21 apr 2015

Strage nel mare nostrum....

Mancata lungimiranza..ed ipocrisia politica

Ha ragione Salvini, (se pur non ne condivida in pieno il pensiero), quando da sempre.. ha messo premura alla ricerca di una soluzione più efficace bloccando sul nascere l'arrivo degli extracomunitari. Sappiamo tutti che il problema rimane immenso, ma è pur vero che il tempo trascorso nell'inerzia o nella soluzione di un Frontex.. risultato poco utile, continua a dare forza al politico della Lega.

La nuova strategia “Triton” in alternativa a “Mare nostrum”, continua a generare incidenti mortali senza sosta e la politica, sia quella nazionale che quella europea, appare inerte di fronte alle catastrofi annunciate ed alla sequela della morie al largo delle coste del nostro Paese. Salvini si sfoga: "Cos'è cambiato a 18 mesi da Lampedusa? - - Servono altri 700 morti per bloccare le partenze? Se le istituzioni Ue hanno un senso ci vuole tanto a organizzare dei blocchi navali e identificare chi è immigrato clandestino e chi è rifugiato? Non so più come dirlo. L'ipocrisia di Renzi e Alfano crea morti".

E' proprio l'ipocrisia il maggior peccato di chi insiste col mostrare retoricamente dolore per queste stragi che non potevano non essere annunciate da un andazzo indolente ed inoperoso di una politica internazionale rimasta lontana da quello che oggi rappresenta uno dei temi più scottanti nel quadro dei paesi del mediterraneo.

Sappiamo bene i limiti di Salvini, ma non v'è dubbio che in questa storia vi abbia letto in lungimiranza trovandomi abbastanza vicino, poichè le vedute in prospettiva dovrebbero sicuramente appartenere ad ogni politica attiva ed efficiente. Certo..le soluzioni non risultano semplici, ma non vi possono essere equivoci sul fatto che il tempo trascorso e la poca importanza messavi, ha contribuito a far degenerare il problema in un dramma.

L'agenzia europea Frontex (per la gestione della cooperazione internazionale alle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea) è un'istituzione che ha lo scopo di coordinare il pattugliamento delle frontiere esterne aeree, marittime e terrestri degli Stati della UE. Un'agenzia che non può mai operare preventivamente per risolvere il vero problema...quando questo alla radice è proprio quello di bloccare sul nascere queste partenze. In ciò non ci si è voluto impegnare con efficacia sul piano internazionale attraverso un coordinamento strategico che potesse mirare ad un'azione politica in complicità con tutti i paesi limitrofi comprese le super potenze degli Stati uniti e della Russia. Nel frangente la nostra Nazione si è mossa, spinta da un particolare senso umano, a protezione delle vite dei tanti emigranti (clandestini o no)...spinta da uno spirito di umanità cristiana che da sempre l'accompagna. Ma la politica, al contrario, ha ricercato come al solito la abituale via più facile dell'accompagnamento nei centri d'accoglienza con rischi e pericoli.. oggi.. sempre più evidenti.
Ma se un politico non è lungimirante ..a cosa serve?..Se non sa leggere in prospettiva.. per ricercare le soluzioni...che utilità rende al paese? In questa circostanza..la politica governativa del Premier è apparsa sempre ipocrita e sprovveduta ..mentre (seppur con parecchie remore sulle idee politiche) il più lungimirante è sembrato prorio Matteo Salvini.

Chiudo con ciò che scrissi in un mio post già nel settembre del 2012:
Gli argomenti politici internazionali di grande attualità nel prossimo futuro saranno quelli legati all’ambiente ed al sovrabbondante numero di immigrati extracomunitari che tenderanno ad invadere con maggior forza i territori dei Paesi economicamente avanzati. Ovviamente i due problemi sono fortemente collegati tra di loro ed al tema di una sicurezza. Tutti sappiamo ormai che il nostro pianeta, oltre a subire un mutamento atmosferico condizionato dal progresso delle civiltà più evolute, deve affrontare questo forzato processo di coabitazione. Sono problemi ormai conosciuti dei quali si discute abbondantemente e che coinvolgono da vicino il nostro Paese, ma anche in questo caso, ogni soluzione rimarrà ancorata a scelte di natura politica. Non valutati con attenzione nel passato ed adesso moltiplicati e sempre più difficili da risolvere, questi problemi, oggi quasi insormontabili, vedranno un mondo politico doversi esprimere in termini sempre più severi.”

post correlato: LO stato e gli effetti sociali della modernizzazione

17 apr 2015

A proposito di equità e pensioni...

Scrive Domenico Cacopardo su “Italia Oggi”

"Diamo pochi numeri riassuntivi. Riguardano il 2012, dato che il successivamente s’è verificato un balletto dei numeri nel quale è difficile orientarsi: il risultato è quello voluto per impedire che i cittadini, pensionati e non, si facciano due conti.

Insomma, nel 2012, la spesa per pensioni ‘pure’ è ammontata a 211 miliardi. Per pensioni assistenziali s’è speso 100 miliardi. I contributi incassati dall’Inps arrivano a 190 miliardi. Quindi, il buco relativo alla gestione delle pensioni ‘pure’ è di euro 21 miliardi. Va considerato, però, che i pensionati ‘puri’ pagano 42,9+ 3 miliardi di imposte (Irpef). Perciò, in realtà, la gestione delle pensioni ‘pure’ presenta un avanzo di 25,19 miliardi di euro.

Inoltre, tutti i documenti, nazionali e comunitari, che disegnano gli scenari –a legislazione vigente-, indicano che nel 2015 la spesa per pensioni ha raggiunto il picco e già dal 2016 comincerà a calare.

La situazione generale mette in rilievo che ci sono circa 100 miliardi di pensioni assistenziali pagati con la fiscalità ordinaria. Cioè, c’è il trasferimento di 100 miliardi dalle tasche dei contribuenti nelle tasche dei titolari di pensione sociale. A questa operazione, si deve aggiungere la somma che lo Stato trasferisce all’Inps per integrare le gestioni in deficit, quelle cioè che con i contributi versati non riescono a pagare le pensioni. 

Ecco, allora, che l’Inps fa filtrare l’idea di intervenire sulle pensioni di coloro la cui pensione è calcolata col sistema contributivo e che risultano già penalizzati, in quanto non viene loro erogato ciò cui avrebbero diritto in base ai contributi versati. 

