MILANO SOTTOSOPRA
di domenico cacopardo
È doloroso
vedere Milano alla ribalta per una serie di vicende molto gravi, sotto il
profilo morale e amministrativo. Vicende che seguono, a breve distanza il
grande scandalo sanità.
Il fatto che si
parli di un nuovo scandalo, significa che, per ragioni tutte da esplorare, i
protagonisti hanno tranquillamente deciso di sfidare il fattore ‘giustizia’:
nella loro percezione il rischio era marginale e, quindi, il gioco valeva la
candela.
C’è poi il
paradosso dell’assenza della grande borghesia (classe portante dello Stato
liberal-democratico) lombarda sulla scena delle responsabilità istituzionali
meneghine.
Del resto, non
c’è una risposta ragionevole alla domanda: “Dov’è finita la borghesia italiana”
(e, quindi quella milanese)?
È vero che il
sindaco di Milano, benché militi a sinistra, è un alto borghese d’altri tempi,
per propri e paterni meriti. Ma è anche vero che la sua sapienza giuridica non
morde e che anche lui cade nella trappola della superficialità consentendo alla
nomina di Alexander Pereira a Sovrintendente della Scala. Nessuno ha pensato ai
possibili conflitti di interesse e, soprattutto, alla possibile
disinvoltura di un affermato manager europeo rispetto a un problema del
genere. Sarebbe bastato garantirsi contrattualmente. L’aspetto più sorprendente
di questa insicurezza d’azione è il ricorso a esperti legali, quando il diritto
amministrativo è una scienza compiuta nella quale è lecito confidare per
risolvere in trasparenza le questioni più scabrose.
Allo stesso
tempo, Milano è devastata dallo scandalo Expo, non proprio inatteso, dato lo
stile piuttosto disinvolto con il quale in Lombardia si sono affrontati i
problemi di assetto del territorio, tra immobiliaristi in regime di monopolio,
nuove autostrade dalle strutture contrattuali labirintiche (con privative
definite negli atti costitutivi a favore di qualche studio professionale), e un
progetto come l’Expo in perenne difetto di ossigeno per ritardi, che, ora è
tutto chiaro, sono stati scientemente cercati per ricorrere alle scappatoie più
azzardate.
Tutto avviene
mentre risuona l’eco, citata, del pasticcio sanità.
C’è poi il caso
di Berlusconi, conferma pratica, inoppugnabile, della diserzione della grande
borghesia lombarda rispetto al governo del Paese, acchiappato proprio da lui,
outsider improbabile, disinvolto nella vita pubblica e in quella privata,
capace di farsi organizzare festini a sfondo erotico nella propria casa da
solerti procacciatori di escort.
Infine,
l’incredibile scontro nella Procura milanese, nel quale, a pelle, hanno tutti
torto, coloro che sono al potere e coloro che lo subiscono, questo potere, e
invocano presunte parzialità e sopraffazioni in via di accertamento da parte
del Csm.
Dimentichi del
dovere di tutelare il prestigio conquistato (ancorché, poi dissipato), i magistrati
della Procura (come accaduto così spesso altrove) si azzannano come i capponi
di Renzo Tramaglino per Azzeccagarbugli, mentre il vento impetuoso degli
scandali in corso, e le ultime folate di quelli già accaduti spazzano le stanze
del potere milanese.
Amaramente,
occorre ricordare che è facile salvarsi l’anima gettando la croce addosso ai
politici, quando la responsabilità è collettiva e coinvolge il rapporto
dell’italiano con la norma, si tratti di scopiazzare il compito a scuola, di
devastare le città per lottare contro la Tav, di bloccare –nello stile
sudamericano- un’autostrada o di non pagare le tasse.
Non c’è che
dire basta, invocando non l’uomo forte, ma il risveglio d’una coscienza
generale che pretenda il rispetto della legge da parte degli amministratori,
anche quando non è gradita, da parte delle autorità di Polizia, in disarmo
rispetto alla microcriminalità che tanto colpisce i ceti più deboli della
popolazione, da parte, insomma, di tutti coloro che hanno deciso, in mancanza
d’altro, di lavorare nel pubblico impiego senza l’orgoglio di servire i loro
concittadini con professionalità e moralità.
Persino azzeccato l'esempio promosso da Domenico, in riferimento ai
vertici della Scala che continua a infiammare la politica, quando proprio il sindaco di
Milano ha teso a dimenticare.. con una certa superficialità.. i possibili
conflitti col neo manager austriaco.
Quella borghesia sana a
cui fa riferimento Domenico (classe portante dello Stato) è ormai scomparsa, non
solo a Milano ma tutto il Paese. Non credo vi siano colpe precise ma, come
mette in evidenza con stile e profondità Domenico, responsabilità legate ad una
mentalità che in questo ventennio si è aggravata toccando una gran parte della
classe politica venuta fuori assai improvvisata anche per le responsabilità di
un certo berlusconismo che ha segnato il passo sull’onda di un liberismo senza
controllo. Questa mentalità ha contribuito alla fuoriuscita di una classe
borghese che, ricca di un patrimonio culturale, avrebbe potuto contribuire
positivamente a beneficio dell’intera società: Un certo provincialismo e il
forte peso del denaro.. hanno concorso all’eliminazione di una grandissima
parte di questo utile patrimonio intellettuale.
Se dobbiamo dirla in modo completo, tutto ciò resta aggravato da una
mancanza di vere riforme..(sia che si tratti di politica o di magistratura… di
CSM o di Partiti). Riforme che.. solo chi aveva un solido bagaglio culturale
forte e solido…avrebbe potuto portare avanti. L’avvento del ventennio berlusconiano…in aggiunta ad un esasperato pragmatismo
spinto dall’assoluto materialismo, ha distorto quei valori che ancora sorreggevano
la nostra società.
Se a Milano.. come in tutto il Paese.. è venuta a mancare quella buona
classe borghese forte di una istruzione e di una educazione al rispetto sociale,
la colpa è sicuramente di quel sistema che
ha favorito una mentalità malata e senza equililibrio.
Oggi è proprio l’equilibrio che può salvarci..un equilibrio che possa
far riflettere su quanto importanti siano i valori di una società che sembra
dimenticarli giorno per giorno: una sana borghesia avrebbe di certo favorito una
migliore convivenza attraverso il sostentamento dei valori più importanti.
Oggi l’EXPO ha sicuramente aperto un’altra porta a Grillo e a chi come
il suo popolo (se pur fanatico ed estremo) si sente così poco rappresentato
dalla politica. Un popolo che oggi si affida più alla rabbia che alla speranza,
proprio in mancanza di chi, da un altro lato, non offre ricerca di equilibrio,
ma solo futili speranze spinte da figure dominanti forti di ulteriori comunicazioni
basate su slogan.
vincenzo cacopardo