24 gen 2013
Il Montepaschi... ed i titoli tossici
23 gen 2013
La politica chiusa in se stessa
“La componente pragmatica nella politica e nel sociale"
di vincenzo cacopardo
Ma possiamo davvero dare un senso positivo a tale stabilità? possiamo davvero ritenerla sicura e democratica?
Questo dovrebbe ispirarci a comprendere come, un forzato uso del pragmatismo, non potrà agevolare alcuna innovazione, ma potrebbe continuare a frenare lo sviluppo delle idee! La politica non può trascurare questo fondamentale aspetto: Nessuna politica può più pensare di costruire innovazione e sviluppo adattandosi al rigido paradigma di un sistema che tende a frenare lo sviluppo delle idee.
UN FUTURO COSTRUITO SULLA QUALITA'
L'attuale crisi economica è il risultato di un sistema finanziario e bancario mondiale che non può più funzionare. Molti hanno sempre dato la colpa di tutto ciò al capitalismo e ad un certo liberismo guidato dai potenti uomini d'affari, i quali, non si sono mai curati delle possibili ripercussioni sull'economia reale e quindi delle crisi che si sarebbero riversate nei vari settori produttivi, dimostrando solo di voler giungere all'accumulazione di ricchezze personali, mediante operazioni speculative di alta finanza.
Il problema principale sta nel fatto che la politica non si è mai veramente interessata a regolamentare questo sistema. In teoria si può affermare che una delle principali cause della povertà sia dovuta alle banche, ma non v'è dubbio che le motivazioni dei fenomeni come la povertà sono molteplici e molto più legate a cattive scelte operate dalla politica. Tuttavia l'azione degli istituti bancari continua ad influenzare notevolmente determinati processi di crescita.Per superare questa situazione si dovrebbe rilanciare l'economia reale e di questo, deve farsene responsabile proprio la classe politica.
Alla base della crisi c'è quindi un problema del sistema bancario finanziario e monetario che sta ormai giungendo al collasso. Ma anche aiutare l'economia reale rappresenterebbe un limite se l'azione dei governi non andasse oltre. Per porre fine in maniera definitiva a tutto ciò, è necessario partire dalla radice del problema, dalla sua causa primaria e cioè, da un sistema bancario malato che deve essere assolutamente riformato.
La crisi finanziaria si è originata e sviluppata per l'eccesso di indebitamento che per oltre due decenni è stato consentito a banche, imprese e famiglie: per evitare questo eccesso di debito privato potesse avere effetti dirompenti sull'economia reale, si è dovuto far crescere il debito pubblico. Per scongiurare questo nuovo rischio occorreva già da tempo, a livello europeo, applicare una regolamentazione più rigida sulla speculazione finanziaria, invece, anche il nostro Paese, ha finito col seguire modelli esterofili, che oggi rischiano la bancarotta. L’indirizzo politico nei confronti degli istituti bancari del nostro Paese, sembra non prendere alcuna strada: Non una linea di economia di sviluppo uniforme con una realtà, nessun impegno adeguato verso un intervento a favore dello sviluppo delle aziende e del lavoro.
Le banche dovrebbero tornare a fare le banche! Oggi potrebbero entrare in “equity” con le aziende e sposare per un periodo di tempo la loro crescita, portandole verso un reale sviluppo. Dovrebbero basare la loro crescita sulle stesse idee che le aziende propongono, entrando in capitale ed aiutandole per l’avvio, fino ad un limitato periodo stabilito in base al progetto.
Grandi esperti e luminari dell’economia mondiale continueranno a dare il loro indispensabile contributo, ma non potranno che essere le forze della politica di ogni Paese a fungere da guardiani e poiché il problema è e sarà sempre di carattere internazionale, toccherà ad una politica internazionale studiare, organizzare e coordinare con l’obiettivo di assicurare stabilità economica e livelli occupazionali più corretti.
Vi sono grandi temi di politica che non possono che essere valutati, controllati e guidati a livello internazionale, se non mondiale, uno di questi è il tema dell’economia, altri sono: il fenomeno ecologico ambientale, l’immigrazione e la criminalità organizzata. Per questi temi, qualunque scelta operata da ogni singolo Paese, non potrà mai sortire un utile risultato senza l’apporto e la condivisione di tutti gli altri Paesi dell’area internazionale.
Dovrà essere la classe politica nel suo insieme a dover guidare un processo evolutivo dell’economia al fine di proteggere gli interessi dei Paesi. Un futuro che, per quanto riguarda il nostro Paese può svilupparsi solo attraverso idee e qualità, suggerite da chi avrebbe anche un dovere di controllo su una economia che incide ormai fin troppo sugli equilibri e gli interessi.
Ntuttavia nessuna nostra politica parla oggi in termini di qualità e di idee ed anche il nostro sistema economico ha sempre preteso di marciare e vivere cinicamente di riflesso ad un’economia globale forzata da una primaria esigenza di produzione: La nostra Nazione, forte di un passato che ha arricchito culturalmente il resto del mondo, sarebbe sicuramente in grado di impegnarsi per dettare nuove regole che possano equilibrare e migliorare qualitativamente il percorso di una nuova politica economica internazionale. Un percorso dettato da idee che possano essere anche il risultato di una ricerca culturale profonda e poste in proiezione con più ottimismo.
Il nostro Paese potrà riuscire a venir fuori dalla odierna sfida dei mercati economici solo attraverso una strada che possa metterlo in giusta competizione con gli altri paesi. Una competizione oggi si può vincere solo con un percorso basato sulla “qualità”. Prezioso aggettivo sempre appartenuto alla storia ed alla tradizione della nostra Nazione.
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