19 mag 2014

Rabbia e ipocrisia di un falso cambiamento


di vincenzo cacopardo
Un po’ troppo ostentate le ultime dichiarazioni di Renzi contro il suo attuale avversario politico Grillo: Renzi ha perseverato sulla figura del leader del Movimento 5S, mettendola in risalto come quella di un comico dittatore. Il sindaco d’Italia ha poi affermato, in proposito ai recenti fatti dell’Expo, come un certo malcostume sia rimasto legato a scomode figure del passato che non appartengono più al suo Partito…(stigmatizzando il netto distacco con esse). Continuando poi.. con i soliti slogan a cui troppo spesso si aggrappa, ha messo in evidenza una ostentazione pari alla paura di poter essere sorpassato nei consensi dall’unico vero concorrente politico che oggi gli si oppone.
Ancora più farneticante è sembrato il commento di Berlusconi (ormai isolato nel suo percorso) sul comico di Bogliasco definito addirittura “un sanguinario”. In questa sua espressione più spropositata che ostentata.. si evidenzia tutto il panico di un uomo che ormai vive nel timore di non poter restare alla ribalta.. propagandando senza alcuna remora qualunque liquidazione dei prodotti di una certa “politica”: dalle dentiere..alle casalinghe, dai cani… alle pensioni minime a mille euro e tutto ciò che può essere utile al fine di attrarre consenso…Per il resto il vuoto!

Le offese contro Grillo ed il suo Movimento… fin troppo ostentate, non potranno che tornare indietro a favore dello stesso, il quale cavalcando il consenso della rabbia è sicuramente più attendibile nella marcia verso la rottura del sistema, ma assai meno per il futuro di un Paese che sembra non trovare altre strade più equilibrate…Ha comunque ragione a sostenere che oggi il suo movimento tende ad arginare ogni pericolosa deriva di violenza portata da quella stessa rabbia.

Ma a chi si deve dare conto..se non vi sono alternative? Grillo è l’emblema della rottura al sistema, ma non offre un futuro sicuro, attaccando in modo fin troppo pretestuoso la figura di Napolitano. Renzi rappresenta l’ipocrisia di un cambiamento costruito su un sistema che in realtà non intende cambiare. Berlusconi appartiene definitivamente al passato. I non votanti rappresentano il partito virtuale di coloro che non credono più a queste regole della politica.


In tutto questo bailamme una cosa sembra certa e la storia lo insegna: Prima o poi..la rabbia ha maggior possibilità di vincere su qualunque ipocrita cambiamento. 

17 mag 2014

GUARDARE ALL’ EFFETTO... PIU’ CHE AL PROGETTO


A differenza di tanti, io non sono così negativo sull’effetto che potrebbe scaturire da un successo del Movimento 5 Stelle, non perché sia con Grillo e Casaleggio (dei quali ho definito puntualmente l’assolutismo e l’autocrazia imperante in seno al loro movimento) ma perché credo che questa sorta di sfondamento delle spesse “mura di Gerico del sistema.. possa essere un’azione più utile al cambiamento: il difetto, in questa fase, forse sta nell’esigere da costoro un progetto preciso oltre alla più decisa azione di rottura.
Potrei filosoficamente aggiungere, attraverso una retorica diversa:- “per aspera ad astra”  (alle stelle attraverso le asperità) un motto che sta ad indicare che senza sacrifici non si realizzano gli ambiziosi traguardi. Ora…se quelli di Renzi e di coloro che lo hanno preceduto, possono apparire dei sacrifici, restano comunque sempre connessi ad un sistema che rimane costantemente immutato: Insomma ….se per realizzare un vero cambiamento occorrono sacrifici e se questi non sono utili al mutamento di un sistema ormai marcio ed antifunzionale come il nostro, io non avrò cambiato nulla, se..altrimenti ..il sacrificio comporterà un deciso cambiamento di rotta…allora avrò contribuito ad una vera metamorfosi…Quasi per tradizione..il nostro Paese resta  impaurito da questi forti cambiamenti, ma in parte affascinato dal nuovo che avanza..e questa è la ragione dei forti consensi!
Potrebbe apparire retorica, ma credo che l’opera del Movimento 5 Stelle debba essere vista solo in un’ottica innovativa per cambiare. Naturalmente una visione che desta paura perché qualsiasi mutamento pone dubbi e perplessità soprattutto quando si rischia di poter provocare danni assai maggiori in una società.
A tal proposito… penso che, in questa prima fase, lo sfondamento di un sistema malato come il nostro, potrebbe risvegliare (come del resto in parte ha già fatto) le coscienze ed il modo di agire di una vecchia Repubblica rimasta assonnata per un lungo periodo. Ma credo anche che subito dopo lo sfondamento, i nostri cittadini non lasceranno alcuno spazio.. se non ad azioni costruttive e ponderate, altrimenti l’effetto sarà quello di una rivoluzione.

