22 set 2014

Un commento al nuovo articolo del consigliere Cacopardo sull'art.18 e sul lavoro



Finalmente si fa sul serio... 

Si è passati dalle chiacchiere al primo vero e sostanziale «show down» sulla questione «madre» di tutte le riforme, l’art. 18 dello Statuto dei lavori che prevede il reintegro del lavoratore licenziato senza giusta causa.

Merito di Ichino e Sacconi, due veri esperti che affondano le loro radici culturali e politiche nel bel mezzo della prima Repubblica e, tuttavia, protagonisti di quella che sarà la prima vera modernizzazione del mercato del lavoro.

Già, l’art. 18, approvato nel pieno di una stagione industriale non ancora toccata dai segni della crisi, aveva una ragione politica precisa. Qual era o poteva essere la causa di un licenziamento, a parte la discriminazione? E quale una giusta causa? Il punto era ed è proprio questo. La giusta causa non poteva essere che lo scarso rendimento e qualche mancanza disciplinare. Sfido chiunque a provare (anche con testimonianze orali) qualcosa del genere. Quindi, era la garanzia che l’azienda –che non licenzia i lavoratori solerti e capaci- non licenziasse chi esercitava attività politiche e sindacali nella fabbrica. In sostanza, una tutela contro il licenziamento di comunisti (considerati i nemici e sabotatori del capitale) e sindacalisti della stessa area.

Ora che i comunisti non ci sono più, che il sindacato, anche la Cgil, rappresenta soprattutto pensionati, ora che la crisi trasferisce il potere dai Comitati di base all’impresa, l’art. 18 è diventato un archeologico residuo di una stagione morta e sepolta. Anche se, dal suo inserimento nello Statuto dei lavoratori, questo articolo ha avuto sovente, troppo sovente, un’applicazione giudiziaria fondamentalista, che non aveva alcun riguardo alle condizioni e alle esigenze aziendali.

L’art. 18 è la norma cui si appellò Michele Santoro per ottenere per via giudiziaria il proprio reintegro nella Rai, nel medesimo ruolo e con la medesima retribuzione di prima.

Alla fine, il «premier» chiacchierone dalle promesse facili, si è trovato davanti al primo vero e sostanziale bivio: riformare o no il mercato del lavoro a partire dall’unica norma che lo tiene bloccato.

Ha scelto di riformare e, come d’incanto, si è ritrovata contro la coalizione che da trentacinque anni si oppone a qualsiasi modernizzazione del Paese. Sullo stesso versante le anziane «vedove della Repubblica», capeggiate da Stefano Rodotà, a seguire, la Cgil (la gentile Camusso, capo dei resti dell’armata sindacale, dichiara che, più o meno «Renzi è come la Tatcher». Non si rende conto, la poveretta, che in questo modo fa il miglior complimento possibile allo scout fiorentino. E che la prosperità dell’Inghilterra è fondata proprio sul rigoroso risanamento tatcheriano) e alcuni settori dell’exPci, capeggiati da Pierluigi Bersani (e le sue esternazioni di questi giorni rendono l’idea di quali guai avrebbe portato all’Italia un suo governo) e dal grande pensatore Civati, settori della magistratura, pronta a presentare il conto di qualsiasi iniziativa sgradita al partito dei Pm e le aree giustizialiste (il giustizialismo è malattia infantile della conservazione). Tutto iniziò sul finire degli anni ’70, contro Craxi e le sue idee di governabilità e di repubblica funzionante. E proseguì, trovando il terreno più fertile mai incontrato, con Berlusconi.

Oggi, più o meno, sono gli stessi. Vedono svanire il loro potere di interdizione e di condizionamento del Paese. Vedono svanire le loro rendite di posizione. Si vedono costretti a nuotare nel vasto e pericoloso mare della competitività.

Basterebbe questa riforma (il contratto a tutele crescenti) a caratterizzare come riformista un governo. Aspettiamo di vedere le nuove norme che saranno emanate in forma di decreto delegato, mentre oggi è in discussione la legge di delega. Ma, a questo punto, siamo confortati da un po’ di fiducia.

Diceva Talleyrand che in politica contano le parole. In qualche modo, i toni e le parole innovativi di Matteo Renzi l’hanno costretto a iniziare a fare le cose che aveva promesso.

Se proseguirà su questa strada, l’Italia solleverà il capo e riprenderà la marcia





Non so se adesso si faccia davvero sul serio come crede Domenico Cacopardo....sta di fatto che tutta questa storia dell'articolo 18 sembra estremamente ingrandita rispetto ai problemi del lavoro esistenti. 

Ha ragione Domenico quando esprime il suo pensiero circa una giusta causa e ponendola come “scarso rendimento e qualche mancanza disciplinare”... quindi, “la garanzia affinchè un’azienda che non licenzia i lavoratori solerti e capaci... non licenziasse chi esercitava attività politiche e sindacali nella fabbrica”. 

Sappiamo però che.. nel contesto odierno.. non è facile valutare il rapporto dei dipendenti di un'azienda in simile modo...Tutto ciò che afferma in questo articolo il consigliere Cacopardo è perciò giusto..ma rimane sempre ancorato ad un rapporto di lavoro costruito nel tempo. Un rapporto che potrà forse aiutare nell'investimento di queste aziende in cui si applica l'articolo 18 ...ma non certamente nella nuova crescita innovativa di cui il Paese ha bisogno... il quale necessita proprio di nuovo lavoro.. più che di regole sul lavoro.

Insomma... il vero problema di un Paese come il nostro..non può essere solo il rapporto di lavoro...poichè è proprio il lavoro che manca! Credo che se le aziende oggi licenziano.. è soprattutto per la mancanza delle commesse e di una produzione che penalizza quantitativamente i fatturati. ..Il problema sta nel fatto che siamo ancorati ad una visione industriale che deve cambiare nei termini e nella stessa tipologia della produzione...un sistema industriale che non può più pensare di entrare in concorrenza con altri Paesi il cui costo del lavoro è estremamente più basso: il nostro Paese deve investire attraverso nuove intraprese sul principio inimitabile della qualità e dell'innovazione.. qualità alta ed innovazione particolare.. che possano meglio metterlo in concorrenza con altri.

Meno importerà quindi se vi sarà o no un articolo 18 nel futuro...poichè il vero problema sta nell'inventarsi nuove ed innovative produzioni. 
In questa logica non sembra apprezzabile il lavoro svolto fin qui dal governo Renzi che, preoccupandosi fin troppo delle regole tra il lavoratore e le aziende...pare trascurare quello più importante di spingere ed incoraggiare nuove iniziative... attraverso il credito e le opportune regole della fiscalità... 
vincenzo cacopardo



vincenzo cacopardo

19 set 2014

Il Nazareno...il nuovo spazio delle decisioni...


...nell'immobilismo dei Partiti   di vincenzo cacopardo

Dietro le parole “ i patti vanno rispettati” Berlusconi conferma la volontà di una accelerazione sulla legge elettorale!
Questa storia dei “patti” suona tanto come un'operazione di stampo quasi massonico a cui una gran parte dei cittadini non fa caso, ma che dovrebbe in sè stupire....Sorprende perchè rimane davvero singolare, oltre che fuori da ogni logica politica istituzionale, che un patto detto del “Nazareno” possa condizionare e costringere il futuro della politica del Paese in questa modalità. Il solo concetto di “patto” edificato e concluso in una racchiusa camera di un edificio.. fa tanto pensare a quanto i partiti oggi restino inesistenti nella loro vera funzione di ricerca...fa pensare all'immobilismo di una figura, seppur saggia, come il Presidente Napolitano...Non esiste più una costituente... un'assemblea composta da membri capaci come una volta di affrontare le tematiche legate alla costituzione secondo i canoni di un vero funzionamento del sistema democratico...e quindi ci si riduce ai "patti"fra leaders...

