7 lug 2014

La paranoia del vicepresidente



DISCIPLINARE I PARTITI PRIMA DI PARLARE DI PREFERENZE
di vincenzo cacopardo
Il vicepresidente della Camera Di Maio..con l'usuale temperamento, nell'esporre il piano della legge elettorale di 5Stelle... insiste sull'argomento delle preferenze.. Questo sembra essere rimasto l'argomento principe del suo Movimento ..senza meglio concentrarsi sull'insieme di tutte le riforme istituzionali e costituzionali... che saranno al centro del cambiamento della politica per il futuro del Paese...

La domanda più logica per chi ha creduto nell'opera di cambiamento della politica attraverso un consenso a 5Stelle..dovrebbe essere: discutiamo di riforme partendo dalla base di una ricostruzione della democrazia....che non deve necessariamente essere quello di una preferenza.
Il suo movimento si propone oggi di ridiscutere con Renzi le linee per la legge elettorale non comprendendo esattamente il pensiero dell'avversario che ha di fronte ed i principi a cui non potrà mai sottrarsi.

Quelli di Renzi sono principi specifici che guardano ad una governabilità sicura determinata dall'alto e che contrastano in modo assoluto con i diversi principi che lo stesso Grillo ha sempre combattuto. Quelli di Renzi sposano chiaramente il pensiero di un decisionista simile a Berlusconi...  Il Premier vuole un bipolarismo netto che separi il bianco dal nero..La sua mentalità di sindaco non gli fa vedere oltre ...preme quindi per sistemi maggioritari che possano premiare un unico vincitore...per lui politica e calcio sembrano essere la stessa cosa.....mentre Grillo ha sempre parlato di democrazia diretta dando molto più peso alla base della rappresentanza: un principio che si accosta a modelli proporzionali più vicini ai valori di una democrazia e che dovrebbero spingere nella ricerca di una governabilità voluta dal basso..L'errore che ha sempre commesso Grillo è stato quello di poter credere di far nascere... senza un preciso dialogo ed in un'ambigua conoscenza... una vera forza politica.

In questo quadro che vede due logiche di pensiero diverse e ben definite..il vicepresidente Di Maio espone il tema della preferenza come fosse la soluzione di tutti gli immensi mali che ostacolano le future riforme. Sembrerebbe molto più discutibile un premio di maggioranza fin troppo alto...o le soglie di sbarramento che dovrebbero essere vero motivo di discussione per chi ha sempre lamentato chiarezza in una rappresentanza...

Mi verrebbe da chiedere a Di Maio come sarebbe mai venuto fuori (tra l'altro con una immediata nomina istituzionale di grande prestigio) se non fosse esistito Grillo ed il Movimento da lui stesso creato...Se attraverso le preferenze, senza alcuna visibilità, avrebbe mai ottenuto un numero necessario di consensi...Le modeste preferenze, tra l'altro ottenute grazie ad un metodo ridicolo espresso attraverso i computer,  gli hanno permesso un risultato ben superiore ad ogni aspettativa..Adesso per Di Maio, dopo oltre due anni dalla sua nomina ed avendo sicuramente ottenuto una visibilità grazie alla nomina di vicepresidente della Camera, è facile parlare di preferenze..Pensiamo alle tante persone impegnate seriamente in politica che difficilmente... per via della mancanza di risorse.. potranno mai affermarsi..


Il vero problema che nemmeno il Movimento 5stelle vuole affrontare è quello che riguarda una seria disciplina dei Partiti. Partiti che in fondo decidono sempre.. preferenze o non preferenze!

Quel termometro che decide il cambiamento


di vincenzo cacopardo
Non ci si deve meravigliare tanto del successo di Matteo Renzi in un Paese che vive di continue speranze...Speranze che in sé sono anche indispensabili per chi si propone di guardare avanti. Ma il problema rimane comunque quello della tipologia e nel merito stesso di ciò che oggi viene espresso come un “opera di cambiamento”.

Sondare attraverso le varie categorie di lavoro un consenso verso la speranza è comprensivo, ma anche troppo semplice: Se oggi si chiede ad un dirigente od un funzionario di alto livello.. ben posizionato e remunerato.. di credere ad un futuro attraverso una speranza generica fatta di promesse verso il cambiamento, è chiaro che la risposta sarà sempre pressochè positiva, così pure per un notaio, per un medico, un parlamentare, un magistrato e tutte quelle classi che lavorano guadagnando bene, ma anche per quelle categorie che sopravvivono come dipendenti con stipendi sicuri.  : Logicamente azzardato è proporre loro un netto mutamento del sistema...

Oggi è proprio la sicurezza di un lavoro e di uno stipendio che crea quella linea di demarcazione tra chi è portato a credere ad una speranza del futuro... rispetto a chi non è portato a farlo..sperando in una radicale metamorfosi...Ed ecco che il consenso viene nettamente diviso tra chi si riconosce “sistemico” e chi “antisistemico”... poco importando le ideologie..le teoriche idee.. ed ogni altro dialogo su un concetto di vita organizzato in uno stato di vera democrazia.
Pensare quindi che categorie agiate come le categorie già soprascritte..e tutti coloro che hanno la sicurezza di una entrata.... possano girare il loro consenso in modo antisistemico, (se anche consapevoli dei disastri portati da un sistema tanto imparziale quanto antidemocratico e autoritario), sarebbe come riconoscerli autolesionisti...Tuttavia quello che li rende discutibili è l'evidente ipocrisia di chi tra loro insiste e si ostina a difendere il sistema odierno a prescindere da ogni ingiustizia ed equità...definendolo il migliore del peggio!