Non voglio pensare che lo stesso Grillo, che vedo come una personalità sveglia (a prescindere dal suo modo di porsi) non intuisca questo e sia così poco intelligente da rischiare pericolose rivoluzioni violente che gli si ritornerebbero  indietro.. e sono più che convinto che il suo scopo sia quello di promuovere uno sfondamento di quelle “mura” attraverso azioni culturali e sociali.. più che materiali e violente. Questa è la ragione per la quale sono certo che il consenso al movimento sarà sempre più alto.. ma mai di maggioranza.

In fondo l’inserirsi in seno ad un Parlamento (sebbene con criteri molto discutibili sulle scelte dei rappresentanti e qualche scaramuccia in più del lecito all’interno della stessa Camera) rappresenta ancora un percorso consono ad ogni sistema di democrazia. Rimane il tono assoluto nei confronti degli iscritti al suo Movimento ed una democrazia interna poco chiara e meno definita di quella che viene ad evidenziarsi all’esterno. Ma questo resta un problema contenuto in seno al suo Movimento che potrà coinvolgere solo lui e la personalità degli adepti che vogliono farne parte.
vincenzo cacopardo    





Nuovo articolo di Domenico Cacopardo

LA DEMOCRAZIA, GLI EUROCRATI E IL FATTORE G
DI DOMENICO CACOPARDO
La reazione di Berlusconi e della sua Guardia, capeggiata da Renato Brunetta, è stata di facciata: la questione golpe, infatti, era già emersa da tempo e le recenti dichiarazioni dell’exsegretario al Tesoro americano, Thimoty Geithner ne sono state la conferma ufficiale.
Il problema va ben al di là del caso Berlusconi e del discusso ultimo suo mandato presidenziale cessato nel 2011 e investe direttamente l’Unione europea e quel Moloch che è la sua burocrazia. Occorrerebbe una reazione ferma delle istituzioni italiane, a partire da Giorgio Napolitano, tuttavia protagonista dietro le quinte nel delicato periodo del crollo della credibilità dell’Italia e del suo debito pubblico.
Anche perché il caso potrebbe ripetersi, e in qualche misura s’è ripetuto nei giorni scorsi con il rialzo dello spread, causato in gran parte dall’alleggerimento delle posizioni italiane in mano al sistema bancario tedesco.
E, se le sensazioni che circolano hanno qualche fondamento, anche Matteo Renzi non incontra il sostegno reale dell’estabilshment comunitario. Renzi (con il governo di pesi mosca, a parte Padoan, Poletti e Francheschini) come prima Berlusconi, infatti, mette in discussione la politica dell’Unione non sotto il profilo della eccessiva severità finanziaria, ma nel punto delicato dell’assenza di reale solidarietà nei nostri confronti. E questo alzare la testa non piace dopo i tempi di governanti italiani (da Amato a Ciampi a Prodi e a Monti) totalmente proni alla volontà dell’euroburocrazia: sia sulle ragioni di cambio lira-euro che su mille altri dossier in cui sono stati sacrificati gli interessi italiani. Ultimo il singolare ping-pong di dichiarazioni sulla questione immigrati che è esplosa in modo drammatico in questi ultimi mesi: gran parte della ragione di essa va individuata nella sconsiderata politica anglo-francese e americana nel Nord-Africa e in Medio Oriente, per una democratizzazione che è andata, nella realtà,  contro gli interessi italiani (effetto voluto) e a favore del terrorismo qaedista.
Bene fa, quindi, Renzi a tenere la schiena dritta a Bruxelles: non c’erano abituati, si vede.
Per converso c’è un elemento pratico nel cosiddetto golpe ed è l’inevitabile avvitarsi su se stesso di Berlusconi, dalle gioiose corna al vertice Ue, sino all’ultimo incontro di Nizza nel quale nessun capo di Stato ha accettato di essere fotografato con lui.
Purtroppo, la nostra democrazia è andata perdendo il senso della propria sostanza istituzionale e delle proprie obbligazioni all’estero (riparleremo del raccapricciante caso dei Marò) e in Italia: il voto palese su Genovese, dopo quello su Berlusconi, sono una evidente violazione dei regolamenti, tesi a impedire che sulle persone si voti in questo modo per
lasciare libertà di coscienza ai parlamentari che non debbono avere limiti di mandato, autodeterminandosi secondo scienza e coscienza.
Questo atto di abdicazione alla sostanza costituzionale, è stato perpetrato dal Pd per difendersi dal fattore G, Grillo cioè, l’eversore fascistoide che sta, col suo movimento-azienda personale condivisa con Goebbels-Casaleggio- giocando sulle difficoltà degli italiani per un folle progetto politico. Se si fosse votato a scrutinio segreto –era il pericolo tutt’altro che remoto- una parte consistente dei grillini avrebbe votato “No” all’arresto, attribuendo quei voti al Pd, in modo da consegnarlo a un immeritato (in questo caso) ludibrio popolare.
A braccia incrociate la maggioranza del Pd, nella speranza di un insuccesso del partito che travolgerebbe il boy-scout che lo guida con il governo, l’unica difesa della democrazia parlamentare rimane proprio Renzi, la cui grande pecca, in campagna elettorale, è l’insufficiente contestazione dei proponimenti dell’ex-comico genovese. Ma anche qui, è il fato, direbbe Shakespeare, che ha messo a capo dell’Italia una squadra di gente senza cultura né spessore politico.
I prossimi giorni (ormai poco più di una settimana) ci diranno di più.







