14 apr 2015

un appunto sul nuovo articolo di domenico Cacopardo

Di che si stupisce Domenico Cacopardo?
E' lo stato di abbandono di una società che ha sempre più sottovalutato la cultura del rispetto per una società ed i suoi valori fondamentali che non possono mai essere costruiti sul potere di una economia e del denaro. 
Per quanto riguarda il nostro Paese..non può porsi meraviglia Domenico..che, pur esprimendo una chiara posizione contro l'incedere inopportuno del governo, non pare aver ben percepito il percorso ingannevole del lavoro del sindaco d'Italia.. alquanto sbrigaticcio.. oltre che privo di logica.
Il suo sottolineare :"la politica giudiziaria del governo e del Parlamento invece di occuparsi delle disfunzioni della giustizia, dei ritardi biblici della giustizia civile e di quella amministrativa, si focalizza sulla sottrazione di lavoro ai giudici e ai pubblici ministeri, in modo che possano occuparsi solo di alcuni «grandi» reati". Suona come un giusto richiamo ad una politica governativa che continua a ingannare con le sue azioni di falso rinnovamento ..e poco può importare la voce di un Parlamento.. ormai totalmente soggiogato da una governabilità assoluta che non rispetta per nulla le regole ed i principi fondamentali di una democrazia.
Il richiamo al Parlamento, quindi ..risulta del tutto improprio, giusto per la mancanza di ciò che si dovrebbe ad un Aula.. dove per logica deve anteporsi un dialogo aperto e non continue fiducie... a volte persino ricattatorie.
Tutto prima o poi torna quando non si ha rispetto dei principi cardine di una società che vive in uno Stato democratico. La parola prevenzione non appartiene a questo governo..come non gli attiene ogni logica di politica democratica.
Nel caso della giustizia e della sicurezza, il rischio che l’autonomia del singolo debordi sino all’anarchia del tutto...è ormai di tutta evidenza. Si continua dilatare il problema attraverso regole di prescrizione e depenalizzazioni. Siamo oggi ad un punto critico..ed ancora non si vuole capire che il metodo renziano della semplificazione e della fretta, (che appare erroneamente il più sbrigativo ed utile) nel suo esprimersi in modo sommario, non potrà mai sortire un successo nel futuro..anzi ci tornerà indietro come un boomerang, portando al pettine gli ulteriori nodi irrisolti alla base.
Il problema è solo di natura culturale politica..ed il rischio è maggiore di quello che si crede!

vincenzo cacopardo 


Lo Stato in ritirata
così potrebbe intitolarsi il capitolo di storia patria che sarà dedicato al 2015, l’anno in cui è stata introdotta nell’ordinamento italiano la depenalizzazione di 112 reati, tra i quali ne ricordiamo solo alcuni: abbandono o violenza di persone minori o incapaci; invasione e occupazione di aziende agricole o industriali; appropriazione indebita; attentato alla sicurezza dei trasporti; evasione; furto; istigazione a delinquere; minacce; omicidio colposo; percosse; violazione di domicilio.
Le condizioni sono due: tenuità e non abitualità, elementi questi che saranno valutati discrezionalmente dal giudice.
Nella sostanza, si tratta della gran parte del carico giudiziario, che spesso rimane abbandonato per la priorità accordata ad altre fattispecie, ma che pesa come un macigno sulla società civile.
Basti pensare all’omicidio colposo, quello che più frequentemente si manifesta nelle strade (spesso aggravato dall’uso di alcol e di droghe, compresi gli spinelli che accoppiati all’alcol e ai tabacchi costituiscono un micidiale cocktail, ma in questo caso «aggravato» e non riducibile per tenuità) e che colpisce migliaia di famiglie, sempre alla ricerca di una aleatoria riparazione morale e materiale, sempre gelate dall’insensibilità degli inquirenti. Basti pensare al furto e alla violazione di domicilio, lesioni della personalità, prima che delle cose, spesso causa di irreparabili traumi psicologici.
Va ricordato che la criminologia insegna che nel curriculum di un grande criminale c’è quasi sempre un inizio di «piccoli» crimini. E che, questa depenalizzazione accentuerà la sensazione di abbandono da parte dell’autorità giudiziaria (da cui dipende quella delle forze dell’ordine, ormai quasi sempre inerti di fronte al furto d’auto o in appartamento), e l’insicurezza generale.
Insomma, la politica giudiziaria del governo e del Parlamento invece di occuparsi delle disfunzioni della giustizia, dei ritardi biblici della giustizia civile e di quella amministrativa, si focalizza sulla sottrazione di lavoro ai giudici e ai pubblici ministeri, in modo che possano occuparsi solo di alcuni «grandi» reati. Ma questo non è garanzia di procedimenti celeri ed efficaci, visto che, contemporaneamente, vengono incrementate le pene, allungate le prescrizioni e introdotti tanti nuovi reati, peraltro già previsti in varie forme dall’ordinamento. Il medesimo reato di tortura è già perseguibile nelle forme previste dal codice penale.
Perché, dunque, si procede in questa direzione? Perché così si manda un messaggio di subalternità alla corporazione degli operatori di giustizia e di speranza alla cittadinanza, illusa, invece, da una irrealistica prospettiva di efficienza. Irrealistica: non ci sono gli strumenti organizzativi e disciplinari per mettere in moto la macchina, premiando i solerti e punendo gli incapaci o gli ignavi. Non c’è un’organizzazione economica e sociale che possa efficacemente funzionare senza un reale potere gerarchico di direzione e di controllo. Questo manca del tutto nel sistema italiano, nel quale l’autonomia del singolo deborda sino all’anarchia del tutto.
Con la riforma della custodia cautelare (sarà più difficile e dovrà essere più motivata) si completerà questo rischioso pezzo di riforma. È facile immaginarne l’insuccesso, il tragico insuccesso.
Domenico Cacopardo





13 apr 2015

Equilibrio e contemporaneità nella lettura dei testi sacri


BREVE DISAMINA SUI TESTI SACRI

di v.cacopardo

Equilibrio e contemporaneità nella lettura dei testi sacri

Francesco Alberoni a proposito dello studio dei testi sacri e la differenza tra noi e loro...scrive: Per capire la differenza che c'è fra il cristianesimo e l'islam partiamo dal celebre passo della Bibbia in cui Giosuè, dopo aver pregato il Signore, gridò alla presenza di tutti gli israeliti: «Sole, fermati su Gabaon! E tu, luna, sulla valle di Aialon! Il sole si fermò, la luna restò immobile, un popolo si vendicò dei suoi nemici». “Vedi - dissero a Galileo - se il libro sacro dice che il sole si è fermato vuol dire che si muoveva e la tua teoria eliocentrica è sbagliata». Galileo rispose che la Bibbia aveva usato solo il linguaggio dell'epoca. Ma vi sono passi della Bibbia che non sono solo in contrasto con fatti naturali ma anche con l'insegnamento del Vangelo, per esempio quando Dio comanda a Giosuè di sterminare tutta la popolazione di Gerico: «Donne, fanciulli e vecchi e buoi, e pecore e asini» (Giosuè 6, 21). I filosofi e gli storici cristiani hanno spiegato questi massacri come la sopravvivenza di costumanze antiche poi superate. La Bibbia per i cristiani va quindi analizzata, storicizzata, ricondotta all'epoca in cui è stata scritta. I sacerdoti nei seminari perciò studiano storia, linguistica, filosofia, antropologia. Invece il Corano per i musulmani proviene direttamente da Allah di cui è la parola unica e definitiva. Esso è increato come Lui e tutto ciò che noi possiamo sapere di Lui e tutto ciò che Egli vuole dai sui fedeli è scritto nelle sue pagine. Anche il Corano ha una esegesi. Ma questa può essere fatta solo da grandi dotti e i suoi passi non possono venirne storicizzati, cioè ricondotti ad una particolare circostanza o ad un particolare momento storico. L'esegesi consiste nello scavarli e riscavarli più a fondo facendone emergere l'infinita ricchezza. ”

Risulta più che evidente che i musulmani si sono sempre dovuti confrontare con la civiltà e la cultura occidentale la quale, avendo apportato un certo progresso, li ha sempre costretti a difficoltà nel comprendere e, spesso..anche a duri scontri. Il loro scritto sacro “il Corano” deve intendersi come un testo di attività consueta della parte più originale dell'esegesi musulmana contemporanea e potrebbe anche essere sottoposto ad un esame persino letterario, oltre che sociologico, un esame che ne possa fare emergere l'importanza del messaggio rivelato in sè, ma anche rappresentarne lo strumento di una trasformazione storica.Non potrà mai essere facile per una cultura occidentale poterlo apprezzare poiché esso è la partenza di un rovesciamento della stessa conoscenza scentifica religiosa al fine di porre al centro un Dio che è il fine dell'agire umano.