Tutto questo oggi appare... invero.. come una sorta di complice intesa, una intesa di comodo per raggiungere un preciso potere ..ostacolando la strada più corretta di un percorso che si deve nel rispetto dei cittadini.

Renzi e Berlusconi persistono in questo processo di costruzione delle riforme a dispetto di ogni deontologia politica ed in barba agli stessi Partiti....

Il giornalista Gino Marra, parlando del passato di Renzi scrive ..”essendo stato chiamato dal solito elettorato con il prosciutto sugli occhi a sostituire il peggiore e più odiato Sindaco che Firenze abbia mai avuto (quel Leonardo Domenici che, come premio per i suoi fallimenti, è stato mandato al Parlamento Europeo), era inevitabile che qualcosa di buono dovesse pur farlo. Ma, a parte aver evitato lo scempio del passaggio di un tram delle dimensioni di un Eurostar da Piazza del Duomo e aver ripavimentato alcune strade del centro, l’ex “ragazzo prodigio” ha utilizzato sapientemente Firenze come palcoscenico per proporsi alle masse come il volto nuovo, come una sorta di messia destinato a cambiare l’Italia, come un nuovo ed ennesimo “salvatore della Patria”. Marra quindi prosegue: a noi non interessa il pettegolezzo...Quello lo lasciamo volentieri a Marco Travaglio e ad altri. A noi interessa che la gente apra gli occhi sulla verità, sul grande inganno nel quale siamo immersi fino al collo. A noi interessa constatare e far capire quella che è ormai un’evidenza: Matteo Renzi è un massone figlio di massoni!
Non ci interessa il fatto che magari non si trovino le prove di un suo effettivo “tesseramento”, di una sua affiliazione a qualche loggia. Renzi è l’espressione più diretta ed immediata di quella culturalità massonica di cui si servono i grandi burattinai del potere occulto per agire indisturbati ai danni della società. Questa massonicità lo investe come individuo, come parte integrante di un contesto politico di potere e come espressione di una cultura che è e resta prettamente massonica.Questa è l’idea che mi sono fatto personalmente di Matteo Renzi, un personaggio abilmente costruito a tavolino e curato nei minimi dettagli per quanto riguarda il look, la gestualità, il tenore e il contenuto dei discorsi, tanto che, nonostante risulti agli occhi dei più attenti una squallida scopiazzatura di Barak Obama, sta trovando sempre maggiori consensi sia fra un elettorato di sinistra ormai senza bussola e senza identità, sia fra l’elettorato di un centro-destra fiaccato da vent’anni di Berlusconismo e di promesse non mantenute.”

Al di là dell'immagine che voglia darsi al nuovo sindaco d'Italia, quello del Nazareno.. appare come il nuovo capitolo di una farsa della solita politica all'italiana...dove due personaggi, simili nel loro determinismo ed in quella loro cultura di grandi burattinai del potere...si chiudono in una tranquilla camera di un palazzo definendo il futuro politico di una società ormai a pezzi....Il tutto nell'immobilismo totale dei Partiti che appaiono sempre più confusi ed inerti rispetto al compito ed al rispetto che si deve ai propri elettori.




18 set 2014

Una nota al nuovo editoriale di Antonio Polito


I sotterranei della democrazia...visti da antonio Polito
Sta per chiudersi nel nostro Paese una lunga era cominciata negli Anni 70 e segnata dall’espansione della democrazia elettiva, intesa come forma di partecipazione popolare alla gestione della cosa pubblica. Su impulso specialmente del Pci, che vi vedeva un inveramento della Costituzione (il Centro per la riforma dello Stato di Ingrao ne fu il laboratorio teorico), dalle Regioni fino ai Consigli di Istituto, passando per i Consigli circoscrizionali nelle città, abbiamo da allora eletto una pletora di livelli di autogoverno, producendo forse più democrazia di quanta fossimo in grado di consumare.
La sbornia è stata tale che prima o poi il pendolo della storia doveva cambiare verso. E infatti dal 28 settembre al 12 ottobre si terrà in tutt’Italia la prima tornata di elezioni indirette per 64 assemblee provinciali e 8 città metropolitane. Sarà dunque l’esordio di una democrazia di secondo grado (sperando che non sia tale anche per qualità) che dovrebbe culminare con l’elezione indiretta dello stesso Senato, e cioè di un’assemblea legislativa.
Quale sia l’obiettivo di questo cambiamento e perché sia popolare, è facile da capire: si tratta di spoliticizzare istituzioni finora dominate dai partiti e di sfrondarle (da 2.500 consiglieri si passerà a meno di mille, e senza indennità). Invece che dai cittadini, i membri delle nuove assemblee e i loro presidenti saranno scelti dai consiglieri comunali e dai sindaci, con un voto ponderato in base alla popolazione che rappresentano. Però, come tutte le volte che si cerca di cacciare la politica dalla democrazia, c’è il rischio che quella si vendichi rientrando dalla finestra.
È ciò che sta accadendo in queste ore. È tutto un fiorire di trattative, spesso segrete, alcune già chiuse, altre riaperte, per dar vita ad alleanze contro natura tra partiti che di solito si combattono, o fingono di farlo, pur di assicurare un posto a tutti.
La più scabrosa è saltata proprio ieri, quando Pizzarotti ha dovuto rinunciare a guidare un listone unico tra Pd e M5S a Parma, a causa dell’opposizione di Grillo. Ma in altri territori il dialogo prosegue e non mancano, soprattutto al Sud, scambi di effusioni tra Pd e Forza Italia (anche se questi, dopo il patto del Nazareno, sono ormai meno innaturali). Spesso queste alleanze scatenano lotte interne ai partiti, come è accaduto in Puglia, dove Emiliano ha dovuto sconfessare l’intesa raggiunta dal Pd con i berlusconiani a Taranto e Brindisi, per non compromettere le sue primarie alla Regione.
Il rischio vero, insomma, è che una riforma che punta a cacciare i partiti dal tempio della cosa pubblica si trasformi in una fase più proterva della lottizzazione partitica (alle Province restano per ora rilevanti poteri e capacità di spesa), con spartizioni di nomi e di cariche decise in stanze chiuse al pubblico, e senza neanche avere più sul collo la spada di Damocle del giudizio popolare. Non sarebbe la prima beffa del genere, ma questa getterebbe una luce sinistra sulla ben più delicata elezione di secondo grado prospettata per il Senato, che giochetti locali di piccolo calibro potrebbero trasformare in un pied-à-terre romano per la nomenklatura regionale dei partiti. Anche se stavolta non votiamo, sarà dunque bene che vigiliamo: della democrazia di secondo grado siamo pur sempre il pubblico pagante.


