Che
dobbiamo dunque fare ..eliminare i greci?...farli soccombere? Se così
stanno le cose dovrebbe essere la stessa Commissione a cacciarli
senza più perder tempo... ma guarda caso.. questa unione
europea..non sembra per nulla decisa!
Quando Domenico scrive..(al di là delle sue evidenti capacità di
esprimersi).. sembra viler fare apparire un mondo costretto a camminare su certi
paradigmi..senza i quali..non vi può essere altra soluzione.
Ed
è strano pensare che un Cacopardo, scrittore ormai di fama, con una
chiara dose di percezione non usuale che guarda alle idee, resti
bloccato da questa sua visione. E' proprio questa forma mentis
perseverante a negare ogni possibilità di cambiamento, poiché
il vero problema in realtà non è la Grecia, ma un modello economico
finanziario che costringe ogni altra possibile evoluzione sia
politica che di reale economia..anche nel nostro Paese.
Sbaglia
chi sottolinea con enfasi e pietismo che... “i greci sono poveri
disgraziati mentre i grassi europei non vogliono mettere mano al
portafogli nemmeno per una elemosina.. e
forse starà sbagliando anche Tsipras nella sua inadeguatezza a
mediare e costruire un piano di risanamento più utile e convincente
(pur nella evidente difficoltà ogettiva che limita i suoi spazi), ma
quello che sicuramente si percepisce è il fallimento di un'Europa
che si è voluta costruire attraverso un'unico piano delle risorse
economiche finanziarie privo di un preventivo piano politico,
storico e culturale, senza il quale sembra impossibile procedere
oltre.
Quando
una macchina funziona male è perfettamente inutile prendersela con
chi la critica...fingendo di dimenticare gli errori del passato e
quelli che ancora oggi persistono: Se la stampa si scatena a difesa
dei più deboli e dei valori persi.. o meglio... smantellati dai principi
di una economia che da un lato arricchisce e dall'altro impoverisce
senza un rapporto di equità, non fa che operare a favore di una
società, e se anche, come sostiene Domenico, sussiste una stampa
subdola e manipolata, non potrà che passare in secondo piano
rispetto alla ben più grave questione che vede oggi il disfacimento
di una unione di Paesi cosi diversi e variegati.
La disinformazione
a cui fa riferimento Domenico ..sia essa manipolata o no..passa di
certo in secondo piano rispetto ad una questione fondamentale di chi
pensa di usare il paraocchi per simulare valori come democrazia,
equità, funzionamento, lungimiranza, integrità, equilibrio,
qualità..etc...Valori che questa unione di Paesi, con simili
presupposti, non potrà di certo edificare e portare avanti.
In quest'ottica
procede anche l'opera di Matteo Renzi che col suo atteggiamento non
ha saputo dimostrare una visione più lungimirante in favore del suo
Paese e di una più logica costruzione di un'Europa, legandosi
comodamente al barrocio dei più forti..
vincenzo
cacopardo
L’aspetto
più inquietante dell’Italia attuale è la disinformazione
distribuita a piene mani dai media nazionali, anche i più
qualificati. Ieri, Il Corriere della sera, per esempio, ha pubblicato
in prima pagina una vignetta di Giannelli che è un manifesto per la
disinformazione «ufficiale» (già, secoli addietro, il Corriere era
la voce ufficiale della borghesia in generale e milanese in
particolare): rappresentava un medicante di fronte al quale
passavano, indifferenti, Angela Merkel e compagnia bella. Giannelli,
spesso mitico e più efficace di un editoriale, ha, quindi, detto ai
lettori del Corriere: i greci sono poveri disgraziati e i grassi
europei non vogliono mettere mano al portafogli nemmeno per
un’elemosina.
Un’idea
sbagliata e mistificatrice, visto che: il debitore è greco; l’Europa
(con la partecipazione dell’Italia disastrata di questi tempi) ha
erogato miliardi di aiuti; che la Grecia non vuol restituire quanto
ricevuto né adottare le misure richieste dai creditori; che ieri
Tsipras ha chiesto 7 miliardi di euro (nient’affatto un’elemosina)
in attesa di un ennesimo mirabolante e vuoto piano di ripresa e
risanamento.
Anche
la Rai, in salsa Gubitosi, non è estranea alla disinformazione
generale. A dire il vero, trattandosi di servizio pubblico, dovrebbe
attenersi a un codice di terzietà informativa che non dovrebbe
incidere sul diritto alle opinioni dei giornalisti, ma obbligarli a
riferire i dati dei problemi che esaminano.
Il
caso ha voluto che ieri mattina, mercoledì ascoltassi una
trasmissione di radio Rai1.
Premetto
che in tutta la trasmissione si sono usate le parole «migrante» e
«profugo» come sinonimi, quando invece non lo sono né in fatto né
in diritto. Se fossi maligno penserei che la confusione derivi da
malafede. Siccome non sono maligno, credo che questa confusione abbia
colpito i nostri «informatori» che la subiscono senza (dovere
specifico della professione) avere mai controllato la semantica e la
pratica migratoria.