Tra questi, magistrati e «gran comis» andati in pensione, rispettivamente, a 75 e a 70 anni. Con grande ipocrisia, il Corriere della sera, a firma Domenico Comegna, scrive, a proposito di coloro che sono andati in pensione a 70 e dopo «cui è stato permesso restare in servizio … anche superati i 40 anni massimi di anzianità».

In realtà, nulla è stato «permesso». Con un’altra operazione terroristica sulla gestione delle pensioni, lo Stato italiano ha prolungato l’età di servizio sino ai limiti qui indicati, promettendo proprio un ricorso al sistema di calcolo «misto», retributivo-contributivo, e ha ottenuto che tanti manager e tanti magistrati rimanessero in servizio a «lavorare», dando un significativo contributo di capacità ed esperienza al funzionamento della macchina pubblica. Tra i «tardopensionati» si contano presidenti di Cassazione e di altre corti, procuratori generali, insomma, l’ossatura di una organizzazione che, al di là di ogni polemica, ha «retto» la cosa pubblica. Va anche ricordato che tutta la gestione delle pensioni pubbliche è documentata dagli anni ’80, non prima visto che non c’era evidenza di specifiche necessità contabili.

Perciò, immaginare un’altra operazione di taglio pensionistico che incida su coloro la cui situazione contributiva determinerebbe pensioni superiori a quelle che ricevono, è pura follia demagogica. Anche perché si tratta di un numero ristretto di persone, ultrasettantenni che, alla luce degli indici di mortalità, non incideranno a lungo sulla contabilità Inps."


Al di là di ogni ipocrisia..quello che Domenico Cacopardo, pare non volere riconoscere.. è il momento storico in cui si vive..con tanta popolazione ormai ridotta sul lastrico da un'esigenza economica imposta da una unione europea alquanto fredda e distaccata che, per tramite dell'attuale governo, continua ad imporre sacrifici. 
Vi è tanta gente che non potrà ma pensare di soppravvivere con una pensione di 450 euro mensili ..quando al contrario vi sono quelle categorie privilegiate che hanno pensioni superiori ai 10.000 euro e che non vengono mai sensibilizzate in proposito, ponendosi con l'unico pricipio personale dei propri contributi versati con un sistema diverso ed in un periodo in cui la nostra Nazione viaggiava ad un ritmo diverso.. 

Mi piacerebbe mettere a confronto lo stato di un operaio o di un lavoratore autonomo con l'esempio fatto da Domenico a proprosito dei tanti manager ed i tanti magistrati rimasti in servizio a «lavorare» rendendo un servizio alla macchina pubblica: Ma quale lavoratore oggi potrebbe restare in servizio oltre una certa età (seppure con un calcolo pensionistico a sistema misto).. se non appartenesse ad una categoria privilegiata?...Gli operai o i tanti lavoratori autonomi..non hanno forse contribuito a reggere l'ossatura di una organizzazione della cosa pubblica?..O lo hanno fatto solo i magistrati, i manager, i presidenti di Cassazione.. o i tanti politici?.. 

Sappiamo tutti che le casse dell'Inps fanno acqua..soprattutto per colpa di tanta politica che non ha saputo guidare il controllo dell'istituto, come sappiamo che per quanto riguarda gli esodati si sono creati grossi problemi ad una categoria di cittadini..con una vile ed ignobile manovra..non degna di uno Stato democratico.

Come ci si può meravigliare di voler cercare di dare una... se pur sensibile.. svolta equilibriatrice a quei principi che dovrebbero regolare la sicurezza economica di tutti i cittadini..se non operando per risolvere un evidente divario? Un divario al quale.. il pensionato ricco, non potrebbe restare estraneo.. contribuendovi solo con quanche centinaio di euro: Due o trecento euro sono nulla per chi ne riceve diecimila , ma sono tanti per chi ne riceve appena cinquecento..
vincenzo cacopardo







16 apr 2015

un nuovo articolo di Domenico Cacopardo

Un disastro annunciato
di domenico cacopardo
Immaginate che il Corpo dei vigili del Fuoco non riesca a spegnere tutti gli incendi che si sviluppano in Italia e che il governo e il Parlamento decidano che quelli di piccola entità siano lasciati a se stessi. Naturalmente, dai piccoli incendi si svilupperanno incendi più gravi e diffusi, tali da mettere in discussione centri abitati e attività commerciali.
«Una ipotesi paradossale», penserete.
Invece non è così: quello che è accaduto con la depenalizzazione di reati «tenui» è qualcosa di simile, pur rimanendo sul tappeto una differenza sostanziale. Per gli incendi, i cittadini hanno il diritto e, in qualche caso, il dovere di intervenire, senza attendere l’arrivo delle autobotti. Per i reati, gli interessati non possono intervenire, pena vedersi perseguiti per reati non tenui, di reazione a reati tenui. Secondo logica, se lo Stato si ritira dalle strade, abdica ai suoi doveri in materia di sicurezza pubblica per venire incontro alle esigenze di una corporazione rivelatasi incapace di offrire i servizi richiesti dalla popolazione (di «servire» come dovrebbe il popolo, nel cui nome adotta le sue decisioni), dovrebbe al contempo allargare le maglie della legittima difesa e dell’autorizzazione al porto di armi per difesa personale.
Certo, una follia, come s’è dimostrato con il caso del tribunale di Milano e con le altre decine di casi di aggressioni a impiegati comunali, a operatori delle Asl, ad addetti di Equitalia, accaduti dal 1° gennaio 2015, ma dimenticati dalla stampa nazionale. Se a essi si fosse porta un po’ di doverosa attenzione, probabilmente, qualche procuratore generale avrebbe deciso di imporre regole più stringenti in materia di controllo degli accessi ai tribunali.
Ma la questione, come avevamo promesso, non può essere abbandonata, giacché, spulciando l’elenco infinito dei reati non punibili se «tenui», ne vengono fuori di belle o, se preferite, di incredibili.
In realtà, quello che metteremo in rilievo è che, profittando del decreto delegato, il governo-legislatore s’è ampiamente occupato dei reati in cui incorrono frequentemente i politici, trasferendoli nella categoria dei «tenuibili», a condizione che in pochi giorni la parte lesa non si opponga all’archiviazione.
Cominciamo con l’abuso d’ufficio, che è una infrazione tipica del pubblico ufficiale. È certamente vero che, dopo i precedenti interventi legislativi, questo reato è residuale, nel senso che viene utilizzato dall’autorità giudiziaria quando non si riesce a invocare la corruzione o la concussione. Ma è altrettanto vero che, iscrivendolo alla categoria «attenuata», si concede ai pubblici ufficiali e soprattutto ai pubblici amministratori una sanatoria forte e generale su una materia che li ha tanto «disturbati» in passato. Se pensiamo al caso dell’exsindaco di Salerno, ora candidato alla presidenza della regione Campania, Vincenzo De Luca (che su queste colonne abbiamo difeso con convinzione), probabilmente, con le nuove norme, non ci sarebbe nemmeno stato il processo che l’ha condannato proprio per abuso. Fra l’altro la schizofrenia imperante fa coesistere il reato «depenalizzato» con l’obbligo di sospensione dai pubblici uffici, introdotto dalla nota Paola Severino, disastrosamente passata dagli uffici di via Arenula (ministero della giustizia).
C’è poi la falsità materiale del pubblico ufficiale, art. 477 del codice penale: «Il pubblico ufficiale, che, nell’esercizio delle sue funzioni, contraffà o altera certificati o autorizzazioni amministrative, ovvero, mediante contraffazione o alterazione, fa apparire adempiute le condizioni richiesta per la loro validità, è punito …»
Tralasciando l’uso demenziale delle virgole, rimane il fatto che si tratta di un contesto molto delicato che può incidere sulle situazioni soggettive. Sento l’osservazione: «Ma il cittadino se ne accorge facilmente …» Ma se pensate che una certificazione alterata può consentire a una ditta in odore di mafia, di partecipare a un appalto e di vincerlo, vi renderete conto che non si tratta di un «reatino da due soldi».
Aggiungiamo la frode nelle pubbliche forniture, l’omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale (che magari avrebbe da denunciare tante illegalità del suo capo, assessore o sindaco o presidente di regione), la rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio e di segreti inerenti ad un procedimento penale (casi questi tipici degli operatori di giustizia mai perseguiti), il rifiuto e l’omissione di atti d’ufficio e il traffico di influenze illecite (introdotto per consegnare ai magistrati un’arma nei confronti di coloro che concorrono a elezioni). Si delinea, quindi, un quadro di interventi rivolti al «palazzo», sui quali andrebbero disposti approfondimenti e, se possibili, valutazioni critiche.
La cosa che più impressiona, a questo punto, è il fragoroso silenzio della stampa nazionale e dei media, tutti rivolti al pettegolezzo spicciolo, al «colore» degli avvenimenti politici quotidiani, mai a un’analisi puntuale delle invenzioni di quella politica di cui è tributaria, in quanto suo costante megafono.

