3 nov 2015

La paura del terzo incomodo..

La paura spinge ad un ritorno al centro...
di vincenzo cacopardo

C'è chi asserisce che nell’intervista concessa a Repubblica da Giorgio Napolitano il 31 ottobre, l’ex capo dello Stato(da sempre mentore del nuovo premier) abbia affermato cose che aiutano a spiegare la confusione attuale che regna nel campo di una sinistra ormai in mano a leader che di sinistra non hanno più nulla. Destra e sinistra si dovrebbero diversificare ed identificare per riferirsi ad anime sociali o a classi, e tutelarne gli interessi in ogni luogo, a cominciare da quelle istituzionali. Oggi..tutto pare cambiare e persino in seno ai Partiti sembra regnare una gran confusione.

Mentre un tempo.. una certa cultura sociale ci insegnava a dividere gli uomini di sinistra, da quelli di destra..una società dei ricchi divisa da quella poveri, i borghesi, gli operai, i contadini, i proletari ed i capitalisti, restando ognuna legata ad una ideologia politica legata ai rispettivi Partiti... oggi tutto appare diverso!. La società si è trasformata e la divisione si è resa più netta tra chi ha e chi non ha... costruita su bisogni reali e meno fondata su problematiche ideologiche.

La “grande novità” che oggi salta agli occhi sembra essere quella di chi pretende di dare una sistemazione al recente processo che ha visto tanti politici salire sul carro del vincitore confluendo nell'assoluto Renzismo. Qualcuno.. come l'attuale premier.. si appresta a somministrarci una grande ammucchiata sotto il nome di Partito della Nazione..Se poi sia stato lo stesso Napolitano a spingere Renzi all'idea di costruire un tale Partito proprio in difesa delle tante problematiche nascenti con un contesto territoriale in gran confusione ..questo non importa. Quello che conta per chi vuole governare è che si possa rimanere uniti per fini politici speculativi ai quali potremmo anche fornire le dovute esegesi.

Le spiegazioni potrebbero essere solo di interesse : Dopo le riforme costituzionali volute dal giovane sindaco d'Italia..ed il combinato con la nuova legge elettorale..adesso il punto per Renzi è quello di scongiurare una possibile vittoria del mov.5 Stelle. Nella partita che si voleva bipolare (destra-sinistra) adesso entra il terzo incomodo ( inatteso ed imprevisto fino a poco tempo da parte dello stesso premier)..Si tende quindi verso un Centro per arginare il cammino di un nuovo Movimento di rottura col passato di una politica che persevera con l'invenzione del nuovo Partito della Nazione..come dire: la paura fa novanta..e ci si deve inventare qualunque cosa pur di governare!

Se poco tempo prima era essenziale dividere in due posizioni la politica..adesso sembra più importante confluire al centro in difesa dell'incomodo Movimento di Grillo! Quali alti valori da parte di chi dimostra di manovrare unicamente per ostacolare ogni senso democratico per puro opportunismo! 

Cosa sarà mai questa nuova invenzione politica?. Una forma moderna di nazionalismo?...un concetto  di nuova identità nazionale od una tetragona concezione opportunista per richiamere l'attenzione dei cittadini all'ovile?..Un pensiero politico pesino poco conforme ad i fini stessi di una unione Europea...Se poi si voglia dire che a Renzi intenda prendere questa strada poichè ritiene che non importi essere di destra o di sinistra e che tutto deve farsi in ragione del bene del proprio Paese, rimane il fatto che ha usato in modo alquanto ipocrita la palestra di un Partito di sinistra come trampolino di lancio della sua ambiziosa manovra in barba allo stesso Partito ormai in preda alla confusione e quasi nel baratro di una evidente disgregazione. ..Tipico di chi non dimostra alcuna sensibilità per il suo stesso Partito che gli ha reso sicura popolarità!Ma anche colpa di chi lo ha lasciato fare senza limiti..

Dopo aver distrutto in questi venticinque anni il vecchio partito moderato DC... lo si tende a far rinascere in un momento storico che dovrebbe guardare avanti con nuovi progetti politici più innovativi. Come sempre avvenuto in questo Paese..che non ricerca e studia mai nuove forme politiche più costruttive e funzionali e che viaggia in continuo ritardo accodandosi esclusivamente a modelli esterofili..per salvaguardare un unico principio di governabilità..dopo aver fallito l'inutile strada di un decotto bipolarismo, si mira ancora una volta a ricostruire un granitico Centro...

Quanta fantasia!

Non vi è altra ragione di inventarsi un simile espediente, se non quello di dare più forza ad un mero principio di potere. Comprova evidente di una misera politica priva di nuove ed utili idee.



