismi. Perché non hanno preteso che gli
amministratori operassero nell’interesse è pubblico. Perché non
hanno imposto di correre per realizzare le opere che l’Europa aveva
finanziato. Perché ha permesso che le scuole non funzionassero e
diventassero diplomifici coi massimi voti e i minimi risultati. E che
accadesse tutto ciò che accaduto. Comprese le incredibili stragi che
sappiamo.
Addirittura,
a Messina è stato eletto sindaco il capo dei Noponte, una specie di
masochista che s’è battuto contro la resurrezione delle propria
città. È vero che gli altri, in particolare il padrone del Pd,
Francantonio Genovese, ora ai domiciliari dopo una lunga detenzione,
era peggio del primo cittadino, Renato Accorinti, ma il risultato è
stato effettivamente drammatico. La città langue in un’agonia
permanente senza una prospettiva di riscatto.
Insomma, se
la Grecia va avanti al Sud-Italia va riconosciuto che è giusto. In
Grecia non c’è un fenomeno criminale come quello che affligge il
Meridione d’Italia. Un fenomeno creato dai cittadini del Meridione
stesso, non dai funzionari piemontesi, deprecati oltre il lecito e il
meritato.
Certo, la
cruda, inattuabile verità è che il Sud-Italia andrebbe abbandonato
al suo destino. Non un soldo dovrebbe essergli destinato. Solo quelli
che i suoi contribuenti versano nelle casse pubbliche che, al netto
delle dissipazioni in stipendi e impieghi parassitari, dovrebbero
servire per le opere pubbliche. Non c’è una ragione che è una
perché quota parte delle tasse pagate dal contribuente non
meridionale finisca nelle mani rapaci degli amministratori
meridionali.
E,
probabilmente, il Sud oggi non merita di appartenere all’Europa,
invece che, come sarebbe meglio, alla Libia anarchica.
Le immagini
dei cittadini che tentano di opporsi ad arresti di camorra lo
testimoniano.
Le
lamentazioni di Saviano sono, quindi, giuste, ma male indirizzate.
Per queste
mie convinzioni, applicate a un comune del taorminese, sono sotto
processo a Catania.
Ma non
tacerò, sicuro come sono, di dire la sgradevole verità.
Domenico
Cacopardo