Qualcun altro ci spiega come vi sia un grande interesse di metodo esegetico per interpretare il Corano: Tutta l’esegesi tradizionale procede commentando versetto per versetto, in un modo per così dire atomista, senza considerazione per il contesto. Nel migliore dei casi un versetto sarà messo in relazione con un altro passo situato altrove nel Corano (ciò che gli esegeti hanno definito «il commento del Corano attraverso il Corano»), ma molto raramente il senso di un versetto viene ricercato a partire dal suo contesto immediato. La critica storica, tuttavia, mette legittimamente in dubbio l’autenticità di molte di queste “occasioni della rivelazione”, che sembrano piuttosto fabbricate a posteriori per spiegare un versetto più o meno oscuro.”

Tornando alla analisi di Alberoni (logica oltre che chiara) sulla differenza esistente tra le sacre scritture, non si può escludere una certa limitazione del testo sacro orientale tendente a bloccare ogni variabile che una certa modernità continua ad apportare nella società. Al contrario di ciò che (anche se con timore e lentezza) sembra essere avvenuto nei testi sacri dell'occidente cristiano:- Lavoro che lo stesso Papa Francesco, con estremo coraggio, sta conducendo nella sua opera di evangelizzazione sulla religione cristiana.

Non v'è dubbio che secondo i musulmani il testo della rivelazione coranica rimane più che mai immutabile..come lo è rimasto nel corso dei secoli; conseguentemente esso viene tramandato dai musulmani parola per parola, lettera per lettera...senza alcuna possibilità interpretativa mutevole nel tempo.

Ha ragione quindi Alberoni nell'affermare che i testi sacri andrebbero sempre analizzati e storicizzati, riconducendoli all'epoca in cui sono stati scritti. Ciò varrebbe anche per il Vangelo che, pur indicando dei messaggi cristiani di alto valore etico ed umano, nella sua lettura, può dare il senso di una percezione di vita ben diversa e lontana da quella del contesto attuale. Un rapporto di vita odierno differente che non penalizza in sè il messaggio di Cristo, ma che impone una lettura del testo più profonda...al fine di riuscire a sposarlo con la realtà sociale odierna. 

La difficoltà per l'uomo sta quindi nel saper leggere tali testi e saperne riportare i valori nel contesto contemporaneo con grande equilibrio e profondo senso umano.  

A tal proposito verrebbe spontaneo domandarsi se per disarmare certi conflitti tra sunniti e sciiti sia necessario privarli della loro componente politica...e quanto in realtà possa influire la componente politica! Se, in tal modo, si possa o no rinunciare a quell’identificazione tra la sfera secolare religiosa e quella dell’Islam politico. Bisogna forse partire da qui per comprendere (senza mai giustificare) ogni operazione di uno stato islamico efferato e sanguinario che interpreta il Corano nel modo peggiore, non omettendo il confronto su alcuni riferimenti della Bibbia poco edificanti e non del tutto rispettosi della vita umana...sicuramente differenti da quelli dell'evangelizzazione promossa successivamente da Cristo.




12 apr 2015

Renzi... quale verità sul tesoretto?..

"L'ostacolo di questa nuova politica costruita sull'inganno di una comunicazione faziosa sulla quale lo stesso Renzi fa forza.. costringe la nostra politica in tutto il suo percorso ..condizionandola nella scelta di quelle giuste idee per le riforme che dovrebbero far crescere in senso innovativo la nostra Nazione. "
di vincenzo cacopardo 

Non si è ancora compreso bene quale sia il tesoretto tanto declamato da Renzi e non si capisce nemmeno come il suo governo, che pare viaggiare ai limiti estremi dalle clausole di salvaguardia, non riesca a scorgere un sostanziale pericolo nel suo particolare bilancio. Se a ciò aggiungiamo il record di pressione fiscale ormai giunta all'estremo e quello di una disoccupazione che continua ad aumentare..c'è poco da stare allegri. Ma questo tesoretto di 1,6 miliardi esiste? ..O siamo ancora una volta alle prese con la solita comunicazione?Non è nemmeno chiaro se a questo punto la stessa Europa dei commissari continuerà a prestare a Renzi ulteriore credito o se presto potrà intervenire con alternative decisamente più dure.

Ma tornando al Def, (documento programmatico finanziario che attualmente sembra mostrarsi non del tutto definito), pare non sia ancora digerito da qualunque forza politica e... con vari mal di pancia.. da tanti componenti dello stesso partito del Premier. Vi sono numeri che sembrano essere incompleti, ma quello che ovviamente molte forze politiche non riescono a comprendere.. è l'idea che possa esservi un tesoretto. Una ulteriore enunciazione del sindaco d'Italia che sembra arrivare puntuale (come per gli 80 euro) poco prima delle prossime elezioni regionali.

Si ha l'idea che il sindaco d'Italia premier... nonché segretario del partito di maggioranza...(in sostanza vero padrone assoluto di una politica ormai decadente e per niente democratica), come uno chef.. abbia messo in un pentolone fin troppa roba ..scaldando le vivande al suo interno con troppo ardore di fiamma..e che nel momento in cui la stracolma casseruola sarà tolta dal fuoco ..vi si potrà trovare un miscuglio bruciacchiato..non commestibile. La fretta di cucinare il tutto, con premura ed in un'unico recipiente,..da provetto cuoco che spiega sapientemente e con enfasi le sue ricette, potrebbe compromettere il suo miscuglio di pietanze.

Ma al di là di ogni metafora che si possa accostare al premier, il suo insistere sul fatto che non ci saranno tagli ai comuni, né aumenti di tasse..viene continuamente smentito dai commenti fatti in questi giorni dai tanti sindaci intevistati. La paura costante dei cittadini rimane sempre quella di trovarsi nel prossimo futuro con l'attuazione delle clausole di salvaguardia che prevedono aumento di Iva e accise... che scatteranno automaticamente nel 2016 se non si faranno tagli di spesa per 16 miliardi di euro...In sostanza.. ancora ulteriori sacrifici per i cittadini! ..(E' veramente difficile pensare che una “local tax” voluta dalli stesso premier, non sarà lo strumento dei sindaci che consentirà di aumentare le aliquote a volontà.)

Il pensiero sul quale dovrebbe concentrarsi il cittadino è proprio su ciò che potrebbe accadere dopo le Regionali , quando una diversa realtà potrebbe costringere lo stesso governo a correggere il tutto attraverso una manovra più pesante. In realtà il nuovo «tesoretto» elettorale, sembra essere un'ulteriore trovata del furbo presidente del Consiglio, ma potrebbe identificarsi persino come un inganno, permettendogli di spendere in anticipo soldi che potrebbero essere recuperati attraverso altre tasse con tagli già programmati.