Ma oggi persino una classe... meno agiata.. che vive di stipendi medio bassi e che sopravvive ad ogni sorta di stortura ed anomalia a proprio danno, sembra spinta e legata ad una effimera speranza. ..Pur consapevole dei disastri del sistema (che tende a rendergli il solito contentino)... si aggrappa alla consueta speranza di chi promette senza alcuna certezza. Sul piano psicologico..per costoro è l'attesa continua di qualcosa che prima o poi.. non potrà che arrivare in proprio favore (un concetto, in qualche modo, legato ad un'etica cristiana della fede). L'importante, al momento, è avere un lavoro ed un reddito.... pur basso che sia...Per costoro peggio di così non potrebbe mai essere..ed andare contro il sistema che oggi ti assicura quel minimo..potrebbe anche comportare il rischio di perdere tutto...A differenza delle classi agiate di cui sopra, loro ...non avrebbero alcuna risorsa a cui affidarsi!
Questo è quello che potrebbe essere oggi chiamato una sorta di "ricatto”...una costrizione da parte di un sistema che tiene legato un consenso attraverso un bisogno... e non attraverso un libero pensiero....

Oggi la vera lotta che si sta combattendo e proprio quella del metodo di un cambiamento: abbatterlo per costruirvene sopra un altro..o rinnovarlo attraverso una sorta di ristrutturazione totale. Da un lato il “postberlusconismo” rappresentato da Renzi che propone, con estrema ipocrisia, la riesumazione di un sistema quasi del tutto morto per farlo rinascere attraverso la speranza diffusa di una rottamazione e la forza di una grande determinazione comunicativa...dall'altro un'opera (maldestramente) cominciata e (ancor peggio) non conclusa di Grillo che si è sempre proposto per abbattere... con poca concretezza di idee... quelle “mura di Gerico” di un impianto tanto sofisticato.... quanto ricco di anomalie poco funzionanti.

Nella realtà delle cose..(e qualcuno che gestisce il potere ecomomico lo sa bene) quello che decide “il cambiamento” è proprio quel termometro che misura sostenibilità ed insostenibilità.. e cioè: fino a quando la maggioranza della popolazione del Paese vivrà sulla soglia di quella sopportabilità stabilita da un lavoro ed uno stipendio che non gli precluda una sopravvivenza ...si tenderà verso la speranza di poter sostenere ancora il sistema attuale... osannando le figure determinate che lo invocano e lo esortano...Ma quando l'asticella tenderà verso l'insostenibilità di una maggioranza del Paese...si potrebbero determinare cambiamenti più forti e decisi.
Se si vuole essere davvero pragmatici.. questa è in sintesi l'analisi più giusta....


A PROPOSITO DEL NUOVO SENATO...

CONFUSIONE E RISCHIO DI NUOVE ANOMALIE
di vincenzo cacopardo
Sulle nuove disposizioni riguardo le competenze del nuovo Senato..rispetto ai suoi poteri, si rileva che oltre a non poter più esser titolare del rapporto di fiducia con il governo, tutte le leggi verranno approvate dalla sola Camera. 
Entro 10 giorni, però, il Senato, su richiesta di un terzo dei suoi membri, può chiedere di esaminarle, proponendo modifiche entro 30 giorni.. L'ultima parola comunque spetterà alla Camera che deciderà entro ulteriori 20 giorni. .Per le leggi che hanno impatto su Regioni e Comuni, la Camera deve pronunciarsi a maggioranza assoluta in caso di richiesta da parte del Senato.

Ora...se ci si preoccupava degli eccessivi tempi di un sistema bicamerale..con questo nuovo sistema, che offre al Senato possibili modifiche...non si capisce bene come alcuni tempi possano diminuire ... anche in considerazione che... per esperienza.. sappiamo come in queste procedure, nel corso d'opera, si possano trovare ulteriori pretesti per lungaggini resi possibili da una politica come la nostra.. amante delle deroghe.
Si legge che la nuova Assemblea di Palazzo Madama dovrebbe avere anche poteri di controllo sull'attuazione delle leggi, delle politiche pubbliche e delle P.A. e persino poteri.. sia per la fase di ricezione delle norme Ue..che in quella ascendente prevista dal trattato di Lisbona...Sono competenze che potrebbero anche contrastare con l'iter politico parlamentare nazionale dell'altra Camera. ..Insomma...si rischia un po' il solito pasticcio in cui in seguito si continueranno a costruire le consuete anomalie all'italiana.