Certo, ognuno lavora secondo scienza e coscienza. Ma è evidente che la coscienza è un concetto elastico che, nel nostro Paese, confina con la complicità.

14 apr 2015

L'imbarazzo del Colle nel labirinto di una politica improduttiva



di vincenzo cacopardo
L’imbarazzo del Colle ossia di chi dovrà promulgare la nuova legge elettorale detta Italicum, se pur nella costante ed immutevole quiete, non può che essere evidente. Come resta altrettanto evidente il fatto che più in là la stessa Corte costituzionale potrebbe facilmente bocciarla. Ma al di là di come la pensi il bravo costituzionalista Michele Ainis che tramite il Corriere della Sera si è soffermato sulle “travi che accecano” una legge elettorale renzianissima, rimane il fatto che ci troviamo ad un vicolo cieco tra un governo irremovibile, una presidenza della Repubblica imbarazzata ed una politica assai più sterile del passato.

La logica vuole che fino a quando il Senato non venga abolito del tutto, l'Italicum non potrà sortire una giusta utilità al sistema elettorale. Ma, non è tutto, poichè anche dopo potrebbe portare ulteriori guasti all'assetto democratico istituzionale del Paese.

Certo la dicotomia che si mette in evidenza tra due sistemi elettorali (Italicum per la Camera e proporzionale puro per il Senato... non potrebbe che destare parecchi dubbi, malgrado Renzi dichiari convinto di mettere in atto l'Italicum dopo aver risolto il problema di un Senato non elettivo. Non vi è alcuna garanzia precisa che tutto possa risolversi per fornire una funzionalità al sistema, tranne che la solita premura di portare al più presto un risultato in porto. Per quanto riguarda l'Italicum, rimangono, anche se modificate in senso migliorativo, il premio di maggioranza e le soglie di sbarramento. Il premio di maggioranza per la coalizione forse aiuta, ma crea il solito guazzabuglio che potrà scatenare contraddizioni e condizionamenti poco utili, mentre sembra chiaro che ogni decisione dovrebbe nascere da un serio confronto ed il percorso della politica dovrebbe muoversi nel dibattito di un'Aula e meno nella casa di un Partito dominata da figure assolute.

Questa è la solita storia dei pesi e contrappesi di cui tanto si è discusso e che soltanto una buona riforma sulla divisione dei ruoli potrebbe migliorare.. Se la legge elettorale la si mette in relazione con la nuova riforma sul finanziamento privato ai Partiti... non potrà che destare ulteriori dubbi per chi percepisce il pericolo verso il sistema di una democrazia. Tutto ciò(malgrado l'imbarazzo) pare non incidere sull'atteggiamento di una presidenza della Repubblica che..nella qualità di garante... non sembra interessarsi al metodo con il quale si sta giungendo ad una simile conclusione.
Pare esservi sempre di più un chiaro abuso del potere ed un chiaro rischio per la democrazia!

Non abbiamo ancora segnali in proposito ma si pensa che lo stesso Mattarella da presidente della Repubblica, potrebbe promulgare l’Italicum per evitare pericoli al governo(poichè in questo Paese il governo sembra essere molto più importante dei principi della democrazia)...ma ciò appare inverso alla sua figura di garante di un percorso costituzionale in favore degli stessi principi.
Vi è poi l'altro dilemma..e cioè: cosa farà la Corte Costituzionale? Se Il capo dello Stato è il garante politico della Costituzione, la Consulta ne rimane sempre il garante giuridico! Ripeteremo la solita strada del gioco dell'Oca, quel labirinto che ci riporta costantemente al solito punto iniziale?



