Le maglie della furbizia e dell’intelligenza politica di Matteo Renzi sono larghe come quelle di un’antica tonnara: così larghe da permettere che i nocivi animali acquatici dell’inesperienza, dell’ignoranza, della presunzione e della cinica supponenza le oltrepassino raggiungendo la superficie e manifestandosi di fronte a tutti. La mistificazione dei dati della realtà di fatto è l’inevitabile corollario del complesso di difetti della sua personalità, spiccata sì, ma tale da non assicurargli un sicuro futuro politico.
Eccone le prove.
Nelle prossime settimane 450 soldati italiani si recheranno in Iraq per presidiare i lavori di riparazione e messa in funzione della diga di Mosul, danneggiata dagli eventi bellici, in mano ai peshmerga curdi e minacciata dagli uomini dell’Isis. L’importante commessa è stata vinta dalla cesenate impresa Trevi, specialista in fondazioni e in consolidamento terreni.
Normalmente, nelle zone a rischio, la tutela dei cantieri è affidata a contractors, veri e propri mercenari di specifiche organizzazioni che prestano servizio in mezzo mondo e hanno accumulato un’imponente esperienza. Costano molto, moltissimo e, per questa ragione, le aziende tentano di ricorrere ad altri strumenti.
Un esempio clamoroso di questa supplenza è rappresentato da Latorre e Girone, i marò imbarcati su una nave privata con le funzioni proprie dei vigilanti in zone a rischio. Sappiamo tutti com’è finita e quale conseguenze abbia subito la Marina Militare. Ora le truppe italiane a Mosul offriranno alla Trevi spa e ai peshmerga quel supporto difensivo che, in assenza, dovrebbe essere assicurato da guardie private con licenza di uccidere e di essere uccise. Una follia, visto che Mosul è una zona di prima linea, oggetto di frequenti attacchi da parte dei combattenti dell’Isis e che tutto il contesto è privo dei più elementari presidi di sicurezza. Ragione questa per la quale la Turchia ha iniziato il ritiro delle truppe che aveva dislocato in zona a tutela dei propri confini.
Fonti non ufficiali segnalano lo sconcerto delle autorità militari italiane colte alla sprovvista dall’improvviso annuncio, sul quale ci soffermeremo più avanti. Anche perché per 450 unità impegnate nella tutela del sito, ce ne dovranno essere almeno 1000 impegnate nella logistica e nella protezione profonda di coloro che saranno schierati. A meno che, nella sua non-conoscienza specifica, Matteo Renzi intendesse dare un totale: cioè che, nei 450, ci sarebbero anche i servizi logistici e le relative protezioni. Una eclatante sottostima che dovrà essere corretta in corso di schieramento, alla luce della dura constatazione dello stato sul campo. Per non parlare dei costi della spedizione, non sostenibili con le risorse dell’attuale finanziaria e con la prospettiva di un impegno serio di militari italiani in Libia.
Roberta Pinotti, ligure ministro della difesa, spiega che gli italiani a Mosul non combatteranno: una falsità. Se non ci fosse da combattere, non ci sarebbe bisogno di truppe. E, nella realtà, la diga è cruciale nello specifico scacchiere e, quindi, non solo è stata, ma sarà oggetto di attacchi degli uomini dell’Isis.
Chi ricorda le vicende iraqene, rammenta la tragica strage di Nasiriya (2003), gli scontri nella medesima città (2004) e gli altri italiani vittime della guerra. Chi è un po’ più informato sa anche che le nostre perdite furono contenute perché le truppe italiane s’erano trincerate in campi fuori dalle città e che di rado operavano delle sortite, in forze e con coperture aeree, e che la nostraintelligence interveniva foraggiando i vari capi locali proprio per dissuaderli dal fomentare l’aggressività nei nostri confronti.
I maligni deducono da notizie alleate sul web che ci sarebbero state lamentele per una nostra presunta scarsa combattività cui, personalmente, non credo. Ci sono quindi tanti pericoli nell’Operazione Mosul e, allo stato, poco valutati. E c’è di sicuro una irresponsabile sottovalutazione dei dati di fatto da parte di Matteo Renzi, sino a ieri quasi-statista nel rifiuto di partecipare alle ritorsioni francesi e di fornire soldati per il Ciad e per il Mali.
Siamo, però, di fronte a una grave realtà istituzionale, di cui dovrebbe farsi carico il signor presidente della Repubblica.Annunci del genere, concordati appunto con la presidenza, debbono essere fatti in Parlamento e concludersi con una mozione con la quale l’invio di truppe e i loro compiti siano approvati dalla maggioranza della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Un’occasione da non perdere per le opposizioni, per le minoranze Pd e per i coloro che, in maggioranza, non hanno recato il cervello all’ammasso, per farsi sentire e far correggere la rotta governativa.
Invece no.
Il signor Matteo Renzi va nel salotto di Bruno Vespa e comunica agli italiani l’Operazione lì, orgoglioso di essere Matteo Renzi e di poter dire ciò che, irresponsabilmente, ha detto. Un modo di comportarsi così simil-Berlusconi da suggerirgli di precisare, per differenziarsi, che lui (medesimo) non ha mai sottoscritto un contratto con gli italiani (sic!).
Non solo le fortune del nostro premier sono legate a un filo. Ma con lui quelle del Paese che gli ha dato, per via parlamentare, fiducia. Chi vi scrive è sconcertato per questo succedersi di azioni e comportamenti condivisibili e per cadute di stile e per imperdonabili sciocchezze che si susseguono, come una doccia scozzese, giorno dopo giorno a opera di questo incredibile primo ministro.
Matteo Renzi, sin qui un miracolato.
Sarà bene che i genitori partano subito per Medjugorje.
Domenico Cacopardo