Una democrazia ormai umiliata
Più che una democrazia di secondo grado mi sembra un gioco condotto al solito scopo di rendere più potere all'esecutivo. ...e a coloro che hanno già in mano le leve del potere politico.
Quella espansione della democrazia elettiva, intesa come forma di partecipazione popolare alla gestione della cosa pubblica, a cui fa riferimento il giornalista, non sta per chiudersi, ma sembra essersi conclusa già da tempo in rapporto ad una mentalità politica che segue ormai assoluti principi di potere, oligarchici e che mirano prevalentemente ad una comoda governabilità. La mentalità di chi ritiene che per far funzionare un sistema sia necessario tagliare o percorrere vie più semplici senza un rispetto verso i principi della democrazia..è ormai prevalente. Quando si operano simili riforme non si può partire da un principio generico di risparmio e di riduttività dell'azione parlamentare..umiliandola a favore di una governabilità!
Con questi ultimi metodi non si sta provando ad uscire dal parlamentarismo eccessivo, ma si corre dritti verso un'avventura. Se si esaspera una certa semplificazione senza una logica costruttiva che protegga un vero principio di democrazia. ...i risultati potranno solo essere a danno del cittadino e di tutto il contesto sociale che lo circonda.
Polito, prendendo anche spunto dalla nuova riforma del Senato e delle Provincie, descrive con accortezza i rischi che continua a correre il nostro ordinamento politico che, con le nuove riforme promosse dal governo, rischia di porre la democrazia elettiva... nei più oscuri sotterranei.
vincenzo cacopardo


17 set 2014

CROCETTA IN CROCE...MA PERSEVERA..


di vincenzo cacopardo
E mentre la produzione della finction del “commissario Montalbano” rischia di allontanarsi dalla Sicilia per via di assurdi disguidi e delle incomprensioni da parte dell'apparato della Regione Sicilia...Crocetta persevera nella ricerca di nuove possibilità di governo attraverso soliti ed insoliti accordi politici.

L'articolo 8 bis dello statuto della regione siciliana si eprime in tal senso:
Le contemporanee dimissioni della metà più uno dei Deputati determinano la conclusione anticipata della legislatura dell'Assemblea, secondo modalità determinate con legge adottata dall'Assemblea regionale, approvata a maggioranza assoluta dei suoi componenti.”
Tuttavia nel successivo articolo 10 vi è stabilito che: “L'Assemblea regionale può approvare a maggioranza assoluta dei suoi componenti una mozione di sfiducia nei confronti del Presidente della Regione presentata da almeno un quinto dei suoi componenti e messa in discussione dopo almeno tre giorni dalla sua presentazione. Ove la mozione venga approvata, si procede, entro i successivi tre mesi, alla nuova e contestuale elezione dell'Assemblea e del Presidente della Regione”.

Conosciamo bene la situazione difficile che.. da lungo tempo.. attraversa la nostra Regione e non dovrebbe sorprenderci la possibile interruzione di una legislatura a metà del percorso: Anche se direttamente eletto dal popolo... il governatore può essere sfiduciato!.

Ma sappiamo anche come possa essere difficile immaginare che i deputati eletti possano decidere la loro conclusione.. quando il posto del loro scranno vale quel che vale in termini di remunerazione. In più... un loro ritorno in Sala d’Ercole sarebbe assai difficile, non soltanto per il consenso... Il risoluto taglio dei parlamentari regionali da ridurre a settanta, pone ulteriori timori ed in ogni caso... qualsiasi resistenza per rimanere seduti nella propria poltrona per altri due anni e mezzo, non potrà che essere prevalente.

Mentre sta per riprendere in pieno l’attività parlamentare dell’Assemblea regionale dopo la pausa estiva...si inizia con reclamare la poltrona di vicepresidente dell'assemblea in sostituzione di chi è stato eletto al parlamento europeo. Fuori Sala D’Ercole vi è un clima politico tempestoso. Sembrano esservi ormai da tempo rapporti poco chiari...se non addirittura conflittuali, tra il Presidente Crocetta ed il PD, il Partito che pare avergli tolto ogni appoggio. Dal canto suo lo stesso Crocetta, ostentando la solita sicurezza, afferma di non volersi mai dimettere...

In tutto questo l'isola, già penalizzata nel suo territorio da una politica Nazionale completamente assente, è costretta ad assistere alle pietose scene offerte da una politica locale debole e priva di vere capacità di pensiero ed attuative....abbarbicata unicamente ad un concetto di potere che gli offre persino il suo Statuto autonomo.

La strada del governatore.. in questi due anni... è sempre stata percorsa da buche proprio perchè non è mai apparsa forte e sostenibile, ma solo debole e compromessa...senza alcuna nota innovativa........In Sicilia si rimane ancora aggrappati a vecchi schemi che richiamano partiti ormai alla deriva. Politici di un tempo continuano a padroneggiare e dettare linee e schemi antiquati su destra-sinistra e centro, nel vuoto assoluto di una Regione che pare abbandonata da ogni innovativa cultura politica. Tutto sembra rimasto fermo nel tempo e non si scorgono personaggi che possano infondere la voglia di far crescere la politica in un'ottica diversa..di vera innovazione ... Nessuno tra essi ha il coraggio di interrompere una legislatura tanto guasta... inutile e dannosa come quella attuale.

Siamo rimasti indietro... pretendiamo di crescere soltanto attraverso una mentalità politica del passato che sembra legata ad interessi personali che nulla hanno a che fare con un mondo politico che chiede innovazione e rispetto verso una democrazia...L'importante..per qualcuno di costoro.. è restare seduti in una poltrona tra interessi di partito e personali.

Il governatore Crocetta vorrebbe somigliare ad un redentore di una terra politicamente incapace, ma..per ostinazione, continua a non rendersi conto di come sia dannoso il suo continuo percorso di giravolte.. costruito su logiche politiche discutibili con l'uno o l'altro partito....


Una nota sul "piccolo eroe fiorentino" di Domenico Cacopardo



di domenico Cacopardo
Giorno dopo giorno, come nel bollettino di una disfatta, si susseguono le notizie delle ritirate della Repubblica italiana e dei suoi cittadini. L’attuale, inimmaginata situazione, non è colpa di Matteo Renzi che, probabilmente, pagherà per se stesso e i predecessori.

Il nostro «premier» ha affrontato il compito affidatogli come se si trattasse di una recita. Da attore consumato ha alternato le battute ai toni drammatici, battendo tutti i tasti più graditi al pubblico. È stato seguito con distratta attenzione. Si è riso delle sue trovate. Si è assistito alle sue promesse, sin qui tutte mancate.

Purtroppo, oggi, a metà settembre, alla vigilia dell’adozione della legge di stabilità 2015, Renzi non ha cambiato strada e continua a spararle grosse, girando l’Italia come se fosse non il primo ministro, ma un caudillo sudamericano.

Anche lunedì, a Palermo, s’è esibito in una serie di sciocchezze che avranno fatto sganasciare dalle risate i componenti dell’organizzazione criminale che si chiama mafia e che, oggi, cessato il viso delle armi, s’è inserita nel tessuto economico nazionale forte almeno quanto prima.

Benché gli sforzi compiuti da magistratura e forze dell’ordine siano stati importanti e coronati da diversi successi.

Dove, però, il «premier» manifesta la sua non-conoscenza delle regole base della politica è sul palcoscenico internazionale.

