21 mag 2014

Personali considerazioni sul nuovo articolo di Domenico Cacopardo

di domenico Cacopardo
Quattro giorni al voto e l’Italia è percorsa dalla paura di un salto del buio senza rete, alimentata da un irresponsabile demagogo,  Beppe Grillo, personaggio tra il comico e il drammatico come ne abbiamo visti in passato.
C’è una sola risposta da dare ai timori ed è la risposta forte della riflessione e del ragionamento.
Se passeggiamo nel centro storico di una qualsiasi delle nostre città e ci guardiamo intorno, vediamo palazzi e opere d’arte unici, contesti urbani che testimoniano l’ingegno, la capacità tecnica e la voglia di rischiare che hanno caratterizzato gli imprenditori italiani. Se approfondiamo un poco, scopriamo che, per esempio, siamo stati all’avanguardia nella tecnologia nucleare, nella costruzione di dighe, porti, ponti e gallerie, e che lo siamo ancora in molti campi industriali, dall’alimentare al sanitario, passando per la meccanica di precisione.
Se poi osserviamo la vicenda “Criminalità mafiosa” in Campania, in Puglia, in Calabria e in Sicilia, constatiamo che sono migliaia gli uomini e le donne con la schiena dritta che l’hanno combattuta e la combattono a rischio della vita, ottenendo risultati definitivi in molte aree e in molti campi. Anche l’equazione mafia-politica è un teorema indimostrato perché, certo, ci sono politici collusi, ma la politica non è collusa, anche se fa comodo a tanti che la gente lo ritenga.
In qualche misura, è la società civile che, in molte zone, è collusa o è preda di una mentalità mafiosa (fenomeni in evidente calo) e, perciò, esprime politici incapaci di sceverare tra legalità e illegalità.
Insomma, nonostante il nichilismo in circolazione, la bassa speculazione quotidiana su episodi riprovevoli, ma mai tali da mettere in discussione il Paese, l’Italia è ancora in piedi e può percorrere la strada per uscire dalla crisi.
Per questo serio motivo, non possiamo abdicare al tentativo di “buttarla in vacca” con asserzioni demenziali, ascoltate in questi giorni come “Il giorno dopo le elezioni, che vinceremo, 1 milione di italiani andrà a Roma” (già sentita nel 1922), “Cacciamo Napolitano”, “Rivotiamo con il porcellum”, “Referendum contro l’euro”, “Salario sociale” e via discorrendo.
Chi ragiona capisce che si tratta di battute tragicomiche, alle quali occorre rispondere con il voto, dato che non votare è, oggi più che mai, pavida, colpevole diserzione, complicità con chi vuole distruggere l’Italia repubblicana e democratica. E, votando, ricorrere all’unico strumento di cui disponiamo: la ragione. La ragione che ci consente di analizzare le varie proposizioni e di scegliere quelle responsabili e realistiche. La ragione che ci consente di capire dove sono le battute, le volgarità e dov’è un disegno, una proposta.
Con la ragione, comprendiamo che abbiamo iniziato, tra mille difficoltà, un cammino di modifica dell’assetto istituzionale che renderà la nostra Nazione più e meglio governabile. E che il passo successivo, caduti i veti della Cgil, sarà quello di liberalizzare l’Italia, rimettendola non in cammino, ma in corsa sulla via della ripresa.
Con la ragione comprendiamo che ci vorrà tempo, ma che, come nella vita e nella storia non esistono scorciatoie, non ce ne sono nemmeno davanti a noi.
Certo ci sarebbe voluto al governo un personaggio autorevole, capace di rassicurare i ceti produttivi, non un giovanotto arrivista senza cultura politica ed economica.
Se ci guardiamo intorno, però, ci sono solo vecchi bolsi e incattiviti che guardano al passato e alle loro personali rivincite, nonostante i danni che ci hanno inferto.
Bene, dopo il terzo millennio, dopo i travagli della prima e della seconda Repubblica, siamo entrati nell’età della ragione. Usiamola, impedendo a un nuovo medio-evo di impadronirsi di noi.
 

IL SISTEMA: COME UN CAMPO DA RIARARE

Io parlerei più di equilibrio che di ragione!
Negli ultimi tempi, questa ragione.. tanto assimilata ad un cinico ed assoluto pragmatismo, ha avuto le sue notevoli responsabilità cancellando ogni ideale e trasformando la società in una realtà dove l’unica cosa che serve sembra essere il denaro e qualunque mezzo per potersene impossessare.

L’uso della ragione, declamata con giusta enfasi, dal cugino Mimmo, fa tanto pensare al personaggio storico Machiavelli che ostentando la sua mitica frase “il fine giustifica i mezzi” ha contribuito ad inculcare in modo negativo un principio che per certi versi ha condizionato l’intera società nel libero sfogo di una furbizia poco costruttiva.. se non utile ad un proprio tornaconto.
Fatta salva la storica concezione machiavellica che dovrebbe sapersi interpretare caso per caso attraverso un’attenta disamina, la politica ha comunque teso a muoversi di frequente e con prepotenza in questa comune logica, esaltando il fine e mortificandosi nell‘uso dei mezzi più disperati ed assurdi: La politica odierna sembra proprio ingabbiata in questa logica ricercando  più spesso un risultato finale e non tenendo in ben più alta considerazione i mezzi che vengono usati per lo svolgimento del suo compito.

Il fatto è che, al contrario di come possa vederla il cugino Domenico, oggi.. lo spazio alle idee, appare sempre più chiuso dall’inconscia paura di non determinare alcun riscontro positivo rispetto ad un mondo che tende a muoversi prevalentemente in direzione di severi principi razionali eliminando, in via preventiva, qualunque incognita ideativa o presupposto teorico… ed io credo che nel momento storico attuale,  forse anche a causa di una forte recessione mondiale, si sopravvive attraverso l’unica risorsa mentale della tangibilità e della concretezza, non  reagendo con la forza delle iniziative e delle idee ed è proprio questo che penalizza il giusto percorso della crescita di una società.

