7 mag 2014

Simpatico appunto di Domenico Cacopardo sull’attività del governo Renzi

Ryan Crocker, numero due del generale David Petraeus in Iraq, teorizzò la pazienza strategica come metodo per superare le difficoltà dell’insorgenza e ricondurre il Paese alla normalità.
Matteo Renzi che, probabilmente, non conosce la differenza tra tattica e strategia, propone all’Italia il metodo opposto, che si potrebbe chiamare dell’impazienza ontologica.
In esso, trova uno spazio privilegiato il neoconformismo populista nel quale il premier spera di aggiudicarsi il primato.
Gran parte delle riforme di cui ha parlato agli italiani come cosa fatta, sono soltanto titoli delle copertine di files in attesa che siano trovati contenuti accettabili, nel senso che non smentiscano platealmente gli annunci e, al contempo, non scassino del tutto la finanza pubblica. Pare che sia andata in questo modo per i mille euro l’anno da dare ai 10.000.000 di italiani sotto i 25.000 euro di retribuzione annua: la dichiarazione di Renzi uscì così, naturalmente, dalla sua bocca, senza che fosse stata concordata con Pier Carlo Padoan e che, soprattutto, ci fosse una pallida idea sul dove trovare le necessarie coperture.
L’indulgenza dei media ha evitato che fosse messo sotto accusa per l’assenza di provvidenze e aiuti a coloro che, essendo sotto gli 8.000 euro annui, non presentano dichiarazione dei redditi e non possono essere beneficiati, anche se ne avrebbero maggiore necessità, degli 80 euro mensili.
La cosiddetta riforma della pubblica Amministrazione, affidata a quella povera sbadata, neo mamma, della Marianna Madia, è, anch’essa una copertina con incerti contenuti. Contiene 44 punti che nessuno dello staff renziano si è preso la briga di controllare: se qualcuno l’avesse fatto, avrebbe scoperto che gran parte di essi è già stato oggetto di leggi approvate dal Parlamento alle quali occorre dare piena attuazione. Un’uscita, questa sull’Amministrazione che assomiglia a ciò che ordinavano gli ammiragli di Franceschiello ai marinai: «Faciti ammuina!» Agitatevi, urlate, ma non sparate un colpo vero.
“Sciocchezzuole da gufi”, direbbe l’exsindaco di Firenze: ma saranno proprio le sciocchezzuole e i gufi a seppellirlo presto se non si renderà conto che amministrare l’Italia è ben diverso dall’amministrare, con tutto il rispetto, Firenze.
Del resto, le continue dichiarazioni di ostilità o di ridimensionamento di questo o quel corpo dello Stato fanno più danni al governo e all’Italia dei concreti provvedimenti che saranno adottati. C’è una vecchia filastrocca romana che ricorda come l’uomo che prometteva all’agnello «Domani  temagno, domani, te magno!» finisse incornato da quel mansuetissimo animale.
Si può dire che questo sia il metodo Renzi. Esso è però diventato il mood (nel senso di disposizione o inclinazione) di tutti i ministri della sua parrocchia, anche di quell’ectoplasma invisibile che è la ministra Mogherini che ha minacciato più volte gli ambasciatori per le retribuzioni complessive che percepiscono. Una via come un’altra per predisporsi a qualche evitabile scivolone, nel momento in cui qualcuno di importante alla Farnesina non le impedirà l’ennesima pessima figura.
L’altro aspetto negativo del mood stesso è l’assenza di garbo personale e politico. Senza rivangare la rottamazione di gente come D’Alema (ma non della Bindi o di Zanda, dai curricula meno prestigiosi ma appartenenti entrambi all’immarcescibile genìa exdemocristiana), va ricordato l’incredibile e inaccettabile trattamento riservato a Staffan de Misturache, dopo una prestigiosa carriera nelle Nazioni Unite (ultimo incarico capo della delegazione in Iraq), accettò di diventare il rappresentante speciale dell’Italia (cioè l’esecutore,  in loco, delle direttive di Roma) in India per la questione dei marò: allontanat o dalla predetta Mogherini senza una parola ufficiale di ringraziamento per far posto a una commissione di esperti ancora da nominare. Per snellirei tempi di decisione suggeriamo (in modo rispettoso): il bidello della scuola elementare di Rignano sull’Arno; il responsabile del “Dialogo interculturale” del comune di Reggio Emilia; l’infermiere capo dell’ospedale di Montecchio nell’Emilia (RE); il veterinario condotto di San Godenzo, ameno villaggio in provincia di Firenze. Un think-tank degno dei premi Nobel che arricchiscono il governo del bel Paese.
Un’ultimo, amichevole, rilievo: Roberta Pinotti, ministra della difesa, ha dichiarato che l’Italia è pronta a fornire truppe a una missione di pace in Ucraina. Al ministero dell’economia nessuno sa niente. Già, ci vorrebbero coperture. Inoltre, con una difesa così sotto stress come la nostra, con la necessità di rivederne il modello e di ridimensionarlo, chi può pensare, a parte qualche militare di stato maggiore, che si possa dare il via a una nuova missione che sarebbe un pugno nell’occhio alla Russia, nostro principale fornitore di olio e gas? Pietà, Pinotti, pietà: «Prima de parlar, tasi!»



