Il grigiore sembra tornare a impadronirsi dell’Italia, dopo alcuni mesi in cui la speranza e una piccola dose di ottimismo avevano attenuato lo scoraggiamento. C’è una notizia che rivela, ancora una volta, qual è lo spirito dei tempi nostri: un giovane immigrato senegalese blocca due borseggiatori che hanno attaccato una turista francese di 29 anni. La folla interviene, lo ferma e fa fuggire i malviventi, uno dei quali, però, viene catturato dai Carabinieri.
Siamo, manco a dirlo, a Napoli, la meno redimibile delle città irredimibili d’Italia, per incurie passate e presenti e per un’ostilità verso lo Stato che si manifesta ogni volta che c’è un confronto tra delinquenti e forze dell’ordine.
Il controllo del territorio, il presupposto della legalità, è tanto aleatorio da far considerare «off limits» per Polizia, Carabinieri e Guardia di finanza, diverse zone della città. Qui viene venerato un giocatore di calcio, Diego Armando Maradona, noto per i suoi rapporti con gli spacciatori della città e per la colossale evasione fiscale. In un Paese normale, sarebbe oggetto di generale esecrazione. Qui no.
Occorre rassegnarsi: nonostante una storia culturale da grande capitale europea, nonostante isolate aree di sviluppo, nonostante non manchino coloro che onorano la legalità e il «genius loci» (leggasi il libro di Paolo Isotta, La virtù dell’elefante), per ora e chissà per quanti decenni si tratta di una città perduta all’Europa.
A livello nazionale, mentre nelle aziende sono innumerevoli gli accordi per affrontare con realismo la crisi, il grigiore e il pessimismo si stanno affermando per opera, soprattutto, della Cgil che, da qualche decennio, ha scelto d’essere il vessillifero della conservazione. Con essa, la Fiom, diretta da quell’altro campione degli interessi dei lavoratori che si chiama Maurizio Landini. Un gioco rischioso questo, e proprio la Cgil, rimasta scottata per le azzardate dichiarazioni di Cofferati che precedettero l’assassinio di Marco Biagi, dovrebbe essere consapevole che il gioco al massacro che sta giocando porta a sviluppi imprevedibili, di sicuro all’arretramento della classe operaria, quel poco che esiste ancora. La Storia lo insegna.
Matteo Renzi ha incontrato Landini il giorno dopo gli scontri di Roma, nel corso della manifestazione dei lavoratori della Thyssen di Terni. Ne era uscito un comunicato rassicurante, sia per la definizione della dinamica (e delle responsabilità) degli scontri, nel senso che il governo, di riffe o di raffe era pronto, come sempre, a gettare la croce addosso alla polizia, sia per il cosiddetto impegno a ridimensionare il numero dei licenziandi.
Il giorno dopo, Landini ha tradito il clima di «appeasement» e ha annunciato uno sciopero generale di categoria che precederà lo sciopero generale a cui sta lavorando la Camusso con i suoi. La pretesa è una politica industriale e del lavoro che dovrebbe determinare la crescita dell’occupazione. Sanno però, benissimo, i due che mancano i quattrini e non ci sono gli strumenti legali, accettabili dall’Unione europea.
Segno, questo, che non c’è da fidarsi di questi leader sindacali che perseguono fini politici personali, il primo fra tutti quello di far cadere l’attuale governo.
Se non ci fossero altre ragioni, basterebbe questa per dichiarare solidarietà alla compagine ministeriale capeggiata da Renzi e per esortarla ad andare avanti, con chiarezza. Le mezze parole che circolano sulla possibilità di un intervento della Cassa depositi e prestiti nel capitale della Thyssen ternana dovrebbero essere smentite con sdegno, visto che aprirebbero la strada alla riedizione delle partecipazioni statali e a uno scontro finale con l’Europa.
Oggi, 2014, non ci sono scorciatoie: per sopravvivere, dobbiamo accettare un generale ridimensionamento dei tenori di vita. Un lungo periodo di sacrifici, quali non li abbiamo visti nemmeno durante la guerra.
Dovrebbe Matteo Renzi («il presidente bambino») suscitare quel sentimento di coesione nazionale che in momenti drammatici abbiamo sperimentato con successo, proprio per neutralizzare i nemici della Patria. Perché di questo si tratta, di far sopravvivere la Nazione, dando un futuro alle giovani generazioni.
Che Renzi ne sia capace è tutto da verificare, anche per le pause di tensione e le ingenuità nelle quali spesso incorre.
Ma, sulla piazza, non c’è altri che lui e a lui dobbiamo rivolgerci.