Destinatario di seri avvisi dell’Unione, della Bce, della Banca d’Italia, a Bari per l’ennesima comparsata, ha ritenuto di poter rovesciare il tavolo, respingendo le esortazioni (le riforme le faremo da soli) e chiamando l’Unione medesima a erogare i 300 miliardi di euro che dovrebbero finanziare un piano comunitario di infrastrutture.

Non è informato, l’inquilino di Palazzo Chigi, che, in materia di progetti finanziabili siamo a zero o quasi. E che i tempi per le progettazioni esecutive e per tutti i consensi necessari non sono inferiori ai tre anni. A essere ottimisti. Quindi, se ci aspettiamo una ripresa da questo genere di investimenti europei e nazionali, possiamo stare tranquilli: quando la medicina arriverà sulla tavola, l’Italia avrà subito, da tempo, il collasso che si intravvede al prossimo incrocio.

Comunque, non riuscirà, il nostro «piccolo eroe fiorentino» a smuovere l’Unione mediante i proclami fuor d’opera cui ci ha abituati.

Dovrebbe avere fatto ciò che andava fatto o dovrebbe farlo nel giro di pochi giorni, lui che ci ha messo sei mesi per definire una squadra di esperti per la presidenza del consiglio. Ha fatto filtrare un’accusa (di lentezze) nei confronti della burocrazia del palazzo. Una falsità. Normalmente, gli incarichi di collaborazione si definiscono in un giorno. Se ci hanno messo di più, la responsabilità è dei funzionari apicali scelti proprio da Renzi&Del Rio.

A questo punto, con un risultato di Pil a meno 0,4, dobbiamo aspettarci che il destino compia il suo corso e che una troika commissariale adotti per noi i provvedimenti che, tutti insieme, siamo stati incapaci di adottare.

Cosa resterà alla fine dell’anno del governo del cambiamento capeggiato da Renzi è presto per dirlo. Ma le campane non suonano a festa e il panettone non è specialità toscana.

Se per salvare l’Italia servono i commissari, che vengano.



L'esortazione di Domenico fa pensare.... forse ha ragione! Cosa potrà cambiare se vengono? D'altronde soffriamo allo stesso modo...Possiamo soltanto sperare che venendo..possano occuparsi meglio dell'assetto economico del Paese e magari garantire qualche risorsa in più per un Sud.. che necessita sicuramente di serie infrastrutture.

Ma il problema del nostro Paese non è solo economico, è anche istituzionale e non so in che modo.. il nostro Stato sovrano.. possa proseguire nel compito di promuovere le opportune riforme istituzionali qualora venisse, in qualche modo, commissariato..

Il nuovo sindaco d'Italia sembra aver fatto sognare una buona parte dei cittadini attraverso le speranze...ma la politica non può essere costruita sulle speranze..nè su una comunicazione faziosa in favore di sogni..Potrà ancora farcela?...vedremo, ma tutto si appesantisce giorno dopo giorno... 

A gennaio di quest'anno Matteo Renzi ha presentato la bozza del suo “Jobs Act” sulla riforma del lavoro. «Tra otto mesi un nuovo codice del lavoro». Tra i punti chiave sulla riforma del lavoro, il testo prevede «un assegno universale per chi perde il posto di lavoro, anche per chi oggi non ne avrebbe diritto». L'obiettivo «è creare posti di lavoro». 

Ancora le sue parole di allora:"l’Italia ha tutto per farcela. È un Paese che ha una forza straordinaria ma è stato gestito in questi anni da una classe dirigente mediocre che ha fatto leva sulla paura per non affrontare la realtà, Un cambiamento radicale è possibile partendo dall’assunto che il sistema Paese ha le risorse per essere leader in Europa e punto di attrazione nel mondo. A noi il compito di non sprecare questa possibilità; abbiamo già sprecato la crisi, adesso non possiamo sciupare anche la ripresa. L’obiettivo è creare posti di lavoro, rendendo semplice il sistema, incentivando voglia di investire dei nostri imprenditori" .

Al di là delle belle parole...ancora oggi la sua politica economica non dimostra di attrarre dall'estero, né di mettere in atto le proprie risorse di cui parla, esprime una penalizzante politica estera...e non sembra proiettata verso incentivi ed aiuti per chi vuole investire..
vincenzo cacopardo

un commento alla nuova analisi di Domenico Cacopardo sulle scelte governative


Presto ci accorgeremo degli effetti devastanti che la recessione insieme all’inefficacia, meglio all’inesistenza, dell’azione di governo produrranno nella vita di tutti i giorni.

È inutile nascondercelo, sette mesi di Renzi al potere ci hanno dato uno spettacolo scoppiettante, colpi di scena, presenza continua sui media, ma nulla di concreto. Il giovanotto fiorentino ha pensato che governare fosse organizzare e realizzare uno spettacolo quotidiano e, quindi, si è speso in esercizi verbali cui non corrispondevano né idee né progetti politici.

Da ultimo, la farsa della spending review e la richiesta ai ministeri di procedere di propria iniziativa a proporre i tagli possibili, avendo a riferimento un orientativo 3%. Insomma, dopo la damnatio di tutti i predecessori (non tanto infondata) siamo tornati ai tagli lineari, al demenziale meccanismo immaginato da una classe politica impotente e complice. La ragione è semplice. Se, mettiamo, la garza nella regione A costa 4 centesimi e nella regione B 62, andrebbe capito il perché di una simile differenza. Poiché il produttore di garza, vendendola a 4 centesimi non ci rimette, anzi ci guadagna, dove vanno a finire i soldi della differenza (58 centesimi) oltre che a lui? A dirla senza ipocrisie, questo è il costo della corruzione politica e amministrativa.

Ora, non imponendo brutalmente, senza sì e senza ma, i costi standard e operando un taglio lineare, il governo Renzi disporrà una riduzione del prezzo di acquisto a 3,6 nella regione A e a 60,14 nella regione B, dando un forte contributo alla persistenza della corruzione di cui abbiamo detto.

Non sarà che c’è un patto nonscritto per non incidere su tutte le rendite di posizione e le occasioni di illecito finanziamento della politica, dei politici e delle burocrazie?

Resta, poi, il bersaglio grosso: il pacchetto di riforme di cui s’è parlato, rimanendo nel solo ambito della ginnastica orale. A parte, il Senato che, è inutile nascondercelo, è un fatto importante, ma del tutto marginale, per l’emergenza in cui viviamo.

I nodi sono sempre quelli: l’art. 18 e il mercato del lavoro; un taglio deciso delle uscite e delle tasse che si oppongono a ogni iniziativa di investimento.

Su questi due fronti, come del resto in tanti altri, il governo barcolla e non sa cosa fare.

È inutile e controproducente l’esercizio muscolare di parole pesanti cui Renzi si è dedicato a Bari, all’inaugurazione della Fiera del Levante, dicendo all’Europa che l’Italia sa cosa fare per le riforme mentre sarebbe piuttosto necessario che i 300 miliardi per infrastrutture fossero presto assegnati agli stati dell’Unione (ma non abbiamo i progetti per i quali ci vogliono 2/3 anni. Nel frattempo, il cavallo può essere deceduto).

Si tratta solo di propaganda a uso interno che a Bruxelles non serve, risultando la conferma dell’atteggiamento superficiale di Renzi e dei nessuno (salvo chi sappiamo) che ha portato al governo.