9 apr 2015

Spendig rewiew e tagli..Una nota al nuovo articolo di Domenico Cacopardo



Domenico Cacopardo sostiene che l'antinomia non è tra taglio della spesa sociale e l'aumento delle tasse comunali. Ma tutto ciò sarà da vedere dalle idee che in questi giorni il governo proporrà. 

Per quanto riguarda la “spendig review” ...ossia quel processo volto a migliorare l'efficienza e l'efficacia della spesa pubblica attraverso la sistematica analisi e valutazione della pubblica amministrazione, rimane ancora inverosimile il fatto che il piano Cottarelli.. studiato a lungo ed in fondo.. non sia più stato preso più in considerazione. Sarà..quindi.. tutto da vedere l'impegno che il governo sarà costretto ad seguire sul piano del risparmio e che ancora oggi..non sembra scorgersi.

Le ultime voci parlano di un Premier che insiste ed avverte i sindaci di non colpire i servizi dei cittadini e di una gran parte di loro che temono che si possano ancora indicare tagli diretti alla loro amministrazione..Ma malgrado i sacrifici già fatti, il timore che una buona parte dei 10 miliardi di tagli debba essere supportata dai comuni, rimane alto. 

Sembra che gli otto mila comuni italiani negli ultimi anni hanno subito un taglio di 17 miliardi...il chè porta l'insistenza di Renzi ad una vuota esortazione priva di speranza e futile nel risultato...soprattutto se non si scorgono ancora idee in proposito e si persevera con la solita costante comunicazione.

La guerra tra il sindaco d'Italia ed il resto dei sindaci matura già da tempo. Bisogna perciò ancora capire esattamente cosa potrà significare la parola oggi “assai generica” che indica questi tagli.
vincenzo cacopardo


L’antinomia non è tra taglio della spesa sociale e aumento delle tasse comunali, come sostiene Piero Fassino, presidente dell’Anci (l’associazione dei municipi) e sindaco di Torino. 

È il solito falso messo in scena da coloro che non intendono, da almeno dieci anni, affondare il bisturi nella montagna di spese inutili e parassitarie che infestano gli enti pubblici italiani a beneficio di gruppi politici, di funzionari e delle clientele che, nell’affondamento dei partiti tradizionali, hanno trovato il terreno utile per svilupparsi e affermarsi in tutto il territorio nazionale.

Questa volta, il giro di vite annunciato dal governo è suffragato dai numeri di una «spending review» focalizzata sui costi standard, per le partite di bilancio comunale e per le attività delle unità sanitarie. Un’attenzione che mostra la disparità abissale, a parità di prestazioni, tra le spese dei comuni virtuosi e quelle di larga parte degli altri, laddove toccare una prebenda, un emolumento, un trasferimento di denaro a qualcuna delle migliaia di società pubbliche è un affare di Stato, in quanto colpisce nelle tasche direttamente il personale politico e coloro che a esso sono legati.

Sostiene Fassino che, invece di toccare i comuni, il governo dovrebbe toccare i ministeri. Una singolare alternativa: non ci si piega alla necessità di adottare comportamenti virtuosi, ma si rilancia chiedendo che quei comportamenti siano imposti ad altri apparati dello Stato.

Certo, siamo tutti delusi dalla fine fatta dal lavoro di Cottarelli, commissario proprio alla «spending review», rientrato, senza una parola di ringraziamento, a Washington, alla sua scrivania alla Banca mondiale. Un documento ponderoso, liquidato di recente dal primo ministro come «un elenco di cose scontate», mentre il successore di Cottarelli, Yoram Gutgel dichiara che ci vuole tempo per formulare proposte. A dimostrazione che la continuità dello Stato e delle funzioni in esso svolte dai vari «comis» è cosa dell’altro mondo, della Francia, del Regno Unito e della Germania, per esempio, mentre da noi ogni volta occorre ricominciare daccapo.

Certo, non tutte le proposte di «spending review» risultano praticabili, anche perché il principio di autonomia di Cottarelli, che gli ha impedito di dialogare efficacemente con i corpi dello Stato, s’è rivelato un «boomerang» capace di frenare la corsa delle sue idee. Ma c’è tanta roba da mettere sul fuoco, non il fuoco lento delle antiche ricette, ma quello vivo di chi ha bisogno di fare presto e bene. 

La necessità di evitare la tagliola dell’aumento automatico dell’Iva impone al governo di non guardare in faccia nessuno e di procedere secondo un criterio razionale, con l’abolizione della spesa storica che premia gli spendaccioni, e l’introduzione dei costi standard. Un’introduzione «a stringere» nel senso che i tagli del 2016 saranno propedeutici a quelli del 2017 e del 2018.

Le regioni non si sono ancora lamentate: un brutto segno, visto che, dal punto di vista pratico, il loro peso è di gran lunga il più ingente e il più parassitario, visto che non riesce ad avere alcuna funzione anticongiunturale. 

Domani, venerdì, a Dpef approvato, sapremo se il governo ha compiuto o meno una marcia indietro. Dati i precedenti, possiamo sperare di no.
Domenico Cacopardo

8 apr 2015

Quel degrado che aiuta Renzi.. ed uccide la funzione dei partiti


La degenerazione politica concepita da una mancanza di regole e ruoli.
di vincenzo cacopardo
Secondo il direttore del giornale Alessandro Sallusti il programma di Fitto è distruggere Berlusconi (cioè Forza Italia), quello di Cofferati è di uccidere Renzi, Tosi punta solo a fare perdere Salvini e Alfano la darebbe alla qualunque pur di continuare a mangiare gratis. Questo suo quadro mette in evidenza.. da un lato.. la più che fortunata marcia di Matteo Renzi e.. dall'altro.. una chiara difficoltà della politica di gestione dei Partiti ormai condizionati da un'evidente gioco di potere.

Non smetterò mai di sottolineare l'evidenza di queste continue anomalie generate da una chiara mancanza di regolamentazione da studiare sull'azione dei Partiti (art 49 cost.) che dovrebbe espletarsi in una funzione più coerente a beneficio di quella cittadinanza espressione di un consenso: Se il fine si sostanzia nella prevalente forzatura delle figure in seno ai Partiti e non attraverso le idee che devono esprimersi in favore di una politica di programmi più utili e funzionali, il risultato non potrà che restare il medesimo..ossia...lotte intestine per assumere una propria leadership che col tempo..finisce coll' imporsi attraverso l'assoluto comando di un'unica figura.

Bisogna invece.. che i Partiti (i quali devono determinare la guida politica della Nazione) vengano preservati da una logica della politica costruita attraverso dialogo con la cittadinanza ricercando idee ed innovazione. In teoria (una personale teoria che va trovando oggi sempre più riscontro) dovrebbero occuparsi dei Partiti solo coloro che appartengono a quel lavoro di ricerca e di analisi dottrinale legato all’attività parlamentare in dialogo con la società civile. Una lavoro che possa istruire in continuità nuove idee e procedure per una più moderna politica. Essi dovrebbero essere il comune filtro di collegamento con il Parlamento per un programma voluto dai cittadini, poiché naturali sponsor dei candidati e, soprattutto delle idee che si propongono. Un Partito deve essere una vera e propria officina di studio in continua ricerca che non dovrebbe mai ammettere alcuna formula assoluta in proposito: Per natura dovrebbe affrontare un lavoro in equipe offrendo le giuste idee di confronto per ottenere un’unica vera forza di pensiero, svolgendo così, lo specifico lavoro di approfondimento. I componenti dovrebbero lavorare come un unico motore di ricerca per un sistema qualitativo ed innovativo della vita sociale, restando quanto più equiparati tra loro e, soprattutto, senza inserirsi in alcun ruolo amministrativo.

