Editoriale del 9.12.2013
IL PESO DEL SUCCESSO
La vittoria a valanga di Matteo Renzi è una benedizione per il Pd. Appena otto mesi fa quel partito si era liquefatto nel voto sul capo dello Stato, dopo aver perso un’elezione che poteva solo vincere. Era insomma allo sbando. Il governo Letta l’ha tenuto in vita con l’ossigeno; un nuovo leader, scelto da una base elettorale ancora una volta molto ampia e con un grande distacco, può ora rimetterlo in piedi. Renzi ha cominciato a vincere quando ha perso le primarie di un anno fa, perché il disastro politico che ne è seguito ha persuaso anche i più scettici elettori del Pd che rischiare con lui è sempre meglio che perdere di sicuro con gli altri.
La vittoria a valanga di Matteo Renzi è una benedizione per il Pd. Appena otto mesi fa quel partito si era liquefatto nel voto sul capo dello Stato, dopo aver perso un’elezione che poteva solo vincere. Era insomma allo sbando. Il governo Letta l’ha tenuto in vita con l’ossigeno; un nuovo leader, scelto da una base elettorale ancora una volta molto ampia e con un grande distacco, può ora rimetterlo in piedi. Renzi ha cominciato a vincere quando ha perso le primarie di un anno fa, perché il disastro politico che ne è seguito ha persuaso anche i più scettici elettori del Pd che rischiare con lui è sempre meglio che perdere di sicuro con gli altri.
Il voto di ieri ha così dimostrato che il Pd è
scalabile, anche da un uomo nuovo che viene dalla periferia, anche senza
accordi preventivi, anche senza peli sulla lingua. Si tratta di una qualità
democratica di cui oggi nessun altro partito dispone, e che speriamo contagi
presto il futuro centrodestra (sul Movimento di Grillo, almeno da questo punto
di vista, c’è poco da sperare).
Ma il successo di Renzi apre una pagina nuova
anche nella storia della sinistra italiana. Se è vero infatti che il Pd aveva
già avuto un segretario non ex comunista (Franceschini) e perfino un segretario
ex socialista (Epifani), quello che è stato eletto ieri è il primo segretario
che non è post di niente, nemmeno della Dc. È dunque l’incarnazione di una
generazione X, giunta alla politica quando il Muro era già caduto e la Prima
Repubblica già finita. La Bad Godesberg, che al riformismo italiano è sempre
mancata sul piano dei programmi e delle idee, si è forse realizzata con un
salto antropologico e una rottura genealogica.
Renzi ha insomma già cambiato il Pd. Cambierà anche l’Italia, come ripetutamente promette? Qui l’esperienza impone cautela, perché l’ultimo ventennio della sinistra italiana è lastricato di grandi speranze presto fallite. Contro Renzi lavorano tre fattori. Il primo è il suo partito, nel quale operano ancora troppi nemici palesi e troppi finti amici, saltati sul carro del cambiamento all’ultimo istante solo per fare in modo che nulla cambi. Il secondo è Renzi stesso: finora ha dimostrato di avere molto scatto televisivo ma poca profondità di analisi, una notevole capacità immaginifica ma scarsa attenzione ai dettagli. Soprattutto è ancora troppo solo, perché intorno a lui non si è finora visto crescere l’abbozzo di una classe dirigente in grado di governare il Paese.
Renzi ha insomma già cambiato il Pd. Cambierà anche l’Italia, come ripetutamente promette? Qui l’esperienza impone cautela, perché l’ultimo ventennio della sinistra italiana è lastricato di grandi speranze presto fallite. Contro Renzi lavorano tre fattori. Il primo è il suo partito, nel quale operano ancora troppi nemici palesi e troppi finti amici, saltati sul carro del cambiamento all’ultimo istante solo per fare in modo che nulla cambi. Il secondo è Renzi stesso: finora ha dimostrato di avere molto scatto televisivo ma poca profondità di analisi, una notevole capacità immaginifica ma scarsa attenzione ai dettagli. Soprattutto è ancora troppo solo, perché intorno a lui non si è finora visto crescere l’abbozzo di una classe dirigente in grado di governare il Paese.
Ma il vero formidabile ostacolo che dovrà
affrontare è la complessità quasi disperata del rebus italiano. Per risolverlo,
a partire dal tassello centrale della legge elettorale, servirà una grande
capacità di alleanze e di persuasione: la chiarezza della direzione di marcia
non dovrà mai trasformarsi in arroganza. E bisognerà resistere alle sirene
dell’opposizione, che lo spingono ad affrettare bottini elettorali destinati a
risultare poi inutili per governare. Questa, soprattutto, è la svolta cui Renzi
è chiamato. Fino a ieri la sua forza è consistita nell’essere all’opposizione
di tutto: del passato, della nomenklatura, dell’establishment . Da stamattina è
invece il capo del maggior partito di governo, chiamato a realizzare, e presto,
le cose tanto predicate. Sarà capace il sindaco di Firenze, nei due giorni alla
settimana che intende passare a Roma, di trasformarsi in un uomo di governo?
Per come è messo il nostro Paese, bisogna augurarselo
antonio Polito
Puntualmente..ogni
analisi di Polito soddisfa in pieno l’assiduo lettore dedito alle odierne questioni politiche.
Sulla qualità della politica della sinistra, dove il giornalista pone la differenza con una destra, non si può che essere d’accordo: la scalata di Renzi comprova più di ogni altra cosa..tali differenze! Inoltre si riscontreranno ben presto le estreme difficoltà del sindaco, nella differente posizione in cui dovrà essere in grado di dimostrare di saper costruire.
Io credo, però, che in questo articolo di fondo.. Polito sottovaluti un aspetto di
grande importanza e cioè.. quello della netta chiusura di Renzi ad ogni sistema
proporzionale che arresti il suo declamato bipolarismo. E..non è certo una questione di poco
conto.. dopo tutto ciò che si è generato in questi ultimi anni!. Non lo è di
certo dopo l’entrata in politica di un Movimento 5stelle che ha rotto il
monopolio del duopolismo.
Forse mi sbaglierò,.. ma temo che la sua spinta verso un acceso leaderismo, con l’uso di sistemi più
netti come il maggioritario, possano essergli stati utili solo in questa prima fase di opposizione…ma
diventeranno meno utili e persino un ostacolo.. nel momento di una operosa costruzione che dovrà, ovviamente, lasciare più spazio alle libere idee ed una certa moderazione.
vincenzo
Cacopardo