Nuovo articolo di Domenico Cacopardo sul commissario Cantone

Un vecchio adagio, del tutto ignorato ai nostri giorni, diceva più o meno così: «È meglio tacere e lasciare negli ascoltatori il dubbio, piuttosto che parlare e dire sciocchezze.»
Basta aprire un qualsiasi giornale di quelli che si ritengono attenti ad alcuni personaggi o si propongono di promuoverli in vista di chissà quali prospettive future per leggere ogni giorno un florilegio di citazioni, il cui peso e il cui valore non vengono mai valutati prima di andare in pagina.
Beneficiario e vittima di un simile trattamento è Raffaele Cantone, commissario anticorruzione, candidato a sostituire Roberto Saviano nel ruolo di «guru» tuttologo con una speciale tendenza a insegnare la morale e il diritto (che, per Cantone a differenza di Saviano, è roba propria) a tutti. In specie a coloro che rivestono significative responsabilità o che sono chiamati a risolvere problemi particolarmente difficili.
Ci vengono in mente due recenti esternazioni del commissario anticorruzione. La prima riguarda i pubblici funzionari. Secondo il nostro «esperto», tra di essi ci possono essere persone oneste, ma non fanno carriera. Una sciocchezza concettuale che diffama decine di persone dello Stato che hanno svolto e svolgono compiti di vertice in modo inappuntabile, senza cedere di un millimetro alle eventuali sirene del malaffare. Purtroppo, il fatto che si tratti di un magistrato penale (aduso alla autoreferenzialità) fuori ruolo influisce sulla sua capacità di misurare le proprie parole («refrain yourself») e lo spinge a sparare sul mucchio.
Cantone, commissario anticorruzione, faccia i nomi e non si comporti come colui che, guardando dal buco della serratura una camera da letto, ritenga che la vita sia solo fornicazione. Ci sono stati pubblici funzionari che, per la loro dirittura morale e amministrativa, hanno perso la vita per mano di mafiosi e delinquenti vari.
Fra l’altro, una dichiarazione quale quella attribuitagli sui dirigenti pubblici ne stimola l’ostilità in un momento in cui ci dovrebbe essere la massima collaborazione tra di loro e il commissario. Un commissario che, difficilmente, aggiusterà il tiro, viziato com’è dall’essere protetto e coccolato dall’informazione. Un atteggiamento accettabile, quando il giudice parla per propria scienza e coscienza.
La seconda uscita di Cantone riguarda il rapporto tra Milano e Roma. Intendiamoci, personalmente ammiro Milano e i milanesi. Da Roma, me ne sono andato nel 2005 per la crescente invivibilità della città, per l’abbandono del centro-storico e il degrado costante di zone cruciali, frutti avvelenati di un’amministrazione, quella di Veltroni, attenta alle cose che gli facevano immagine, indifferente ai fatti di tutti i giorni, quelli che rendono meno difficile la vita dei cittadini.
Ma formulare un paragone secco tra Milano e Roma, dichiarando che a Roma non ci sono gli anticorpi di rifiuto e ostacolo della criminalità è un’altra sciocchezza a ruota libera, che incide, almeno per me, sull’opinione che m’ero fatta di Raffaele Cantone. Di sicuro si considerava e si considera «troppo demiurgo», «troppo risolutore» della vicenda corruzione nel contesto nazionale, a dispetto della sottovalutazione del diritto amministrativo e del procedimento amministrativo, chiavi queste per una prevenzione veramente risolutiva, e della sopravvalutazione delle proprie funzioni e dell’onniscienza dei propri collaboratori.
Su un punto mi preme richiamarlo.
Una sciocchezza pappagallescamente ripetuta da quel grande pensatore che è il ministro delle infrastrutture Graziano Delrio, endocrinologo.
Si tratta della demonizzazione del «massimo ribasso», il sistema che affida i lavori pubblici al migliore offerente cioè a colui che offre il prezzo minore. Perché questo metodo funzioni occorre che si verifichino una premessa e una condizione. Da quando, con la regionalizzazione, lo Stato ha abolito il Genio civile e distrutto gli uffici tecnici dell’amministrazione dei lavori pubblici, non si elaborano più progetti esecutivi come si deve. Le progettazioni sono approssimative e si ricorre troppo spesso all’appalto concorso o all’offerta prezzi per sopperire alle carenze progettuali. Non è una deficienza casuale né un destino cinico e baro. È una scelta dolosa scientemente operata (dai due principali agenti del procedimento, la politica e l’imprenditoria di rapina) per provocare costosi aggiustamenti in corso d’opera, dai quali trarre extrautili illeciti.
La condizione per rendere il massimo ribasso praticabile e utile, è imporre cauzioni integrali a copertura del valore dell’intera opera da eseguire (così si fa nei «tender» internazionali indetti da Paesi nei quali non si tollera il «bashish» cioè la mazzetta). Cauzioni bancarie a prima chiamata moralizzerebbero gli appalti e anche il sistema imprenditoriale, giacché escluderebbero i soggetti che concorrono (e magari vincono con ribassi demenziali) solo per poter poi «sistemare le cose» con la costosa protezione del politico di turno e l’acquiescenza di qualche corruttibile funzionario.
Concetti questi, di difficile comprensione per un endocrinologo, ma di sicuro alla portata del dottor Raffaele Cantone.
Un vero passo innanzi, quindi, sarebbe rappresentato dalla valutazione della qualità delle progettazioni, non lasciandosi tirare per la giacchetta delle urgenze, ma rispettando i tempi tecnici per la definizione di progetti veramente esecutivi.
Nel clima delle dichiarazioni a ruota libera, sembra trovarsi a proprio agio l’esimio prefetto Francesco Paolo Tronca. Si tratta di un prefetto di carriera prefettizia e quindi attrezzato dal punto di vista amministrativo. Coopererà con un prefetto di provenienza Polizia, come Franco Gabrielli che, sul Giubileo, potrà far valere competenze specifiche.
Tralascio le accuse rivolte a Tronca dall’Unità di Concita de Gregorio, mai contestate da una querela, ma sulle quali sarebbe opportuna una sua parola di chiarimento. Non voglio farmi influenzare da pregiudizi. Mi faccio però influenzare dal pacco di luoghi comuni che Tronca ha riversato su Roma e Milano.
Il modello Milano, a mio modo di vedere e con riferimento all’Expo, si basa su due circostanze precise: la presenza di un galantuomo come Giuliano Pisapia e la collaborazione di una squadra di tecnici che, alla fine, ha compiuto il miracolo. Il resto, da Paolo Glisenti in poi, e con l’esclusione di quel grande manager che è Lucio Stanca, impedito di operare, è meglio dimenticarlo: liti da cortile e ripicche intorno alla guida dell’operazione. Per il resto, la città e i milanesi, che godono di uno specialissimo «drive», hanno subito in misura rilevante i danni prodotti dalla corruzione che ha colpito soprattutto l’istituto Regione, ma non ha tralasciato, in passato e di recente, la sanità. E non sono stati immuni dalle infiltrazioni mafiose, ‘ndranghetiste e camorriste: basta chiedere in procura o in questura.
Roma, da questo punto di vista, presenta una sola diversità importante: è la sede dell’amministrazione statale e, come tale, meta di tutti coloro che intendono ottenere qualcosa dal sistema. Ed è questo l’elemento più inquinante, rispetto al quale non è possibile organizzare alcuna civica risposta.
Ma Roma è anche la sede di decine di istituzioni civiche, laiche e religiose, che danno un esemplare contributo alla convivenza cittadina. Le più recenti vicende hanno messo in rilievo un sistema corruttivo nato e sviluppatosi intorno alla macchina comunale: i romani ne sono stati vittime. Non complici.
A questo punto, non è prevedibile che aria tirerà in Campidoglio dall’insediamento di Tronca. C’è da sperare che, al di là delle dichiarazione roboanti, il commissario si occupi di ripulire la macchina municipale e di amministrare, ben sapendo che non bastano sei mesi e un Giubileo in corso per il risanamento burocratico e lo svolgimento di una normale campagna elettorale.
E, comunque, prima di parlare e togliere ogni dubbio sulla propria saggezza, è meglio per tutti riflettere, tacere e operare con serietà.
Domenico Cacopardo