Le idee rimangono il disegno della mente e costituiscono un sapere interiore. Esse devono sicuramente rappresentare un modello assoluto di riferimento per la vita. Ma in un mondo come quello odierno, pare nessuno voglia muoversi attraverso queste rilevanti risorse del pensiero che sembrano le uniche capaci di spingere una positiva crescita ed, attraverso le quali, l’uomo potrà riuscire a sottrarsi alla propria sconfitta. Al contrario…assistiamo ad un diffondersi esagerato di regole che stabiliscono scelte razionali, sia sul piano economico che sul modello di vita sociale in generale, tanto spinte dal raziocinio, che finiscono sempre col soffocare qualunque impulso dettato dai pensieri e dalle idee. Dare spazio alle idee di ognuno non significa soltanto far crescere le persone, ma  far crescere un intero sistema.

Io credo che il periodo odierno somigli più a quello mazziniano….ad un passato che accendeva gli animi della politica verso la passione  …attraverso una nuova concezione storica che smentiva quella dei passati illuministi basata sulla capacità degli uomini di costruire e guidare la storia con la forza dalla ragione. La storia ci dice che dopo le vicende della rivoluzione Francese.. quei nobili fini s'infransero dinanzi alla realtà: Il secolo degli illuminati era infatti tramontato venendosi a determinare una ribellione dei singoli popoli in nome di un sentimento di nazionalità.  La concezione reazionaria contro cui Mazzini combatté strenuamente assunse un aspetto politico-religioso contro le insidie del razionalismo e di un eccessivo liberalismo. 

Con la figura e la stessa parola cristiana diffusa da Papa Francesco, sembriamo oggi rivivere l’onda di uno stesso periodo di ribellione. Al contrario della logica machiavellica, ancora in voga per l’eccessivo liberalismo ed il predominante pragmatismo, la visione politica  mazziniana, sebbene ideologica ed ormai passata, sembra stia prendendo il passo come una reazione che pare guidarci in direzione di una concezione progressiva ed un maggior benessere sociale.
Questa è la ragione per la quale sarà proprio l’equilibrio e non proprio la ragione a divenire indispensabile… come per ogni cambiamento storico.

Anch’io nutro fortissime perplessità sul Movimento di Grillo…perplessità e angosce che a differenza che su Renzi.. restano più concentrate nel metodo, ma non posso non manifestarne altrettante per ciò che riguarda nel merito il progamma di Renzi..ed allora..?
Se si vuole cambiare…bisogna avere la forza di affrontare i cambiamenti..di accettarli nel bene e nel male, anche contro noi stessi. Se altrimenti restiamo fermi e succubi delle regole imposte da un vecchio sistema, nulla cambierà mai.. qualunque ragione si possa imporre!

Concludo con una metafora che rende forza a questo mio pensiero:  
“Potremmo paragonare il sistema in cui viviamo e ci rapportiamo, ad un campo sul quale andrebbero coltivati i semi (nuove regole costituzionali - nuovo sistema politico). Il frutto dovrebbe essere quello della  “democrazia”. Ma se il campo è malato, arato male, senza un’attenta concimazione, il seme non crescerà mai bene ed il raccolto sarà inevitabilmente il frutto di tutto ciò: un raccolto guasto (ovvero una democrazia non definita), al quale si aggiungeranno i parassiti ( come la burocrazia) che divoreranno questo raccolto rendendo il campo una coltre ancora più desolata.
Il campo và ricomposto e preservato in modo da potervi ripiantare i nuovi semi per l’attesa e la crescita di un buon raccolto e per evitare l’arrivo di qualsiasi altro parassita.
Oggi il parassita della “burocrazia” regna sovrano in un Paese che soffre in concorrenza, crescita e funzionalità, la burocrazia sembra essere persino fomentata da chi gestisce potere politico: essa torna utile poiché, il disbrigo della stessa, rende ancora più forza a chi, il potere, lo gestisce. Se, a questa, aggiungiamo l’assoluto e dilagante pragmatismo delle rigide ed immutevoli istituzioni, allora l’uomo e la società continueranno a perdurare in una realtà simile a quella di un basso medioevo. Bisognerebbe, invece, spingersi verso un nuovo rinascimento, riarando il suddetto campo per l’attesa  del buon raccolto ed il rifiorire dei valori di una giusta democrazia. Nulla potrà mai inventarsi la politica, se non un cambiamento che possa partire dalla base e cioè dalla ricomposizione e la rifioritura del suddetto campo.”
vincenzo cacopardo



20 mag 2014

Grillo da Vespa..spettacolo e propositi



PIU’ IRONICO E SOBRIO…CHE SANGUINARIO
 di vincenzo cacopardo

Non c’è ombra del sanguinario e malefico uomo del male nello studio di Vespa, quando Grillo, ormai fuori dagli studi della Rai dal 1993, appare di fronte agli schermi. Forte delle innate capacità teatrali… camminando per lo studio e richiamando l’attenzione del pubblico. è apparso subito ironico e sobrio, ma sicuramente molto distante dal pericoloso personaggio che le forze politiche opposte vorrebbero far credere.
Il suo è sempre uno spettacolo: gli appellativi ai vari personaggi ( ebetino, gargamella, psiconano, rigor montis..etc) condiscono in modo ironico e divertente ogni suo dialogo politico che si esprime tra il serio ed il faceto..non stancando mai l’ascoltatore.   I suoi discorsi, sebbene con qualche eccezione in alcuni tratti, sono sembrati conseguenti ad una conoscenza tutt’altro che strampalata. Il confronto col giornalista è stato di sicuro ricco di spunti molto interessanti.
Dalla modifica della Costituzione attraverso un referendum propositivo, all’Europa con la quale bisogna confrontarsi con forza e determinazione..da un referendum (un po’ meno chiaro) sull’Euro..al bisogno reale di una onestà della politica..Dai fatti del Montepaschi che ha coinvolto 30.000 risparmiatori….a quelli dell’ultima vergogna dell’Expo..fino alle collusioni profonde col sistema di una certa criminalità legalizzata…e l’insorgenza dei nuovi volti della mafia costruiti dallo stesso sistema malato attraverso una politica tendente ad operare in complicità.
In riferimento allExpo, Grillo ha esordito dicendo che sarebbe stato meraviglioso, ma che si è persa un’occasione quando 22 milioni di persone che arrivano a Rho, trovano solo autostrade ed inceneritori. Il progetto doveva per lui essere quello di portare i visitatori in giro per l’Italia e non una mera speculazione cementizia di destra e di sinistra…E’ forse questa la visione di un fanatico sanguinario? ..Poi conclude il suo dialogo affermando che il voto del 25 maggio è un voto che ha una fortissima valenza politica..e questa dichiarazione la dice lunga sul fatto di come prepari le basi per una prossima campagna elettorale per le politiche sempre più vicina. L’unica nota stonata, ancorchè esagerata, è quella mossa con insistenza contro il nostro Capo dello Stato, reo di continuare ad assecondare un sistema,  ma che in realtà di responsabilità ne ha molto meno di quanto gliene si vogliano dare, essendo queste concentrate su una inadeguatezza dei Partiti sempre incapaci di utili riforme.