6 mag 2014

Un pensiero sul nuovo articolo di Domenico Cacopardo sul calcio

di domenico Cacopardo
Dopo i gravi fatti di sabato in occasione della finale di Coppa Italia, se vivessimo in un Paese normale, avremmo già appreso che il questore, Massimo Mazza, e il prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro, prima di essere rimossi, hanno presentato le loro dimissioni nelle mani del ministro dell’interno Alfano.
È vero che il problema principale non sono loro, ma la Figc, la Federcalcio, diretta da tempo immemorabile da Giancarlo Abete, ex deputato DC, sopravvissuto a tutti i commissariamenti, compreso l’ultimo fugace del professor Guido Rossi. Questa metafora dell’Italia che è il calcio, avrebbe tante spiegazioni da dare agli italiani, mentre è richiuso nel suo bunker autoreferenziale di via Allegri sordo a ogni richiesta di trasparenza e di aggiornamento. Legata in modo indissolubile a quell’altro eletto organismo di galantuomini che è la Lega di Serie A, diretta dal 2009 da Maurizio Beretta exgiornalista Rai, exdirettore generale di Confindustria versione Montezemolo, e dal 2011 in evidente conflitto d’interesse per la nomina a responsabile della struttura Identity and Communications di UniCredit.
La madre di tutte le spiegazioni riguarda il perché le presidenze delle squadre di calcio siano così ambite, quando i bilanci sono dissestati e, formalmente, le perdite si accumulano anno dopo anno.
Dato che né la Lega, né la Federazione si pongono il problema, la questione potrebbe interessare la Guardia di finanza che, con gli  strumenti di cui è fornita, potrebbe esaminare le centinaia di transazioni estero su estero o Italia verso estero che ogni anno le società calcistiche effettuano con gente improbabile (alcuni procuratori) in paesi privi d’ogni trasparenza.
Dovrebbero spiegare il perché di un sottile permanente boicottaggio alla realizzazione di stadi delle società, quando in tutto il mondo sono in prevalenza delle società medesime. Si dice, nella Roma pronta alle dietrologie, che la realizzazione degli stadi privati priverebbe (la ripetizione è voluta) del potere derivante dalla gestione di stadi pubblici, un potere ben esercitato nel 1990 per i campionati mondiali di calcio.
Dovrebbero spiegare perché, nel caso in cui un presidente sia stato condannato per reati significativi (dalla truffa all’evasione fiscale), non vengano applicate le norme statutarie che prevedono il suo allontanamento dagli organi direttivi di Lega e Federazione e dai consigli di amministrazione delle società calcistiche.
Dovrebbero spiegare la totale opacità che riguarda la gestione della classe arbitrale, le scelte degli arbitri, i compensi e i benefici derivanti da attività pubblicitarie.
Dovrebbero spiegare il perché non si affronti con la dovuta severità la gestione della giustizia sportiva e, quindi, i procedimenti per le partite compravendute, eliminando ogni geometria variabile.
Non caveremo una parola di chiarimento da lor signori su questi temi.
Il governo Renzi, con la sua voglia di rinnovamento, avrebbe un terreno fertile sul quale mettere le mani per Cambiare verso.
Detto questo, torna di fronte agli italiani il problema immenso di un sistema di polizie incapace di prevenire, si tratti delle partite, dell’assalto al cantiere Tav della Val di Susa, o delle aggressioni di Roma e Torino per il 1° maggio.
Eppure, nel governo, c’è chi sa dove mettere le mani, soprattutto in materia di intelligence: ci riferiamo al sottosegretario Minniti, uno dei pochissimi professionisti della politica e del ramo presenti in questa compagnia di giro in cerca di regia.



Non esiste prevenzione in questo Paese e Domenico Cacopardo, già esperto Consigliere di Stato..dovrebbe saperlo! Tanto meno nella disciplina del maggiore sport oggi esistente. Un’attività sportiva…per modo di dire..in considerazione delle grandi anomalie oggi esistenti: Questo sport pare non aver più nulla a che fare con una vera disciplina da quando, lo squilibrato inquinamento del denaro, lo ha compromesso con il potere.
Non a caso.. anche quando l’economia reale di un Paese è in declino, l’azienda calcio (che assorbe risorse da quella parte non del tutto attiva…legata alla pubblicità) continua incoerentemente il suo percorso, come restasse assente da un contesto sociale di una crisi.
E’ comunque vero che la finanza, se anche spinta dallo stesso governo.. avrebbe la possibilità di poter intervenire sui movimenti finanziari degli acquisti e vendite dei giocatori e gli eccentrici bilanci da approfondire attentamente. Ma possiamo davvero credere che possa esistere una tale volontà?
Sembra chiaro che questo gioco, espresso negli enormi anfiteatri dello sport..rappresenta una chiara valvola di sfiato per un popolo che sfoga una buona parte del suo istinto represso. Quando gli stessi Stadi (ossia le arene di una volta)  tendono ad amplificare tali sfoghi in una sorta di sublimata liberazione ….si scaricano   emozioni che fanno comodo al sistema dei potenti che lo guidano.. perchè utili a distrarre dalle problematiche più importanti relative al lavoro, al vivere comune, al sociale e di tutto quel campo di primario interesse politico…
Nulla cambierà mai... nonostante le continue promesse facenti parte del comune modo di esprimere un bisogno di sicurezza negli Stadi e la perenne retorica sulla differenza tra un vero tifoso ed un tifoso violento: Nell’arena… anche il più tranquillo degli uomini spinto dalla aberrante idiozia di una folla delirante… viene colto da impulsi che non gli appartengono. Con ciò non si vuole condannare lo sport ma quello che lo sport è divenuto in mancanza dei valori essenziali.. lontani mille miglia dagli interessi di tutti coloro che oggi vi girano intorno a puro scopo di lucro.