31 ott 2015

M5Stelle ...un movimento di sfondamento..


...sul quale costruire nuovi percorsi di cambiamento.
di vincenzo cacopardo
In un mio precedente post avevo messo in evidenza l'inopportuno perdurare di una politica costruita sulle vecchie contrapposizioni destra–sinistra, ormai superato dal nuovo incedere delle forme costruite sull'antitesi "antisistemica" avversa a quella "sistemica": Due posizioni identificate da un monolitico Partito di sinistra in opposizione ad un più suggestivo Movimento 5Stelle.

Le nuove stime sul voto....danno un Movimento 5Stelle in considerevole aumento rispetto ad un PD che va perdendosi giorno per giorno in questioni complicate come quella del sindaco di Roma Marino, i continui scandali e le ruberie politiche.. aggravati dai risvolti di una politica governativa risoluta e pragmatica che non sembra più incantare i tanti cittadini condannati a sacrifici ed..infine.. le continue ipocrite comunicazioni del protervo premier .

Sembra chiaro che questo Movimento.. più vicino alle esigenze di una gran parte della società penalizzata da questo incedere, si muove al ritmo di un affascinante politica antisistemica di rottura verso la quale gli stessi cittadini si sentono attirati con la speranza di un rinnovamento sociale più equo. Un movimento che, nel bene e nel male, malgrado sembra non spingere verso proposte e programmi validi o.. comunque.. persuasivi...apre il campo a auspici di cambiamento differenti da quelli proposti da Renzi.

Chi ci dice..ad esempio.. che vincendo a Roma..il Mov 5 Stelle, pur mantenendo una propria maggioranza nell'aula consiliare, non possa offrire ad una grande figura competente il seggio di Sindaco? Una figura professionale che.. non gravitando all'interno del proprio movimento, potrebbe rendere affidamento morale ed una capacità amministrativa più sicura...Una mossa che sarebbe di sicuro vincente verso qualsiasi elettorato.

Sappiamo ormai da tempo che il giovane movimento di Grillo e Casaleggio si propone in modo sconclusionato e confuso condotto con un consenso dei suoi parlamentari costruito in modo fin troppo risibile  attraverso i computers.. senza un vero dialogo che garantisca uno scambio più approfondito, ma quello che sembra spingere verso questo consenso è l'idea di una nuova aspettativa..è la speranza che.. col tempo.. anche le artificiose regole imposte al suo interno possano maturare in meglio e che la loro democrazia partecipata riesca ad imporsi con meno approssimazione e più coerenza verso la strada di una indispensabile democrazia indiretta.

Se un domani riuscissero a riformare questioni delicate come quella sulla regolamentazione dei Partiti e la opportuna differenziazione dei ruoli..si potrebbe anche immaginare di vedere qualche utile risultato. Ma se anche questo non riuscissero a compiere..si sarà comunque rotto questo muro che oggi pone ostacolo ad un cambiamento più consono ed utile per il Paese..lasciando successivamente il passo ad altre nuove forze politiche di innovazione più mature e forse anche più capaci di saper governare in modo più efficiente.

La fase più difficile pare essere proprio quella della caduta di questo muro di cinta che pone argine bloccando l'ingresso di nuovo pensiero e nuove idee proposte oggi da tanti piccoli partiti isolati. Se restiamo altrimenti bloccati sul fatto che l'unico Movimento che attualmente può creare questa rottura col vecchio sistema non sarà mai capace di governare..non facciamo che precludere una strada che nel futuro potrebbe proporsi con maggior innovazione. Insomma..quel maglio di sfondamento verso la spessa porta che tiene chiuse le mura dell’antica fortezza, dovrebbe essere accompagnato e sorretto dai tanti piccoli Partiti e movimenti che altrimenti rischierebbero di restare per sempre tagliati fuori e divisi dalle granitiche mura a difesa delle riforme volute da Renzi e soci. A differenza degli israeliti che cinsero d'assedio le mura della città di Gerico che poi crollarono, i piccoli movimenti ed i più piccoli Partiti dovrebbero guidare ed accompagnare l’ingresso del Movimento 5 stelle attraverso lo sfondamento della principale porta d’ingresso (evitando di distruggere le istituzioni), salvo poi staccarsene per le proposte alternative al cambiamento.