Grillo ha comunque toccato una lunga serie di argomenti dimostrando molta passionalità, ma non certamente brutale istigazione alla violenza. La sua estrema foga nell’esprimersi, il suo accalorarsi sul dialogo, offrono ai suoi avversari politici un continuo pretesto per ostacolarlo oltre ogni ragione, ma la sua non è nient’altro che una maniera espressiva che gli appartiene di natura.. per mettere con evidenza la lunga serie di anomalie appartenenti a questo sistema. A differenza di Renzi non si riscontra in lui alcuna ipocrisia subdola in merito alle avverse regole di un sistema da cambiare.

Tuttavia le sue soluzioni appaiono ancora un po’ confuse.. molte delle sue idee non sono ben definite e concluse… altre lasciano perplessi. Sembra che la sua marcia voglia proseguire passo dopo passo definendosi nel cammino. Ciò mette di sicuro ansia e paura ad una buona parte dei cittadini…soprattutto di classe agiata. Inoltre il suo modo di ricercare una democrazia diretta attraverso il sistema dei computer..e quella della ricerca della rappresentanza senza un vero dialogo di base tra di essi, pone moltissimi dubbi sulla formazione parlamentare:  Entrano da sconosciuti in ruoli delicati senza una congrua e stabilita conoscenza… persino tra essi .
Le perplessità rimangono sempre su una funzionale capacità governativa e di ricerca delle riforme in un sistema interno ad un movimento virtuale che si muove con troppo assolutismo sulla sua figura e quella del socio Casaleggio.. creando ancora molti dubbi.   






Nuovo articolo del consigliere Cacopardo su Milano Expo

di domenico Cacopardo
Sembra che un diavolo malvagio (cioè ancora più diavolo di quanto si possa pensare) decida ogni giorno di fornire argomenti a coloro che consideravano e considerano ‘Expo 2015’ una follia.
Ci si mette ora la distinta categoria dei tassisti milanesi scesi in guerra contro Uber. Di che si tratta? Si tratta di un’applicazione disponibile per i cellulari Apple e Android; con essa ci si connette a una centrale, si chiede un taxi, un’auto a noleggio con autista (NCA) o una limo di quelle lunghe dieci metri. Il sistema (in automatico) individua la posizione di chi chiama e del mezzo più vicino e comunica il costo del trasporto. Se si accetta, arriva il taxi e conduce a destinazione. Si scende e ci si allontana, lasciando al massimo una mancia per l’autista. Componente essenziale del sistema, infatti, è aprire un account Uber, collegato a una carta di credito. Il prezzo della corsa viene acquisito dalla centrale che, con periodicità breve, riversa ai tassisti quanto di loro competenza (tenendosi una modesta percentuale per le spese di gestione). Dove è stato adottato (36 paesi tra cui Cina, la Russia, il Sud-Africa e l’Unione europea), Uber ha migliorato il servizio agli utenti e incrementato i ricavi degli operatori.
Per gli operatori economici, è ormai diventato una componente essenziale della loro mobilità.​
Perché a Milano e in Italia tante resistenze?
C’è prima di tutto una percentuale infinitesima (o no?) di tassisti che imbroglia sui tassametri e sui percorsi. Con Uber non potranno più farlo. Questo, però, non è il caso di Milano, che è stata la capitale morale del Paese. Oggi ​sembra non esserlo più, come dimostrano le inchieste della Procura.
C’è poi un matematico rapporto tra ricavi e carico fiscale: insomma, non si può più evadere. E qui, probabilmente, è il punto chiave per capire quali ragioni inconfessabili stiano dietro all’inspiegabile rifiuto e all’eclatante dimostrazione di domenica.
C’è infine il dato, accertato ovunque funzioni Uber, dell’aumento dei ricavi per gli operatori del settore. Un aumento dei ricavi derivante dalla razionalizzazione di chiamate e corse che determina un aumento di lavoro per tutti. Non si può credere che ci si opponga all’aumento di lavoro, anche se, con le abitudini nazionali, potrebbe essere realistico pensarlo.
Immaginate Milano nell’Expo con o senza Uber. È evidente che non si può arrivare all’anno prossimo senza il nuovo sistema adottato, messo a punto e in funzione.
Hic Rodhus hic salta, dicevano i latini per fare intendere che non si può aggirare un problema. E questo è un problema da risolvere presto per non aggiungere a quelle esistenti altre perplessità tra coloro che intendono investire nell’esposizione di prodotti o che intendono venire a Milano l’anno prossimo per ammirare un evento mondiale.
Purtroppo, siamo in uno Stato sempre più forte con i deboli e sempre più debole con i forti.
In questo caso, l’Italia (giacché non c’è in gioco solo Milano, ma tutto il nostro sgangherato Paese) deve decidere e andare avanti. Anche per non confermare l’idea che ci stiamo allontanando dall’Europa e dell’Occidente per diventare una para-Argentina o un para-Venezuela in preda a un populismo distruttivo.
Un’unica chiosa finale: se questo accade a Milano, cosa accadrà a Roma o a Napoli, in cui la pregiata categoria interessata si distingue per civismo e disciplina?