un appunto sul nuovo articolo di domenico Cacopardo

Di che si stupisce Domenico Cacopardo?
E' lo stato di abbandono di una società che ha sempre più sottovalutato la cultura del rispetto per una società ed i suoi valori fondamentali che non possono mai essere costruiti sul potere di una economia e del denaro. 
Per quanto riguarda il nostro Paese..non può porsi meraviglia Domenico..che, pur esprimendo una chiara posizione contro l'incedere inopportuno del governo, non pare aver ben percepito il percorso ingannevole del lavoro del sindaco d'Italia.. alquanto sbrigaticcio.. oltre che privo di logica.
Il suo sottolineare :"la politica giudiziaria del governo e del Parlamento invece di occuparsi delle disfunzioni della giustizia, dei ritardi biblici della giustizia civile e di quella amministrativa, si focalizza sulla sottrazione di lavoro ai giudici e ai pubblici ministeri, in modo che possano occuparsi solo di alcuni «grandi» reati". Suona come un giusto richiamo ad una politica governativa che continua a ingannare con le sue azioni di falso rinnovamento ..e poco può importare la voce di un Parlamento.. ormai totalmente soggiogato da una governabilità assoluta che non rispetta per nulla le regole ed i principi fondamentali di una democrazia.
Il richiamo al Parlamento, quindi ..risulta del tutto improprio, giusto per la mancanza di ciò che si dovrebbe ad un Aula.. dove per logica deve anteporsi un dialogo aperto e non continue fiducie... a volte persino ricattatorie.
Tutto prima o poi torna quando non si ha rispetto dei principi cardine di una società che vive in uno Stato democratico. La parola prevenzione non appartiene a questo governo..come non gli attiene ogni logica di politica democratica.
Nel caso della giustizia e della sicurezza, il rischio che l’autonomia del singolo debordi sino all’anarchia del tutto...è ormai di tutta evidenza. Si continua dilatare il problema attraverso regole di prescrizione e depenalizzazioni. Siamo oggi ad un punto critico..ed ancora non si vuole capire che il metodo renziano della semplificazione e della fretta, (che appare erroneamente il più sbrigativo ed utile) nel suo esprimersi in modo sommario, non potrà mai sortire un successo nel futuro..anzi ci tornerà indietro come un boomerang, portando al pettine gli ulteriori nodi irrisolti alla base.
Il problema è solo di natura culturale politica..ed il rischio è maggiore di quello che si crede!

vincenzo cacopardo 


Lo Stato in ritirata
così potrebbe intitolarsi il capitolo di storia patria che sarà dedicato al 2015, l’anno in cui è stata introdotta nell’ordinamento italiano la depenalizzazione di 112 reati, tra i quali ne ricordiamo solo alcuni: abbandono o violenza di persone minori o incapaci; invasione e occupazione di aziende agricole o industriali; appropriazione indebita; attentato alla sicurezza dei trasporti; evasione; furto; istigazione a delinquere; minacce; omicidio colposo; percosse; violazione di domicilio.
Le condizioni sono due: tenuità e non abitualità, elementi questi che saranno valutati discrezionalmente dal giudice.
Nella sostanza, si tratta della gran parte del carico giudiziario, che spesso rimane abbandonato per la priorità accordata ad altre fattispecie, ma che pesa come un macigno sulla società civile.
Basti pensare all’omicidio colposo, quello che più frequentemente si manifesta nelle strade (spesso aggravato dall’uso di alcol e di droghe, compresi gli spinelli che accoppiati all’alcol e ai tabacchi costituiscono un micidiale cocktail, ma in questo caso «aggravato» e non riducibile per tenuità) e che colpisce migliaia di famiglie, sempre alla ricerca di una aleatoria riparazione morale e materiale, sempre gelate dall’insensibilità degli inquirenti. Basti pensare al furto e alla violazione di domicilio, lesioni della personalità, prima che delle cose, spesso causa di irreparabili traumi psicologici.
Va ricordato che la criminologia insegna che nel curriculum di un grande criminale c’è quasi sempre un inizio di «piccoli» crimini. E che, questa depenalizzazione accentuerà la sensazione di abbandono da parte dell’autorità giudiziaria (da cui dipende quella delle forze dell’ordine, ormai quasi sempre inerti di fronte al furto d’auto o in appartamento), e l’insicurezza generale.
Insomma, la politica giudiziaria del governo e del Parlamento invece di occuparsi delle disfunzioni della giustizia, dei ritardi biblici della giustizia civile e di quella amministrativa, si focalizza sulla sottrazione di lavoro ai giudici e ai pubblici ministeri, in modo che possano occuparsi solo di alcuni «grandi» reati. Ma questo non è garanzia di procedimenti celeri ed efficaci, visto che, contemporaneamente, vengono incrementate le pene, allungate le prescrizioni e introdotti tanti nuovi reati, peraltro già previsti in varie forme dall’ordinamento. Il medesimo reato di tortura è già perseguibile nelle forme previste dal codice penale.
Perché, dunque, si procede in questa direzione? Perché così si manda un messaggio di subalternità alla corporazione degli operatori di giustizia e di speranza alla cittadinanza, illusa, invece, da una irrealistica prospettiva di efficienza. Irrealistica: non ci sono gli strumenti organizzativi e disciplinari per mettere in moto la macchina, premiando i solerti e punendo gli incapaci o gli ignavi. Non c’è un’organizzazione economica e sociale che possa efficacemente funzionare senza un reale potere gerarchico di direzione e di controllo. Questo manca del tutto nel sistema italiano, nel quale l’autonomia del singolo deborda sino all’anarchia del tutto.
Con la riforma della custodia cautelare (sarà più difficile e dovrà essere più motivata) si completerà questo rischioso pezzo di riforma. È facile immaginarne l’insuccesso, il tragico insuccesso.
Domenico Cacopardo





13 apr 2015

Equilibrio e contemporaneità nella lettura dei testi sacri


BREVE DISAMINA SUI TESTI SACRI

di v.cacopardo

Equilibrio e contemporaneità nella lettura dei testi sacri

Francesco Alberoni a proposito dello studio dei testi sacri e la differenza tra noi e loro...scrive: Per capire la differenza che c'è fra il cristianesimo e l'islam partiamo dal celebre passo della Bibbia in cui Giosuè, dopo aver pregato il Signore, gridò alla presenza di tutti gli israeliti: «Sole, fermati su Gabaon! E tu, luna, sulla valle di Aialon! Il sole si fermò, la luna restò immobile, un popolo si vendicò dei suoi nemici». “Vedi - dissero a Galileo - se il libro sacro dice che il sole si è fermato vuol dire che si muoveva e la tua teoria eliocentrica è sbagliata». Galileo rispose che la Bibbia aveva usato solo il linguaggio dell'epoca. Ma vi sono passi della Bibbia che non sono solo in contrasto con fatti naturali ma anche con l'insegnamento del Vangelo, per esempio quando Dio comanda a Giosuè di sterminare tutta la popolazione di Gerico: «Donne, fanciulli e vecchi e buoi, e pecore e asini» (Giosuè 6, 21). I filosofi e gli storici cristiani hanno spiegato questi massacri come la sopravvivenza di costumanze antiche poi superate. La Bibbia per i cristiani va quindi analizzata, storicizzata, ricondotta all'epoca in cui è stata scritta. I sacerdoti nei seminari perciò studiano storia, linguistica, filosofia, antropologia. Invece il Corano per i musulmani proviene direttamente da Allah di cui è la parola unica e definitiva. Esso è increato come Lui e tutto ciò che noi possiamo sapere di Lui e tutto ciò che Egli vuole dai sui fedeli è scritto nelle sue pagine. Anche il Corano ha una esegesi. Ma questa può essere fatta solo da grandi dotti e i suoi passi non possono venirne storicizzati, cioè ricondotti ad una particolare circostanza o ad un particolare momento storico. L'esegesi consiste nello scavarli e riscavarli più a fondo facendone emergere l'infinita ricchezza. ”