Ogni cambiamento va affrontato col dovuto rispetto! Arriverà comunque quel momento in cui in tanti potranno meglio comprendere l'importanza e la necessità di una politica più utile e funzionale per il futuro sviluppo. Potrà essere un'occasione storica..ed è proprio questa la ragione per la quale sarebbe opportuno condividere l'opera di sfondamento del Movimento 5S solo come un'opportunità di un utile apertura. D'altronde..se risulterà visibile la loro incapacità di amministrare..avranno comunque messo la prima pietra su un reale cambiamento. Il loro pensiero, pur non dando vera garanzia sui meriti e su una vera capacità di sviluppo, guarda alla società in senso più equo. Dopo aver rotto il muro del vecchio sistema non potranno che essere costretti a sedersi e riorganizzarsi, ma lascerebbero forse aperta la porta verso una politica condotta da altre figure politiche con maggior professionalità.. e con una nuova forma mentis innovativa più creativa.





30 ott 2015

Una riflessione su un articolo di Domenico Cacopardo sul Congresso dell’Associazione Nazionale Magistrati

L'impeccabile analisi di Domenico Cacopardo sul Congresso dell’Associazione Nazionale Magistrati e sui tempi della giustizia mi spinge in una più approfondita riflessione sul lavoro dei giudici.

Così come si è criticato in un precedente post il ruolo del CSM che spesso deborda dai suoi principali compiti, bisogna tenere in considerazione il lavoro svolto dal singolo magistrato il quale, oggi, è sicuramente sottoposto ad un carico eccessivo per il moltiplicarsi delle cause e per gli affari di cui deve occuparsi. Le ultime riforme in campo di giustizia sono caratterizzate dalla generale riduzione dei termini lunghi per impugnazioni, riassunzioni etc..Il tutto restringendo sempre più le risorse che lo Stato dovrebbe per mantenere meglio le strutture ed un miglior lavoro.

Nelle Corti principali, le cause vengono di continuo rinviate di parecchi anni. E’ anche noto che, per fissare un’udienza in Cassazione, possono passare non meno di cinque anni. Tutto ciò per l’immensa mole di lavoro del singolo magistrato, dovuta al moltiplicarsi delle cause e degli affari cui deve occuparsi. A ciò bisogna porre rimedio, anche a costo di dover rompere vecchi schemi che hanno indubbiamente reso cattivi risultati.

Qualcuno potrebbe prendere ad esempio la carriera di un primario ospedaliero e confrontarla col lavoro di un magistrato per rendersi conto della enorme e diversa difformità organizzativa.

Nella funzione di un primario ospedaliero, consistente nell’esaminare e fornire indicazioni per varie decine di casi al giorno, lo stesso viene coadiuvato da una corte di ausiliari, aiuti, assistenti, persino studenti oltre che infermieri, che operano per lui una serie di indagini necessarie sul malato. Mediante questi dati e la osservazione del malato, tramite la sua indiscussa esperienza, egli può intervenire per una diagnosi e per una terapia. Infine, anche per la scrittura della diagnosi e per la terapia penseranno i suoi assistenti e gli infermieri.

A paragone, il magistrato lavora in solitario. Riceve un aiuto dal cancelliere limitato a funzioni unicamente materiali come la formazione dei fascicoli, la redazione dei verbali, la pubblicazione delle sentenze etc. Inoltre il sostegno non è più intenso poiché il rapporto, negli anni, si è ormai reso malato tanto da scoraggiare lo stesso cancelliere.

Il magistrato non ha nulla che assomigli ad una squadra di aiuti e assistenti che lo possano assistere come nel caso di un primario.
Gli aiuti del primario sono medici con lo stesso titolo di studio che lo assistono con la sola differenza di una minore esperienza e minore capacità professionale rispetto alla sua. Assistenti che nel tempo si vanno formando mediante il lavoro quotidiano.

Il magistrato invece deve fare tutto da solo per il compito assegnatogli: deve assumere le prove, esaminare i documenti, ricercare i precedenti, scrivere le sentenze oltre naturalmente tutti i vari provvedimenti. Costringere un magistrato ormai esperto a scrivere fatti puramente storici o a scrivere una motivazione che qualunque uditore potrebbe benissimo scrivere al suo posto, rappresenta un chiarissimo spreco delle risorse umane di quella che dovrebbe considerarsi “azienda giustizia”.

Lavoro che, come abbiamo già detto, equivale a quello che svolgerebbe un primario ospedaliero se gli si imponesse di far lui le analisi cliniche o le radiografie e persino praticare le iniezioni prescritte. Tutto ciò è un chiaro spreco di intollerabili proporzioni al quale bisognerebbe porre rimedio circondando il magistrato esperto, di un gruppo di ausiliari, magistrati come lui, anche se con minore esperienza, ai quali possa essere affidata la assunzione delle prove,la ricerca dei precedenti, lo studio giuridico pertinente ed in fine, la stesura delle sentenze.

In questo caso, il vantaggio che ne deriverebbe sarebbe principalmente di qualità, ma anche di maggiore velocità per la soluzione dei casi e con un incremento notevole della produzione complessiva. Un ulteriore vantaggio sarebbe quello di fornire una maggiore preparazione alla professione dei giovani magistrati in continuo esercizio sotto la guida professionale del magistrato anziano più ricco di esperienza.

Ci si rende chiaramente conto che proposte simili potrebbero apparire miraggi, sebbene si deve essere consapevoli che la gravità della situazione è tale da indurci a formulare, anche se solo teoricamente, idee simili per spingere gli addetti ai lavori verso la ricerca di una migliore soluzione.