19 mag 2014

Rabbia e ipocrisia di un falso cambiamento


di vincenzo cacopardo
Un po’ troppo ostentate le ultime dichiarazioni di Renzi contro il suo attuale avversario politico Grillo: Renzi ha perseverato sulla figura del leader del Movimento 5S, mettendola in risalto come quella di un comico dittatore. Il sindaco d’Italia ha poi affermato, in proposito ai recenti fatti dell’Expo, come un certo malcostume sia rimasto legato a scomode figure del passato che non appartengono più al suo Partito…(stigmatizzando il netto distacco con esse). Continuando poi.. con i soliti slogan a cui troppo spesso si aggrappa, ha messo in evidenza una ostentazione pari alla paura di poter essere sorpassato nei consensi dall’unico vero concorrente politico che oggi gli si oppone.
Ancora più farneticante è sembrato il commento di Berlusconi (ormai isolato nel suo percorso) sul comico di Bogliasco definito addirittura “un sanguinario”. In questa sua espressione più spropositata che ostentata.. si evidenzia tutto il panico di un uomo che ormai vive nel timore di non poter restare alla ribalta.. propagandando senza alcuna remora qualunque liquidazione dei prodotti di una certa “politica”: dalle dentiere..alle casalinghe, dai cani… alle pensioni minime a mille euro e tutto ciò che può essere utile al fine di attrarre consenso…Per il resto il vuoto!

Le offese contro Grillo ed il suo Movimento… fin troppo ostentate, non potranno che tornare indietro a favore dello stesso, il quale cavalcando il consenso della rabbia è sicuramente più attendibile nella marcia verso la rottura del sistema, ma assai meno per il futuro di un Paese che sembra non trovare altre strade più equilibrate…Ha comunque ragione a sostenere che oggi il suo movimento tende ad arginare ogni pericolosa deriva di violenza portata da quella stessa rabbia.

Ma a chi si deve dare conto..se non vi sono alternative? Grillo è l’emblema della rottura al sistema, ma non offre un futuro sicuro, attaccando in modo fin troppo pretestuoso la figura di Napolitano. Renzi rappresenta l’ipocrisia di un cambiamento costruito su un sistema che in realtà non intende cambiare. Berlusconi appartiene definitivamente al passato. I non votanti rappresentano il partito virtuale di coloro che non credono più a queste regole della politica.


In tutto questo bailamme una cosa sembra certa e la storia lo insegna: Prima o poi..la rabbia ha maggior possibilità di vincere su qualunque ipocrita cambiamento. 

17 mag 2014

GUARDARE ALL’ EFFETTO... PIU’ CHE AL PROGETTO


A differenza di tanti, io non sono così negativo sull’effetto che potrebbe scaturire da un successo del Movimento 5 Stelle, non perché sia con Grillo e Casaleggio (dei quali ho definito puntualmente l’assolutismo e l’autocrazia imperante in seno al loro movimento) ma perché credo che questa sorta di sfondamento delle spesse “mura di Gerico del sistema.. possa essere un’azione più utile al cambiamento: il difetto, in questa fase, forse sta nell’esigere da costoro un progetto preciso oltre alla più decisa azione di rottura.
Potrei filosoficamente aggiungere, attraverso una retorica diversa:- “per aspera ad astra”  (alle stelle attraverso le asperità) un motto che sta ad indicare che senza sacrifici non si realizzano gli ambiziosi traguardi. Ora…se quelli di Renzi e di coloro che lo hanno preceduto, possono apparire dei sacrifici, restano comunque sempre connessi ad un sistema che rimane costantemente immutato: Insomma ….se per realizzare un vero cambiamento occorrono sacrifici e se questi non sono utili al mutamento di un sistema ormai marcio ed antifunzionale come il nostro, io non avrò cambiato nulla, se..altrimenti ..il sacrificio comporterà un deciso cambiamento di rotta…allora avrò contribuito ad una vera metamorfosi…Quasi per tradizione..il nostro Paese resta  impaurito da questi forti cambiamenti, ma in parte affascinato dal nuovo che avanza..e questa è la ragione dei forti consensi!
Potrebbe apparire retorica, ma credo che l’opera del Movimento 5 Stelle debba essere vista solo in un’ottica innovativa per cambiare. Naturalmente una visione che desta paura perché qualsiasi mutamento pone dubbi e perplessità soprattutto quando si rischia di poter provocare danni assai maggiori in una società.
A tal proposito… penso che, in questa prima fase, lo sfondamento di un sistema malato come il nostro, potrebbe risvegliare (come del resto in parte ha già fatto) le coscienze ed il modo di agire di una vecchia Repubblica rimasta assonnata per un lungo periodo. Ma credo anche che subito dopo lo sfondamento, i nostri cittadini non lasceranno alcuno spazio.. se non ad azioni costruttive e ponderate, altrimenti l’effetto sarà quello di una rivoluzione.

Non voglio pensare che lo stesso Grillo, che vedo come una personalità sveglia (a prescindere dal suo modo di porsi) non intuisca questo e sia così poco intelligente da rischiare pericolose rivoluzioni violente che gli si ritornerebbero  indietro.. e sono più che convinto che il suo scopo sia quello di promuovere uno sfondamento di quelle “mura” attraverso azioni culturali e sociali.. più che materiali e violente. Questa è la ragione per la quale sono certo che il consenso al movimento sarà sempre più alto.. ma mai di maggioranza.