16 mag 2014

Una recensione su un nuovo articolo di Domenico Cacopardo

MILANO SOTTOSOPRA 
di domenico cacopardo

È doloroso vedere Milano alla ribalta per una serie di vicende molto gravi, sotto il profilo morale e amministrativo. Vicende che seguono, a breve distanza il grande scandalo sanità.
Il fatto che si parli di un nuovo scandalo, significa che, per ragioni tutte da esplorare, i protagonisti hanno tranquillamente deciso di sfidare il fattore ‘giustizia’: nella loro percezione il rischio era marginale e, quindi, il gioco valeva la candela.
C’è poi il paradosso dell’assenza della grande borghesia (classe portante dello Stato liberal-democratico) lombarda sulla scena delle responsabilità istituzionali meneghine.
Del resto, non c’è una risposta ragionevole alla domanda: “Dov’è finita la borghesia italiana” (e, quindi quella milanese)?
È vero che il sindaco di Milano, benché militi a sinistra, è un alto borghese d’altri tempi, per propri e paterni meriti. Ma è anche vero che la sua sapienza giuridica non morde e che anche lui cade nella trappola della superficialità consentendo alla nomina di Alexander Pereira a Sovrintendente della Scala. Nessuno ha pensato ai possibili conflitti di interesse e, soprattutto, alla possibile disinvoltura di un affermato manager europeo rispetto a un problema del genere. Sarebbe bastato garantirsi contrattualmente. L’aspetto più sorprendente di questa insicurezza d’azione è il ricorso a esperti legali, quando il diritto amministrativo è una scienza compiuta nella quale è lecito confidare per risolvere in trasparenza le questioni più scabrose.
Allo stesso tempo, Milano è devastata dallo scandalo Expo, non proprio inatteso, dato lo stile piuttosto disinvolto con il quale in Lombardia si sono affrontati i problemi di assetto del territorio, tra immobiliaristi in regime di monopolio, nuove autostrade dalle strutture contrattuali labirintiche (con privative definite negli atti costitutivi a favore di qualche studio professionale), e un progetto come l’Expo in perenne difetto di ossigeno per ritardi, che, ora è tutto chiaro, sono stati scientemente cercati per ricorrere alle scappatoie più azzardate.
Tutto avviene mentre risuona l’eco, citata, del pasticcio sanità.
C’è poi il caso di Berlusconi, conferma pratica, inoppugnabile, della diserzione della grande borghesia lombarda rispetto al governo del Paese, acchiappato proprio da lui, outsider improbabile, disinvolto nella vita pubblica e in quella privata, capace di farsi organizzare festini a sfondo erotico nella propria casa da solerti procacciatori di escort.
Infine, l’incredibile scontro nella Procura milanese, nel quale, a pelle, hanno tutti torto, coloro che sono al potere e coloro che lo subiscono, questo potere, e invocano presunte parzialità e sopraffazioni in via di accertamento da parte del Csm.
Dimentichi del dovere di tutelare il prestigio conquistato (ancorché, poi dissipato), i magistrati della Procura (come accaduto così spesso altrove) si azzannano come i capponi di Renzo Tramaglino per Azzeccagarbugli, mentre il vento impetuoso degli scandali in corso, e le ultime folate di quelli già accaduti spazzano le stanze del potere milanese.