La considerazione sul rispetto avanzata dal consigliere Cacopardo è più che valida, ma la restrizione sulle risorse e una valida riforma per un funzionamento più corretto sopra espresso rimangono..e ciò non può che penalizzare il lavoro e la tranquillità dovuta a chi ha il compito di salvaguardare i diritti ed i doveri di tutti i cittadini che aspettano per anni sentenze, garanzie e sicurezza.
Anche in questo caso non potranno mai essere le solite riforme semplificate a risolvere l'annoso problema.
vincenzo cacopardo





Il documento finale del XXXII è un’utile lettura. È pubblicato integralmente nel sito dell’Associazione. 

Il suo aspetto più significativo è la completa assenza del cittadino, utente unico della giustizia, si tratti dell’investimento di un pedone, del furto in un appartamento, di una truffa, di un omicidio, di mafia o di corruzione, o di una lite tra privati, nella quale la tempestività della decisione è quasi più importante del merito. E nessun accenno a una politica giudiziaria che, per venire incontro alle esigenze della categoria, ha in sostanza depenalizzato decine di reati di grande impatto sociale.

Il gruppo dirigente dell’Anm, si è invece dedicato alla indicazione di esigenze, nell’ottica di migliorarne le performances ma ai fini della semplificazione del lavoro dei magistrati. Ed è tornata la questione rispetto, evocata dal dottor Sabella, infatti: «I magistrati italiani riaffermano il principio di indipendenza ed autonomia quale cardine degli equilibri costituzionali. Tale principio non può alimentarsi di un ossequio formale, ma deve basarsi su di una cultura fondata sul rispetto, su norme che regolano lo stato giuridico della magistratura e ne disciplinano la responsabilità e l’efficiente sistema di governo autonomo, nonché su norme processuali che definiscano ruolo e doveri dei magistrati …»

Ciò che si pretende con questa affermazione è un ossequio sostanziale, fondato su elementi connessi alla persona che esercita la funzione affidatagli, a prescindere dalla sua capacità, solerzia, equilibrio e impegno nel lavoro. Una specie di riconoscimento a scatola chiusa che dovrebbe derivare da una nuova cultura, quella, appunto del rispetto. 

In un Paese nel quale il ricambio generazionale e la modernità globale hanno posto in discussione il mondo in cui viviamo, c’è un soggetto o un’istituzione che possa imporre una cultura fondata sul rispetto di un sistema le cui inefficienze e disfunzioni cogliamo ogni giorno, ogni ora? Una percentuale crescente di italiani ha studiato e si è formata, anche lavorando, all’estero. Può essa accettare i tempi della giustizia nazionale, i suoi privilegi, l’assenza dell’orologio nei palazzi giudiziari, talché il processo italiano è di gran lunga il più lungo del mondo occidentale? 
Domenico Cacopardo

29 ott 2015

La retorica della semplificazione istituzionale...

Quello di oggi non è per nulla un rinascimento!
di vincenzo cacopardo
Dobbiamo ancora ascoltare questa storia dell'importanza di una "semplificazione istituzionale" che azzera il sistema di ricatti incrociati che hanno sempre impedito ai governi di governare, ai parlamenti di legiferare, coi limiti che comportano ad un normale percorso democratico?.. 
Ma mi domando qual'è la ragione per la quale uno deve essere soddisfatto da queste semplificazioni come non vi fosse altro modo di ricercare un sistema più utile per l'ordine istituzionale? ...Se le idee non ci sono..è perchè mancano le indispensabili teorie ..e non è certo l'agire con fretta e faciloneria a dover soccorrere questa intollerabile mancanza da parte dei politici così poco lungimiranti. 

Mentre il tema della governabilità rimane sempre indiscutibile..la democrazia pare volersi e potersi costantemente manipolare..come fosse un palliativo!  

Questo continuare a dileggiare i dissidenti di un Partito che si è sempre posizionato a sinistra e che di sinistra non ha proprio più nulla... Questo osannare il decisionismo di chi, non avendo forze avversarie valide, continua nel suo ipocrita cammino come non vi fossero altre alternative...non fa che lasciare attonito chi in verità ha sempre creduto ad un cambiamento solido e non alla facile semplificazione di un governo che corre in fretta verso gli ostacoli per superarli solo girandovi attorno..o fingendo di non vederli.

Quello di oggi non è per nulla un rinascimento e, neanche a pensarlo, un nuovo umanesimo... come vuol far credere un presuntuoso sindaco divenuto premier, ma è un periodo di decadenza al quale si provvede attraverso una sorta di restaurazione e sul quale si sta tessendo una tela pericolosissima i cui risultati verranno fuori nel prossimo futuro: Matteo Renzi non ha dinanzi a sé una strada irta di insidie solo per capriccio, ma perchè si ostina a procedere col piglio del presuntuoso e l'ambizione di chi non conosce l'umiltà dovuta per i delicatissimi problemi del sociale e della politica odierna.   

Infine per rispondere a coloro che ti indicano come un gufo e che guardano alla democrazia come un comune principio sul quale far prosperare le proprie libertà, si può così rispondere: - La democrazia è democrazia!... Il suo significato di “governo del popolo” non può più essere sovvertito. Pensare, come oggi in tanti fanno, che la democrazia possa essere più o meno liberale o aperta.. significa anche costruirvi attorno assurde ipocrisie e doppiezze. La storia ci ha già insegnato che le vecchie ideologie non possono più adattarsi alla modernità di un mondo che deve muoversi a protezione di una società sempre più vasta e difficile. Ogni principo di democrazia deve essere protetto alla base!