In fondo l’inserirsi in seno ad un Parlamento (sebbene con criteri molto discutibili sulle scelte dei rappresentanti e qualche scaramuccia in più del lecito all’interno della stessa Camera) rappresenta ancora un percorso consono ad ogni sistema di democrazia. Rimane il tono assoluto nei confronti degli iscritti al suo Movimento ed una democrazia interna poco chiara e meno definita di quella che viene ad evidenziarsi all’esterno. Ma questo resta un problema contenuto in seno al suo Movimento che potrà coinvolgere solo lui e la personalità degli adepti che vogliono farne parte.
vincenzo cacopardo    





Nuovo articolo di Domenico Cacopardo

LA DEMOCRAZIA, GLI EUROCRATI E IL FATTORE G
DI DOMENICO CACOPARDO
La reazione di Berlusconi e della sua Guardia, capeggiata da Renato Brunetta, è stata di facciata: la questione golpe, infatti, era già emersa da tempo e le recenti dichiarazioni dell’exsegretario al Tesoro americano, Thimoty Geithner ne sono state la conferma ufficiale.
Il problema va ben al di là del caso Berlusconi e del discusso ultimo suo mandato presidenziale cessato nel 2011 e investe direttamente l’Unione europea e quel Moloch che è la sua burocrazia. Occorrerebbe una reazione ferma delle istituzioni italiane, a partire da Giorgio Napolitano, tuttavia protagonista dietro le quinte nel delicato periodo del crollo della credibilità dell’Italia e del suo debito pubblico.
Anche perché il caso potrebbe ripetersi, e in qualche misura s’è ripetuto nei giorni scorsi con il rialzo dello spread, causato in gran parte dall’alleggerimento delle posizioni italiane in mano al sistema bancario tedesco.
E, se le sensazioni che circolano hanno qualche fondamento, anche Matteo Renzi non incontra il sostegno reale dell’estabilshment comunitario. Renzi (con il governo di pesi mosca, a parte Padoan, Poletti e Francheschini) come prima Berlusconi, infatti, mette in discussione la politica dell’Unione non sotto il profilo della eccessiva severità finanziaria, ma nel punto delicato dell’assenza di reale solidarietà nei nostri confronti. E questo alzare la testa non piace dopo i tempi di governanti italiani (da Amato a Ciampi a Prodi e a Monti) totalmente proni alla volontà dell’euroburocrazia: sia sulle ragioni di cambio lira-euro che su mille altri dossier in cui sono stati sacrificati gli interessi italiani. Ultimo il singolare ping-pong di dichiarazioni sulla questione immigrati che è esplosa in modo drammatico in questi ultimi mesi: gran parte della ragione di essa va individuata nella sconsiderata politica anglo-francese e americana nel Nord-Africa e in Medio Oriente, per una democratizzazione che è andata, nella realtà,  contro gli interessi italiani (effetto voluto) e a favore del terrorismo qaedista.
Bene fa, quindi, Renzi a tenere la schiena dritta a Bruxelles: non c’erano abituati, si vede.
Per converso c’è un elemento pratico nel cosiddetto golpe ed è l’inevitabile avvitarsi su se stesso di Berlusconi, dalle gioiose corna al vertice Ue, sino all’ultimo incontro di Nizza nel quale nessun capo di Stato ha accettato di essere fotografato con lui.
Purtroppo, la nostra democrazia è andata perdendo il senso della propria sostanza istituzionale e delle proprie obbligazioni all’estero (riparleremo del raccapricciante caso dei Marò) e in Italia: il voto palese su Genovese, dopo quello su Berlusconi, sono una evidente violazione dei regolamenti, tesi a impedire che sulle persone si voti in questo modo per
lasciare libertà di coscienza ai parlamentari che non debbono avere limiti di mandato, autodeterminandosi secondo scienza e coscienza.
Questo atto di abdicazione alla sostanza costituzionale, è stato perpetrato dal Pd per difendersi dal fattore G, Grillo cioè, l’eversore fascistoide che sta, col suo movimento-azienda personale condivisa con Goebbels-Casaleggio- giocando sulle difficoltà degli italiani per un folle progetto politico. Se si fosse votato a scrutinio segreto –era il pericolo tutt’altro che remoto- una parte consistente dei grillini avrebbe votato “No” all’arresto, attribuendo quei voti al Pd, in modo da consegnarlo a un immeritato (in questo caso) ludibrio popolare.
A braccia incrociate la maggioranza del Pd, nella speranza di un insuccesso del partito che travolgerebbe il boy-scout che lo guida con il governo, l’unica difesa della democrazia parlamentare rimane proprio Renzi, la cui grande pecca, in campagna elettorale, è l’insufficiente contestazione dei proponimenti dell’ex-comico genovese. Ma anche qui, è il fato, direbbe Shakespeare, che ha messo a capo dell’Italia una squadra di gente senza cultura né spessore politico.
I prossimi giorni (ormai poco più di una settimana) ci diranno di più.