Risulta più che evidente che i musulmani si sono sempre dovuti confrontare con la civiltà e la cultura occidentale la quale, avendo apportato un certo progresso, li ha sempre costretti a difficoltà nel comprendere e, spesso..anche a duri scontri. Il loro scritto sacro “il Corano” deve intendersi come un testo di attività consueta della parte più originale dell'esegesi musulmana contemporanea e potrebbe anche essere sottoposto ad un esame persino letterario, oltre che sociologico, un esame che ne possa fare emergere l'importanza del messaggio rivelato in sè, ma anche rappresentarne lo strumento di una trasformazione storica.Non potrà mai essere facile per una cultura occidentale poterlo apprezzare poiché esso è la partenza di un rovesciamento della stessa conoscenza scentifica religiosa al fine di porre al centro un Dio che è il fine dell'agire umano.

Qualcun altro ci spiega come vi sia un grande interesse di metodo esegetico per interpretare il Corano: Tutta l’esegesi tradizionale procede commentando versetto per versetto, in un modo per così dire atomista, senza considerazione per il contesto. Nel migliore dei casi un versetto sarà messo in relazione con un altro passo situato altrove nel Corano (ciò che gli esegeti hanno definito «il commento del Corano attraverso il Corano»), ma molto raramente il senso di un versetto viene ricercato a partire dal suo contesto immediato. La critica storica, tuttavia, mette legittimamente in dubbio l’autenticità di molte di queste “occasioni della rivelazione”, che sembrano piuttosto fabbricate a posteriori per spiegare un versetto più o meno oscuro.”

Tornando alla analisi di Alberoni (logica oltre che chiara) sulla differenza esistente tra le sacre scritture, non si può escludere una certa limitazione del testo sacro orientale tendente a bloccare ogni variabile che una certa modernità continua ad apportare nella società. Al contrario di ciò che (anche se con timore e lentezza) sembra essere avvenuto nei testi sacri dell'occidente cristiano:- Lavoro che lo stesso Papa Francesco, con estremo coraggio, sta conducendo nella sua opera di evangelizzazione sulla religione cristiana.

Non v'è dubbio che secondo i musulmani il testo della rivelazione coranica rimane più che mai immutabile..come lo è rimasto nel corso dei secoli; conseguentemente esso viene tramandato dai musulmani parola per parola, lettera per lettera...senza alcuna possibilità interpretativa mutevole nel tempo.

Ha ragione quindi Alberoni nell'affermare che i testi sacri andrebbero sempre analizzati e storicizzati, riconducendoli all'epoca in cui sono stati scritti. Ciò varrebbe anche per il Vangelo che, pur indicando dei messaggi cristiani di alto valore etico ed umano, nella sua lettura, può dare il senso di una percezione di vita ben diversa e lontana da quella del contesto attuale. Un rapporto di vita odierno differente che non penalizza in sè il messaggio di Cristo, ma che impone una lettura del testo più profonda...al fine di riuscire a sposarlo con la realtà sociale odierna. 

La difficoltà per l'uomo sta quindi nel saper leggere tali testi e saperne riportare i valori nel contesto contemporaneo con grande equilibrio e profondo senso umano.  

A tal proposito verrebbe spontaneo domandarsi se per disarmare certi conflitti tra sunniti e sciiti sia necessario privarli della loro componente politica...e quanto in realtà possa influire la componente politica! Se, in tal modo, si possa o no rinunciare a quell’identificazione tra la sfera secolare religiosa e quella dell’Islam politico. Bisogna forse partire da qui per comprendere (senza mai giustificare) ogni operazione di uno stato islamico efferato e sanguinario che interpreta il Corano nel modo peggiore, non omettendo il confronto su alcuni riferimenti della Bibbia poco edificanti e non del tutto rispettosi della vita umana...sicuramente differenti da quelli dell'evangelizzazione promossa successivamente da Cristo.




12 apr 2015

Renzi... quale verità sul tesoretto?..

"L'ostacolo di questa nuova politica costruita sull'inganno di una comunicazione faziosa sulla quale lo stesso Renzi fa forza.. costringe la nostra politica in tutto il suo percorso ..condizionandola nella scelta di quelle giuste idee per le riforme che dovrebbero far crescere in senso innovativo la nostra Nazione. "
di vincenzo cacopardo 

Non si è ancora compreso bene quale sia il tesoretto tanto declamato da Renzi e non si capisce nemmeno come il suo governo, che pare viaggiare ai limiti estremi dalle clausole di salvaguardia, non riesca a scorgere un sostanziale pericolo nel suo particolare bilancio. Se a ciò aggiungiamo il record di pressione fiscale ormai giunta all'estremo e quello di una disoccupazione che continua ad aumentare..c'è poco da stare allegri. Ma questo tesoretto di 1,6 miliardi esiste? ..O siamo ancora una volta alle prese con la solita comunicazione?Non è nemmeno chiaro se a questo punto la stessa Europa dei commissari continuerà a prestare a Renzi ulteriore credito o se presto potrà intervenire con alternative decisamente più dure.

Ma tornando al Def, (documento programmatico finanziario che attualmente sembra mostrarsi non del tutto definito), pare non sia ancora digerito da qualunque forza politica e... con vari mal di pancia.. da tanti componenti dello stesso partito del Premier. Vi sono numeri che sembrano essere incompleti, ma quello che ovviamente molte forze politiche non riescono a comprendere.. è l'idea che possa esservi un tesoretto. Una ulteriore enunciazione del sindaco d'Italia che sembra arrivare puntuale (come per gli 80 euro) poco prima delle prossime elezioni regionali.