..E qui entriamo di logica sull'altra fondamentale riforma che dovrebbe sostenere la divisione più netta e decisa dei ruoli.. onde evitare il continuo compromesso tra i poteri: Potremmo tutti comprendere quanto possa risultare anomalo l'inserimento di un'unica figura nel doppio ruolo di colui che crea le norme e nel contempo le gestisce come esecutore, ma nessuno.. o solo in pochi.. si pongono di fronte a questo evidente conpromesso senza porgli una definitiva soluzione. Nel clima attuale è fin troppo evidente l'anomalo processo di riforme volute da chi esercita simultaneamente il ruolo di capo di un Partito e di capo di un governo ..

Non c'è quindi da meravigliarsi che in un quadro simile si continui ad attuare un dannoso processo di costruzione di potere attraverso l'imposizione di figure che non identificandosi in un qualsiasi programma ideativo, lottano esclusivamente per accaparrarsi un potere in seno ai Partiti (nuovi o vecchi che siano). E' una degenerazione politico culturale determinata come reazione ad una precisa mancanza di regole per ruoli. Oggi i Partiti restano sempre più malvisti dai cittadini che cominciano a percepire queste anomalie separandosi con maggior consapevolezza dall'esprimere consenso.


7 apr 2015

Una nota critica sul nuovo articolo del consigliere Cacopardo sulla preghiera di Papa Francesco

Non si può chiedere ad un Papa....
In questo articolo Domenico Cacopardo sembra esprimersi in toni un po' troppo duri nei confronti di Papa Francesco.
Qui non si tratta di dover chiamare le cose col proprio nome.. come afferma Domenico.. in quanto il Pontefice esercita la sua funzione ecclesiale attraverso la preghiera e non un ruolo politico. Potrebbe il Papa non pregare in favore di una pace?..Potrebbe non scongiurare altri conflitti sia che si tratti della Siria, dell' Iraq.. o di un qualunque altro paese occidentale?
Malgrado la puntuale.. e per certi punti giusta.. analisi di Domenico nei confronti di una politica occidentale sprovveduta, o ancora peggio...le disastrose «performances» di Obama condotte in Medio Oriente, quello che non posso comprendere è l'indicare questo Pontefice come un capo di una Chiesa che non ha la forza di spendere parole di sostegno nei confronti del proprio popolo cristiano..nè quella visione ristretta delle stragi e delle guerre, legata prevalentemente a chi traffica in armi.
La critica diretta a chi vende armi deve perciò intendersi come un appunto di Francesco rivolto verso quegli uomini(occidentali ed orientali insieme) e la loro mentalità con la quale pensano ancora che vi debba sempre essere un nemico da combattere. Non si può mai biasimare chi combatte con le dovute parole una certa cultura guerrafondaia...come non si potrà mai chiedere ad un Pastore di una Chiesa cattolica cristiana di assumere un ruolo che appartiene solo alla politica. Un Papa non potrà mai porsi al di sopra della politica, sebbene Francesco abbia già dimostrato abbondantemente.. attraverso il suo verbo.. quanto la politica debba imparare dalle sue stesse parole.
Perciò..quello che non mi riesce condividere è proprio l'indicare come “perdenti” o peggio “rassegnate” le sue parole che... al contrario... (non potendosi mai porre con un differente dialogo che appartiene alla politica)...sono dimostrazione giornaliera di una evangelizzazione costruita sull'amore verso il prossimo. Questo è l'unico segno che il Papa può e sa esprimere..ed e' la migliore predicazione espressiva di un sentimento che di certo gli appartiene.
Il Pontefice, al contrario di un certo Clero fin oggi ancora rinchiuso e ristretto, dà continua prova, attraverso parole semplici ed umili, di quanto il messaggio d'amore cristiano possa fare breccia persino in seno alla popolazione ed alla cultura orientale... Certamente non può che far male assistere ai continui efferati omicidi condotti con brutalità nei paesi oggi più poveri contro degli innocenti cristiani, ma se un “Papa cristiano” dovesse oggi intervenire sul piano politico, additando colpevoli e non colpevoli.. il mondo intero ne uscirebbe di sicuro peggio.
Francesco non abbandona per niente i valori cristiani dell'Occidente.. anzi.. si muove costantemente in favore di questi con quella particolare umanità e l'umiltà necessaria che rappresentano oggi ciò che.. al contrario.. gran parte della stessa società occidentale..pare aver perso. ..La sua può quindi definirsi una comunicazione rivoluzionaria tendente a unire le culture religiose e non a separarle o contrapporle.
vincenzo cacopardo




«Preghiamo per la Siria e l'Iraq», ha detto papa Francesco, parlando ai fedeli stipati in piazza San Pietro, «imploriamo la pace per tutti gli abitanti della Terra Santa e per Libia, Nigeria, Sud-Sudan e per varie regioni del Sudan e della Repubblica Democratica del Congo, per lo Yemen e per l'Ucraina. Una preghiera incessante salga da tutti gli uomini di buona volontà per coloro che hanno perso la vita, penso in particolare ai giovani uccisi giovedì a Garissa, in Kenya, per i rapiti e i profughi. E pace chiediamo - ha continuato il Papa - per questo mondo sottomesso ai trafficanti di armi, che guadagnano con il sangue degli uomini e delle donne.»

Nella visione del papa, quindi, le stragi, le guerre, le infamie che portano lutto in tutto il mondo, ma in specie nel mondo cristiano in Medio Oriente, sono il frutto della sottomissione generale ai trafficanti di armi. Una visione primitiva e non meditata, che getta una gelida luce su tutto il pensiero di Francesco votato alla condanna di un nemico oscuro e sfuggente, mentre –e tutti lo sappiamo- il nemico è evidente e visibile.
C’è da chiedersi perché, il papa non chiama le cose con il loro nome e preferisce seguire un’idea delle drammatiche vicende contemporanee rassegnata e perdente, nella quale il destino di agnelli sacrificali cui sono immolati centinaia e, alla fine, migliaia di cristiani, è manifestazione della volontà di un Signore che non concede ai suoi innocenti fedeli il diritto alla vita.
Che religione è questa, il cui capo non ha la forza di spendere parole di sostegno nei confronti delle proprie vittime, rendendo loro il diritto di difendersi e, difendendosi, di impedire lo stupro delle proprie donne, la decapitazione di figli e mariti, il rapimento e l’abiura dei propri bambini con la riduzione in schiavitù delle proprie bambine?
Probabilmente, il pontefice si rende conto che l’attacco è rivolto anche all’Occidente e alla sua civiltà, fondata sul capitalismo, nei confronti del quale, nei suoi discorsi, esprime un’irriducibile ed erronea avversione. Un’avversione che affonda le proprie origini nella sua sudamericanità, nella teologia delle liberazione e nel complesso di convinzioni che ha condotto il subcontinente americano sulla disastrosa via del giustizialismo e del chavismo.
Allora, avevano ragione Malachia e Nostradamus: Francesco è il papa nero, quello della fine del mondo?  Il papa gesuita, il primo dalla fondazione della Chiesa, il pastore che viene da lontano per incontrare tribolazione, morte e vivrà l'ultima e definitiva persecuzione della santa romana Chiesa.
Non a caso, il giorno di Pasqua, il papa s’è anche riferito agli accordi di Losanna sul nucleare iraniano: «Che l'intesa raggiunta sia un passo definitivo verso un mondo più sicuro e fraterno».
Non una parola sui pericoli incombenti, sempre di più, nella riorganizzazione del potere islamico, per Israele, un altro agnello pronto al sacrificio, benché l’arma nucleare di cui dispone potrebbe dare il via all’Olocausto generale.
C’è una sorta di unità sostanziale tra il rassegnato sconfittismo di papa Francesco e la visione obamiana della politica estera. L’aspetto su cui, però, occorre soffermarsi, a proposito dell’intesa Usa-Iran, è quello delle disastrose «performances» di Barak Obama nella politica estera: ovunque la sua iniziativa, fortemente demagogica, ha avuto modo di esprimersi, ha prodotto solo disastri. Benché ci fosse alla segreteria di Stato Hillary Clinton che ha cercato di contenerne eccessi ed errori. Ora, con l’inconsistente Kerry, la situazione è precipitata, sviluppando una sorta di schizofrenia che aggravato la tensione con la Russia (l’unico possibile partner dell’Occidente nella lotta al terrorismo e nella creazione di accettabili equilibri in Medio Oriente, con la difesa e il rafforzamento dell’Islam moderato), ha abbandonato al loro destino popoli non musulmani o di minoritarie frazioni, ed eletto al ruolo di affidabile interlocutore l’Iran teocratico e sciita. Un modo sicuro per gettare benzina sul fuoco mediorientale con imprevedibili effetti su alleati storici come l’Arabia Saudita e l’Egitto.
Papa Francesco, quindi –e ci dispiace constatarlo- contribuisce, per parte sua, alla confusione generale, all’abbandono e alla demonizzazione dei valori dell’Occidente, quei valori che, vincendo la guerra fredda, hanno avviato un periodo di sviluppo mondiale mai visto, con l’uscita dalla fame di miliardi di uomini.
Se fossimo religiosi, con rassegnazione ripeteremmo: «Deus amentat quos perdere vult» (Dio acceca coloro che vuol perdere).
Ma non lo siamo. Quindi, nessuna rassegnazione, in attesa che le «leadership» prendano consapevolezza di rischi e opportunità e decidano di fare ciò che occorre fare.
Rimane nella Storia recente l’esempio di forza e rigore morale donato al suo Paese e alla civiltà occidentale da Margareth Thatcher: nonostante l’insignificanza del piccolo arcipelago delle Falkland ingaggiò una costosissima guerra a migliaia di chilometri di distanza per riconquistarlo e rifiutare sopraffazione e dispregio delle regole.
Washington e alleati sapranno difendersi e difenderci?
C’è da dubitarne, almeno sinché «regnerà» Obama con il suo bagaglio di insanabile demagogia.
domenico cacopardo