Mineo...Lo strappo di chi rimane coerente al proprio pensiero

di vincenzo cacopardo
Corradino Mineo si stacca dal partito democratico e lascia il gruppo augurando buon lavoro a tutti …Il senatore, a differenza di Bersani che rimprovera costantemente il proprio partito che si sta isolando senza mai reagire, dimostra di avere più personalità e carattere politico. Il suo distacco sarà stato sicuramente traumatico per chi come lui ha sempre seguito la strada di una sinistra storica. 
La sua è comunque una risposta secca al senatore capogruppo Zanda (totalmente sottomesso al governo del suo segretario) che ha sempre cercato di ridurre le posizioni politiche in una semplice questione disciplinare: Zanda attraverso un'assemblea di partito avrebbe stilato una lista di dissidenti dividendoli in buoni e cattivi ed inserendo Mineo in quella più indegna...asserendo che se il Partito non espelle nessuno può ritenere incompatibili certe figure.


Queste le sue parole dirette al Partito
Nel 2013 ho accettato la candidatura come capolista in Sicilia e sono stato eletto in Senato con il Pd, partito che allora parlava di una "Italia Bene Comune". Non amo i salta fossi e quando il segretario-premier ha modificato geneticamente quel partito, provocando una scissione silenziosa, aprendo a potentati locali e comitati d'affare, e usando la direzione come una sorta di ufficio stampa di Palazzo Chigi, ho continuato a condurre la mia battaglia nel gruppo con il quale ero stato eletto.
Però è vero che ho votato troppe volte in dissenso: sulla scuola, la riforma costituzionale, l'Italicum, il jobs act, la Rai. Ed è vero che una nutrita minoranza interna, che sembrava condividere alcune delle mie idee, si è ormai ridotta a un gioco solo tattico, lanciando il sasso (ieri sulla legge costituzionale, oggi sulla legge di stabilità) per poi ritirare la mano.
Ieri, poi, Luigi Zanda mi ha dedicato - senza avvertire né me né altri di quale fosse l'ordine del giorno - una intera assemblea, cercando di ridurre le mie posizioni politiche a una semplice questione disciplinare, stilando la lista dei dissidenti "buoni", Amati, Casson e Tocci e del "cattivo", Mineo. Il Pd non espelle nessuno - ha detto Zanda - ma nelle conclusioni ha parlato di "incompatibilità" tra me e il lavoro del gruppo. Non espulsione, dunque, ma dimissioni fortemente raccomandate.
Come deluderlo? Da oggi lascio il gruppo, auguro buon lavoro ai senatori democratici e continuerò la mia battaglia in Senato, cominciando dalla legge di stabilità che, come dice Bersani, "sta isolando il Pd".

Mineo, oltre a dimostrare coraggio, sembra manifestare tutta la sua coerenza.. ormai stanco di dover sopportare i dictat di un governo che impone al suo stesso Partito riforme di tipo costituzionale che non possono ridursi in un Parlamento dove il proprio pensiero dovrebbe esprimersi nella libera interpretazione di quei principi fondamentali per la salvaguardia della democrazia.

Nel Partito che si professa democratico non paiono esistere libere scelte di pensiero, ma solo ordini di scuderia. Tanto di cappello a chi come il senatore Mineo dimostra di avere coerenza e forte personalità politica.


il borioso fiorentino che detesta i gufi

di vincenzo cacopardo

Quello che non si riesce ad accettare da parte del sindaco d'Italia.. Premier del nostro Paese... è l'insopportabile antinomia costruita tra chi è con lui e chi è contrario alle sue posizioni e che viene incessantemente appellato come gufo. E cioè... che al di là di ogni possibile critica sul merito delle sue riforme e del suo incedere, si deve.. in assoluto.. vedere in positivo ogni sua scelta politica. Una attività politica che in realtà non lascia intravvedere una reale crescita se non un leggero positivo parametro sui dati del PIL (supportato in gran parte dalle manovre di Draghi del quantitative easing e da altre circostanze dovute al cambio col dollaro e l'evidente ribasso del petrolio). Ma guai a chi osa definire il suo lavoro politico assai poco utile al sociale e per niente proiettato a favore del Sud!

Una dura realtà che non ha nulla a che fare con i gufi..

Da gufo.. (come di sicuro potrei apparire).. credo che la politica di un vero statista, al di là dei parametri economici, dovrebbe soprattutto comprendere azioni che restringano le enormi differenze  tra ricchezza e povertà all'interno del suo Paese. Meno importa se un PIL cresce quando poi questa forbice aumenta in modo assai certo e quando è di tutta evidenza che non si apprestano i dovuti provvedimenti per un meridione che necessita da anni di funzionali infrastrutture: Una parte del Paese che, come già messo in evidenza diverse volte, rappresenta un valore di crescita assoluto per in resto del Paese Italia. 

Chi denuncia questa realtà può mai essere apostrofato come gufo?

Nella manovra finanziaria Renzi restituisce briciole a chi non ha e sembra considerare assai poco i pensionati.. usandoli come un bancomat per il suo governo ed è ormai chiaro come.. le sue manovre sulla finanziaria, da un lato tagliano e dall'altro prelevano... trasformando un canone Rai in un balzello estorto a forza attraverso la bolletta della luce. Una operazione vestita della più classica furbizia di stampo toscano.. Tutta la sua manovra finanziaria è dettata a favore di un suo personale vantaggio sui consensi...come lo fu per gli ottanta euro. 

Chi segnala queste discordanze può ancora essere considerato gufo?

Sarebbe più corretto ritenere questi gufi..come equilibrati esseri pensanti!...Così come sarebbe più onesto ritenere ipocrita e mentitore il nostro spocchioso Premier fiorentino che sin dall'inizio del suo ingresso a capo del governo ha stigmatizzato l'importanza di un'utile rottamazione.. come anche quella di una veloce riforma a favore dei pensionati e degli esodati.. quella in favore dei tanti conflitti d'interessi esistenti.. quella a beneficio di una rivoluzione culturale di sostegno a tutti i lavoratori..di un vero cambiamento della politica a beneficio dei più deboli..etc. Nulla di tutto ciò sembra sia avvenuto ed i suoi accordi sottobanco con le altre forze politiche hanno dimostrato l'incedere cinico e pragmatico di un premier autoritario che non ha potuto sanare quella distanza sempre più abissale tra ricchezza e povertà.

