L'amico
Speciale, particolare lettore del mio Blog, mi invia questo articolo che pubblico volentieri. L'articolo mi invita.. però.. ad una personale disamina sull'argomento che ha
tenuto banco per diversi giorni sui giornali e le tv..
Leggendolo mi trovo sostanzialmente in accordo in via generica con
quanto scritto da Paolo, tuttavia mi permetto di far osservare che nella
fattispecie la questione Siri deve leggersi in modo diverso:
L'argomento non può( come per altro specificato contraddittoriamente
dallo stesso amico autore dell' articolo) essere visto nell'ottica di un
“giustizialismo” ed un “garantismo”. Proprio per questo deve
rimanere esclusivamente valutato nel ristretto campo di una etica che
la stessa politica deve salvaguardare e prevenire anche al fine di
non lasciare ulteriori conflitti nel cammino di una giustizia che
deve indagare su eventuali reati. Insomma: una cosa è l'indagine
giudiziaria che inizia con un avviso il suo percorso garantendo
l'indagato ed il suo diritto di difendersi..altro è il comportamento
poco affidabile nei riguardi dello stesso governo di chi ha cercato
di asservire l'esercizio
delle proprie funzioni e dei suoi poteri a interessi privati, in modo
alquanto lobbistico... proponendo e cercando di concordare con gli
organi apicali dei ministeri competenti per materia... andando così
oltre il suo compito e suscitando notevoli perplessità.
Questo
è più che sufficiente per porsi delle domande attenenti un
conflitto di interessi grande come una casa che la politica non può
far finta di non vedere. Sottolineo tra l'altro che Siri rimane
comunque garantito come senatore non avendo il governo in proposito
nessuna legittimità di poterlo sospendere...(quindi non se ne può di certo
fare una vittima).
Può
darsi che Di Maio abbia anche usato questa faccenda ad uso
propagandistico, ma rimane il fatto che il sottosegretario è reo di
un comportamento politico morale assai poco convincente..anzi forse preoccupante!.
Per
quanto riguarda la possibile tangente ed i rapporti con Arata e
Vito Nicastri, il 're' dell'eolico, ritenuto vicino all'entourage del
latitante Matteo Messina Denaro, lasciamo sicuramente il tutto in
mano alla magistratura dove
il ruolo etico della politica non può e non deve entrare.
Infine credo che..sulle
riforme dimenticate invocate in questo articolo se ne potrebbe parlare tanto.. ma non relative a
questo caso..Lo scontro dei poteri dovrebbe innanzitutto potersi focalizzare sui limiti dei propri ruoli!
Governo
del cambiamento e riforme dimenticate
Il
Governo del cambiamento si rende protagonista dell'ennesimo scontro
tra i poteri della Repubblica. Il motivo del contendere è sempre lo
stesso, anche se stavolta la prospettiva dei fatti e delle posizioni
assunte dalle forze in campo è diversa.
Non
si registra infatti, come ai tempi del berlusconesimo, un "j'accuse"
rivolto alla magistratura requirente circa la presunta ed impropria
spinta "politica" delle inchieste su parlamentari e/o
membri dell'Esecutivo, ma l'adesione ed il consenso incondizionato
tout court all'operato – peraltro pienamente legittimo - di un GIP
o similare, in nome di una assoluta e perentoria moralità che si
ferma e si attiene alla primissima parte delle spesso lunghe
inchieste giudiziarie in ambito istituzionale e politico.
Ora,
se è vero come è vero che fino alla dichiarazione di colpevolezza
certa e definitiva perché non più appellabile l'individuo debba
essere considerato "innocente", laddove i termini
inquisito, indagato, sospettato non possono in alcun modo
costituire, in un ordinamento come il nostro, alcun elemento di
colpevolezza, vogliamo provare a ricordare i diritti di cui può e
deve avvalersi chi si ritrova prematuramente sul banco degli imputati
con la contezza personale – magari non dimostrabile in via
immediata – di non aver commesso alcun reato?