5 apr 2015

L'importanza dei valori nella società di Zagrebelski


Ascoltare il pensiero e le tesi che il professore Zagrelbescki ha espresso agli alunni nel novembre dello scorso anno al Senato... è stato un po' come arricchire quella cultura del sociale che già in parte mi appartiene.
Il professore ha dissertato su vari argomenti che rappresentano quella intelaiatura indispensabile sulla quale l'essere umano deve coltivarsi ed esprimersi in coesistenza nella società... Conclude il suo discorso con l'importanza del silenzio, ossia quella quiete necessaria affinchè.. rompendosi... si possa meglio generare quel dialogo tra gli individui: Una considerazione che contrasta sicuramente con la filosofia moderna di una crescita che genera rumore. Il professore è passato attraverso argomenti come “la cultura politica ed i suoi poteri” “il confronto e l'antitesi” “il dono prezioso del pensiero” “le idee” ed altri temi inerenti che hanno sicuramente aperto la mente dei tanti ragazzi presenti. (Temi che rappresentano argomentazione sostanziosa e sentita del mio Forum nella pagina “studio ed analisi)

Non è comune ai nostri giorni ascoltare un pensiero come quello dell'insigne professore, oggi, per certi versi.... molto discusso da una generazione che.. avanzando con una primaria logica politica e sociale cinica e pragmatica... occlude ogni altra visione più aperta verso i temi di quella indispensabile cultura del pensiero e delle idee: Una cultura, la sua, che... purtroppo... pare spegnersi sotto i riflettori di una quotidiana forma mentis diretta solo ed esclusivamente verso principi realistici fin troppo condizionanti e condizionati. Ma pensare che figure intellettuali come il professore Zagrebelski possano rappresentare un arresto verso la modernità e lo sviluppo, sarebbe un grande errore: Potrebbe rappresentare il non aver compreso l'importanza dei valori e dei principi dell'uomo.. ove il vero problema pare essere proprio quello della sua esistenza e della convivenza nella società. Significherebbe anche non comprendere il valore delle idee e del pensiero per l'ideazione di un futuro migliore. Significa persino non cercare di crescere attraverso quei principi che servono a costruire più forte il suo sviluppo e la stessa convivenza.
Vincenzo cacopardo  

Un commento alla analisi di Domenico Cacopardo sulle infrastrutture


Una logica interpretazione su un argomento che Domenico Cacopardo scandisce attraverso una scrittura chiara. Ammodernare l’assetto territoriale del Paese.. che è in deficit di infrastrutture, non può significare però agire prettamente al nord del territorio. Si è abbandonata l'infrastruttura più importante per il collegamento tra la Sicilia e la penisola nell'indifferenza totale di una mediocre politica progettuale ad esclusivo beneficio delle opere del territorio del Nord che oggi vedono oltre all'Expo, il Mose, l'alta velocità, ed altri cantieri autostradali persino superflui. 

Sappiamo tutti quanto sarebbe primario operare a difesa del territorio nazionale che anno per anno pare sbriciolarsi sotto il peso di continue inondazioni e frane...e quando si accenna alle preminenti infrastrutture, non si vuole percepire alcun bisogno di operare prima a difesa del suolo, sostenendo l'importanza necessaria di un Expo ..e di contro.. sottovalutando un bisogno primario di un collegamento che riguarda il territorio meridionale. Due pesi.. due misure..e continue anomalie ...che mettono in evidenza l'assenza totale nei riguardi di un Sud ormai dimenticato dalla politica nazionale!

Quello che meraviglia, ma che nel contempo sembra lasciare ogni governo nell'indifferenza, è proprio l'abbandono di un territorio come quello meridionale ricco di cultura, agricoltura e arte..e quindi..anche oggetto di un particolare turismo, per il quale non si esprime alcuna capacità di intervento attraverso la dovuta ricerca delle infrastrutture. In questo mediocre quadro di una politica che avanza con la ricchezza di una comunicazione subdola espressa con saccenza da un sindaco d'Italia (che mira prettamente alla esaltazione artistica della sua regione), la politica meridionale necessita più che mai di una figura capace di interpretare i bisogni e le esigenze di un Sud più coeso.. offrendo idee per la crescita del proprio territorio. Ma questa figura oggi manca e quelle deboli che si propongono finiscono sempre con l'usare il pretesto del mezzogiorno per operazioni politiche dirette al preciso beneficio di un consenso.