Continuare a definire gufo chi non la pensa come lui nel merito delle riforme.. significa non rendere un buon servizio alla società ed alle idee..significa protrarre antinomie e contrapposizioni ideologiche poco utili ad un vero cambiamento..ma di certo a lui stesso di sicuro convenienti. 

27 ott 2015

una nota aggiuntiva sull'analisi di Domenico Cacopardo sul potere giudiziario

L'argomento sulla magistratura suggerito dal consigliere Cacopardo...pone diverse analisi e valutazioni già espresse in parte dallo stesso nella sua disamina: Il sistema giudiziario necessita sicuramente di una riforma che ponga maggior affidamento e renda un miglior servizio alla società.

Se per quanto riguarda l'argomento delle intercettazioni si deve riuscire a trovare un punto di equilibrio che possa rendere garanzia ai cittadini differenziandone l'esigenza in modo opportuno da quello condotto per la ricerca delle pericolose associazioni delinquenziali,.. per ciò che attiene il CSM non si può escludere una  critica sul metodo di una organizzazione istituzionale indipendente dagli altri poteri dello Stato.
Quando Domenico Cacopardo scrive di “un combinato disposto, interpretato in senso esclusivamente endogeno e, quindi, in modo inidoneo a renderlo coerente e strettamente collegato alle esigenze di una società sviluppata come quella italiana”..asserisce qualcosa che sento di condividere e per la quale occorre far luce sui principi:

Nel passato..per difendere la libertà occorreva la mediazione di un organo indipendente e questo non poteva che essere una parte essenziale per la funzione del giudice in un regime democratico. L' organizzazione fu messa su dai nostri padri costituenti per far sì che la libertà civile potesse ottenere concreta realizzazione. Una libertà che non è mai stata di matrice politica, poichè non potrebbe mai essere un giudice ad impedire che si possano travolgere con la forza le istituzioni di uno Stato democratico....Se così non fosse, non si potrebbe spiegare la esistenza degli atti di clemenza da parte del Governo (grazia – amnistia – indulto).

Nella Costituzione, con la introduzione del Consiglio Superiore della Magistratura, si attua l’indipendenza totale dal potere esecutivo... Ma questa forma di indipendenza è sempre apparsa tanto radicale.. quanto errata, frutto di un primitivo concetto della divisione dei poteri. Un concetto estremo che come tutti gli estremismi, oggi, non può che produrre effetti contrari. Non si è attentamente considerato che, il potere giudiziario è, nella sua struttura, radicalmente diverso dagli altri poteri.

Un potere che non viene esercitato dal complesso dei giudici, ma da ciascuno di essi. I padri costituenti italiani, abituati a vedere i giudici sottoposti ad un governo ampio (ingresso, carriera, progressione, incarichi, attribuzione di funzioni etc) pensarono che il miglior modo per assicurare la indipendenza della magistratura, fosse quello di togliere questo governo al Potere esecutivo per affidarlo agli stessi giudici. A tal fine crearono l'organo:il Consiglio Superiore della Magistratura, composto in maggioranza da membri giudici eletti dagli stessi, con una minoranza di membri politici. Non considerarono, però, la particolare struttura del Potere giudiziario, né.. ebbero presente che questa struttura sarebbe stata essenziale per il vero bene che si voleva difendere, che è e sarà sempre l’indipendenza di ogni giudizio.

L’equivoco sta proprio nel fatto che, il giudice, a causa della delicatezza del suo compito e per poterlo svolgere in modo realmente indipendente, ciò che rifiuta è proprio un governo, tanto che sia in mano all’Esecutivo o in mano a qualsiasi altro organo. Pertanto... forse.. la strada da seguire sarebbe dovuta essere quella di ridurre al minimo la necessità di governo dei giudici e facendo il possibile per regolarizzare, a mezzo della legge, la loro carriera. Possiamo comunque asserire che in questa strada,.. non si è mai tenuto in considerazione l’assioma politico che, creare un potere comporta, inevitabilmente, il sorgere di molti desideri per la sua conquista: Se questo potere si pone nelle mani degli stessi giudici, la conseguenza inevitabile sarà sempre quella dello scatenarsi di una guerra interiore tra loro per la conquista di detto potere.

La lotta di queste “correnti” interne al CSM, ha continuamente rotto quello che sarebbe dovuto essere un “vantaggio” che si voleva costituito da giudici in maggioranza. L’aspetto più grave resta il fatto che si è creato un organismo che non riesce a trovare una collocazione legittima in un regime politico fondato sulla divisione dei Poteri.

Da tutto ciò, sono nate e continuano, le interminabili discussioni per stabilire fino a che punto il CSM possa definirsi un organo costituzionale sulla forma dei suoi atti amministrativi e sulla possibilità di ricorso contro gli stessi. Si è tuttavia ritenuto di superare questa difficoltà dicendo che il CSM è solo un organo sostanzialmente amministrativo collocato in seno all’ordine giudiziario con l’unica funzione di poter provvedere agli aspetti amministrativi del suddetto Ordine...Ma negli anni questo è risultato un argomento verbale privo di realtà in quanto, come è ampiamente dimostrato, ogni potere di un’alta amministrazione.. assume conseguentemente un carattere politico. Quindi, anche in questo caso, l’amministrazione della giustizia assume un carattere politico..La domanda è quindi:E’ possibile dirigere tutta la parte amministrativa dell’esercizio del Potere giudiziario.. senza fare politica della giurisdizione?