Si ha l'idea che il sindaco d'Italia premier... nonché segretario del partito di maggioranza...(in sostanza vero padrone assoluto di una politica ormai decadente e per niente democratica), come uno chef.. abbia messo in un pentolone fin troppa roba ..scaldando le vivande al suo interno con troppo ardore di fiamma..e che nel momento in cui la stracolma casseruola sarà tolta dal fuoco ..vi si potrà trovare un miscuglio bruciacchiato..non commestibile. La fretta di cucinare il tutto, con premura ed in un'unico recipiente,..da provetto cuoco che spiega sapientemente e con enfasi le sue ricette, potrebbe compromettere il suo miscuglio di pietanze.

Ma al di là di ogni metafora che si possa accostare al premier, il suo insistere sul fatto che non ci saranno tagli ai comuni, né aumenti di tasse..viene continuamente smentito dai commenti fatti in questi giorni dai tanti sindaci intevistati. La paura costante dei cittadini rimane sempre quella di trovarsi nel prossimo futuro con l'attuazione delle clausole di salvaguardia che prevedono aumento di Iva e accise... che scatteranno automaticamente nel 2016 se non si faranno tagli di spesa per 16 miliardi di euro...In sostanza.. ancora ulteriori sacrifici per i cittadini! ..(E' veramente difficile pensare che una “local tax” voluta dalli stesso premier, non sarà lo strumento dei sindaci che consentirà di aumentare le aliquote a volontà.)

Il pensiero sul quale dovrebbe concentrarsi il cittadino è proprio su ciò che potrebbe accadere dopo le Regionali , quando una diversa realtà potrebbe costringere lo stesso governo a correggere il tutto attraverso una manovra più pesante. In realtà il nuovo «tesoretto» elettorale, sembra essere un'ulteriore trovata del furbo presidente del Consiglio, ma potrebbe identificarsi persino come un inganno, permettendogli di spendere in anticipo soldi che potrebbero essere recuperati attraverso altre tasse con tagli già programmati.

9 apr 2015

Spendig rewiew e tagli..Una nota al nuovo articolo di Domenico Cacopardo



Domenico Cacopardo sostiene che l'antinomia non è tra taglio della spesa sociale e l'aumento delle tasse comunali. Ma tutto ciò sarà da vedere dalle idee che in questi giorni il governo proporrà. 

Per quanto riguarda la “spendig review” ...ossia quel processo volto a migliorare l'efficienza e l'efficacia della spesa pubblica attraverso la sistematica analisi e valutazione della pubblica amministrazione, rimane ancora inverosimile il fatto che il piano Cottarelli.. studiato a lungo ed in fondo.. non sia più stato preso più in considerazione. Sarà..quindi.. tutto da vedere l'impegno che il governo sarà costretto ad seguire sul piano del risparmio e che ancora oggi..non sembra scorgersi.

Le ultime voci parlano di un Premier che insiste ed avverte i sindaci di non colpire i servizi dei cittadini e di una gran parte di loro che temono che si possano ancora indicare tagli diretti alla loro amministrazione..Ma malgrado i sacrifici già fatti, il timore che una buona parte dei 10 miliardi di tagli debba essere supportata dai comuni, rimane alto. 

Sembra che gli otto mila comuni italiani negli ultimi anni hanno subito un taglio di 17 miliardi...il chè porta l'insistenza di Renzi ad una vuota esortazione priva di speranza e futile nel risultato...soprattutto se non si scorgono ancora idee in proposito e si persevera con la solita costante comunicazione.

La guerra tra il sindaco d'Italia ed il resto dei sindaci matura già da tempo. Bisogna perciò ancora capire esattamente cosa potrà significare la parola oggi “assai generica” che indica questi tagli.
vincenzo cacopardo


L’antinomia non è tra taglio della spesa sociale e aumento delle tasse comunali, come sostiene Piero Fassino, presidente dell’Anci (l’associazione dei municipi) e sindaco di Torino. 

È il solito falso messo in scena da coloro che non intendono, da almeno dieci anni, affondare il bisturi nella montagna di spese inutili e parassitarie che infestano gli enti pubblici italiani a beneficio di gruppi politici, di funzionari e delle clientele che, nell’affondamento dei partiti tradizionali, hanno trovato il terreno utile per svilupparsi e affermarsi in tutto il territorio nazionale.

Questa volta, il giro di vite annunciato dal governo è suffragato dai numeri di una «spending review» focalizzata sui costi standard, per le partite di bilancio comunale e per le attività delle unità sanitarie. Un’attenzione che mostra la disparità abissale, a parità di prestazioni, tra le spese dei comuni virtuosi e quelle di larga parte degli altri, laddove toccare una prebenda, un emolumento, un trasferimento di denaro a qualcuna delle migliaia di società pubbliche è un affare di Stato, in quanto colpisce nelle tasche direttamente il personale politico e coloro che a esso sono legati.

Sostiene Fassino che, invece di toccare i comuni, il governo dovrebbe toccare i ministeri. Una singolare alternativa: non ci si piega alla necessità di adottare comportamenti virtuosi, ma si rilancia chiedendo che quei comportamenti siano imposti ad altri apparati dello Stato.

Certo, siamo tutti delusi dalla fine fatta dal lavoro di Cottarelli, commissario proprio alla «spending review», rientrato, senza una parola di ringraziamento, a Washington, alla sua scrivania alla Banca mondiale. Un documento ponderoso, liquidato di recente dal primo ministro come «un elenco di cose scontate», mentre il successore di Cottarelli, Yoram Gutgel dichiara che ci vuole tempo per formulare proposte. A dimostrazione che la continuità dello Stato e delle funzioni in esso svolte dai vari «comis» è cosa dell’altro mondo, della Francia, del Regno Unito e della Germania, per esempio, mentre da noi ogni volta occorre ricominciare daccapo.

Certo, non tutte le proposte di «spending review» risultano praticabili, anche perché il principio di autonomia di Cottarelli, che gli ha impedito di dialogare efficacemente con i corpi dello Stato, s’è rivelato un «boomerang» capace di frenare la corsa delle sue idee. Ma c’è tanta roba da mettere sul fuoco, non il fuoco lento delle antiche ricette, ma quello vivo di chi ha bisogno di fare presto e bene. 

La necessità di evitare la tagliola dell’aumento automatico dell’Iva impone al governo di non guardare in faccia nessuno e di procedere secondo un criterio razionale, con l’abolizione della spesa storica che premia gli spendaccioni, e l’introduzione dei costi standard. Un’introduzione «a stringere» nel senso che i tagli del 2016 saranno propedeutici a quelli del 2017 e del 2018.