Ritornando ai 100 senatori che dovranno fare parte della nuova assemblea di Palazzo Madama che verrà composta da 95 più 5: i primi saranno eletti dai consigli regionali in rappresentanza di Comuni e Regioni ed i secondi direttamente dal presidente della Repubblica. Sappiamo che tra i 95 “provenienti dal territorio” 74 saranno scelti tra i consiglieri regionali, mentre gli altri 21 tra i sindaci . Al di là della proporzione definita per il peso demografico ed al ridicolo sistema di parità ( persino umiliante per lo stesso genere femminile) ..rimane ancora da capire esattamente, in relazione ad una ormai confermata immunità, come vi potranno mai essere amministratori sindaci resi immuni ed altri no....Quale logica vi può essere in una simile disparità?...Come si potrà mai rendere l'immunità a coloro che amministrano la cosa pubblica nel delicato compito di primo cittadino?...


E per finire ...in considerazione di rappresentanti che dovranno essere eletti nella loro carica di sindaci o consiglieri regionali e contemporaneamente in una assemblea, si presenterà un continuo ricambio delle figure..che potrebbe compromettere l'iter dello stesso lavoro...Insomma tanta confusione per un risparmio ancora tutto da vedere e una funzione ancora poco chiara.

6 lug 2014

"Renzi al semestre" di Domenico Cacopardo

di domenico cacopardo
L’epocale ingresso di Matteo Renzi nelle vesti di presidente semestrale dell’Unione europea si è concluso con una incredibile manifestazione di provincialismo e superficialità.
Invece di affrontare una dura conferenza stampa con i giornalisti dei 28 paesi, è saltato sull’aereo presidenziale ed è corso a Roma per correre a Porta e porta e sedere sulla poltrona di rose preparatagli da quella vecchia volpe del talk-show che risponde al nome di Bruno Vespa.
In quest’episodio ci sono tutti i limiti del giovanotto fiorentino, tutto votato alle piccole furbizie (i machiavellismi) di borgata, che, sin qui, tanto gli hanno dato in termini di successo politico e mediatico, complice un mondo incapace di una valutazione critica delle sue parole e del suo operato (in progress).
L’Europa –e l’abbiamo già scritto- è un’altra cosa. E, in Europa (e negli Stati Uniti, dove, al Council on foreign relations abbiamo assistito a penose esibizioni di alcuni primi ministri italiani), le cose vanno diversamente e il sussieguoso rispetto del normotipo del giornalista italiano appare quello che è: persone schierate che fanno propaganda pro o contro l’intervistato.
E dire che il discorso, in fin dei conti, non era stato tanto male, pur manifestando, ancora una volta, i limiti di statura del nostro simpatico boy-scout: il ricorso ai cardini della classicità europea, dalla Grecia (capta) a Roma risultava un espediente retorico per evitare un difficoltoso ragionamento di merito sulle ragioni dell’Italia (e Portogallo, Spagna, Irlanda, Grecia e, last but not least, Francia) rispetto all’ortodossia comunitaria, rappresentata più che dalla Merkel dalla Germania e dai suoi eurodeputati.
Se avesse letto il discorso preparato con gli esperti (per la prima volta qualche esperto al lavoro, dopo le drammatiche sciocchezze sulla ristrutturazione del debito formulate dall’endocrinologo di fiducia di Renzi, Mauro Del Rio), magari premettendo una classicheggiante introduzione (nella quale, però, Euripide e gli scettici avrebbero dovuto avere il posto che meritano) avrebbe dimostrato un coraggio degasperiano (la perorazione davanti alle potenze vincitrici della guerra) e avrebbe di sicuro conquistato se non il consenso il rispetto dei parlamentari e dei governi europei: insomma avrebbe mostrato dinnanzi all’Unione intera l’ombra lunga di una bandiera a mezz’asta per la crisi e, al contempo, le implicazioni generali di una situazione che l’Europa intera deve farsi carico di risolvere.
La verità vera è a Renzi interessano ancora i giochi nazionali, le parole di Chiti e i capricci di Civati, l’aggressività supponente di Di Maio e le esternazioni del fascitello genovese, excomico, assurto a immeritato peso politico. Tra questi scogli sa muoversi con furbizia, azzeccando tempi e modi, parole e proposte, in un tourbillon mediatico, manifestazione dello sport preferito dal premier: la ginnastica orale.
Ci sarebbe da ridere, se non ci fossero domande serie e ineludibili che ogni giorno accrescono l’angoscia di chi conosce il gioco e i suoi rischi, ma anche di chi segue la stampa e le televisioni con un minimo spirito critico. Ieri sera, a Lentini, nella Sicilia profonda, alcuni giovani mi hanno detto: «Renzi è Berlusconi redivivo.»
Sembra proprio così. Questa stagione di nuovismo che esprime finalità condivisibili e condivise. Si pasticcia nel perseguirle.
Probabilmente ha ragione Piersilvio Berlusconi: «Durerà vent’anni.» Purtroppo.

3 lug 2014

Una nota aggiuntiva al pensiero di Marcello Foa...

Tutti ai piedi di Renzi! Ma che Italia è? Perchè nessuno si oppone?

di  marcello Foa


"Non riesco proprio a capire come possa un’intera classe politica fare gli interessi di un uomo: Matteo Renzi."