vincenzo cacopardo

Tra Pil e disoccupazione…si trascura il patrimonio del Sud






SI SPEGNE LA POLITICA DEL SUD di vincenzo cacopardo  

Il rapporto debito /Pil in Italia persevera in un peggioramento. Per quest’anno si attesterà al 135,2% e non vi sono nemmeno buone previsioni, se non fievoli, per il 2015 . Il prodotto interno lordo dell’Italia crescerà dell’ 0,6% nel 2014 e non è facile definire come si registrerà nel 2015. Si parla dell’1,2% ma queste previsioni le lasciamo ai tecnici che spesso non l’azzeccano per dirla come Di pietro.
Sta di fatto che una vera crescita è difficile poterla intravedere, malgrado l’ottimismo del nostro ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan il quale afferma che le misure adottate dal governo per l’economia italiana sono giuste e che anche la direzione deve essere quella.
Intanto dalla Commissione Europea arrivano anche stime sulla disoccupazione del nostro Paese che peggiorano portando il tasso del 12,2% del 2013 al 12,8% di quest’anno e stimando approssimativamente nel 12,5% quella relativa al 2015.
Ma quello che si trascura è la differenza con i dati del Mezzogiorno e.. se dovessimo metterli a confronto con quelli nazionali, ci accorgeremmo della smisurata diversità già messa in evidenza nei dati della disoccupazione. Se al Nord si vivacchia al Sud si muore di un immenso sconforto avvalorato da una carenza di vera politica costruttiva, da una mancanza totale di uno Stato noncurante del valore che potrebbe portare al Paese la sua bellezza naturale.
E’ difficile poter comprendere l’inerzia di una linea politica economica di questi ultimi tempi verso il Sud ed ancora più incomprensibile non valutare attentamente uno studio di crescita che il mezzogiorno deve operare attraverso lo Stato ed una Comunità europea nel sostenere un piano infrastrutturale.. senza il quale non solo non crescerà l’intero Paese, ma rischierà di incancrenirsi gran parte dell'intero stivale per la diffusione di una illegalità oltre ogni confine. Manca una politica in favore del Sud, e forse manca anche una figura politica di questo territorio capace di portare avanti un simile messaggio.
La politica fiorentina, un pò boriosa ed un pò distratta, di Renzi.. come quella del recente passato, continua a trascurare l’importanza del mezzogiorno che invece rappresenta il vero volano per la crescita dell’intero Paese. Il Sud merita maggiore considerazione perché proprio dal mezzogiorno potrebbe nascere quell’impulso verso lo sviluppo di tutta la nazione: Le naturali risorse, sono la base principale di un futuro processo economico proseguito dalla fattiva opera di chi poi vi deve lavorare.
Si dovrebbe tenere nel giusto conto il territorio del Sud della nostra nazione che è naturalmente portato per ricevere turismo, per esportare prodotto agricolo ed ittico. Queste voci assieme ad alcuni prodotti tipici artigianali e di manifattura, dovrebbero rappresentare i settori principali da tenere in considerazione e potranno essere gli importanti indirizzi attorno ai quali sarà consequenziale costruire una serie di servizi a supporto che offriranno all’indotto altre occasioni per le più giuste attività. Ma considerata l’eterna mancanza delle adeguate infrastrutture di base adatte a qualsiasi sviluppo, sarebbe obbligo del nostro Governo favorirne la realizzazione attraverso un immediato efficiente piano d’investimenti poiché qualunque incentivo non sarà mai in grado di compensarne la mancanza. (Sarebbero bastati i dieci miliardi che garantiranno 80 euro in più al mese a dieci milioni di lavoratori, per dare impulso ed apertura ad una miriade di cantieri per le infrastrutture del Sud).
Non servono le ricette già sperimentate di leggi che permettono finanziamenti privati diretti verso l’illogica nascita di realtà produttive inutili, ma un intervento pubblico studiato al fine di realizzare infrastrutture adatte e più utili. Il territorio è uno dei fattori su cui maggiormente si misura la competitività di un’area, ed il Sud non avendo adeguate infrastrutture, non potrà mai avere opportunità di sviluppo, trascinando con sé tutta la nazione. Opere di primaria importanza dovrebbero essere studiate attraverso un coordinamento tra le Regioni pertinenti e la Presidenza del Consiglio, ma anche con il controllo della Comunità Europea.