Aveva e ha le occasioni per affermare il ruolo dell’Italia sul piano internazionale e le ha sprecate: poteva e doveva puntare i piedi sui tanti dossier delicati a partire dalla questione Ucraina. Qui c’erano le ragioni politiche e morali per non accodarsi agli Stati Uniti nella politica di aggressione alla Russia e di sostegno al governo golpista di quel Paese e alle sue milizie neonaziste come il battaglione Azov. C’era da dire no alle sanzioni e no alla Force de frappe Nato, rivendicando una politica di appeasement con la Russia.

Invece, scioccamente, ci siamo allineati come si allinea Fido, il fedele amico dell’uomo, rinunciando a esercitare un ruolo autonomo e pesante. Se c’era da negoziare qualcosa sul piano interno, era il momento di aprire un’ampia querelle su tutti i temi all’ordine del giorno, potendo, per la regola dell’unanimità, paralizzare la sconsiderata azione dell’Unione, dando alla Germania il sostegno di cui aveva necessità.

L’aspirazione della Mogherini all’ectoplasmatico incarico di pseudo ministro degli esteri comunitario, ci ha fatto d’improvviso cambiare posizione, diventando fautori di una dura quanto autolesionistica posizione (dalla piccola armata alle sanzioni).

Lo stupido fa più danni del delinquente. Ce ne stiamo amaramente rendendo conto.


Il cugino Domenico mi stuzzica di continuo su un argomento che è sempre stato discusso con dovizia nei miei post..ossia: l'inaffidabilità di un giovane premier ambizioso e saccente.. Non dimostrando alcuna umiltà nell'affrontare le difficilissime problematiche insite nel nostro Paese.. Renzi, col suo solito atteggiamento di arroganza...difficilmente riuscirà a persuadermi.

Non v'è dubbio che il costo della corruzione politica e amministrativa continua a prevalere se non si attuano riforme più appropriate. Seguendo la sua strada dei tagli lineari si sosterrà il forte contributo alla persistenza della corruzione e ciò dimostra quanto.. il giovane sindaco d'Italia.. agevoli e favorisca certe lobby che continuano a dettar legge.

Se poi passiamo all'argomento riguardante la politica estera, si dimostra ancora una volta quanto il suo governo non sia capace di attuare una politica innovativa in favore di posizioni che possano agevolarla anche sul piano economico..Il fatto di puntare i piedi sui tanti dossier delicati a partire dalla questione Ucraina, la dice lunga sulla mancanza di una vera capacità intuitiva nel saper identificare con maggior forza la nostra posizione nello scacchiere internazionale: C'erano di sicuro le ragioni politiche e morali per non accodarsi agli Stati Uniti nella politica di aggressione alla Russia e, come giustamente afferma Domenico (al di là della stragrande maggioranza dei cittadini che sconoscono) di sostegno ad un governo golpista ed alle sue milizie neonaziste....Per non parlare delle ridicole sanzioni..che continueranno a penalizzarci nell'economia.

Con tutto il rispetto per un paese come l'America che..nel passato.. ci ha sicuramente assistito ed aiutato, la nostra politica estera deve ormai seguire una strada più autonoma e neutrale riguardo al nuovo scenario che oggi si presenta. Uno scenario in cui noi siamo presenti nel territorio (al contrario dell'America). Le questioni orientali dovrebbero essere inquadrate in un'ottica diversa più consona al nuovo aspetto che si è formato in questi ultimi anni..accentrando anche l'attenzione su un indispensabile ambito etnico religioso e culturale...invece assistiamo al solito servilismo inefficace oltre che misero e di continuo contrasto anzichè di vera attività diplomatica.... Il nostro Paese non avrebbe dovuto perdere l'occasione per farsi garante di un'azione diplomatica più avveduta e meno oltranzista.

vincenzo cacopardo 

13 set 2014

Parla il Presidente della Banca centrale europea

LE PAROLE FORTI E DECISE DI MARIO DRAGHI

di vincenzo cacopardo

Attualmente si presentano una serie di condizioni...oltre ai bassi livelli di crescita ed inflazione, si evidenziano alti livelli di debito e disoccupazione che possono essere affrontati soltanto con un’azione concertata dal lato sia della domanda ..che dell’offerta.”

Con ciò il Presidente della BCE chiede a tutte le parti, sia sul piano nazionale che europeo, di svolgere il proprio ruolo in linea con il rispettivo mandato definito nei trattati dell’UE. Secondo Draghi attualmente non vi può essere alcuno stimolo monetario se non si provvede alle riforme strutturali, sia per promuovere una crescita che per offrire maggior fiduciaIl calo degli investimenti delle imprese osservato dal 2008 nell’area dell’euro è molto più marcato che nei cicli economici precedenti. Dal livello massimo a quello minimo sono diminuiti di circa il 20%, contro il 15% registrato durante la recessione del 1992. Dal 2008 nell’area dell’euro gli investimenti delle imprese mostrano soltanto un lieve miglioramento, mentre negli Stati Uniti superano ormai il livello anteriore alla crisi.”

In base a ciò Draghi sottolinea che nessuna ripresa sarà mai possibile finche non si cambia la politica economica. Finchè non cambia una idea precisa della politica. E' ormai chiaro che investimenti sono necessari per dare stimolo ad una economia e soprattutto diminuire la dilagante disoccupazione.
Draghi prosegue oltre.. suggerendo la sua politica economica e stigmatizzando l'importanza delle politiche strutturali accompagnate da quelle di bilancio e monetarie...”Solo in tal modo l'euro potrà recuperare credibilità”..

Nella sua analisi critica il Presidente dell BCE lancia un preciso messaggio proprio sul contributo essenziale che possono offrirele politiche strutturali, chiarendo che il contesto regolamentare dovrebbe essere reso più favorevole alla crescita e che le imprese devono avere accesso a fonti di finanziamento diversificate.

Secondo Draghi tutte le imprese trarrebbero un sicuro beneficio da una regolamentazione.:
Fa pensare e colpisce le divergenze fra gli stati membri sulla differenza salariale, ma anche alcunebarriere all’entrata nei mercati dei beni e servizi e della facilità nell’avviare e gestire imprese ..In questi ultimi paesi le start-up devono far fronte a un carico amministrativo maggiore. Il presidente infine osserva con stupore come ”In molti casi, tali ostacoli privano della linfa lo spirito imprenditoriale, soprattutto fra le giovani aziende innovative che creano la maggior parte dei posti di lavoro e sono molto sensibili alle variazioni in termini di opportunità di investimento”.

Draghi si sofferma proprio sulla possibilità di rafforzare il finanziamento.. di diversificarne le fonti e di superarne la frammentazione... un credito alle imprese, che secondo lui non può più essere condotto solo dalle banche:Occorre sviluppare anche fonti di finanziamento alternative affidabili, quali i mercati azionari e obbligazionari, la cartolarizzazione, l’attività di prestito delle compagnie di assicurazione e degli asset manager, il venture capital e il finanziamento collettivo”.

Vi sono quindi... secondo il Presidente della BCE..modi alternativi per gestire l'innovazione delle politiche strutturali. Un monito verso una certa linea politica fallimentare che sembra stia portando il nostro Paese nel baratro economico.Le imprese investiranno nel futuro soltanto se esistono fiducia e certezzariguardo al futuro: riguardo all’evoluzione dei conti pubblici nel medio periodo e, in ultima istanza, riguardo all’imposizione fiscale... Ciò di cui abbiamo bisogno è un’applicazione coerente e credibile del Patto di stabilità e crescita nel tempo e in tutti paesi”.