Lasciamo perdere le vicende di Sel e di Vendola: l’implosione del movimento è rapida e definitiva come già accadde con Di Pietro.
Oggi in Italia solo tre formazioni possono opporsi al premier: la Lega, Forza Italia e Grillo.
La Lega ha ottenuto un buon risultato alle elezioni europee e in questo momento sembra in pausa: non occupa più gli spazi anche perché ha un evidente problema di quadri. Un partito che vince grazie a un progetto politico molto forte – la campagna no euro – ideato da un pensatore indipendente Claudio Borghi Aquilini e adottato da Salvini ma che poi non riesce a farlo eleggere anteponendogli vecchi nomi, secondo logiche tipiche della partitocrazia, ha un evidente problema di governance. Salvini ha davanti a sé un lungo percorso se vuole scongiurare il rischio di vedere evaporare rapidamente il consenso degli ultimi mesi.
Forza Italia appare sotto tono e senza una linea chiara. Un giorno ama Renzi, l’altro lo odia. Un giorno definisce la riforma elettorale con lui, l’altro annuncia una campagna durissima contro di lui. Berlusconi è affascinato dalle capacità comunicative del premier (e in cuor suo lo considera il suo “figlioccio”) ma dall’altro lo teme. I servizi sociali inibiscono la sua azione politica ma, e non è certo una sorpresa, alle sue spalle non emergono leader che fanno la differenza: non lo era Alfano, non lo sarà Toti.
E poi c’è Grillo, che dalle elezioni europee non sembra più lui (e ancor meno il suo guru Casaleggio). In Europa a destra e si allea con Farage. in Italia rinnega completamente la linea di rottura e legittima improvvisamente Renzi mettendosi a trattare con lui in posizione di evidente debolezza. Colui che fino a poche settimane fa era un capopopolo ora si fa ritrarre in tribuna Vip al concerto dei Rolling Stones , assieme proprio al bel mondo romano che fino a due mesi mandava ogni a quel Paese un giorno sì e l’altra pure, esponendosi così alla legittima rabbia del popolo web, che non lo riconosce più.
Forza Italia è grippata e senza un chiaro futuro, il Movimento 5 Stelle in preda a una forte crisi di identità e di autostima, la Lega ferma. E tutti fanno allegramente gli interessi del brillante ma vacuo Renzi, mentre l’Italia continua ad annaspare in una crisi economica che richiederebbe un’opposizione con due attributi così. Perché il tempo passa e la situazione continua a peggiorare.
Sembrano tutti ipnotizzati di fronte a un leader che la storia, non dubitatene, collocherà nella sua giusta dimensione. Tutti annichiliti, quasi proni. Ma che Paese sta diventando l’Italia?



Marcello Foa, brillante ed acuto professore, si chiede come mai oggi tutti stanno ai piedi di Matteo Renzi.. quasi in attesa di un miracolo...Il professore sottolinea l'esigenza di una opposizione che possa dare maggior forza all'opera di costruzione positiva della politica e rimane quasi turbato da come quei partiti che potrebbero opporsi.. rimangano ancora piegati ad ogni verbo espresso dalla capacità comunicativa di chi oggi appare come il nuovo profeta della politica.
La domanda che si pone Foa è la stessa che si pongono coloro...più attenti alle logiche di una politica che si vorrebbe dinamica e meno sottomessa alle speranze di chi tende ad incantare con quel determinismo. Ma è chiaro che, se a ciò viene data la consueta motivazione legata all'ultimo auspicio affidato nelle mani di una figura politica che... nel bene o nel male... cerca di voler cambiare rispetto al triste quadro passato, il cittadino non può che restarne affascinato...facendosi sempre più trasportare da quell'entusiasmo che sortisce proprio quando le speranze tendono a spegnersi.. 
Al di là di ciò, sembriamo sicuramente caduti in una trappola mentale dalla quale pare molto difficile poter uscire..aggrappati all'ultima bombola di ossigeno in un contesto dove ormai tutta l'aria sembra irrespirabile! ..Questo pare essere il quadro inquietante e cinico di un Paese che non conosce mai l'equilibrio.
Marcello Foa con intuito percepisce l'importanza naturale di una politica di opposizione.. senza la quale costruire un futuro non è possibile: E' quello che.. chi bene intuisce le logiche di una politica.. definisce come ” l'indispensabile presupposto dialettico” portatore di quella essenziale dinamica... senza la quale non potrebbero mai crescere le idee ed ogni conseguente sviluppo.


Il Paese sembra correre verso una deriva tanto pericolosa..quanto condizionata di un decisionismo imposto da una innaturale governabilità..tendendo a sminuire fortemente i valori di una vera democrazia. 
vincenzo cacopardo      

2 lug 2014

Il pasticcio delle riforme

REPUBBLICA DEMOCRATICA O REGIME GOVERNATIVO?
di vincenzo cacopardo
Nel recente editoriale del Consigliere Cacopardo sul gazzettino di Parma dal titolo “La melina parlamentare rende impossibili le riforme” vi è scritto “ ha ragione Renzi: basta inchini con il cappello in mano, basta compiti a casa, basta subire. Occorre contribuire alla politica comunitaria come dobbiamo e come ci è dovuto”.
Domenico Cacopardo sottolinea le parole del nostro Premier che corrispondono al comune sentimento di chiunque abbia il buon senso di guardare alla politica internazionale in positivo, ma anche con la punta di orgoglio di un Paese che lotta per una via di crescita, senza la quale ogni altro sentimento resta incompiuto...Io credo che in ciò egli abbia ragione. Renzi ..da bravo comunicatore, riesce a trasmettere questo sentimento e lo fa nel modo giusto. 