5 mag 2014

Il punto di Domenico Cacopardo sulle prossime elezioni


di domenico cacopardo

Non mancano che tre settimane alle elezioni europee, ma per le strade del Paese non c’è nessun segno visibile dell’imminente confronto.
Matteo Renzi s’è collocato al centro del ring e, secondo un metodo ampiamente collaudato, dialoga direttamente con i cittadini. Qui, in Emilia Romagna, la sensazione è che il corpaccione storico del Pd, quello che discende dai comunisti di rito bolognese, non sia interessato alla contesa. Anzi, un risultato insoddisfacente riaprirebbe i giochi restituendo un ruolo a gente come Bersani, lo statista di Bettola.
Non si riflette sull’importanza di questo appuntamento, sia per il futuro politico dell’attuale coalizione di governo, sia per il futuro politico dell’Italia nei rapporti con l’Unione europea e chi la dirigerà.
Berlusconi, sempre più spento, tenta di rinserrare le fila dei fedelissimi e può, comunque, contribuire al contenimento di Grillo e dei suoi grillini, evitando di allargare il campo dell’astensione e del voto populista. Tenta di impedire, a livello nazionale, quello che è accaduto nel ballottaggio di Parma, nel quale i berluscones votarono Pizzarotti.
Grillo (Ipsos) è accreditato di un 23,7%, leggermente inferiore all’esito delle politiche.
La partita, però, è in corso e gli indecisi sono talmente tanti da poter frustrare ogni attesa.
L’aspetto più delicato dell’appuntamento del 25 maggio è costituito dall’esito del referendum implicito sull’Europa ch’esso manifesterà. L’astensionismo, oggi, oscilla tra il 30 e il 40%. In esso è compresa parte degli indecisi. Se assumiamo come ipotesi un numero intermedio, il 35%, i dati dei sondaggi si ridimensionano in modo impressionante. Il Pd, attestato sul 34,7%, avrebbe in realtà il 22,55% dell’elettorato. Grillo passerebbe dal 23,7 al 14,4. Berlusconi dal 19,3 al 12,43. Lega, Fratelli d’Italia e Tsipras da un complessivo 12,3 al 7,99.
Un’ulteriore analisi evidenzia i concreti elementi di preoccupazione rispetto al referendum Europa sì Europa no. L’astensionismo appare decisamente indifferente o avverso all’Unione e all’euro. L’abbiamo fissato al 35%. Berlusconi, Grillo e il trio Lega, Fratelli d’Italia e Tsiprastutti più o meno contrari alla moneta unica rappresentano il 35,43%. Quindi, il fronte contrario o tiepido supera, nei sondaggi, il 70%.
Una specie di tragedia nazionale e continentale.
Il rischio che s’è assunto Renzi, correndo in solitaria la regata elettorale risulta, quindi, eccessivo, vista la necessità di ottenere, contro tutti, non solo un successo, ma un successo tale da togliere a una parte dei contrari e dei dubbiosi ogni velleità di contrastare una ragionevole politica comunitaria (il semestre italiano incombe).
Il suo modo di governare, tanti annunci poca sostanza, non è convincente per gli italiani responsabili che conoscono il merito della partita in corso.
Non è troppo tardi per correggere il tiro e dare peso alle parole. Quelle sulla pubblica Amministrazione, enunciate in 44 punti, hanno dimostrato l’insufficienza e la sbadataggine dello staff presidenziale: gran parte delle enunciazioni, infatti, è già oggetto di norme in vigore.

Purtroppo, in questo, come in altri campi gli errori di gioventù non sono ammessi: gli statali votano anch’essi.

3 mag 2014

Una replica al nuovo appunto di Domenico Cacopardo

POLVERONI di domenico cacopardo
L’ultima sciocchezza a uso del pubblico entusiasta e di tutto il circo mediatico nazionale l’ha ammannita il cantante Pelù accusando Renzi di essere il figlio politico di Gelli.
Probabilmente, Pelù non sa chi era Gelli, quale sia stata la sua vicenda giudiziaria, quale il suo potere reale. Che, insomma, a parte il momento affaristico-golpista della P2 (inizio anni ‘80), Gelli non ha più esercitato alcuna influenza sull’Italia e sulle istituzioni, tornando a essere quello ch’era stato, un piccolo imprenditore aretino con molti problemi di sopravvivenza economica. L’ha evocato per far colpo, per piacere a coloro ch’erano in attesa di chi le sparava più grosse per spellarsi le mani con gli applausi.
Sono, però, certo che la maggioranza di coloro che si assiepavano il 1° maggio a Roma in piazza San Giovanni possiede gli strumenti critici necessari per sceverare il credibile dalle sciocchezze e dalla demagogia. Era lì per partecipare a una festa tradizionale, in un periodo in cui le gite fuori porta sono passate di moda. E per manifestare un’esigenza condivisa, quella che i problemi dei lavoratori rimangano al primo punto all’ordine del giorno.
Non è con le frasi alla Pelù che si fanno passi avanti.
Non siamo pro-Renzi né anti-Renzi: sappiamo che la rischiosa scommessa –un premier giovanissimo con grande comunicativa, ma dalla consistenza ancora sconosciuta-, dà all’Italia un’opportunità di cambiamento come non si era mai verificata da trent’anni a questa parte, dai tempi del Progetto socialista e del tentativo di avviare una sostanziosa riforma istituzionale.
Purtroppo, un ventennio di seconda Repubblica ha diviso l’Italia in due fazioni che continuano a confrontarsi anche oggi che si sono frantumate e che è entrato in scena il Movimento 5Stelle. E, quindi, qualsiasi discorso riformista viene complicato da problemi di schieramento e di polemica elettorale.
Anche in questi ultimi tempi, la moneta cattiva caccia dalla scena la moneta buona. Il mix di bugie demagogiche, di complottismo, di invenzioni puerili e di constatazioni delle situazioni di fatto, utilizzato in modo spregiudicato da Grillo e  dal suo guru, ha fatto presa tra tante persone giustamente stufe del crescente degrado senza prospettive di miglioramento.
Ma prima di prendersela con Renzi o con il potere bisognerebbe fare i conti con noi stessi e con le nostre scelte.
Assodato che siamo all’interno di una crisi globale dei paesi industrializzati, dovremmo affrontare la crisi specifica italiana che ha condotto migliaia imprese fuori mercato, tanti lavoratori a casa insieme a tantissimi giovani in attesa di primo impiego. Allora, possiamo renderci conto, per esempio, che l’energia costa in Italia molto di più che nelle nazioni concorrenti e che questo è uno dei prezzi che paghiamo al rifiuto del nucleare, sancito da due referendum, uno dei quali promosso proprio dallo strepitante Grillo. Che la difesa dei posti di lavoro compiuta dal sindacato ha anchilosato le aziende conducendole al collasso. Il rifiuto di rendere flessibile il mercato del lavoro nella lotta al precariato ha bloccato un fisiologico ingresso di mano d’opera in fabbrica. Le idee su cui s’è trincerato il mondo del lavoro sono suicide: nel tempo in cui non ci sono opportunità di occupazione, un lavoro precario è sempre meglio che niente. E i negozi aperti il 1° maggio danno una retribuzione, anche modesta, a chi vi è stato impegnato.
Un contributo decisivo al disastro nazionale e alla mistificazione è da attribuire a tanti protagonisti del mondo televisivo votati a fare ascolti esasperando i toni con i casi marginali, mai a compiere vera, dura, impietosa opera di informazione.
Ora a palazzo Chigi, c’è Renzi con la sua improbabile compagnia di personaggi in cerca d’autore (a parte qualcuno). Nonostante ogni perplessità, va sostenuto, anche con la critica spietata, non combattuto con sciocche parole d’ordine e bugie.
Benché molti non se ne rendano conto, siamo nella stessa barca e, per riprendere una decente navigazione dobbiamo tutti darci da fare in spirito di verità.