Le regioni non si sono ancora lamentate: un brutto segno, visto che, dal punto di vista pratico, il loro peso è di gran lunga il più ingente e il più parassitario, visto che non riesce ad avere alcuna funzione anticongiunturale. 

Domani, venerdì, a Dpef approvato, sapremo se il governo ha compiuto o meno una marcia indietro. Dati i precedenti, possiamo sperare di no.
Domenico Cacopardo

8 apr 2015

Quel degrado che aiuta Renzi.. ed uccide la funzione dei partiti


La degenerazione politica concepita da una mancanza di regole e ruoli.
di vincenzo cacopardo
Secondo il direttore del giornale Alessandro Sallusti il programma di Fitto è distruggere Berlusconi (cioè Forza Italia), quello di Cofferati è di uccidere Renzi, Tosi punta solo a fare perdere Salvini e Alfano la darebbe alla qualunque pur di continuare a mangiare gratis. Questo suo quadro mette in evidenza.. da un lato.. la più che fortunata marcia di Matteo Renzi e.. dall'altro.. una chiara difficoltà della politica di gestione dei Partiti ormai condizionati da un'evidente gioco di potere.

Non smetterò mai di sottolineare l'evidenza di queste continue anomalie generate da una chiara mancanza di regolamentazione da studiare sull'azione dei Partiti (art 49 cost.) che dovrebbe espletarsi in una funzione più coerente a beneficio di quella cittadinanza espressione di un consenso: Se il fine si sostanzia nella prevalente forzatura delle figure in seno ai Partiti e non attraverso le idee che devono esprimersi in favore di una politica di programmi più utili e funzionali, il risultato non potrà che restare il medesimo..ossia...lotte intestine per assumere una propria leadership che col tempo..finisce coll' imporsi attraverso l'assoluto comando di un'unica figura.

Bisogna invece.. che i Partiti (i quali devono determinare la guida politica della Nazione) vengano preservati da una logica della politica costruita attraverso dialogo con la cittadinanza ricercando idee ed innovazione. In teoria (una personale teoria che va trovando oggi sempre più riscontro) dovrebbero occuparsi dei Partiti solo coloro che appartengono a quel lavoro di ricerca e di analisi dottrinale legato all’attività parlamentare in dialogo con la società civile. Una lavoro che possa istruire in continuità nuove idee e procedure per una più moderna politica. Essi dovrebbero essere il comune filtro di collegamento con il Parlamento per un programma voluto dai cittadini, poiché naturali sponsor dei candidati e, soprattutto delle idee che si propongono. Un Partito deve essere una vera e propria officina di studio in continua ricerca che non dovrebbe mai ammettere alcuna formula assoluta in proposito: Per natura dovrebbe affrontare un lavoro in equipe offrendo le giuste idee di confronto per ottenere un’unica vera forza di pensiero, svolgendo così, lo specifico lavoro di approfondimento. I componenti dovrebbero lavorare come un unico motore di ricerca per un sistema qualitativo ed innovativo della vita sociale, restando quanto più equiparati tra loro e, soprattutto, senza inserirsi in alcun ruolo amministrativo.

..E qui entriamo di logica sull'altra fondamentale riforma che dovrebbe sostenere la divisione più netta e decisa dei ruoli.. onde evitare il continuo compromesso tra i poteri: Potremmo tutti comprendere quanto possa risultare anomalo l'inserimento di un'unica figura nel doppio ruolo di colui che crea le norme e nel contempo le gestisce come esecutore, ma nessuno.. o solo in pochi.. si pongono di fronte a questo evidente conpromesso senza porgli una definitiva soluzione. Nel clima attuale è fin troppo evidente l'anomalo processo di riforme volute da chi esercita simultaneamente il ruolo di capo di un Partito e di capo di un governo ..

Non c'è quindi da meravigliarsi che in un quadro simile si continui ad attuare un dannoso processo di costruzione di potere attraverso l'imposizione di figure che non identificandosi in un qualsiasi programma ideativo, lottano esclusivamente per accaparrarsi un potere in seno ai Partiti (nuovi o vecchi che siano). E' una degenerazione politico culturale determinata come reazione ad una precisa mancanza di regole per ruoli. Oggi i Partiti restano sempre più malvisti dai cittadini che cominciano a percepire queste anomalie separandosi con maggior consapevolezza dall'esprimere consenso.


7 apr 2015

Una nota critica sul nuovo articolo del consigliere Cacopardo sulla preghiera di Papa Francesco

Non si può chiedere ad un Papa....
In questo articolo Domenico Cacopardo sembra esprimersi in toni un po' troppo duri nei confronti di Papa Francesco.
Qui non si tratta di dover chiamare le cose col proprio nome.. come afferma Domenico.. in quanto il Pontefice esercita la sua funzione ecclesiale attraverso la preghiera e non un ruolo politico. Potrebbe il Papa non pregare in favore di una pace?..Potrebbe non scongiurare altri conflitti sia che si tratti della Siria, dell' Iraq.. o di un qualunque altro paese occidentale?
Malgrado la puntuale.. e per certi punti giusta.. analisi di Domenico nei confronti di una politica occidentale sprovveduta, o ancora peggio...le disastrose «performances» di Obama condotte in Medio Oriente, quello che non posso comprendere è l'indicare questo Pontefice come un capo di una Chiesa che non ha la forza di spendere parole di sostegno nei confronti del proprio popolo cristiano..nè quella visione ristretta delle stragi e delle guerre, legata prevalentemente a chi traffica in armi.
La critica diretta a chi vende armi deve perciò intendersi come un appunto di Francesco rivolto verso quegli uomini(occidentali ed orientali insieme) e la loro mentalità con la quale pensano ancora che vi debba sempre essere un nemico da combattere. Non si può mai biasimare chi combatte con le dovute parole una certa cultura guerrafondaia...come non si potrà mai chiedere ad un Pastore di una Chiesa cattolica cristiana di assumere un ruolo che appartiene solo alla politica. Un Papa non potrà mai porsi al di sopra della politica, sebbene Francesco abbia già dimostrato abbondantemente.. attraverso il suo verbo.. quanto la politica debba imparare dalle sue stesse parole.
Perciò..quello che non mi riesce condividere è proprio l'indicare come “perdenti” o peggio “rassegnate” le sue parole che... al contrario... (non potendosi mai porre con un differente dialogo che appartiene alla politica)...sono dimostrazione giornaliera di una evangelizzazione costruita sull'amore verso il prossimo. Questo è l'unico segno che il Papa può e sa esprimere..ed e' la migliore predicazione espressiva di un sentimento che di certo gli appartiene.
Il Pontefice, al contrario di un certo Clero fin oggi ancora rinchiuso e ristretto, dà continua prova, attraverso parole semplici ed umili, di quanto il messaggio d'amore cristiano possa fare breccia persino in seno alla popolazione ed alla cultura orientale... Certamente non può che far male assistere ai continui efferati omicidi condotti con brutalità nei paesi oggi più poveri contro degli innocenti cristiani, ma se un “Papa cristiano” dovesse oggi intervenire sul piano politico, additando colpevoli e non colpevoli.. il mondo intero ne uscirebbe di sicuro peggio.
Francesco non abbandona per niente i valori cristiani dell'Occidente.. anzi.. si muove costantemente in favore di questi con quella particolare umanità e l'umiltà necessaria che rappresentano oggi ciò che.. al contrario.. gran parte della stessa società occidentale..pare aver perso. ..La sua può quindi definirsi una comunicazione rivoluzionaria tendente a unire le culture religiose e non a separarle o contrapporle.
vincenzo cacopardo