Non
può certo bastare il diritto alla difesa, che consideriamo scontato,
intendiamo qui riferirci piuttosto a quello di rimanere
legittimamente in carica? Si può negare, secondo il nostro
ordinamento, ad un cittadino chiamato a far parte della cosa pubblica
e meramente sotto indagine, la facoltà di continuare a svolgere il
proprio mandato istituzionale, che comporta anche innegabilmente,
oltre all'impegno connesso all'incarico ricoperto, anche una
personale gratificazione per la fiducia democraticamente ricevuta in
forza di una elezione dalla elezione e/o di una nomina a quella
stessa carica? Ed ancora: sino a che punto è legittimo, di fatto,
interrompere, annullare, cancellare con un semplice decreto –
peraltro non condiviso alla unanimità nell’Esecutivo – non solo
il mandato istituzionale contingente, ma anche – e lo sappiamo
tutti molto bene – la carriera politica di una persona?
Una
delle doglianze da esprimere senza esitazione a proposito di certi
aspetti della nostra legislazione riguarda la prolungata assenza, in
essa, di una regolamentazione in senso prettamente morale dell’uso
della libertà di stampa, regolamentazione sinora sempre frenata
dalla strumentale diffusa ossessione che in realtà si voglia sempre
e comunque controllare in qualche modo l’informazione stessa; e ciò
è mortificante per la matura civiltà democratica del nostro Paese,
spesso danneggiata da certa stampa più attenta agli avvisi di
garanzia che ai successivi proscioglimenti, sensibilmente numerosi in
fase istruttoria.
Qualora
Siri - ma domani potrebbe essere un esponente dell'altra principale
forza politica al Governo - , fosse prosciolto tra qualche mese
tornerebbe a ricoprire il suo incarico con un altro decreto di nomina
o rimarrebbe irrimediabilmente privo di un incarico potendosi
rivalere ( ma come?) su chi lo ha per così dire “danneggiato”?
Da
qualsiasi parte politica si stia, come è possibile non includere,
tra i diritti fondamentali di un individuo, quello di mantenere un
incarico pubblico da parte di chi sia stato chiamato al governo, a
vario titolo, o in Parlamento, a rappresentare il popolo elettore?
Come ed in nome di che cosa è possibile equiparare, di fatto,
l’inizio di un procedimento giudiziario, avviato per accertare
eventuali responsabilità e/o violazioni del codice penale, con
l’atto conclusivo - ancora ignoto - di tale stesso procedimento,
che prevede tre gradi e tre sedi istituzionali giudiziarie di
svolgimento, sempre che vi sia un rinvio a giudizio che spesso nel
momento dell’attacco mediatico ancora non si è neanche
concretizzato? Sono considerazioni condivise nel rispetto
irrinunciabile della nostra Magna Charta e del nostro ordinamento,
che pongono i diritti fondamentali di qualsiasi cittadino in
posizione di assoluta prevalenza.
Qui
non si tratta di essere garantisti o colpevolisti: è riprovevole la
neo xenofobia salviniana, come è altrettanto riprovevole la
dichiarazione di Di Maio in cui definisce il decreto odierno anti
Siri "la vittoria degli onesti": forse intende vittoria sui
disonesti? Ed da chi egli si ritiene in grado o abilitato alla
pronuncia di vere e proprie sentenze?
Il
Presidente del Consiglio sostiene che il corso e la durata di un
procedimento giudiziario sono diversi dai tempi di valutazione
"politica" di una inchiesta avviata.E' vero, anche perchè
questa dichiarazione lascia chiaramente intendere la profonda e
necessaria "alterità", sul piano costituzionale, tra i
poteri dello Stato.Il problema è proprio questo, che la nobile e
sacrosanta "alterità" voluta dai padri costituenti ormai
da tempo mal si concilia con l'applicazione contingente delle leggi
ordinarie e con le azioni spesso reciprocamente ingerenti sostenute,
di fatto, da un indirizzo politico che molta presa esercita
sull'opinione pubblica, ma di populismo parleremo un'altra volta.