  
Probabilmente ha ragione Domenico, ma vi è un fatto innegabile che non si può nascondere e che si chiama paura. Paura delle bugie, paura di ritrovarsi di nuovo nelle identiche condizioni, paura di una politica che vive ancora attraverso l’immagine di figure che sembrano dover accampare verità. Non v’è dubbio che Renzi raffigura una di queste figure e tanto più lui si ostina con la sua decisa politica dei fatti …maggiori sono le perplessità che si possono nutrire per la faciloneria con la quale le sottopone. La sua estrema sicurezza da un lato aiuta, ma dall’altro incute timore poiché le sue sono scelte troppo affrettate ed assolute che in corso d’opera mutano in continuazione.
Mentre si festeggiava la festa dei lavoratori(oggi da molti ironicamente chiamata festa dei disoccupati) si stava consumando un’altra tragedia che coinvolgerà quattromila famiglie di dipendenti della “Lucchini”.. i quali potrebbero perdere il proprio lavoro.. paventandosi la chiusura dell’alto forno dell’antica fabbrica di Piombino.
Grillo ha subito espresso, forse in modo troppo accentuato, il suo sdegno per la politica passata (facendo espressamente riferimento al PD) che ..con la sua negligenza ha omesso di preventivare il problema non apportandovi da tempo le giuste soluzioni….Se Grillo può anche avere esagerato…non v’è dubbio che la politica del nostro Paese.. non si è mai preoccupata di studiare piani di lavoro innovativi a beneficio del territorio, né di preordinare analisi in senso di uno sviluppo territoriale più congenito. Ancora oggi nell’opera di cambiamento proposta dal nuovo Premier questa ricerca è assente.
Ora..si fa presto a suggerire che siamo nella stessa barca e dobbiamo tutti insieme riprendere una decente navigazione in spirito di verità. Pur avendo una figura di Premier che annuncia in continuazione il cambiamento (come sembrasse essere inviolabile e solo suo) ogni paura rimane ed è profonda.. poiché tocca il lavoro e cioè quello che la società oggi considera come l’unico vero valore a protezione della propria dignità, e tocca anche e soprattutto il denaro.. che persino quando si è in una barca in mezzo al mare, riesce a condizionare sull’ordine e la sopravvivenza.
Non per difendere l’indifendibile Grillo parlante, ma la sua.. oggi.. rappresenta l’unica voce in grado di sfondare quelle spesse mura di Gerico di un sistema ancora in essere e che con Renzi assume le vesti ostentate di un cambiamento che domani potrebbe presentarsi assai più rischioso.
Ci saranno anche i polveroni..ma restano tante incertezze e paure..

vincenzo cacopardo 

2 mag 2014

Un commento al nuovo articolo di Domenico Cacopardo del 1°maggio 2014

L'EURO E IL VELOCISTA BOLT
di domenico cacopardo

Secondo l’ultimo sondaggio Ipsos, la percentuale delle astensioni, il 25 maggio,raggiungerà il 40%. Confrontando questo dato con altre valutazioni, la forchetta dell’astensionismo è tra il 32% e il 40%.
Sempre secondo Ipsos il Pd è al 34,7%. Rapportato a un 35% di non votanti, rappresenta il 22,55% degli elettori. Grillo è al 23,7%, quindi al 15,4% degli elettori. Forza Italia è al 19,3% corrispondente a un 12,54%. Lega, Fratelli d’Italia e Tsipras totalizzano un 12,3% che è pari al 7,99%.
La rappresentazione quotidiana messa in scena dai soliti, vecchi e rottamandi conduttori di talk-show trascura il dato e la presa reale dei cinici politicanti in circolazione che annunciano, per esempio, la conquista della maggioranza disponendo di un modesto 15,4%.
Queste elezioni, in effetti, sono sentite, in tutto il continente, come un referendum sull’euro e sullo stato dell’Unione.
Sulla base di questa constatazione, possiamo ritenere che il 35% degli elettori, che, a oggi, non intende votare, è disaffezionato e, quindi, contrario all’euro. A esso va aggiunto il 15,4% di Grillo e il 7,99% degli altri antieuropeisti. Con tutte le riserve che valutazioni del genere impongono, si può dire che, sul totale dell’elettorato,i non sostenitori dell’euro ammontano al 58,39%. Una chiara maggioranza, che rimarrebbe tale anche se l’astensionismo scendesse al 30%.
A Berlino, a Francoforte, a Bruxelles (non a caso ho posto Berlino e Francoforte prima di Bruxelles), a Roma qualcuno dovrebbe interrogarsi su questi numeri e, soprattutto, sul sentiment che non è solo italiano, ma riguarda tutta l’Europa, con particolare gravità nel Sud. È vero che questo Sud, nel quale si addensa la maggior parte dei problemi, non ha né una chiara leadership (la Francia è legata al carro tedesco senza sì e senza ma) né una coerente politica. L’imberbe Renzi dovrà giocarsi un ruolo europeo nei sei mesi di presidenza italiana. Visto il suo approccio nazionale c’è da dubitare che possa conquistare una vera e sostanziosa visibilità, data la scarsa sostanza.
È altrettanto vero che dalla Commissione che verrà occorreranno segnali di maggiore attenzione rispetto alla diversità economiche, sociali e politiche delle nazioni associate. Per dare l’idea, basta un semplice paragone.
Abbiamo un velocista (la Germania) come Bolt che corre i cento metri in 9” e 58 decimi. L’Unione europea e l’autorità monetaria hanno decretato che tutti i paesi corrano alla medesima velocità di Bolt. Insomma, un task impossibile e demenziale.
Tanto è vero che le strettoie di bilancio e di investimento non hanno prodotto altro che il permanere di una recessione deflattiva come non si era mai vista nella storia.
A questo punto, non ci sono molte scelte: l’unica via possibile è la via del realismo, cioè l’abbandono tout-court del Fiscal compact, irresponsabilmente firmato dall’Italia per mano di Mario Monti, la revoca dell’obbligo costituzionale di pareggio del bilancio e la definizione di un percorso ragionevole (comunitario) di risanamento e uscita dalla crisi.
L’alternativa è una sola: il crollo dell’Unione e la fine dell’euro. Le tragiche conseguenze sono ampiamente note, soprattutto per un Paese come l’Italia che deve gestire un immenso debito pubblico.