«Preghiamo per la Siria e l'Iraq», ha detto papa Francesco, parlando ai fedeli stipati in piazza San Pietro, «imploriamo la pace per tutti gli abitanti della Terra Santa e per Libia, Nigeria, Sud-Sudan e per varie regioni del Sudan e della Repubblica Democratica del Congo, per lo Yemen e per l'Ucraina. Una preghiera incessante salga da tutti gli uomini di buona volontà per coloro che hanno perso la vita, penso in particolare ai giovani uccisi giovedì a Garissa, in Kenya, per i rapiti e i profughi. E pace chiediamo - ha continuato il Papa - per questo mondo sottomesso ai trafficanti di armi, che guadagnano con il sangue degli uomini e delle donne.»

Nella visione del papa, quindi, le stragi, le guerre, le infamie che portano lutto in tutto il mondo, ma in specie nel mondo cristiano in Medio Oriente, sono il frutto della sottomissione generale ai trafficanti di armi. Una visione primitiva e non meditata, che getta una gelida luce su tutto il pensiero di Francesco votato alla condanna di un nemico oscuro e sfuggente, mentre –e tutti lo sappiamo- il nemico è evidente e visibile.
C’è da chiedersi perché, il papa non chiama le cose con il loro nome e preferisce seguire un’idea delle drammatiche vicende contemporanee rassegnata e perdente, nella quale il destino di agnelli sacrificali cui sono immolati centinaia e, alla fine, migliaia di cristiani, è manifestazione della volontà di un Signore che non concede ai suoi innocenti fedeli il diritto alla vita.
Che religione è questa, il cui capo non ha la forza di spendere parole di sostegno nei confronti delle proprie vittime, rendendo loro il diritto di difendersi e, difendendosi, di impedire lo stupro delle proprie donne, la decapitazione di figli e mariti, il rapimento e l’abiura dei propri bambini con la riduzione in schiavitù delle proprie bambine?
Probabilmente, il pontefice si rende conto che l’attacco è rivolto anche all’Occidente e alla sua civiltà, fondata sul capitalismo, nei confronti del quale, nei suoi discorsi, esprime un’irriducibile ed erronea avversione. Un’avversione che affonda le proprie origini nella sua sudamericanità, nella teologia delle liberazione e nel complesso di convinzioni che ha condotto il subcontinente americano sulla disastrosa via del giustizialismo e del chavismo.
Allora, avevano ragione Malachia e Nostradamus: Francesco è il papa nero, quello della fine del mondo?  Il papa gesuita, il primo dalla fondazione della Chiesa, il pastore che viene da lontano per incontrare tribolazione, morte e vivrà l'ultima e definitiva persecuzione della santa romana Chiesa.
Non a caso, il giorno di Pasqua, il papa s’è anche riferito agli accordi di Losanna sul nucleare iraniano: «Che l'intesa raggiunta sia un passo definitivo verso un mondo più sicuro e fraterno».
Non una parola sui pericoli incombenti, sempre di più, nella riorganizzazione del potere islamico, per Israele, un altro agnello pronto al sacrificio, benché l’arma nucleare di cui dispone potrebbe dare il via all’Olocausto generale.
C’è una sorta di unità sostanziale tra il rassegnato sconfittismo di papa Francesco e la visione obamiana della politica estera. L’aspetto su cui, però, occorre soffermarsi, a proposito dell’intesa Usa-Iran, è quello delle disastrose «performances» di Barak Obama nella politica estera: ovunque la sua iniziativa, fortemente demagogica, ha avuto modo di esprimersi, ha prodotto solo disastri. Benché ci fosse alla segreteria di Stato Hillary Clinton che ha cercato di contenerne eccessi ed errori. Ora, con l’inconsistente Kerry, la situazione è precipitata, sviluppando una sorta di schizofrenia che aggravato la tensione con la Russia (l’unico possibile partner dell’Occidente nella lotta al terrorismo e nella creazione di accettabili equilibri in Medio Oriente, con la difesa e il rafforzamento dell’Islam moderato), ha abbandonato al loro destino popoli non musulmani o di minoritarie frazioni, ed eletto al ruolo di affidabile interlocutore l’Iran teocratico e sciita. Un modo sicuro per gettare benzina sul fuoco mediorientale con imprevedibili effetti su alleati storici come l’Arabia Saudita e l’Egitto.
Papa Francesco, quindi –e ci dispiace constatarlo- contribuisce, per parte sua, alla confusione generale, all’abbandono e alla demonizzazione dei valori dell’Occidente, quei valori che, vincendo la guerra fredda, hanno avviato un periodo di sviluppo mondiale mai visto, con l’uscita dalla fame di miliardi di uomini.
Se fossimo religiosi, con rassegnazione ripeteremmo: «Deus amentat quos perdere vult» (Dio acceca coloro che vuol perdere).
Ma non lo siamo. Quindi, nessuna rassegnazione, in attesa che le «leadership» prendano consapevolezza di rischi e opportunità e decidano di fare ciò che occorre fare.
Rimane nella Storia recente l’esempio di forza e rigore morale donato al suo Paese e alla civiltà occidentale da Margareth Thatcher: nonostante l’insignificanza del piccolo arcipelago delle Falkland ingaggiò una costosissima guerra a migliaia di chilometri di distanza per riconquistarlo e rifiutare sopraffazione e dispregio delle regole.
Washington e alleati sapranno difendersi e difenderci?
C’è da dubitarne, almeno sinché «regnerà» Obama con il suo bagaglio di insanabile demagogia.
domenico cacopardo