Amaramente, occorre ricordare che è facile salvarsi l’anima gettando la croce addosso ai politici, quando la responsabilità è collettiva e coinvolge il rapporto dell’italiano con la norma, si tratti di scopiazzare il compito a scuola, di devastare le città per lottare contro la Tav, di bloccare –nello stile sudamericano- un’autostrada o di non pagare le tasse.
Non c’è che dire basta, invocando non l’uomo forte, ma il risveglio d’una coscienza generale che pretenda il rispetto della legge da parte degli amministratori, anche quando non è gradita, da parte delle autorità di Polizia, in disarmo rispetto alla microcriminalità che tanto colpisce i ceti più deboli della popolazione, da parte, insomma, di tutti coloro che hanno deciso, in mancanza d’altro, di lavorare nel pubblico impiego senza l’orgoglio di servire i loro concittadini con professionalità e moralità.
Un vano auspicio? Può darsi. È la mozione dell’onore, quello a cui così spesso si rinuncia, che deve essere ripresa e posta come precondizione di qualsiasi ragionamento.
  


Persino azzeccato l'esempio promosso da Domenico, in riferimento ai vertici della Scala che continua a infiammare la politica, quando proprio il sindaco di Milano ha teso a dimenticare.. con una certa superficialità.. i possibili conflitti col neo manager austriaco.
Quella borghesia sana a cui fa riferimento Domenico (classe portante dello Stato) è ormai scomparsa, non solo a Milano ma tutto il Paese. Non credo vi siano colpe precise ma, come mette in evidenza con stile e profondità Domenico, responsabilità legate ad una mentalità che in questo ventennio si è aggravata toccando una gran parte della classe politica venuta fuori assai improvvisata anche per le responsabilità di un certo berlusconismo che ha segnato il passo sull’onda di un liberismo senza controllo. Questa mentalità ha contribuito alla fuoriuscita di una classe borghese che, ricca di un patrimonio culturale, avrebbe potuto contribuire positivamente a beneficio dell’intera società: Un certo provincialismo e il forte peso del denaro.. hanno concorso all’eliminazione di una grandissima parte di questo utile patrimonio intellettuale.
Se dobbiamo dirla in modo completo, tutto ciò resta aggravato da una mancanza di vere riforme..(sia che si tratti di politica o di magistratura… di CSM o di Partiti). Riforme che.. solo chi aveva un solido bagaglio culturale forte e solido…avrebbe potuto portare avanti. L’avvento del ventennio berlusconiano…in aggiunta ad un esasperato pragmatismo spinto dall’assoluto materialismo, ha distorto quei valori che ancora sorreggevano la nostra società.
Se a Milano.. come in tutto il Paese.. è venuta a mancare quella buona classe borghese forte di una istruzione e di una educazione al rispetto sociale, la colpa è sicuramente di quel sistema  che ha favorito una mentalità malata e senza equililibrio.
Oggi è proprio l’equilibrio che può salvarci..un equilibrio che possa far riflettere su quanto importanti siano i valori di una società che sembra dimenticarli giorno per giorno: una sana borghesia avrebbe di certo favorito una migliore convivenza attraverso il sostentamento dei valori più importanti.