Credo anch’io che l’uscita dall’euro provocherebbe un vero disastro per la nostra economia e.. non solo per il pesante debito pubblico già stigmatizzato da Domenico, ma anche per una chiara mancanza di materie prime che il nostro Paese non ha: Sappiamo bene che il nostro paese vive soprattutto di manifattura ed altre risorse come il turismo e l’agricoltura e può spingersi solo verso le idee e l’innovazione.
Sarebbe stato più giusto non entrare a far parte di questa moneta.. se non attraverso dei patti più precisi e comunque in relazione ad una comunità europea che avrebbe dovuto affrontare prima ben altri problemi di cui abbiamo ripetutamente scritto. Una volta entrati in questo tunnel rimane quasi impossibile uscirne.
Mi permetto di aggiungere alla metafora del cugino Domenico che oltre a doverci battere contro Bolt, nei terrirori del nostro Sud.. sembriamo dover competere come dei veri paraplegici.    
Ogni forma di progetto Europeo può rimanere utile e funzionale.. se nel contempo si opera un piano strategico che veda un coinvolgimento della Comunità Europea al fine di poter apprestare giuste ed indispensabili infrastrutture per i territori del sud che sono ancora rimasti indietro . Questa strada rende anche necessario il metodo con cui si affronta oggi un sistema di crescita, che non può vedere un’esclusiva applicazione di misure fiscali, ma tenere in considerazione la storia, la cultura e le risorse dei singoli territori.
E’ vero!,,sarebbe il caso di abbandonare le scelte del Fiscal compact e l’obbligo costituzionale di pareggio del bilancio, ma basterà questo a far crescere un paese come il nostro con la palla al piede di un meridione verso cui la politica ha dato risposte solo e sempre inconcludenti?
Non si può non credere ad un’Europa..come non si può ormai più uscire dalla moneta unica, ma la Comunità europea deve potersi esprimere in modo diverso Nazione per Nazione in base alle proprie necessità e valutando a fondo l’importanza della cultura e delle risorse locali.
vincenzo cacopardo

la posta di Paolo Speciale

IL CULTO DELL'EMPIETA' di paolo Speciale
Intensi sono stati il calore e la passione con cui ha battuto le mani, insegno di solidarietà, una inquietante moltitudine di tutori dell'ordine ad alcuni colleghi già condannati con sentenza definitiva.
I giudici hanno accolto la tesi della “colposità” nel reato contestato ai protagonisti della triste vicenda del giovane Federico Aldrovandi.
Invero, non stupisce più di tanto l'ennesima inopportuna esternazione di sentimenti deviati, quale pratica attuazione di una ideologia viziata e corrotta che, anche per profonda ignoranza ed a causa di pubbliche selezioni e percorsi formativi poco accurati, determina la pericolosa confusione ontologica tra il mandato di servizio in favore dei cittadini ricevuto dalla stessa collettività con la facoltà –abuso di potere prevaricare su di essa stessa.
Fa riflettere la dilagante, rinnovata e talvolta feroce empietà che si impadronisce delle singole coscienze, cancellandole anche a posteriori dell'evento indotto e privandole dunque così anche del necessario -e diremmo naturale – pentimento.
La condivisibile espressione “nessuno tocchi Caino” - sempre che di Caino si tratti e non ci pare questo il caso - trova fondamento sulla sacralità e sulla assoluta intangibilità della vita umana, vista come diritto inalienabile secondo la più evoluta e civile accezione sociale, nonché come dono secondo quella prettamente religiosa.
In entrambe le intenzioni dovrebbe occupare un posto insostituibile la pietà, intesa come sentimento presente ed innato in ogni uomo, dono complementare alla virtù della carità troppo spesso represso.
Ma sempre più oramai si tende ad infierire con ogni mezzo sull'altro nella piena consapevolezza dell'essergli manifesto apporto di danno, talvolta anche fatale.
Pensiamo infatti stoltamente di poter decidere su ciò che non ci appartiene e di cui abbiamo solo il possesso, e lo facciamo nome di una autorità  che ci siamo autoconferiti, generata esclusivamente dal cattivo uso della libertà di cui disponiamo.

Di qui la negativa conseguenza social-contingente determinata dalla riprovevole azione di quella parte “ammalorata” dello Stato garante-tutore, che così finisce con il compiere, malgrado i comunicati ufficiali di condanna, la propria identificazione morale– impropria e paradossale - con il proprio violatore, agendo addirittura con metodi ancora più esecrabili di esso.