16 mag 2014

Una recensione su un nuovo articolo di Domenico Cacopardo

MILANO SOTTOSOPRA 
di domenico cacopardo

È doloroso vedere Milano alla ribalta per una serie di vicende molto gravi, sotto il profilo morale e amministrativo. Vicende che seguono, a breve distanza il grande scandalo sanità.
Il fatto che si parli di un nuovo scandalo, significa che, per ragioni tutte da esplorare, i protagonisti hanno tranquillamente deciso di sfidare il fattore ‘giustizia’: nella loro percezione il rischio era marginale e, quindi, il gioco valeva la candela.
C’è poi il paradosso dell’assenza della grande borghesia (classe portante dello Stato liberal-democratico) lombarda sulla scena delle responsabilità istituzionali meneghine.
Del resto, non c’è una risposta ragionevole alla domanda: “Dov’è finita la borghesia italiana” (e, quindi quella milanese)?
È vero che il sindaco di Milano, benché militi a sinistra, è un alto borghese d’altri tempi, per propri e paterni meriti. Ma è anche vero che la sua sapienza giuridica non morde e che anche lui cade nella trappola della superficialità consentendo alla nomina di Alexander Pereira a Sovrintendente della Scala. Nessuno ha pensato ai possibili conflitti di interesse e, soprattutto, alla possibile disinvoltura di un affermato manager europeo rispetto a un problema del genere. Sarebbe bastato garantirsi contrattualmente. L’aspetto più sorprendente di questa insicurezza d’azione è il ricorso a esperti legali, quando il diritto amministrativo è una scienza compiuta nella quale è lecito confidare per risolvere in trasparenza le questioni più scabrose.
Allo stesso tempo, Milano è devastata dallo scandalo Expo, non proprio inatteso, dato lo stile piuttosto disinvolto con il quale in Lombardia si sono affrontati i problemi di assetto del territorio, tra immobiliaristi in regime di monopolio, nuove autostrade dalle strutture contrattuali labirintiche (con privative definite negli atti costitutivi a favore di qualche studio professionale), e un progetto come l’Expo in perenne difetto di ossigeno per ritardi, che, ora è tutto chiaro, sono stati scientemente cercati per ricorrere alle scappatoie più azzardate.
Tutto avviene mentre risuona l’eco, citata, del pasticcio sanità.
C’è poi il caso di Berlusconi, conferma pratica, inoppugnabile, della diserzione della grande borghesia lombarda rispetto al governo del Paese, acchiappato proprio da lui, outsider improbabile, disinvolto nella vita pubblica e in quella privata, capace di farsi organizzare festini a sfondo erotico nella propria casa da solerti procacciatori di escort.
Infine, l’incredibile scontro nella Procura milanese, nel quale, a pelle, hanno tutti torto, coloro che sono al potere e coloro che lo subiscono, questo potere, e invocano presunte parzialità e sopraffazioni in via di accertamento da parte del Csm.
Dimentichi del dovere di tutelare il prestigio conquistato (ancorché, poi dissipato), i magistrati della Procura (come accaduto così spesso altrove) si azzannano come i capponi di Renzo Tramaglino per Azzeccagarbugli, mentre il vento impetuoso degli scandali in corso, e le ultime folate di quelli già accaduti spazzano le stanze del potere milanese.
Amaramente, occorre ricordare che è facile salvarsi l’anima gettando la croce addosso ai politici, quando la responsabilità è collettiva e coinvolge il rapporto dell’italiano con la norma, si tratti di scopiazzare il compito a scuola, di devastare le città per lottare contro la Tav, di bloccare –nello stile sudamericano- un’autostrada o di non pagare le tasse.
Non c’è che dire basta, invocando non l’uomo forte, ma il risveglio d’una coscienza generale che pretenda il rispetto della legge da parte degli amministratori, anche quando non è gradita, da parte delle autorità di Polizia, in disarmo rispetto alla microcriminalità che tanto colpisce i ceti più deboli della popolazione, da parte, insomma, di tutti coloro che hanno deciso, in mancanza d’altro, di lavorare nel pubblico impiego senza l’orgoglio di servire i loro concittadini con professionalità e moralità.
Un vano auspicio? Può darsi. È la mozione dell’onore, quello a cui così spesso si rinuncia, che deve essere ripresa e posta come precondizione di qualsiasi ragionamento.
  


Persino azzeccato l'esempio promosso da Domenico, in riferimento ai vertici della Scala che continua a infiammare la politica, quando proprio il sindaco di Milano ha teso a dimenticare.. con una certa superficialità.. i possibili conflitti col neo manager austriaco.
Quella borghesia sana a cui fa riferimento Domenico (classe portante dello Stato) è ormai scomparsa, non solo a Milano ma tutto il Paese. Non credo vi siano colpe precise ma, come mette in evidenza con stile e profondità Domenico, responsabilità legate ad una mentalità che in questo ventennio si è aggravata toccando una gran parte della classe politica venuta fuori assai improvvisata anche per le responsabilità di un certo berlusconismo che ha segnato il passo sull’onda di un liberismo senza controllo. Questa mentalità ha contribuito alla fuoriuscita di una classe borghese che, ricca di un patrimonio culturale, avrebbe potuto contribuire positivamente a beneficio dell’intera società: Un certo provincialismo e il forte peso del denaro.. hanno concorso all’eliminazione di una grandissima parte di questo utile patrimonio intellettuale.
Se dobbiamo dirla in modo completo, tutto ciò resta aggravato da una mancanza di vere riforme..(sia che si tratti di politica o di magistratura… di CSM o di Partiti). Riforme che.. solo chi aveva un solido bagaglio culturale forte e solido…avrebbe potuto portare avanti. L’avvento del ventennio berlusconiano…in aggiunta ad un esasperato pragmatismo spinto dall’assoluto materialismo, ha distorto quei valori che ancora sorreggevano la nostra società.
Se a Milano.. come in tutto il Paese.. è venuta a mancare quella buona classe borghese forte di una istruzione e di una educazione al rispetto sociale, la colpa è sicuramente di quel sistema  che ha favorito una mentalità malata e senza equililibrio.
Oggi è proprio l’equilibrio che può salvarci..un equilibrio che possa far riflettere su quanto importanti siano i valori di una società che sembra dimenticarli giorno per giorno: una sana borghesia avrebbe di certo favorito una migliore convivenza attraverso il sostentamento dei valori più importanti.

Oggi l’EXPO ha sicuramente aperto un’altra porta a Grillo e a chi come il suo popolo (se pur fanatico ed estremo) si sente così poco rappresentato dalla politica. Un popolo che oggi si affida più alla rabbia che alla speranza, proprio in mancanza di chi, da un altro lato, non offre ricerca di equilibrio, ma solo futili speranze spinte da figure dominanti forti di ulteriori comunicazioni basate su slogan.
vincenzo cacopardo

15 mag 2014

Europee: la via libera di Grillo


L’EXPO… apre la strada al Movimento 5S



di vincenzo cacopardo
Le elezioni per il rinnovo dei parlamentari europei sono alle porte e dopo i recenti fatti accaduti per gli appalti dell’EXPO, il consenso verso il movimento di Grillo pare marciare spedito oltre ogni previsione.
A parer mio Grillo non prenderà meno del 30% dei voti per le europee…staccandosi solo di qualche punto dal PD e se questo potrà servire come spinta al fine di spronare un cambiamento più forte e deciso…mettendo ancora più alla prova dei fatti Matteo Renzi, potrebbe anche essere un bene che avvenga.