Ma al di là delle belle parole di Renzi, simili ai tanti slogan a cui ci ha abituati, quello che più mi colpisce dell'editoriale è proprio il titolo: “La melina parlamentare rende impossibili le riforme”. Certo...è a tutti chiaro che ogni “melina parlamentare” (come la definisce Domenico) finisce con lo svilire ogni iniziativa governativa...sembra ovvio.. oltre che naturale! Ma vorrei meglio capire ...allora.. a cosa potrà mai servire un Parlamento!...Insomma..per dirla in tono alquanto didattico ...se l'opera di una Camera parlamentare, in un concetto di repubblica democratica, non fa che creare impedimento all'azione che si vorrebbe sicura..veloce ed a volte.. assoluta..e se .basta un governo per decidere, qual'è la ragione di non chiudere definitivamente ambedue le Camere parlamentari?: un governo dovrebbe esprimere un esecutivo (cioè eseguire) o..dovrebbe decidere?

Certo.. io capisco bene che Domenico Cacopardo, da bravo e brillante scrittore, ha dato questo titolo al suo editoriale per marcare l'evidenza di una insostenibile situazione politica che pare non essere più realmente costruttiva al fine di rendere, detto titolo, volutamente provocatorio, ma attenzione....perchè oggi questo è uno degli argomenti contemporanei scottanti che tocca assai da vicino l'assetto riformista istituzionale al quale si sta mettendo mano. Oserei dire che si sta riscrivendo una certa cultura politica moderna in modo assai leggero e senza fornire le giuste spiegazioni ai cittadini un po' sprovveduti.

Credo che la domanda più chiara e semplice da rivolgere oggi ai cittadini dovrebbe essere questa: - Vogliamo vivere in un regime democratico parlamentare pieno di lungaggini e meline con interminabili discussioni che definiscono la libertà di idee... o preferiamo quel decisionismo governativo scevro da ogni dialogo parlamentare e ristretto nelle idee...per farla breve un regime assoluto che prevarichi ogni dibattito in seno alle forze politiche. Teoricamente basterebbe porre questo quesito attraverso un referendum per chiudere ogni storia!..Ma la faccenda è assai più complessa, poiché per rispondere ad una tale domanda.. occorrerebbe da parte del popolo.. una preparazione sulla politica e sulle istituzioni che molti non hanno...una conoscenza cui molti non sembrano interessati.

Questo quesito però...non può tutt'ora trascurare la ricerca di una terza via che la politica odierna omette di esaminare: Se questo contrasto appare essere uno dei più grandi problemi..quasi come una costante anomalia.. la divisione dei ruoli (figure governative- figure parlamentari) non potrebbe che essere studiata con maggiore attenzione ed in profondità..lasciando più libertà al dialogo politico, senza ostacolare la natura esecutiva di chi governa...Costruendo un nuovo percorso dove quello che decide sia un programma delle forze parlamentari più votate costruito con i cittadini ed... aliunde..una amministrazione governativa più sicura sulle questioni ordinarie e lo svolgimento organizzativo dello stesso programma...Non trascurando mai l'importanza di una continua dinamica nel cambiamento..
Ma tutto ciò non potrà mai escludere una primaria riforma che miri a disciplinare i Partiti...alla quale nessuno sembra manifestare attenzione.



Procedere spediti...tutto il resto è noia...




di vincenzo cacopardo
La“captatio benevolentiae” dell'instancabile comunicatore.

A volte..quando ascolto alcune figure del Governo persieduto da Renzi..mi vengono in mente le parole di Oscar Wilde che  riteneva alcune persone “capaci di parlare del niente..   perchè e ciò di cui conoscono tutto”...
Per quanto attiene le riforme...dopo il continuo discutere e ridiscutere di riforma del Senato ...sembra abbiano scoperto che non potrebbe mai sostenersi una immunità per una Camera omettendo di farlo per l'altra...Alla faccia della scoperta!
Dietro il sorriso stereotipato della ministra che alla fine riuscirà ad imporsi nella storia per aver apportato le particolari riforme costituzionali e che, in un modo o in un altro porteranno il suo nome, si procede nella continua ricerca di un inquadramento del nuovo Senato ...senza mai conoscerne bene le future funzioni...
Mi viene in mente, in proposito, quel costruttore che pretendeva di dare corso ad un suo progetto di costruzione di un edificio senza ancora conoscerne l'uso: un albergo?..un ospedale?..un edificio per uso abitativo o ancora... un grande magazzino?...L'importante è comunque costruire..in modo che la gente si esalti e sopratutto che rispetto al progetto di partenza si possa risparmiare persino sulla sicurezza delle stesse strutture.
Questo sembra essere il quadro odierno...dove il premier Renzi procede spedito come lui usa dire «alla faccia dei gufi» e dove la bella ministra Boschi, non fa che sorridere ed affermare che l'asse «tiene»ed il clima è buono. L'importante è che vi sia quella speranza a cui tutti dobbiamo affidarci ...e che.. dalla prossima settimana.. si cominci a votare in aula in modo da riuscirci entro Luglio...Costi quel che costi bisogna rispettare i tempi!... Appresso si metterà a posto l'Italicum, in modo che entro l'estate il ciclo sarà chiuso!..Tutto il resto e soprattutto la questione di un vero funzionamento..rimane di secondo ..se non addirittura di ultimo aspetto!
Persino Anna Finocchiaro, ormai appartene a quella politica dannosa che ha prodotto il dissesto conosciuto... afferma, quasi sorpresa, che «dopo trent'anni non possiamo fallire e, visto che Forza Italia e Lega hanno un atteggiamento estremamente collaborativo, siamo oltre il patto del Nazareno».