Un territorio meridionale che, al di là di ogni pretesa declamata a favore dell'Expo, potrebbe offrire un volano di crescita per la Nazione. Quello che manca, oltre alla visione più lungimirante di uno sviluppo qualitativo dell'intero Paese, è proprio il non saper leggere l'importanza che oggi potrebbe esercitare la crescita infrastrutturale del mezzogiorno. 
vincenzo cacopardo


Se, per il potere interno del governo, pesa di più il sottosegretario alla presidenza-segretario del consiglio dei ministri, nella realtà del Paese e della politica «politicata», il ministero delle infrastrutture, che assomma lavori pubblici e trasporti, pesa molto meglio. È il principale motore della ripresa, l’unico reale strumento in mano a qualsiasi governo che voglia pigiare il piede sull’acceleratore dell’economia, con effetti moltiplicatori, visto che incide su un’area «work intensive» e, quindi, può regalare numeri importanti nella lotta alla disoccupazione. Per fare un esempio, il ponte sullo Stretto di Messina avrebbe dato lavoro a circa 10.000 operai per un periodo di 5/7 anni. E non solo. Opere strategiche come l’Alta velocità nella tratta Torino-Salerno hanno dato e danno un importante contributo al Pil nazionale e lo daranno se quanto in programma avrà attuazione.
Graziano Delrio rileva comunque una delicata eredità, nella cui gestione le bucce di banana sono all’ordine del giorno.
Ha iniziato pronunciando una banale sciocchezza: «Le opere pubbliche si dividono tra utili alla collettività e inutili.»
È difficile immaginare che, nel sistema istituzionale attuale, qualcuno, Stato, regioni, comuni, metta in cantiere un lavoro la cui utilità non sia evidente. Certo, anche di fronte all’evidenza, la strumentalizzazione dei piccoli gruppi di potere si scatena con i vari movimenti del «No». In parte per il lucro concreto, in numerario, che ne trae qualche capo degli agitatori pronto a correggere il tiro se adeguatamente «interessato». In parte per il lucro politico di una certa popolarità che potrebbe condurre qualche altro capo in consiglio comunale, regionale o in Parlamento. Il metodo è agevolato dalla Costituzione esistente (e in via di modificazione proprio sul punto) che regala a regioni e comuni una specie di diritto di veto su qualsiasi iniziativa interessi il loro territorio. Del metodo, per esempio, proprio la Reggio Emilia di Delrio e la Modena del gruppo storico del Pci hanno usufruito ampiamente in occasione della costruzione del tratto padano dell’Alta velocità. Reggio Emilia ottenendo una stazione (eccentrica rispetto al punto mediano geografico), Modena costringendo le ferrovie a spendere circa o più di 2000 miliardi di vecchie lire per cambiamenti di tracciato di linea ferroviaria e di autostrada. Una sorta di diritto di gabella esercitato come lo esercitava l’originale Ghino di Tacco da Radicofani o il succedaneo Bettino Craxi nel suo periodo di fulgore.
Ora l’exsindaco di Reggio Emilia Delrio, di suo endocrinologo, entrando negli antichi uffici di Porta Pia ha due principali appuntamenti da onorare. Il primo riguarda il suo imprescindibile contributo alla modifica del codice degli appalti, sulla strada della semplificazione estrema. In modo che elementari, banali procedure rendano il sistema trasparente e del tutto «visibile» dal cittadino. In questo capitolo, si inserisce l’attivazione della piattaforma elettronica di cui siamo già, noi italiani, titolari, migliore –a detta degli esperti- di quelle eccellenti attivate da Regno Unito, Germania e Francia. Attraverso di essa, non solo il controllo sociale sarà attivo, ma sarà facilitato il lavoro dell’anticorruzione e del suo presidente Raffaele Cantone, che potrà far esaminare alla propria struttura tutte le evidenze incrociando i nomi di ditte e operatori con quelli di coloro che sono implicati in vicende all’attenzione dell’autorità giudiziaria.
Il secondo appuntamento è con il sistema delle imprese. Nessun occhietto, nessuna condiscendenza, nessuna disponibilità agli interessi di conventicole e di piccole corporazioni. Linguaggio e orizzonte aperto, in modo che la concorrenza sia reale e che gruppi e sottogruppi di pressione (e i consulenti-affaristi che affollano i corridoi del suo ministero) perdano il ruolo che oggi esercitano. Tra essi, in primo piano, il movimento cooperativo, che ha ormai perduto l’«imprinting» etico che un tempo possedeva e che si presenta con ampi margini di opacità.
Entri a piedi uniti in alcuni degli scandali nazionali, primo fra tutti il Mose: disponga subito una «due diligence» che consenta agli italiani di conoscere l’entità degli extracosti pagati. E la affidi a un soggetto di caratura internazionale. E una «due diligence» occorre anche sulle concessioni autostradali. E sbaracchi le strutture, le commissari e le rinnovi. Lei, Delrio, non saprà perché il signor Rossi merita di essere trasferito. Ma lui, Rossi lo sa benissimo. E approfondisca il «dossier» Anas.
Sulle opere, al di là della banale sciocchezza di apertura, il nuovo ministro scoprirà (acqua calda) che ne esistono di più o meno strategiche. Punti sulle prime, su quelle che possono realmente ammodernare l’assetto territoriale del Paese che è in deficit di infrastrutture. Lasci perdere il resto, in coerenza con il modo di vedere la politica del suo «capo», Renzi.
Avrà da scontrarsi con la palude, ma «hic et nunc» è uno scontro che è necessario e che potrà conferirgli l’«allure» che sino a oggi non ha mostrato.
Domenico Cacopardo

2 apr 2015

Ddl corruzione approvato... Italicum prossimo al voto


il successo di Renzi ed il decesso del sistema democratico 
di vincenzo cacopardo

Approvato il ddl sulla corruzione e Renzi giubila.
Le novità più importanti sono l'inasprimento delle pene per la corruzione ed estensione del reato di concussione all’incaricato di pubblico servizio, ma sicuramente il tema più importante e positivo rimane quello che definisce nuovamente il reato di falso in bilancio. l’Aula del Senato ha votato anche se alcune di queste votazioni hanno visto una maggioranza arrisicata. Contrario, di continuo, il voto del mov.to Stelle.

Una più che giusta soddisfazione da parte del Premier-segretario che accenna ad aver corso un serio rischio per una strada non del tutto semplice, ma ormai superata dal traguardo e da un definitivo voto più sicuro alla Camera. Per l'occasione non poteva mancare una breve polemica tra il premier ed il Movimento 5 Stelle, dove qualche parlamentare della maggioranza ha fatto notare che.. se si vuole combattere il malaffare, si esercita il proprio ruolo, senza ostruzionismi continui.

Lo scoglio più difficile per Renzi adesso resta l'Italicum, dove il premier rischia di non avere i numeri nemmeno in commissione Affari Costituzionali. Secondo Bersani ..Renzi dovrà fare i conti con una serie di modifiche da apportare al suo progetto elettorale. In effetti si rischia di entrare in un conflitto all'interno del Partito di maggioranza dove alcune minacce sembrano infuocare il dibattito: La minoranza in seno alla direzione del suo partito ha proposto al premier-segretario di concordare alcune modifiche prima di votare l’Italicum sia alla Camera che al Senato. Ma Renzi rimane sornione e pare fidarsi del proprio partito, pensando meno alle parole e confidando nella consueta fiducia.

Rimane comunque pesante il dubbio di una fiducia persino sulla delicata legge elettorale.. oltre che sulle nuove riforme costituzionali..dando la netta impressione che il sistema parlamentare non abbia più alcuna ragione di esistere..e tendendo sempre più ad identificarsi come un “optional” di una politica condotta con estremo assolutismo dalla solita unica figura governativa. Lo stesso Bersani inveisce in proposito..sostenendo che l'Italia si prende questa legge elettorale senza che nessuno ne sottolinei l'evidente pericolo..Naturalmente sono espressioni che rimarcano un fortissimo malcontento a Palazzo Chigi. Queste le parole di Orfini ( non a caso un altro Matteo che imperversa) "Immaginare che si possa spaccare il Pd su una richiesta di modifiche marginali all’Italicum, dopo che anche su sollecitazione di Bersani è stato completamente riscritto, lo trovo incredibile e incomprensibile". Con queste parole, il fedelissimo di Renzi, invita Bersani a non creare ulteriori tensioni in seno al Partito.