Al di là di ogni giudizio negativo che si possa dare ad un Movimento tanto autarchico..quanto approssimativo nel metodo e nella scelta dei suoi rappresentanti, trattandosi nella fattispecie di elezioni europee e non politiche nazionali, anche se Grillo riuscisse a superare in percentuale il Partito Democratico, ciò non influirebbe sulla governabilità che, come tutti possiamo immaginare, resterà salda nelle mani del sindaco d’Italia. Ma sicuramente questo indurrà ad una più immediata verifica attraverso il voto delle politiche nel nostro Paese, subito dopo il semestre europeo.
Possiamo ben comprendere che per quello che riguarda una competizione elettorale europea, il cittadino può porsi meno indugi sul voto..rendendogli meno obbligata ogni scelta. Una scelta che oggi sembra basarsi più sulla rabbia dettata dallo stesso Grillo che sulla speranza fievole posta dalla comunicazione per slogan del premier Renzi…

Il voto europeo, quindi, potrebbe descrivere tutta la rabbia di un Paese che ormai mal sopporta ogni figura politica. Potrà rappresentare una libera irritazione del cittadino senza particolari preoccupazioni… dato che la sua espressione, non incidendo nell’immediato su un proprio contesto governativo, potrà solo servire come campanello d’allarme per il semestre europeo a guida Italiana. 

Ma potrà anche rappresentare l'inizio di una vera rivoluzione politica culturale.

In questi giorni i noti fatti riportati dalla cronaca sulle corruzioni legate agli appalti EXPO..ci hanno fatto ritornare indietro di oltre vent’anni. Non può..quindi..sottacersi l’ impatto dirompente che può avere provocato sull’intera società, danneggiando ulteriormente la classe politica che…attraverso la figura carismatica di Renzi, sembrava poter sognare un ritorno alla legalità.
Nel bene o nel male Renzi rappresenta sempre una costola del PD ed al di là di ogni riserva divulgata dal suo Partito, che continua ad additare i responsabili come millantatori o schegge impazzite con cui non si dialoga più, difficilmente i cittadini riusciranno a perdonare dividendo i buoni dai cattivi o gli onesti dai disonesti…come con maggior fatica potranno non pensare che vi possano essere legami sottobanco con una certa politica attuale.

Quello che risulta chiaro è che il Movimento di Grillo…non avendo mai legato con costoro, ha evitato di potersi sporcare le mani.. e questo è ciò che più conta per chi si appresta a dare un consenso e persino per chi, fino a poco tempo fa, pensava di non voler esprimere alcun voto.  

Una nota avversa si deve anche esprimere verso chi continua ad urlare contro una magistratura politicizzata che per l’occasione ha sicuramente avuto ancora il merito di tirare fuori il marcio tuttora esistente in una politica che sembra dimenticare la sofferenza di una grande parte di quel popolo onesto che merita rispetto.


Una nota del Consigliere Cacopardo su "concertazione e consenso"

In questo contraddittorio avvio della nuova fase repubblicana, caratterizzato dalla conquista del potere da parte di un giovanissimo leader come Matteo Renzi, ci sono vari spunti positivi per il futuro del Paese, insieme a segnali preoccupanti sul personale di governo.
In positivo, va sottolineato il rifiuto del metodo della concertazione, una specie di tabù che aveva improntato l’azione del centro-sinistra e, in qualche modo, anche alcune fasi dei governi Berlusconi.
Molti ricordano l’esegesi della concertazione più volte effettuata dal quel presunto padre della Patria che risponde al nome di Carlo Azeglio Ciampi, dopo una delle tante ammucchiate di sindacati e governo nelle quali si decideva tutto e non si realizzava nulla.
C’è un robusto canapo che lega il metodo della concertazione ai peggiori vizi nazionali, primo fra tutti quella corruzione di cui periodicamente esplodono gli epifenomeni. È il canapo che, brutalmente, possiamo chiamare ricatto.
Tutto nasce durante la prima Repubblica nella quale la Democrazia Cristiana presidiava il governo e il Partito comunista il sindacato, la cooperazione rossa, oltre al proprio elettorato e, strada facendo, una cintura di regioni rosse senza sì e senza ma (Emilia Romagna, Umbria e Toscana). Accadeva, quindi, nel mezzo dello scontro politico frontale, che l’Italia fosse impegnata nella realizzazione di qualche grande opera, nella quale, secondo una proporzione definita, era prevista la partecipazione delle cooperative di produzione e lavoro emiliane (le altre, a quei tempi, non esistevano).
Con queste intese sotto banco, venne realizzato il sistema autostradale e la ferrovia veloce Firenze-Roma, voluta dal ministro Mariotti, un personaggio a torto dimenticato, visto che fu anche l’autore della prima riforma sanitaria con l’introduzione del Servizio sanitario nazionale.
In questo modo vennero realizzate le autostrade siciliane, con un patto con il mondo cooperativo dagli effetti devastanti sul medesimo Pci isolano. Tanto che Roma inviò Pio La Torre con l’incarico di recidere i relativi sotterranei legami economici: e questa, per chi sa, sarebbe la ragione del suo assassinio, a opera della mafia fortemente interessata al sistema delle imprese di costruzione e, pertanto, ai rapporti di alleanza con la medesima cooperazione.
Un grande sacco avvenne dopo il terremoto di Napoli e della Campania del novembre 1980. Per la gestione della ricostruzione, sindaco di Napoli Valenzi del Pci, si costituì un tavolo informale al quale partecipavano Dc, Pci, Psi (che rappresentava anche gli interessi del Psdi) e Pli. Questa cupola politica emerse chiaramente nelle successive inchieste giudiziarie, risparmiando solo, pour cause, il Pci, il cui leader locale, Bassolino​, continuò a imperversare indisturbato su Napoli e la Campania.
È in questi pactasceleris che nasce la propensione generale a utilizzare la concertazione e il consenso come occasioni di un ricatto surrettizio che allargò il proprio perimetro mano a mano che entravano in scena nuovi soggetti, dai Verdi a tutti gli altri. Ed è in questi pactasceleris  che si fondano tante relazioni illegali della seconda Repubblica, tanti accordi sottobanco tra la destra e la sinistra, mediante il mondo della cooperazione.
Per uscirne, occorre proseguire sulla strada delle autonome decisioni delineata da Matteo Renzi e combattuta da tanta parte del Pd (lucro cessante) e da alcuni vegliardi autonominatisi protettori dell’Italia.
Comunque, a parte Renzi, il mondo va avanti e così va avanti la coscienza degli italiani: sarà difficile tornare indietro riesumando le vecchie logore ipocrisie.  
domenico Cacopardo 