I
giornalisti hanno iniziato con Ventimiglia, spiegando che sugli
scogli (artificiali) in prossimità del confine francese, rimangono
ancora un certo numero di «irriducibili», che protestano contro le
difficoltà di attraversare il confine, visto che le autorità
francesi respingono chi non ha un permesso di soggiorno (italiano) né
documenti (comportamento «dovuto», in base alla normativa europea)
e che, a coloro che, invece, possiedono un permesso di soggiorno,
chiedono di dimostrare la loro capacità di sopravvivenza in Francia
(quattrini o parenti o regolare contratto di lavoro) (comportamento
«dovuto» in base alla normativa francese e, anche, italiana, se
qualcuno decidesse di rispettare la legge).
Il
tono del cronista era scandalizzato, come se l’atteggiamento
francese fosse da condannare come contrario al diritto dei popoli.
Hanno
anche interrogato qualcuno di Ventimiglia sugli effetti della
presenza di migranti-profughi rilevando: che danneggiano l’immagine
(turistica) della città ligure e che non rappresentano un problema
sanitario.
Il
disturbo dell’immagine è sembrato una meschina pretesa di qualche
sparuto cittadino, invece di una legittima esigenza socio-economica:
un luogo turistico di mare «deve» tenere alla propria buona fama,
per salvaguardare le attività turistiche.
Quanto
al problema sanitario, era evidente che non tutto veniva detto. Di
certo, gli occupanti degli scogli (artificiali) non solo stanno nelle
tende (della Protezione civile, a quanto sembra) ma, non godendo di
servizi igienici, utilizzano, per soddisfare le loro esigenze
fisiche, il mare. Un inquinamento certo, quindi, dimenticato tra le
righe dei preconcetti.
I
giornalisti Rai hanno poi affrontato il caso di Enzo Canepa, una
specie di pericoloso criminale eletto sindaco di Alassio.
Canepa
ha adottato una delibera che impone ai vigili urbani di identificare
le persone che dal punto di vista somatico sembrano provenire
dall’Africa chiedendo un certificato sanitario che attesti
l’assenza di malattie trasmissibili. Coloro che non ne sono in
possesso saranno accompagnati ai confini (comunali) e, se ritornano,
multati.
Il sindaco,
intervistato, ha segnalato il timore e il pericolo rappresentato dai
migranti provenienti da zone in cui ci sono malattie endemiche
facilmente trasmissibili e, a titolo di esempio, ha segnalato il
diffondersi di patologie polmonari virali. Per rispondere a Canepa, è
stato intervistato un medico della Società italiana di medicina
delle migrazioni che non ha smentito (né poteva) la possibile
presenza di portatori sani di virus a diffusione endemica, ma ha
invocato l’art. 32 della Costituzione: «La
Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo
e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli
indigenti.» In realtà, Alassio non mette in discussione l’art.
32, ma ne dà una lettura effettuale, giacché al diritto alla salute
corrisponde (per giurisprudenza costituzionale) un dovere alla
salute, che si sostanzia in criteri difensivi e prudenziali del
genere di quelli adottati.
Insomma,
quello che l’ascoltatore traeva dall’informazione ammannita da
mamma Rai, consisteva nella presenza in Liguria (come altrove) di
persone tarate da razzismo e da comportamenti razzisti. La tesi è
ricorrente, ma deforma la realtà.
Infatti,
non c’è un obbligo d’elemosina, d’accoglienza, di carità. Si
tratta di virtù che ognuno esercita liberamente quando vuole con chi
vuole per chi vuole. Pensare di classificare gli italiani tra
razzisti, da mettere all’indice (e poi al muro) e non razzisti è,
prima che un falso, un errore che spinge verso atteggiamenti sempre
più radicali. Se le «anime belle» credono di convincere e di
vincere, si sbagliano: la criminalizzazione degli incerti e di coloro
che temono i migranti condurrà il Paese a una spaccatura verticale,
nella quale proprio le «anime belle» saranno sconfitte.
Infatti,
i sentimenti che la migrazione biblica che ci ha investito può
suscitare sono vari e tutti legittimi. Solo la violenza non è
ammissibile.
La
verità, peraltro, è che lo Stato italiano ha adottato da tempo un
«diritto mite». I dimostranti occupano una strada e impediscono il
libero esercizio della libertà di movimento? Invece di mandare la
Guardia nazionale in assetto di guerra, come si usa negli Stati
Uniti, quando diritti costituzionali vengono illegalmente violati,
qui, la Polizia fa opera di convincimento.
Basta
guardarsi in giro e osservare la situazione dell’ordine pubblico
per capire quali disastri abbia prodotto in Italia un atteggiamento
del genere.
Lo
Stato da mite è diventato imbelle e complice.
Domenico
Cacopardo