Si ha comunque l'impressione che nel PD si faccia il solito ammuino per poi viaggiare compatti in una sorta di unione imposta da un gioco di convenienze personali. Ma rimane evidente che la nuova legge elettorale insieme alle nuove “pseudo” riforme costituzionali.. promosse dal governo del sindaco d'Italia.. viaggiano veloci per chiudere definitivamente un cappio intorno al collo di una democrazia ormai maltrattata da un decisionismo governativo fuori da ogni regola.
La parola d'ordine è governare..come ed in che modo.. poco importa!..E meno importa l'esigenza di una ricerca alternativa attraverso idee più funzionali...Sul metodo riduttivo oltre che non egualitario rispetto ai valori costituzionali, la presidenza della Rebubblica continua a tacere!



1 apr 2015

Colpi bassi e paradossali analogie..

di vincenzo cacopardo
Ormai sembra essere al centro di un teatrino di una commedia assai più triste. Si usano colpi bassi e la stampa si muove con consuetudine su posizioni politiche di interesse. Il caso di Massimo D'Alema, è paradossale! 
L'ex primo ministro non è nemmeno indagato anche se ripetutamente citato nell'ordinanza per gli acquisti dei suoi vini e dei libri operati da una coop. Ma cosa vuol dire? Chiunque può vendere vino (nel caso appena 2000 bottiglie) e libri (500) a chi vuole..e nella fattispecie poco conta il fatto che sia stato fatto da una coop, l'importante, al contrario di ogni riserva sulle palesi regalie, è che siano stati regolarmente venduti e pagati.
Si tende a voler mettere in parallelo il caso Lupi con quello odierno di D'Alema per alimentare polemica e mondare in qualche modo il gesto assai più disinvolto del ministro dimissionario che, oltre a riguardare un chiarissimo regalo ed un evidente posto di lavoro per il figlio, viene operato da un membro in carica di un esecutivo. E' vero! In certi casi la condanna delle intercettazioni vale più di una sentenza, ma rimane evidente, malgrado si voglia rendere equivalenza, che il fatto mostra una chiara differenza con quello dell'ex ministro Lupi. Inoltre... nel caso di D'Alema.. le frasi riportate de relato, se pur ad effetto, non possono mai costituire alcunchè.
Il caso odierno partenopeo pare toccare oggi anche il governo di Matteo Renzi. Nella rete di intercettazioni non omissate infatti, viene fuori ancora una volta “de relato” il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Luca Lotti, fedelissimo renziano anche nell'allora gabinetto nella sindacatura di Renzi a Firenze. Una storia tutta da vedere oggi in mano ai giudici..ma si sa di certo che l'ordinanza riporta altre intercettazioni agli atti dell'inchiesta come spiega la stampa:”Questi riguarderebbero direttamente sia Lotti che il premier Renzi. Ambedue registrati al telefono mentre parlano con il generale delle fiamme gialle Michele Adinolfi, intercettato perché la procura di Napoli l'aveva indagato per corruzione proprio per l'inchiesta sulla metanizzazione di Ischia sfociata negli arresti di lunedì scorso”.
Sapremo solo più in là se queste intercettazioni tra il generale Adinolfi, il premier ed il suo vice.. avranno una loro importanza, ma pur ritenendosi oggi di minore importanza per l'indagine, provocano ulteriore imbarazzo all'esecutivo.. già di per sé impelagato nelle perenni e notevoli difficoltà di superare una delicata crisi economica, di lavoro e di riforme costituzionali.  

L'ambizione di una governabilità e la falsa teoria del finanziamernto ai partiti



Una personale critica al pensiero politico odierno su governabilità, finanziamento ai partiti.. e rigenerazione delle figure
di vincenzo cacopardo

Nella gran confusione dell’odierno sistema politico istituzionale e nella inerente incertezza, sembra quasi una follia..per ogni figura.. tentare una scalata ad una posizione governativa! Coloro che pensano alla politica nel senso più utile…e cioè..che la vivono co la forza di una vera passione e la percezione di una responsabilita', non potrebbero oggi nemmeno aspirare ad inserirsi in un’attività governativa, quando... al contrario.. avrebbero il dovere di lavorare per costruire una base solida sulla quale poterla fare poggiare..

Credo che al momento attuale non vi sia spazio per la generazione di governi solidi e sicuri.. e pare davvero assurda questa corsa verso un qualunque esecutivo che per logica non può essere supportato da una politica di base forte e sicura...Per chi la pensa come me.. questo è assai significativo per far capire come.. tutti coloro che anelano a voler governare..dimostrino, oggi di non amare una vera politica.. poiché regolarmente spinti da una brama illogica che non dimostra alcun vero amore per la ricerca delle soluzioni, ma solo la conquista di un potere! ..Con ciò non posso di certo escludere l’importanza di un governo, ma vorrei che si identificasse più come un’esigenza di un servizio per il Paese e non come pretesa di poter progettare e programmare in barba a qualunque altro principio democratico..(Questo almeno fino a quando non sarà sostenuta da quel necessario supporto di una forte piattaforma politica di base).

Credo anche che in un sistema di democrazia compiuta l’opera di stimolo dei programmi debba determinarsi dal basso con estrema libertà sulle idee attraverso le quali, come ogni successiva deduzione, dovra' seguire un percorso di realizzazione attraverso un funzionale esecutivo…al Parlamento, infine, un ruolo più utile e fattivo di operare sul metodo attraverso le normative. In tal senso si evita di ingabbiare la dialettica politica dovuta ai Partiti, attraverso un dialogo con i cittadini, venendosi a determinare un più logico indirizzo per le esigenze della società.

Più aumenta il peso del denaro nel sistema ..più si svilisce il valore della politica nella società.
In proposito ai finanziamenti dei Partiti..quindi...ci sarebbe molto da dire sull’abolizione della mano pubblica. Riesce davvero difficile poter comprendere come si possa pensare oggi di togliere un finanziamento pubblico ai Partiti che operano nel campo della politica e del sociale: Che sia certo che si debba porre un limite stabilito attraverso delle regole, è più che logico ed indispensabile..... ma pretendere di poter ottenere un risultato migliore attraverso l'abolizione di un finanziamento pubblico.. è pura illusione.

Ricordiamo che nel recente passato la Camera ha definitivamente approvato la conversione del decreto legge che abolisce il finanziamento pubblico ai partiti. L’abolizione non avverrà subito, ma nell’arco di tre anni, e il finanziamento pubblico sarà sostituito da un un sistema di finanziamento basato sulle detrazioni fiscali delle donazioni private e sulla destinazione volontaria del due per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche. Il finanziamento pubblico – che formalmente, oggi, è un “rimborso elettorale”, viene quindi abolito, ma non immediatamente: Nel 2014 i fondi erogati ai partiti saranno tagliati del 25 per cento, nel 2015 del 50 per cento e nel 2016 del 75 per cento. Dal 2017 questo tipo di finanziamenti diretti dello Stato, in forma di rimborsi, saranno completamente aboliti. 

Cosa potrà mai comportare una netta abolizione di un finanziamento pubblico da parte dello Stato?..Se si vuole interpretare a scopo propagandistico che ogni finanziamento pubblico equivale a mantenere una politica spendacciona ed inoperosa, la risposta potrebbe essere quella di provvedervi attraverso regole più precise e rendicontazioni controllate..senza alcun bisogno di abolire in toto i finanziamenti, ma soltanto contenendoli... Se invece si pensa che in tal modo la politica possa diventare più corretta e funzionale, si commette il solito peccato demagogico affermando logiche qualunquiste. La politica ha i suoi costi!.. e se anche questi devono essere controllati e contenuti ..sarebbe molto meglio farlo attraverso una mano pubblica. 