13 mag 2014

Breve commento al recente articolo di Domenico Cacopardo sull'Expo di Milano

di domenico cacopardo
Nel momento in cui il magistrato Raffaele Cantone sta per assumere il ruolo di supervisore anticorruzione dell’Expo di Milano, ci sembra utile fornirgli un breve pro-memoria.
Le fasi critiche dell’appalto pubblico sono due: l’affidamento e la gestione. L’affidamento avviene dopo una procedura complessa, stabilita dalla legge in attuazione di normative comunitarie. Non si tratta di qualcosa di inattaccabile come si vuol fare credere. Si tratta, invece, di un modo raffinato per consentire accordi tra imprese (turbativa d’asta) con o senza la collaborazione della burocrazia. L’unico rimedio è adottare anche in Italia il sistema in uso nelle gare internazionali: i partecipanti debbono dimostrare prima di tutto la capacità finanziaria prestando cauzione per il valore dell’intera opera. Da noi non si fa così: la garanzia viene prestata su una frazione di opera, calcolata sull’importo di uno stato di avanzamento o su una percentuale modesta dell’intero importo. Questo significa che se io posso garantire complessivamente 100 milioni di euro, col nostro sistema posso concorrere ed assumere, per esempio, 10 appalti da 100 milioni di euro prestando 10 cauzioni da 10 milioni (10% di ogni appalto). È evidente l’interesse a partecipare a più gare assumendo un impegno di garanzia modesto per negoziare con i concorrenti spartizioni illegali di lavori. C’è un modo per impedire la truffa: aggiudicare al massimo ribasso. Si dice: “Ma c’è il pericolo che il vincitore non realizzi i lavori conquistati con un ribasso eccessivo.” La risposta è semplice: il vincitore, appunto, deve garantire tutta l’opera (del resto se a una ferrovia manca un metro, un solo metro, se ne rende impossibile l’utilizzo).
Così l’aborrito (e si capisce il perché) massimo ribasso diventa una scelta prima che amministrativa, morale.
In sede di affidamento dei lavori c’è un'altra via per sfuggire alla legge: aspettare. Aspettare sino a quando l’urgenza diventa tale da impedire una regolare gara d’appalto, costringendo la stazione appaltante alla trattativa privata o a procedure abbreviate, naturalmente opache.
È inutile illudersi: il Parlamento, quando si è occupato di questi problemi, ha subito volentieri le pressioni delle varie categorie industriali coinvolte, tutte terrorizzate dall’idea che il mercato degli appalti pubblici sia effettivamente liberalizzato e preda, quindi, della libera concorrenza.
La gestione dell’esecuzione dei lavori è un percorso pieno di trabocchetti per lo Stato: non per le imprese e per i funzionari pubblici infedeli. Per essi è una miniera di opportunità: varianti in corso d’opera; varianti suppletive; riserve; revisioni dei prezzi; impossibilità sopravvenute (per esempio la cava indicata nel capitolato improvvisamente si esaurisce).
Tutta una casistica raffinata che viene immaginata durante la fase progettuale in modo che i capitolati contengano, a presunta tutela delle amministrazioni, quelle clausole che, poi, diventeranno la sorgente di incrementi di prezzo gestiti dalla burocrazia.
La questione è di sistema: con l’entrata in scena delle regioni e l’abolizione del Genio civile, non ci sono più capacità progettuali dirette nei vari settori pubblici. Ci si dovrebbe rivolgere, perciò, a liberi professionisti, molto costosi. Di fatto, si preferisce rivolgersi all’impresa A che provvede con i suoi tecnici a fornire un progetto su cui il funzionario responsabile appone la propria firma dichiarandolo frutto del proprio ingegno. Come ci si disobbliga? Truccando la gara in modo che la ditta A che ha fornito il progetto (nel quale sono inserite tutte le magagne che diventeranno soldi contanti) si ristori delle spese sostenute.
Qui una soluzione s’era trovata, introducendo, con la legge finanziaria del 1986, il “prezzo chiuso”, che rendeva impossibile ogni variazione di costo.
Ma i pubblici poteri si rifiutarono di adottarlo, ottenendo, addirittura, pareri e decisioni di organi costituzionali sulla sua inapplicabilità.
Il dottor Cantone, che è magistrato e, quindi, sa di legge, avrà dinanzi a sé un compito difficile, ma non impossibile.
A condizione che non soccomba all’urgenza che gli sarà rappresentata in ogni istante.



Con prontezza, professionalità e competenza, Domenico ci dà un quadro esatto sulla materia degli appalti, stimolando il magistrato preposto a non soccombere alle possibili problematiche di urgenza. Il cugino, con altrettanta lucidità, espone le due fasi critiche dell’appalto pubblico…ossia quella dell’affidamento e quella della gestione.
In riferimento alla prima, stabilita dalla legge in attuazione di normative comunitarie, mette in evidenza l’insensata illogicità delle garanzie per le cauzioni da prestare ..le quali, fin troppo basse, contribuiscono anche al gioco delle spartizioni illegali dei lavori. Per quanto riguarda la gestione, è fin troppo evidente che la teoria del ribasso eccessivo, non potrà che continuare ad arrecare problemi per la stessa qualità del lavoro da eseguire, favorendo ugualmente altrettanti pasticci  e turbative .
Non essendo il sottoscritto competente in materia quanto può invece esserlo il cugino Domenico, mi domando però..  perché si sia abbandonata la formula dell’appalto concorso che.. nel merito.. per l’entità e la stessa qualità di alcuni lavori.. potrebbe essere ripresa e riadattata.
In una visione più equilibrata, anche al fine di abolire imbrogli e  turbative molto diffuse, si potrebbe ricorrere all’appalto concorso.. ricercando ulteriori nuove formule in grado di separare la fase tecnica dell’engeenering da quella prettamente esecutiva: Una ditta che vince l’appalto potrà garantire la fase tecnica ingegnerisitica di propria competenza, ma affidare precisi sub appalti a ditte specializzate (elettriche- idrauliche-opere civili..etc)
Separazione di competenze per una maggiore qualità, ma anche gare competitive che potrebbe garantire progetti attraverso una maggiore idoneità e più idee.

vincenzo cacopardo