30 apr 2014

La libera comunicazione del Cavaliere..un argine al Movimento 5stelle?


UNA SINGOLARE PENA
di vincenzo cacopardo 
Col solito documento piegato nella mano destra che  di continuo sventola per richiamare l’attenzione su un impegno ( esclusivo oggetto di una sua comunicazione) Silvio Berlusconi, intervistato da Corrado Formigli, persevera contro una corrente della giustizia con finalità di intervento politico. Insiste dichiarando ridicolo pensare che possa ritenersi  rieducato con la consegna ai colloqui quindicinali con gli assistenti sociali. 
Se.. per questa pena da scontare non si può che essere d’accordo anche per il semplice fatto che gli rende una immensa possibilità di comunicare attraverso un teatrino a dir poco spettacolare, sembra più difficile pensare che le sue parole circa la magistratura politicizzata, lasceranno il Tribunale di sorveglianza in silenzio dopo le ordinanze imposte il 15 aprile scorso dal provvedimento della Sorveglianza. Potrebbero persino costargli una agibilità politica spedendolo agli arresti domiciliari.
Con la solita ossessione del “colpo di Stato” riguardo alla sua sentenza, il Cavaliere continua a provocare, ma quello che non si percepisce bene è la convenienza dato il fatto che l’attuale pena gli offrirebbe maggiori vantaggi. Vantaggi che.. tra l’altro.. non dovrebbero essergli offerti e che si interpretano come un errato insegnamento per quei cittadini i quali si sentiranno di poter commettere frodi appellandosi alla ridicola pena di quattro misere ore alla settimana.
Un ulteriore anomalia del sistema giudiziario che sembra solo continuare ad ammonire Berlusconi con avvisi e senza decisioni definitive.. non esistendo un vero tetto alle diffide oltre il quale scatta in automatico la perdita del beneficio. Ma nell'intervista a Formigli, l'ex presidente del Consiglio chiama in causa anche il capo dello Stato, reo di non avergli concesso motu proprio la grazia. Un’ulteriore provocazione che oggi viene permessa ad un simile personaggio politico al quale continuano a proporsi interviste.
E’ più che chiaro, quindi, che tali concessioni non possono che essere volute in forza della maggiore preoccupazione di oscurare la figura di chi potrebbe.. in un certo senso.. arginare un più ampio consenso alla politica di Grillo: Si rende aiuto ad una comunicazione di Berlusconi perché il suo Partito dovrebbe porsi come l’unica vera opposizione al governo..potendo così limitare la marcia di un Movimento antisistema che continua a mettere ansia ai potentati vigenti.
Da ciò anche l’attaccamento studiato a tale personaggio promosso dal furbo sindaco d’Italia che non perde occasione di approfittarne.   




29 apr 2014

Una nota al nuovo articolo di Domenico Cacopardo

di domenico Cacopardo
La luna di miele tra Matteo Renzi e il Paese è terminata. Una cosa normale, se il suo arrivo in politica non fosse stato accompagnato da attese messianiche, peraltro ampiamente deluse.
E, nonostante tutto, l’esperimento avviato dall’exsindaco di Firenze va sostenuto: la sua caduta, infatti, renderebbe ancora più drammatica la crisi e ci avvierebbe, infine, a quel commissariamento europeo (molto positivo dov’è stato applicato)non voluto da Monti, che considerava se stesso il commissario.
La questione è la solita: le riforme. Non si sono fatte e non si fanno. E quelle di cui ha parlato Renzi sono impantanate alla Camera (lavoro) e al Senato (istituzionali). Giorgio Napolitano s’è speso per rimettere in moto la macchina, ma il premier dovrà piegare la propria protervia alla necessità di cercare e trovare intese anche con i propri gruppi parlamentari, in maggioranza ostili al nuovo corso. E si vede, eccome!
Del resto, sotto elezioni, una sconfitta di Renzi avrebbe effetti devastanti sul Pd, in cui gli excomunisti sono prevalenti, ma gli exdemocristiani governano. Ne risentirebbe il Paese che ha iniziato il cammino del rilancio  secondo modalità che, purtroppo, non produrranno più occupazione.
Cresceranno i profitti. Gli investimenti solo a condizione che si liberalizzi il mercato del lavoro e che il fisco assuma dimensioni accettabili.
È inutile intervenire sulle retribuzioni, diminuendole: è una tassazione surrettizia, mentre occorre tagliare drasticamente le uscite e porre una diga alle vere dissipazioni, ricorrendo a conoscitori della macchina dello Stato, non a consulenti formatisi in organismi internazionali, alla Cottarelli, che nulla sanno nel merito, o a funzionari municipali. E poi, l’inesperienza totale dei ministri del Pd, a parte Poletti e Padoan, aggrava una situazione di patologica insufficienza del personale di governo.
C’è voluto, il 25 aprile, il richiamo di Napolitano per far riflettere gli italiani sulle sciocchezze uscite dalla bocca della ministro della difesa Roberta Pinotti (e da quella di Cottarelli): prima di affermare tagli incoerenti e prematuri, occorre riflettere sul modello di forze armate di cui abbiamo necessità, tagliando drasticamente la base e il vertice dell’apparato militare, risparmiando sul numero degli uomini e guadagnando in professionalità ed efficienza. Prima di cancellare il programma F35, bisogna definire l’entità della forza aerea che serve all’Italia. Allo stesso modo va affrontata la questione delle due portaerei costruite in un occasionale delirio di potenza.
Insomma, lo svelto Renzi si sta preparando agli esami di maturità con una classe di rimandabili.
Il ritorno in campo di Berlusconi è un aiuto insperato, visto che, comunque, contribuirà a ridimensionare il previsto successo di Grillo e l’astensionismo.
A proposito: a qualcuno, a palazzo Chigi, visti i sondaggi, è venuto il dubbio che le decisioni del governo e la comunicazione del premier non siano molto efficaci per contrastare la crescita del movimento a 5Stelle?
Insomma, c’è qualcuno che riflette su ciò che non va nel palazzo? E nel Paese?