Il difetto sta nell’aver creato questo organismo, nel quale le dichiarazioni rese da un Ministro responsabile di una politica, possano essere messe in discussione da questo stesso organismo “politicamente irresponsabile”. Bisogna perciò comprendere che il potere dei giudici è solo un potere di controllo: Si tratta essenzialmente di un potere di “veto” rispetto ad ogni agire ed operare che fuoriesce dai limiti della legge. Un giudice può impedire ogni azione che non rispetti i limiti della legge, ma non potrà mai porre questi limiti (compiti del Potere legislativo) né può mai suggerire i progetti che, entro questi limiti, il Governo appresta.

In una vera democrazia la forza effettiva sta nel convincimento di un popolo di darsi una forma di governo: la forza che poi distribuisce i poteri a mezzo dei quali lo Stato si organizza. Nelle mani del Potere esecutivo si mette la forza materiale..mentre al giudice si da soltanto forza ed autorità morale.

Bisognerebbe partire da questi principi fondamentali per riuscire a mettere mano con logica ad un argomento talmente scottante che compete la sicurezza dei nostri cittadini e senza il quale diventa sempre più difficile poter avere un riscontro utile a favore della democrazia. Grazie.. perciò ..a Domenico che mi ha dato la possibilità di esprimermi nel merito
vincenzo cacopardo


Sembra un errore inevitabile, quello dell’Associazione nazionale magistrati che ha celebrato a Bari il proprio congresso nazionale.
Probabilmente deriva dall’essere il sistema giudiziario autoreferenziale e privo di ogni meccanismo indipendente di misurazione dell’attività degli uffici e dei singoli, dalle cui valutazioni discendano immediati effetti pratici (di funzione e di carriera). Un po’ come la scuola italiana costruita per i docenti, non per i discenti, e incapace di accettare qualsiasi criterio di valutazione dell’insegnamento, talché siamo sempre in coda alle classifiche internazionali sulla qualità didattica nazionale.
Certo, l’art. 104 della Costituzione scrive che «La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere.» E l’art. 107 continua: «Art. 107. I magistrati sono inamovibili. Non possono essere dispensati o sospesi dal servizio né destinati ad altre sedi o funzioni se non in seguito a decisione del Consiglio superiore della magistratura, adottata o per i motivi e con le garanzie di difesa stabilite dall’ordinamento giudiziario o con il loro consenso … I magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni.»
Un combinato disposto, interpretato in senso esclusivamente endogeno e, quindi, in modo inidoneo a renderlo coerente e strettamente collegato alle esigenze di una società sviluppata come quella italiana.
Le distonie quotidiane che colgono gli utenti del «Servizio giustizia» mostrano a tutti, meno che ai responsabili associativi, quali distanze si siano accumulate tra il datore di lavoro dei magistrati, il cittadino contribuente, e i problemi quotidiani del cittadino medesimo.
Dice Rodolfo Sabelli, presidente dell’Anm: «L’indipendenza si alimenta … di una cultura fondata sul rispetto …»
Ma lascia nel cassetto il caso Palermo, quello di Silvana Saguto e della gestione dei beni sequestrati alla mafia: non una questione personale, ma un problema strutturale e organizzativo, che pone, per l’ennesima volta, un interrogativo rimasto senza risposta (quello della vigilanza in tempo reale dell’attività dei magistrati).
Non riflette, Sabella, sul fatto che il rispetto è un valore sociale che non può essere preteso per legge o per imposizione di qualche autorità. È un valore simile all’autorevolezza, che nasce e si alimenta intorno a chi lo merita e lo coglie nella comune percezione popolare. Delegittimazione e sfiducia non sono vietabili da un decreto ministeriale e, quando ci sono, derivano da comportamenti giudiziari che si auto-delegittimano e provocano sfiducia.
Per condivisa carità di patria non facciamo esempi né nomi, giacché tutti, anche il dottor Sabelli conosce i casi più eclatanti e quelli meno eclatanti che rimangono chiusi nel chiuso delle stanza del Palazzo dei Marescialli (sede del Csm).
L’altra accusa diretta al governo riguarda una specie di maggiore attenzione al tema delle intercettazioni rispetto alla lotta alla mafia. Un’accusa gravissima che andrebbe circostanziata puntualmente, altrimenti diventa solo strumento di polemica politica, di attacco politico, di informazione politica distorta dalla visione (particolare) di un organismo che è il sindacato delle toghe.
Quanto alla corruzione (le norme di contrasto sarebbero «timide»), l’affermazione di Sabella deriva da un vizio di impostazione: non è la legge penale che scoraggia la corruzione. Non lo è e non lo sarebbe nemmeno se fosse stabilita la pena dell’ergastolo. È talmente modesta la «performance» processuale da non essere capace di disincentivare seriamente l’attività corruttiva.
Manca –e non poteva essere diversamente- qualsiasi consapevolezza (anche nel commissario anticorruzione Cantone) che la prevenzione è la sola strada, la più efficace: l’aggiornamento del diritto amministrativo con l’introduzione di procedure inderogabili, pubbliche accompagnate da fidejussioni integrali, a garanzia del risultato, cioè del raggiungimento dell’oggetto dell’appalto. Da questo punto di vista né il codice degli appalti di Altero Matteoli né questo in corso di approvazione di Delrio riescono a imporre comportamenti virtuosi.
Insomma, l’intervento politico di Sabella è sbagliato proprio in punto politico e si caratterizza più per la formulazione di accuse sparate nel mucchio che per l’individuazione dei fatti specifici e concreti che quelle accuse giustificherebbero.
Nel successivo dibattito non sono mancate voci ragionevoli ed equilibrate.
Ma rimane di fondo, l’inconsapevolezza che la giustizia è un servizio al cittadino: garantito, veloce, efficace.
Almeno così dovrebbe essere: per noi il Paese del mai, forse.
Domenico Cacopardo