In tutto questo assurdo percorso non sembra affatto che le idee siano chiare!...Ma che importa quando lo stesso Premier ha imposto una velocità che di sicuro offre lui maggiore visibilità sul momento!
Sembra chiaro che.. i grillini.. sulle garanzie degli onorevoli possano ostacolare il percorso di riforma, ma vi sarà sempre un Silvio Berlusconi ad appoggiarla.. dando un definitivo consenso ad un simile privilegio.
Malgrado Renzi, come da abitudine... per furbizia e chiaro tornaconto, allarghi il suo campo a tutti i possibili riformisti, sa bene che in questo preciso momento.. il suo popolo speranzoso ed un pò intontito, resta sedotto dalla sua gonfia comunicazione, intendendo premiarlo sui tempi....
I risultati?...Vedremo!...L'importante adesso è correre!..
Gli accorgimenti verbali, vocali, gestuali con cui l'oratore Renzi cerca di accattivarsi la simpatia dell'uditorio, fanno parte d'un collaudatissimo repertorio...una sorta di “captatio benevolentiae” a cui ormai il nostro popolo si sottomette volentieri







1 lug 2014

Appalti... discipline complesse da rivedere



di vincenzo cacopardo
La disciplina che regola gli appalti è vasta, piena di requisiti economici e tecnici. I principi che la guidano sono diversi... criteri di valutazione delle offerte, di proporzionalità, di qualità, di pregio tecnico, delle caratteristiche estetiche, della sicurezza, dell'assistenza, dei tempi di consegna etc etc... Se ci addentriamo sulle normative che regolano gli appalti ci accorgiamo dell' enorme complesso di formulazioni dovute anche dalla diversità che ogni opera presenta. 

La materia è tanto complessa per cui risulta chiaro che ogni analisi e valutazione si possa esprimere, rimane solo concettuale e senza alcuna pretesa di indicare soluzioni..se non teoriche. 

Una cosa... però... sembra chiara e cioè che.. se un'opera presenta caratteristiche tecniche particolari ...ossia nel suo impianto manifesti opportunità relative ad una progettualità innovativa che la distingui attraverso un'idea particolare (vedasi il Mose) appare molto più logico seguire la linea di un appalto concorso. Trattandosi di lavori speciali o realizzazione di opere complesse o ad elevata componente tecnologica, la cui progettazione richieda il possesso di competenze particolari o la scelta tra soluzioni tecniche differenziate, non si potrebbe seguire altra strada... poiché vi deve essere una maggiore garanzia sulla stessa qualità e sul suo funzionamento: Sembra più logico che ai fini della valutazione di un tale progetto, vi sia un regolamento che disciplini i fattori ponderali da assegnare attraverso punteggi in modo da valorizzare e salvaguardare una qualità, il pregio tecnico, certe caratteristiche estetiche, funzionali e persino ambientali.

Nel caso del Mose si sarebbe potuto intervenire.. sia per la strada di un appalto concorso... che per appalto concorso integrato..ossia con una progettazione il cui giudizio doveva di certo valutare principalmente una ingegneria valida ed i relativi tempi di consegna.. mettendo un limite alle consuete perizie suppletive (lecite ..ma spesso abusate). Come può un'opera di questa fatta essere eseguita in oltre trent'anni, finire col costare una simile immensità di denaro e non essere disciplinata da una regolamentazione che guardi ad una caratteristica tecnica oltre che pratica..ad i tempi dell'esecuzione ed ad un principio innovativo del suo funzionamento? 

Ma tornando agli appalti in genere ed alla miriade di regole che li guidano (a cui spesso si soprassiede per evidenti tornaconti), non si può pensare con tale superficialità di basare indifferentemente su un unico principio di ribasso la valutazione di determinati lavori..sottovalutandone l'aspetto tecnico funzionale, ambientale e persino estetico..come del resto rimane davvero strano poter pensare (in riferimento all'articolo precedente del consigliere Cacopardo da me postato) di chiudere gli spazi alle aziende attraverso fideiussioni totali che garantirebbero i lavori ai soliti colossi legati al potere degli istituti bancari spesso manovrati politicamente. 

Una normativa che dovrebbe ancora meglio approfondirsi è sicuramente quella sui subappalti che oggi è limitata da parametri relativi all'entità dell'opera. Anche qui la disciplina proprio per evitare che vi si possa intravvedere una simulata cessione dell'appalto, pone dei limiti stabilendo delle percentuali da poter cedere in sub appalto. Credo che tale disciplina debba essere approfondita anche su determinati aspetti riguardanti il territorio e cioè valutando la possibilità di imporre per legge (ove possibile) subappalti alle forze lavorative locali. 