Anch’io penso che qualcuno a palazzo Chigi dovrebbe porsi seriamente queste domande: la comunicazione ed alcune scelte decise del premier.. spesso non aiutano e determinano quasi meccanicamente una reazione che induce a scegliere la strada di un cambiamento forte e rischioso come quello più travolgente di Grillo.
Se continua questa determinazione e l’eccessivo assolutismo nelle scelte …è più che evidente che una buona parte dei cittadini si sposterà verso il Movimento di Grillo che rappresenta una vera rottura contro chi si è già posto similmente in questo ventennio. Renzi..come Berlusconi alza un’asticella troppo alta sulle riforme  importanti per il futuro della politica ed inoltre non manifesta un vero metodo sulle scelte di lavoro per la crescita. Non so dire, al contrario del cugino, se le capacità tecniche di Padoan e Poletti siano tali da proteggere il cammino avventato di una personalità come Matteo Renzi, ma di certo.. le vere scelte dovrà operarle chi guida il governo.. poiché sono scelte politiche.  E’ anche vero, come giustamente sostiene Domenico, che ormai l’esperimento va sostenuto. Ci ha creduto una politica allo sbando che oggi si trova quasi ricattata da questa figura oggi sostenuta nei consensi: Immaginiamoci cosa succederebbe se Renzi fosse messo alle corde (anche motivatamente) e decidesse di abbandonare!
Le attese messianiche le lascio ai cittadini..limitandomi a guardare il nuovo teatrino di una politica che oggi continua a sostenersi attraverso le figure assai plateali di Berlusconi, Renzi e Grillo, trascurando l’importanza di una seria ricerca di nuovi sistemi più utili al percorso di una funzionale politica.

vincenzo cacopardo

un articolo del consigliere Cacopardo sugli apprendisti stregoni

Se avesse studiato –o, almeno, letto- un qualsiasi manuale di strategia, Barak Obama avrebbe imparato che, in politica, occorre misurare i passi e le decisioni con la capacità di sostenerli, alla luce delle forze in campo.
Se avesse usato l’elementare prudenza che questa regola impone a chi ha responsabilità di comando, avrebbe cercato di valutare, prima di scatenare le rivoluzioni nel Nord-Africa, cosa sarebbe potuto accadere dopo.
Sono passati tre-quattro anni dalla Rivolta dei gelsomini, la prima, scoppiata in Tunisia, e il bilancio nello scacchiere è fallimentare. Nella stessa Tunisia, mercé la regia francese, la situazione sembra stabilizzata mediante un ragionevole compromesso costituzionale tra integralisti e laici. Si tratta di un accordo fragile che può andare in crisi da un momento all’altro, non appena gli islamisti si produrranno in qualche nuovo affondo sulla condizione femminile o un attentato di loro adepti provocherà l’ennesima strage.
L’Egitto è uscito dall’instabilità e dalla sostanziale primazia dei Fratelli musulmani del presidente Morsi, vincitore delle elezioni, per il colpo di Stato militare che, presto, dopo una nuova consultazione, darà il governo al generale Mansour, ben deciso a ridimensionare il peso politico del radicalismo religioso. In una nazione dove esistono una borghesia laica e dove i giovani guardano a Occidente, il favore popolare sembra assicurato.
I disastri peggiori sono altri due: la Libia, in preda all’anarchia e con una forte presenza di milizie qaediste (presenti anche nel Sud della Tunisia) e la Siria, nella quale i qaedisti stessi hanno preso in mano il movimento anti Assad con tutte le drammatiche conseguenze di cui si legge sempre meno nei quotidiani occidentali, tutti sposati alla causa dei ribelli. Nemmeno le continue stragi di religiosi cristiani, la biblica fuga di qualche centinaio di migliaia di siriani verso l’Europa, riescono a introdurre un po’ di realismo nelle valutazioni delle opinioni pubbliche continentali. I governi, invece, sembrano più consapevoli (anche se tacciono) e investono nel sostegno ai ribelli nonqaedisti con risultati poco rassicuranti. Gli esperti valutano che i non siriani nelle file dei anti Assad siano la maggioranza e che appartengano a oltre 250 nazionalità diverse (in maggioranza, però, ceceni). Non è nemmeno chiaro dove sia oggi l’Arabia Saudita, visto che il suo sostegno al fronte rivoluzionario s’è trasformato in non voluto supporto al fronte di Al Qaeda (nemico n. 2, dopo gli sciiti).
Queste considerazioni sono la premessa di un breve ragionamento sull’Ucraina. Mutatismutandis, la questione sembra una Cuba rovesciata. Nella crisi di Cuba, Krusciev intendevano installare i propri missili a poche miglia dalla Florida. In questa, Obama intende completare l’accerchiamento dei russi con strumenti politici e militari.
C’è un secondo fine, nell’appoggio americano al governo provvisorio ucraino (nel quale ambienti della destra neonazista e xenofoba hanno un peso significativo): il ridimensionamento del ruolo della Germania, della sua ostpolitik, e dell’Europa nel suo complesso, più portata a commerciare che a competere con la Russia di Putin.
Alla fine, l’isolamento indurrà Obama a miti consigli per addivenire a un ragionevole accomodamento. Anche perché non ha altri strumenti di pressione, a parte il militare, opzione spuntata e, quindi, inesistente.

Ne valeva la pena?