Così rincara la dose chi ha oggi le redini dell'importante istituto bancario europeo e che a tal proposito, non nasconde il ruolo complementare per sostenere la ripresa degli investimenti privati. Draghi, infatti, chiude comunicando il pacchetto da 300 miliardi di euro annunciato due mesi fa dal Presidente della Commissione europea ed aggiungendo che ogni investimento rappresenta la domanda di oggi e l’offerta di domani.Se non riusciamo a rilanciare gli investimenti, indeboliremo l’economia nel breve termine e ne compromettiamo le prospettive di lungo periodo.”

Al di là della ponderata analisi del presidente della BCE ...quello che non pare chiaro nel nostro Paese è il fatto di non conoscere ancora bene né il merito ..nè il metodo con cui si deve procedere per queste riforme strutturali...Se insomma.. queste.. potranno essere veramente utili alla crescita e non servire per accontentare ancora una volta una parte di chi opera nel sistema e che un lavoro lo ha già..


Non si tratta perciò di regolamentare un lavoro ma più propriamente, come lo stesso Draghi asserisce tra le righe,.di dare spazio al finanziamento di nuove intraprese al fine di far crescere nell'innovazione il nostro Paese.  

11 set 2014

Tagli secchi e... mancanza di una buona semina

Scrive correttamente il cugino Domenico Cacopardo su Italia oggi:

Nell'Irap, un'imposta demenziale, c’è il livore di un bel pezzo di mondo cattolico e di mondo comunista, non a caso andati a nozze in un neo-mini compromesso storico.
Sarebbe bastato che l’innovatore Renzi, invece di trastullarsi con gli 80 euro in busta paga a un’ampia platea di non indigenti, avesse abolito l’Irap e abrogato l’art. 18 perché l’Italia cambiasse verso e si rilanciasse l’economia.
Matteo Renzi si è cimentato su questioni che costituiscono un vero e proprio «cambiar discorso», una elusione quotidiana dei problemi del Paese, mediante l’accensione di dossier di secondaria importanza, rispetto ai due nodi sostanziali.
Idee pasticciate come la riforma del Senato, che nelle prossime settimane sarà riscritta dalla Camera dei deputati (annullando il lavoro fatto, giacché la quattro letture debbono essere celebrate su un medesimo testo), portate al voto nonostante le osservazioni fondate di esperti costituzionalisti e di politici di lungo corso.
Lo pseudogiovanilismo dell’allegra brigata di gitanti a Roma non ha ammesso riflessioni e consulti, esaurendo la discussione all’interno di un «giglio magico» dalle competenze insondate e insondabili.”

Matteo Renzi sembra potersi muovere con estrema libertà impartendo le sue disposizioni assolute nel difficile percorso delle riforme.Nessuno può ostacolarlo, nessuno può permettersi di contrastarlo in qualunque decisione.
Non lo fa Berlusconi perché non ha alcuna necessità di cambiare le cose (anche in considerazione che per alcune trasformazioni avrà sempre bisogno di lui, potendone ricavare vantaggi)….Non lo fa Alfano che ha solo interesse a reggere le sorti di un neonato partito attaccato al potere nelle istituzioni… Non lo fa il partito stesso di Renzi.. dove nessuno osa mettersi contro.. avendo il segretario stesso, posto un aut-aut chiaro che ne condiziona ogni orientamento critico.

Quelli del sindaco d'Italia sono solo diktat!
Da buon e scaltro venditore, il furbo sovrano di una semplificativa odierna politica, sa di avere vantaggi che gli permettono di superare con tranquillità ogni diatriba fuori ed all’interno del suo partito…offrendogli, peraltro, quella sembianza serena che in molti, data l’estrema difficoltà del compito, non riescono ancora bene a comprendere.

Il suo modo un po’ sfacciato di affrontare le riforme piace al popolo che non desidera approfondire alcuna tematica di rispetto verso le logiche di una democrazia ormai ampiamente superate nel metodo e persino nel merito: Poco importa purchè una figura decisionista riesca a mettere ordine nella politica sporca ed incapace di questi anni: - "Almeno vi è una persona determinata che vuole tagliare gli sperperi e gli alti costi della politica!"..Questa è la frase più comune negli ultimi tempi!

D’altronde si sa che.. quando un sistema e le sue istituzioni non funzionano, si allarga la "forma mentis" di quel comune pragmatismo che giunge fino ai confini di una esasperata fermezza.

Ma le riforme attraverso i tagli secchi e decisi della politica indicata da chi oggi impera, non è detto che nel tempo possano portare quei riscontri positivi soprattutto in termini di fattiva funzionalità. La grande fretta ed una approssimativo riscontro con la pratica, potrebbero arrecare ulteriori danni… oggi forse meno visibili...

Tutto ciò da' tanto l'impressione di un voler sfoltire un campo pieno di sterpaglie ed erbacce, ma di non capire bene come renderlo produttivo in mancanza di una necessaria scelta della semina.
vincenzo cacopardo

Un esame critico di domenico Cacopardo sulla nuova riforma delle P.A.


di domenico Cacopardo
Prima di concludere l’esame della cosiddetta riforma della pubblica Amministrazione, torno brevemente indietro per approfondire alcuni temi emersi dal dibattito sul web.

Partiamo dall’art. 9 quello che, dopo una originaria (decreto-legge) riduzione al 10% dei compensi da attività legali (di avvocati pubblici) l’ha riportati al 50%. C‘è da dire che gli avvocati “pubblici”, al netto degli imbucati, svolgono un ruolo prezioso e costano molto meno del libero Foro. 

Ma tant’è, l’idea era quella di incidere pesantemente sulle retribuzioni di questi professionisti nella convinzione che determinassero una macroscopica disparità di trattamento a loro favore. Del resto, in altra parte della riforma, anche i compensi-incentivi alle progettazioni da parte dei tecnici dipendenti da pubblica Amministrazioni sono stati drasticamente tagliati.

Quanto all’avvocatura, la Madia ha compiuto l’ennesimo errore, mettendo in un unico calderone i legali degli enti locali, anche di quelli con 10.000 abitanti, per esempio, assunti con procedure quasi sempre «libere», gli avvocati di INPS e INAIL e gli avvocati dello Stato che accedono al servizio dopo un concorso selettivo confrontabile soltanto a quello d'acceso alla magistratura. 

Nello specifico, occorre ammettere che gli avvocati dello Stato sono stati gli unici effettivamente pregiudicati nel loro trattamento economico complessivo: la vera lobby che ha funzionato sul serio è quella degli altri avvocati pubblici che sono usciti praticamente indenni dalla conversione in legge. A loro rimangono tutti gli onorari delle spese compensate, agli avvocati dello Stato sono del tutto tolti. 

Ai comunali (e assimilati) rimangono tutti gli onorari liquidati a carico delle controparti (e dunque gravanti sulla spesa pubblica).

Verso i legali dello Stato italiano, incredibilmente esclusi dal patrocinio dei due marò, Latorre e Girone, è stato usato un misterioso (per le motivazioni) criterio punitivo, attribuendo loro il 50%, mentre il restante 50% va per metà ai praticanti dell'Avvocatura e per metà ad un fondo dello Stato per alleggerire la pressione fiscale.