Oggi si impone in sede di presentazione delle offerte l’individuazione e l’indicazione nominativa dei subappaltatori, per il caso in cui la concorrente risulti sfornita in proprio della qualificazione per le lavorazioni che dichiara di voler subappaltare.... quello che oggi viene chiamato subappalto “necessario”, ma che dovrebbe basarsi su un principio di logica territoriale...garantendo una parte del lavoro localmente. Insomma...non avvalersi di un subappaltatore alla sola fattispecie in cui essa non disponga della qualificazione in relazione ai lavori interessati dal subappalto...non ricorrere al subappalto al solo scopo di integrare requisiti di qualificazione di cui non sia in possesso, ma anche al fine di garantire il lavoro alle ditte locali pertinenti il luogo dell'esecuzione dell'opera.
Una materia tanto complessa ...quanto difficile a cui la stessa politica dovrebbe mettere mano, rivalutandone un certo funzionamento... in modo più logico e costruttivo.

nuovo articolo del Consigliere Cacopardo sugli appalti



Il giudice dell’udienza preliminare di Venezia, Massimo Vicinanza, ha respinto la proposta di patteggiamento che era stata definita per Giorgio Orsoni, tra procura e difesa: quattro mesi e 15.000 euro di ammenda. Il ruolo del sindaco-avvocato nella vicenda torna nel dibattimento, quando ci sarà: un elemento che contribuirà a fare chiarezza nella geografia delle responsabilità e delle disinvolture. Sembra che il cosiddetto “Scandalo Mose” attraversi una fase di stanca, dopo che il presidente del Consorzio Venezia Nuova, Mazzacurati, e il direttore generale Baita hanno raccontato le loro verità con abbondanza di nomi e di particolari.

Quella che manca, ancora oggi, a circa un mese di distanza dalle prime notizie, è l’azione del governo e, in parte, quella delle medesima autorità giudiziaria.

Le reazioni di Renzi sono state immediate e dirette, ma, come negli usi della (sua) casa, più di forma che di sostanza. Il premier ha affermato che “I ladri debbono andare in galera” e, nelle settimane successive, dopo un ennesimo tira e molla, ha definito i poteri del commissario anticorruzione Raffaele Cantone. 

Insomma, un’impostazione di diritto penale, quando, invece, la terapia è tutta amministrativa, nel senso che occorre intervenire con provvedimenti urgenti per fermare la dissipazione di denaro pubblico e per consentire una utile continuazione e completamento dei lavori.

Dal canto suo Lupi, ministro delle infrastrutture, si è segnalato per i silenzi più che per le parole spese. Invero, ha annunciato la due diligence (da queste colonne invocata) e affidato al viceministro Nencini l’incarico di predisporre la modifica della normativa sugli appalti. Di due diligence, però, si è persa ogni traccia, e le nuove norme nascono nel segreto delle stanza ministeriali senza affrontare il nodo centrale: l’applicazione, in Italia, del sistema in vigore nel mondo. Tender (cioè gare) al massimo ribasso con garanzia integrale su tutto il valore dell’opera. Per questa scelta moralizzatrice non c’è necessità di un nuovo codice degli appalti, basta una direttiva ministeriale. 

Ovviamente, i ritardi nell’affidamento di un incarico per la verifica del delta tra quanto incassato dal Consorzio Venezia Nuova e i costi reali dell’opera, lascia nell’ombra la quantità di provvista illecita conseguita dal Consorzio stesso, a beneficio delle imprese partecipanti, e dei loro dirigenti. E lascia alle medesime imprese, con gli stessi dirigenti, salvo le posizioni attribuite ai soggetti incriminati, il compito di gestire questa fase delicata e di continuare i lavori.

Certo, a prima vista sembra che il ministero delle infrastrutture e la procura della Repubblica di Venezia appartengano a due realtà diverse. Non si hanno notizie di coordinamenti rivolti a salvaguardare alcuni valori irrinunciabili, oltre la punizione dei responsabili e correi: il possibile recupero di quanto sperperato, la continuazione dell’opera nell’interesse di Venezia e dei valori in essa identificati dall’Unesco.

Sembra, inoltre, che coloro che si occupano della questione non abbiano nemmeno sfogliato la normativa in vigore. In particolare il decreto legislativo 8 giugno 2001 n. 231 e successive modificazioni: qui le fattispecie e i rimedi sono chiaramente indicati e permettono l’immediato commissariamento delle aziende responsabili di corruzioni e altri illeciti. Un contatto tra ministro e procura potrebbe risolvere lo stallo attuale.

Peraltro, la normativa della 231, in vigore da oltre 10 anni, va segnalata non al premier Renzi e al suo staff (incapaci di usare gli strumenti che già ci sono e funzionano in un ansia di ignorante nuovismo), ma al medesimo Cantone, commissario anticorruzione, che deve assumersi la responsabilità di promuovere il commissariamento delle aziende implicate sia a Venezia che a Milano. 



Una necessità per fare fronte all’emergenza “tempo” evitando che esso eserciti tutto il suo potente ricatto sulle autorità politiche nazionali e regionali di fronte alla prospettiva di non aprire l’Expo nella data prevista e di rinviare a data da destinarsi l’ultimazione del Mose.