Quando oggi, attraverso le nuove normative che si pensano essere innovative, si offre ai privati di foraggiare una politica... non si fa altro che favorire interessi personali ed un successivo malcostume. Un finanziamento privato, opera in dispregio delle logiche più appropriate... imponendo un criterio di natura privatistica che premia solo gli interessi di chi finanzia...Altro che lotta alla corruzione! 
Al di là di chi decide o no di versare il due per mille ai partiti..nel momento in cui si accettano le donazioni.. tutto cambia e tende a modificarsi in base ad interessi precisi: I privati che potranno dare fino a 100 mila euro l’anno (cifra che nel corso di questi anni potrebbe anche cambiare in eccesso) usufruiranno una serie di detrazioni fiscali sulle cifre donate..come anche le persone giuridiche, cioè le società e gli enti. Ma se anche i pagamenti dovranno essere tracciabili, conoscendo il Paese e lo strapotere di coloro che possono dare sfogo ai propri interessi, tutto rimarrà molto permeabile sia nel limite che nel tracciabile.

Il segnale più utile resta quello di un dimezzamento netto dei compensi agli onorevoli..un segnale che darebbe a tutti i politici vantaggi in termini di immagine, immagine che.. oggi.. sembrano aver perso!..Ma un segnale piu' significativo potrebbe essere quello di una speranza di rigenerazione della stessa classe il chè.. non vuol proprio indicare un’età, ma una capacità di saper costruire il futuro della politica in termini di vera innovazione attraverso una visione più lungimirante accompagnata da un sano equilibrio…Più nel male che nel bene..in tanti, ormai, hanno detto e fatto quello che avevano da dire e fare…sarebbe l’ora che si mettessero da parte..il loro tempo si è esaurito!

un commento sul nuovo articolo di Domenico Cacopardo



L'insistenza di Domenico Cacopardo in favore dell'operato del Premier ..dà molto da pensare a come si possa valutare positivamente un lavoro politico condotto con ostinazione, ma pur sempre in barba ad ogni riferimento verso i principi fondamentali di una democrazia.

Per l'occasione, quindi, non posso astenermi dal criticare la forza di questo renzismo ..non tanto verso le sterili riforme sul lavoro, quanto proprio in direzione di quei termini del combinato tra la nuova legge elettorale e le riforme costituzionali, i quali.. insieme.. non determinano altro che un perentorio autoritarismo governativo della peggiore specie.

Quello che in realtà si vuole nascondere è l'insieme di tutte queste riforme (senato-titolo quinto- monocameralismo-legge elettorale-finanziamento privato ai partiti) che, in nome di una stabilità, fanno di tutto una vera capitolazione della democrazia in favore di una governabilità imposta dall'alto.
Credo anche..che facciano tanto male ad una politica di vero funzionamento le continue metafore su truppe guidate o squadre di calcio.. o similari...che non fanno altro che distogliere l'attenzione su una vera ricerca innovativa: Qui nessuno può ergersi a generale poiché non è di truppe che si ha bisogno, né di squadre di calcio, ma di idee confacenti l'accompagnamento ad un sistema di cambiamento in favore di un assetto democratico confacente la nostra cultura politica.

E' chiaro che questo cambiamento di stampo renziano sia stato costruito a tavolino dai poteri che esercitano in Europa una forza al di sopra della politica di ogni Paese. Per quanto riguarda l'Italia si è volutamente scelto in Renzi l'uomo pragmatico e cinico oltre che deciso ed ambizioso... per operare un cambiamento politico frettoloso e sbrigativo in favore di un sistema bipolare ed appresso bipartitico che possa definirsi e sposarsi in un comune ambito europeo...Quella che potremmo definire come una sorta di globalizzazione della politica!

Ciò potrà portare forse una stabilità in Europa, ma porterà decisi scompensi in seno al nostro Paese.. sia nella fase di costruzione dello stesso cambiamento (come adesso avviene).. che nella sua definizione, poiché la nostra Nazione dovrà contrastare una diversa formazione politica basata ancora su differenti ideologie, culture sicuramente più profonde ed evidenti diversità territoriali. Inoltre la definizione stessa radicata sulle due monolitiche posizioni.. non potrà più definire la variopinta spinta alle idee che rappresentano la vera crescita di una sana e funzionale politica. 

Ma questi sono oggi argomenti difficili da comprendere per chi ama semplificare una cultura politica a beneficio di un pragmatismo tanto radicale..quanto cinico.. che continua a premiare la sicurezza di alcune categorie oggi avvantaggiate.

Se oggi la fortuna premia Renzi..grazie alla svalutazione, al quantitative easing ed al prezzo del petrolio, non è detto che debba ripetersi in un fututo dove le riforme potranno bloccare il giusto percorso di una democrazia ed una forbice sociale tra ricchezza e povertà potrà aprirsi a dismisura. 
vincenzo cacopardo 



Un bravo generale sceglie con cura il campo di battaglia, crea divisioni nel nemico, attacca nei varchi dello schieramento avversario, penetra a fondo e ne sconvolge le linee.

In fondo, Renzi –sembra istintivo, ma è freddo, cinico calcolatore- si sta comportando come il capo di un’armata in movimento. Sin dall’inizio, il suo obiettivo era vincere la guerra e le prime battaglie (perdute) per la «nomination» a segretario del Pd (contro Bersani e Marino) non erano che studiate simulazioni in vista dello scontro finale, quello che, nel dicembre 2013, lo condusse alla carica di segretario del partito e, dopo poche settimane, alla presidenza del consiglio.

In questi giorni, è stato definita la “madre” di tutte le battaglie: la discussione e l’approvazione alla Camera dei deputati della nuova legge elettorale.

Il terreno sembra così arato che, lunedì, le minoranze del partito hanno preferito non partecipare al voto, piuttosto che contarsi. Bersani (che smacchiava i leopardi), ha trascorso le ore della riunione più fuori della sala che dentro a testimoniare impotenza ed estraneità. A simboleggiare che il mondo degli excomunisti e degli exdemocristiani confluito nel Pd è finito senza possibilità di recupero. L’Italia sociale e politica è cambiata e lo svelto boy-scout fiorentino se n’è appropriato. Non gli avevano creduto quando parlava di ‘rottamazione’. Hanno sbagliato. Non solo ha accantonato la vecchia guardia, ma, ora, con la legge elettorale, caccerà anche la nuova non omologata al suo progetto: la Camera elettorale che uscirà dall’Italicum sarà disegnata a immagine e somiglianza del «premier» e questo non è un viatico di certezze.

Nell’incipiente monocameralismo, il Parlamento del primo ministro-segretario del partito finirà per essere la cinghia di trasmissione delle sue decisioni senza capacità critica né bilanciamento dei poteri.

Di questo si è trattato lunedì. Di questo si discuterà in aula a fine mese.

Alcuni con consapevole rassegnazione, altri con incosciente e opportunistica adesione, altri ancora con calcoli elettoralistici determineranno la maggioranza favorevole, nella quale non ci saranno sparuti gruppi del Pd, compensati dal soccorso variopinto di transfughi e schegge di vari partiti di centro, di centro-destra e di destra, tutti interessati alla fine della seconda Repubblica a favore di una terza, di cui si intuiscono i connotati.

Sullo sfondo, si agita Landini con la sua coalizione sociale: lo sconfittismo sociale e politico si appresta all’estremo sacrificio di un altro fallimento. Credono di marciare in avanti, ma hanno il capo rivolto all’indietro e sbatteranno contro il muro della realtà. A Melfi, il modello Marchionne, contestato da Landini, ha vinto, creando nuova occupazione e successo industriale.

Nulla, quindi, che possa mettere in discussione la marcia del «generale» Renzi: nemmeno i grillini che, malinconicamente, registrano una crescente ininfluenza e il cadente logorio di un capo-despota senza qualità politiche.

Renzi, per ora, è un leader fortunato: anche la Ferrari e la Ducati rilanciano l’immagine mondiale della meccanica italiana e di un’Italia in ripresa (salvo sorprese dall’Expò).
domenico Cacopardo