La vittoria è, quindi, della lobby degli avvocati comunali. E non poteva essere altrimenti, se si pensa che il manovratore di Palazzo Chigi, colui che occupa la posizione di segretario generale, in passato ricoperta da gente del livello di Andrea Manzella e Paolo De Joanna, è l’ex-city manager di Reggio Emilia, Mauro Bonaretti condotto a Roma dall’onorevole Graziano Del Rio, che del medesimo comune fu sindaco. 

C’è un codicillo da non accantonare, sulla questione: il tetto di cui all’art. 9 si applica, per gli avvocati dello Stato, su tutte le somme percepite a qualunque titolo (onorari, incarichi, emolumenti per lezioni​; le commissioni di collaudo da tempo proibite). Per le regole non scritte del potere interno che riservano gli incarichi lucrosi ai vertici, l’Avvocatura di via dei Portoghesi non assegna da tempo un arbitrato a uno dei giovani quarantenni della nouvelle vague. ​E non va ​​dimenticato che ci sono incarichi di collaudo in essere da tempo, non rinunciati, come sarebbe deontologicamente doveroso. Compreso, a quanto pare, il Mose.

Insomma, nel delicato mondo dell’avvocatura pubblica, riemerge il medesimo spirito discriminatorio (quello spirito che, ho già scritto, tende a privilegiare i geometri sugli ingegneri, i ragionieri sugli economisti, con tutto il rispetto per geometri e ragionieri), che ha indotto Renzi e il suo governo a spazzare via dalla diretta collaborazione i magistrati (ordinari e amministrativi) e e gli stessi avvocati dello Stato a favore di altre non ben individuate professionalità, non garantite da idonei curricula.

Tra l’azzeramento e un uso equilibrato, sarebbero state possibili varie ragionevoli soluzioni, nell’interesse del Paese, cioè del governo e delle magistratura. 

​I​nfine, un accenno all’art. 10. Con esso vengono aboliti i diritti di rogito per i segretari comunali e la ripartizione dei diritti di segreteria. Le doglianze che ho ricevuto da varie parti, secondo me, hanno fondamento giuridico (del che la Corte costituzionale darà di sicuro conto quanto deciderà sull’immancabile ricorso) ma scarso senso politico. Nel mondo che è cambiato (solo l’Italia non cambia) questi residui di istituti medievali, vere e proprie gabelle senza altra ragione che arrotondare gli stipendi, debbono venire meno. 








10 set 2014

breve appunto sul nuovo articolo di Domenico Cacopardo



Bisogna ammetterlo, Matteo Renzi è un genio della comunicazione. Niente a che fare con Berlusconi, Grillo e Casaleggio. Lui domina le pagine dei giornali anche con non-notizie come quella della sua non-partecipazione al seminario di Villa d’Este, organizzato dallo Studio Ambrosetti. Tre premi Nobel, vari ministri, Barroso, un «parterre de roy» non l’hanno indotto a presenziare, lui che è un presenzialista, ma ad andare all’inaugurazione di una fabbrica bresciana. E il guaio è proprio questo: che nella miriade di giornali stampati e online, nella molteplicità delle televisioni, non si trova nessuno, o pochissimi, che se la sentono di fare le pulci al «pulain»fiorentino, una via di mezzo tra Bertoldo e uno dei tanti grassi che hanno popolato storie e storielle del bel Paese. 

Ora, la situazione pretenderebbe ben altro interprete e bel altri comprimari. Ma non c’è in giro un altro capocomico che lo possa sostituire, né è immaginabile che Napolitano, dopo i disastri Monti, Letta e, appunto, Renzi, possa riprendere il timone in mano e tirare fuori un altro nome, magari Ignazio Visco, l’ultimo dei «Draghi-boys», un po’ meno incolore di Saccomanni. Anche Visco, come del resto fece proprio Draghi (con Trichet) formulando un ultimatum al governo italiano (in senso tecnico un «golpe» subito a causa dell’impotenza di Berlusconi primo ministro), oggi alza la voce a Renzi, invitandolo a fare presto ciò che serve per rilanciare la morente economia. La medesima cosa emerge dalle parole di Barroso e degli altri esperti non italiani presenti a Villa d’Este, erroneamente snobbati (la ragione non può essere che l’insicurezza o, meglio, l’incompetenza).

Del resto, il medesimo ministro dell’economia, Pier Carlo Padoan, alla Festa dell’Unità (una macabra festa, dedicata a un morto, l’Unità) segnala la possibilità che, per accelerare i processi riformisti, si dia corso a una cessione ulteriore di sovranità all’Unione europea. Detta con belle e dolci parole, è la «Troika» che torna d’attualità, visto che la cartina di tornasole del rinnovamento l’abolizione dello statuto dei lavoratori e la liberalizzazione del mercato del lavoro è fuori dalla portata del «premier» e compagnia cantante, compreso il deludente Poletti, che pure aveva esordito bene, da vecchio marpione della politica e dell’economia.

Nel week-end, s’è discettato («vanitas vanitatum») sul tema vitale: «È uno statista Matteo Renzi?»

Ne dubito fortemente: uno statista avrebbe parlato in difesa dello Stato e dei Carabinieri, aggrediti «pour cause» in un contesto camorrista e irredimibile; avrebbe riflettuto prima di concedere uomini alla «task force» antirussa e soldi passando dall’1,2 al 2% del Pil nelle spese per la Difesa (vertice Nato di Cardiff). E non avrebbe assunto impegni nei confronti dell’Isis, prima di avere messo a posto la questione «Mare nostrum», della quale ci pentiremo amaramente nei prossimi mesi e anni. Anche perché il linguaggio di Obama, involuto e moroteo, poneva molti freni all’idea di una guerra: «Ho fiducia che riusciremo a essere capaci di costruire una forte base e di avere una specie di coalizione alla quale richiedere lo sforzo di cui abbiamo necessità per respingere l’Isis.»

Più cauti di così!



LA COMUNICAZIONE NON BASTA...
Matteo Renzi da politico di vecchio stampo democristiano e non può che sposare il linguaggio di Obama...La sua innata capacità comunicativa è sicuramente provata, ma che ce ne facciamo di questa comunicazione... se non fa ancora intravvedere un significativo risultato?

Con spirito acuto e profonda conoscenza dei problemi il cugino Domenico mette in dubbio la capacità di statista del sindaco d'Italia stigmatizzando punto per punto il poco utile percorso di chi avrebbe dovuto muoversi in modo più accorto in favore di una politica estera ed economica del Paese. La strada intrapresa da Renzi potrebbe rendersi ancora più disastrosa anche per via delle sanzioni alla Russia che si potrebbero ribaltare a sfavore degli interessi economici della nostra Nazione per via dei possibili provvedimenti di Putin sul gasdotto che elargisce energia.

Sappiamo bene che oggi Renzi è insostituibile e ne possiamo comprendere le ragioni (mancanza totale di una vera politica funzionale al cambiamento e di politici che facciano seria politica). Anche la mancanza di un nuovo capo dello Stato più giovanile e meno condizionato dalla Comunità europea..lascia campo libero e più aperto all'ambizione del giovane sindaco d'Italia, ma c'è da chiedersi quale potrebbe essere l'epilogo di un simile percorso così determinato posto nell'unica mente di una figura oggi in grado di dare ordini e porre condizioni persino al suo Partito. 