30 giu 2014

L'ignoranza presupposto per il fallimento...di Domenico Cacopardo



La grancassa mediatica suonata da Renzi e amici appunta la propria attenzione sul Consiglio di Stato, una specie di Moloc contrario a ogni riforma dell’assetto istituzionale del Paese: è un pregiudizio, figlio dell’ignoranza di personaggi con studi approssimati e nessuna pratica di alta amministrazione, catapultati ai vertici dello Stato dal crollo del centrodestra prima, dei gruppi dirigenti postcomunisti poi. 

Il Consiglio di Stato è un’istituzione ripresa dall’ordinamento napoleonico e adottata dal regno di Sardegna prima, dal regno d’Italia poi. Aveva, in origine, funzioni di consulenza reale e interveniva in questioni di diritto amministrativo quando il cittadino si rivolgeva al re per avere giustizia. Una manifestazione di potere regio, gestita da eminenti giuristi e specchiati cittadini.

Come lo conosciamo ora, ha una duplicità di funzioni. Prima fra tutte quella giurisdizionale, esercitata come tribunale d’appello (e finale, salvo qualche caso speciale nel quale si può adire la Corte di cassazione) sulle decisioni dei Tribunali amministrativi regionali (Tar) e come istanza di unico grado nel caso in cui il cittadino si rivolga, con un ricorso, al presidente della Repubblica per avere giustizia in una questione amministrativa.

L’altra funzione, attribuitagli dalla Costituzione, è quella di consulente del governo per questioni giuridico-amministrative e legislative (mediante un’apposita sezione di recente costituzione). In questa seconda attività, il Consiglio diventa presidio della legalità amministrativa dell’azione di governo, e curatore dei testi normativi, quel drafting così trascurato e così importante per l’adozione di leggi leggibili e applicabili.

Il fastidio che l’exsindaco di Firenze e il suo endocrinologo di fiducia (che, sulla base delle proprie competenze professionali e di exsindaco di Reggio Emilia, svolge le funzioni delicate di sottosegretario alla presidenza e di segretario del consiglio dei ministri) mostrano nei confronti del Consiglio di Stato può trovare una ragionevole giustificazione solo nella psicoanalisi: Freud e sodali spiegherebbero che diffidenza e rifiuto sono figlie dell’ignoranza e, quindi, della paura di ciò che non si conosce. Come bandire il bisturi perché non si sa usarlo.

Dal 1945 a oggi, il Consiglio di Stato -e lo testimoniano migliaia di pareri espressi ai vari governi e ad altri organi costituzionali- ha sempre lealmente collaborato nella stesura e definizione di norme coerenti con i presupposti costituzionali e di sistema e con le esigenze che il governo legittimo manifestava. Tante riforme adottate con successo hanno trovato nell’apporto del Consiglio ragioni significative per la loro efficacia.

E ha affrontato con senso di giustizia questioni delicate. Una per tutte: il caso P2 venne delibato dal Consiglio con un parere-decisione con definì illegale l’organismo e seriamente censurabili (anche con l’estromissione dall’impiego) i dipendenti pubblici che ne facevano parte.

Certo, se il governo intende percorrere strade sbagliate sotto il profilo del diritto, il Consiglio di Stato non si piegherà. Anche da questo deriva la repulsione che Renzi e compagnia cantante manifestano così di frequente.

C’è poi la questione dei consiglieri di Stato: essi sono capi da gabinetto e componenti di authorities. Su queste presenze nel sistema di governo si sono sollevate tante osservazioni condivisibili. In particolare sulle authorities la critica risulta convincente per due ragioni. La prima è la funzionalità del Consiglio stesso privato della presenza di magistrati. Dall’altro, dalla natura delle funzioni: per esempio un magistrato del Consiglio presiede l’evanescente Authority sugli appalti pubblici. È opportuno? Certo che no, come non è opportuno che tanti consiglieri di Stato militino in organismi del genere, ricevendo cospicue retribuzioni che si sommano al rispettabilissimo stipendio di base. A questi fuori scena si aggiungono i molteplici incarichi di insegnamento, la direzione (in qualche caso la proprietà) di scuole professionali dedicate alla formazione di operatori del diritto, compresi coloro che (evidente conflitto di interessi) intendono partecipare al difficile concorso per l’accesso a Consiglio medesimo.

Su tutta quest’area di esondazioni dai compiti d’istituto, che incide direttamente anche sulla funzionalità di questo alto tribunale, sarebbe giusto fare chiarezza per arrivare a una inibizione generale. Il tempo pieno che si pretende da tanti pubblici dipendenti, vale a maggior ragione per i magistrati amministrativi.

Diverso il caso della collaborazione diretta agli uffici di governo: com’è sempre successo in passato, queste presenze arricchiscono l’azione dei ministeri e della presidenza. Debbono essere limitate nel numero, naturalmente, ma privarsene ha il medesimo senso di chi si priva dei propri attributi per fare un dispetto alla moglie.

Ma di questo si tratta: una compagnia di giovanotti e di giovanotte allo sbaraglio non si pone il problema di rendere efficaci le proprie azioni. Basta solo enunciarle, affidandosi poi all’excomandante dei vigili urbani di Firenze per trasformarle in norme.

Ci sarebbe da ridere, se non si trattasse di un disastro annunciato.