La politica dovrebbe muoversi all'interno di un Partito senza alcuna figura predominante che ne imponga la strada..e nessuna figura politica dovrebbe mai poter assumere il ruolo di capo di un Partito e capo dell'esecutivo. Questo deleterio concetto Veltroniano assai spregiudicato ed importato da una cultura assai liberista..porterà ben presto le sue logiche conseguenze.
vincenzo cacopardo

9 set 2014

Una nota al breve appunto di Michele Serra

«L’AMACA» DEL 6 SETTEMBRE 2014 (Michele Serra)


Il combinato disposto Twitter/quarantenne renziano è devastante. Nel senso che la forzata sentenziosità di Twitter esalta la spocchia di una nuova classe dirigente che sta mettendo a dura prova la simpatia con la quale è stata accolta. “Dovete stare zitti perché noi abbiamo vinto e voi avete sempre perso” è la modalità di massima con la quale un gruppetto di giovani fenomeni del Pd replica alle critiche di Bersani e D’Alema. Beh, non è una modalità politica. È una modalità agonistica che ricorda molto da vicino il Berlusconi che rinfacciava di avere “vinto molte Champions League” a chi gli stava parlando di tutt’altra cosa. Sulla generazione che ha preceduto l’attuale alla guida della sinistra italiana si può dire tutto il male possibile (l’elenco è lungo); ma tutta questa derisione per lo sconfitto e tutta questa vanteria per il primato sono le cose meno di sinistra che esistano al mondo, comprendendo nella sinistra, naturalmente, anche gli scout. Il lupetto che si vanta di essere tanto bravo e irride il perdente, un bravo Akela lo manda a raccogliere legna nel bosco fino a che non gli passano i bollori. Renzi spieghi ai suoi che Twitter è un balocco da maneggiare con attenzione, se continuano a usarlo così, anche se sono ministri e hanno il 41 per cento, sembrano Balotelli.



MESSAGGI ISTANTANEI PRIVI DI CONTENUTI ESSENZIALI
In questo appunto.. Michele Serra.. sottolinea la spocchia che il nuovo Sindaco d'Italia sfoggia nel mondo virtualistico del “Twitt”. Renzi continua a semplificare anche nei giudizi... criticando chi ha perso nei consensi e dimostrando poca umiltà, nessun rispetto ed ancora una volta.. quello che per lui rappresenta la politica: una sorta di partita a calcio.
Sappiamo bene (almeno coloro che lo conoscono) che Twitter è un servizio gratuito di socialnetworking e microblogging che fornisce agli utenti una pagina personale aggiornabile tramite messaggi di testo con una lunghezza massima di 140 caratteri. La sua architettura si sviluppa in "open source". Attualmente l'open source tende ad assumere un nuovo rilievo filosofico, consistendo in una nuova concezione della vita che si propone di superare mediante la condivisione della conoscenza. 
Twitter è costruito totalmente su una architettura di messaggi istantanei ed i messaggi istantanei sono la unica e vera forza di Renzi..il quale usa di continuo gli slogan per richiamare l'attenzione.
Il problema è che ogni messaggio istantaneo o slogan che si voglia, pur penetrando con forza e richiamando l'attenzione immediata...rimane nel tempo privo di contenuti. La verità sta nel fatto che proprio chi usa questi socialnet dovrebbe farne un uso costruttivo più intenso e meno illusorio.
Il cinguettio di Twitter, può avere importanza solo se è accompagnato da un ”link” che ne approfondisce meglio i contenuti e non dalle solite quattro parole retoriche che possono carpire l'attenzione dei tanti che oggi ignorano o che interpretano la politica solo nella devastante logica di una competizione.
vincenzo cacopardo





8 set 2014

Lasciamolo fare....si ma poi?




Il pranzo è servito
di vincenzo cacopardo

Cosa vuol dire mille giorni (tre anni)..quando appena ieri il Sindaco d'Italia aveva dichiarato di risolvere in breve tempo le questioni scottanti riguardo il lavoro e lo stato economico del Paese?
Quando ha fatto sognare.. attraverso i suoi ripeturi proclami...un gran numero di cittadini col suo “fare”? I mille giorni oggi proposti non sembrano esattemente un “saper fare”, ma un saper approfittare del momento per ingannare di continuo attraverso reiterati ingannevoli proclami: Chi.. può raccontarlo ai pensionati più poveri con la minima che in mille giorni potrebbero di sicuro morire? Chi... agli alluvionati? Chi.. ai cittadini senza un tetto? Chi... agli imprenditori senza alcuna commessa? A tutti quei professionisti senza alcun lavoro e che si recano ad una mensa cittadina per sfamarsi?....

Mentre il sindaco d'Italia la canta e la suona..dando ottanta euro a chi il lavoro lo ha..nel paese si muore!..Renzi è sicuramente sistemico e capisce che per un consenso bisogna accontentare tutta quella massa di lavoratori inseriti nel sistema e che già un lavoro lo ha come dipendente.

Al di là del fatto che che in tanti oggi sarebbero in grado di operare riforme in mille giorni attraverso una continua richiesta di fiducia del Parlamento, quello che colpisce di più è la faccia tosta di chi attraverso una comunicazione capziosa e persino retorica come quella di questi ultimi giorni ( dobbiamo restare uniti...uniti si vince..dobbiamo dettare noi il percorso all'Europa, etc), riesce ancora a trascinare un popolo di creduloni (apostrofati da lui stesso... in una telefonata come dei “coglioni”).

Meno strano e più sottomesso appare il percorso del Cavaliere che scotando la sua ridicola pena, giova oggi del suo alleato per le riforme istituzionali. Berlusconi prende tempo e aiuta Renzi verso la costruzione di un futuro sistema a trazione solo governativa. Un sistema che premierà naturalmente ogni figura predominante ingabbiando in modo inequivocabile ogni politica di vera democrazia.

Mentre Renzi mette mano ad una possibile riforma del lavoro (già in forte ritardo)..la sua bella ministra per le riforme, si preoccupa di portare avanti quelle costituzionali. In realtà la premura di aver voluto portare avanti il primo stadio della riforma del Senato ha una chiara motivazione... e cioè... quella di chiudere prima possibile il cerchio delle suddette riforme costituzionali per poter fornire più forza ad un percorso di governabilità attraverso l'uso di un sistema bipartitico che darà forza solo al vincitore e chiuderà ogni possibile dialogo. Qual'è il fine se non quello di aver chiesto mille giorni proprio per poter dar corso alla lunga strada di questa più complessa tipologia di riforme?
Riforme costituzionali difficili da digerire proprio perchè non proposte attraverso un'assemblea costituente composta da figure competenti..ma che si attivano in fretta su proposta di un governo a colpi di voto di fiducia. Se a questo aggiungiamo la figura del nostro Presidente Napolitano (garante del nostro sistema)..oggi totalmente imbrigliato in un'operazione europea che non gli lascia scampo..non possiamo che restare allibiti da questo modo di procedere verso un anomalo cambiamento.

Con la legge elettorale il cerchio si chiuderà e addio ad ogni principio di democrazia. Una sola Camera con ricchi premi di maggioranza e soglie di sbarramento alte...un Senato che non potrà più esercitare un ruolo politico e che riuscirà difficilmente a svolgere una funzione... conditi con una legge elettorale ad hoc...ed il pranzo è servito...