Oggi l’EXPO ha sicuramente aperto un’altra porta a Grillo e a chi come il suo popolo (se pur fanatico ed estremo) si sente così poco rappresentato dalla politica. Un popolo che oggi si affida più alla rabbia che alla speranza, proprio in mancanza di chi, da un altro lato, non offre ricerca di equilibrio, ma solo futili speranze spinte da figure dominanti forti di ulteriori comunicazioni basate su slogan.
vincenzo cacopardo

15 mag 2014

Europee: la via libera di Grillo


L’EXPO… apre la strada al Movimento 5S



di vincenzo cacopardo
Le elezioni per il rinnovo dei parlamentari europei sono alle porte e dopo i recenti fatti accaduti per gli appalti dell’EXPO, il consenso verso il movimento di Grillo pare marciare spedito oltre ogni previsione.
A parer mio Grillo non prenderà meno del 30% dei voti per le europee…staccandosi solo di qualche punto dal PD e se questo potrà servire come spinta al fine di spronare un cambiamento più forte e deciso…mettendo ancora più alla prova dei fatti Matteo Renzi, potrebbe anche essere un bene che avvenga.

Al di là di ogni giudizio negativo che si possa dare ad un Movimento tanto autarchico..quanto approssimativo nel metodo e nella scelta dei suoi rappresentanti, trattandosi nella fattispecie di elezioni europee e non politiche nazionali, anche se Grillo riuscisse a superare in percentuale il Partito Democratico, ciò non influirebbe sulla governabilità che, come tutti possiamo immaginare, resterà salda nelle mani del sindaco d’Italia. Ma sicuramente questo indurrà ad una più immediata verifica attraverso il voto delle politiche nel nostro Paese, subito dopo il semestre europeo.
Possiamo ben comprendere che per quello che riguarda una competizione elettorale europea, il cittadino può porsi meno indugi sul voto..rendendogli meno obbligata ogni scelta. Una scelta che oggi sembra basarsi più sulla rabbia dettata dallo stesso Grillo che sulla speranza fievole posta dalla comunicazione per slogan del premier Renzi…

Il voto europeo, quindi, potrebbe descrivere tutta la rabbia di un Paese che ormai mal sopporta ogni figura politica. Potrà rappresentare una libera irritazione del cittadino senza particolari preoccupazioni… dato che la sua espressione, non incidendo nell’immediato su un proprio contesto governativo, potrà solo servire come campanello d’allarme per il semestre europeo a guida Italiana. 

Ma potrà anche rappresentare l'inizio di una vera rivoluzione politica culturale.

In questi giorni i noti fatti riportati dalla cronaca sulle corruzioni legate agli appalti EXPO..ci hanno fatto ritornare indietro di oltre vent’anni. Non può..quindi..sottacersi l’ impatto dirompente che può avere provocato sull’intera società, danneggiando ulteriormente la classe politica che…attraverso la figura carismatica di Renzi, sembrava poter sognare un ritorno alla legalità.
Nel bene o nel male Renzi rappresenta sempre una costola del PD ed al di là di ogni riserva divulgata dal suo Partito, che continua ad additare i responsabili come millantatori o schegge impazzite con cui non si dialoga più, difficilmente i cittadini riusciranno a perdonare dividendo i buoni dai cattivi o gli onesti dai disonesti…come con maggior fatica potranno non pensare che vi possano essere legami sottobanco con una certa politica attuale.

Quello che risulta chiaro è che il Movimento di Grillo…non avendo mai legato con costoro, ha evitato di potersi sporcare le mani.. e questo è ciò che più conta per chi si appresta a dare un consenso e persino per chi, fino a poco tempo fa, pensava di non voler esprimere alcun voto.  

Una nota avversa si deve anche esprimere verso chi continua ad urlare contro una magistratura politicizzata che per l’occasione ha sicuramente avuto ancora il merito di tirare fuori il marcio tuttora esistente in una politica che sembra dimenticare la sofferenza di una grande parte di quel popolo onesto che merita rispetto.


Una nota del Consigliere Cacopardo su "concertazione e consenso"

In questo contraddittorio avvio della nuova fase repubblicana, caratterizzato dalla conquista del potere da parte di un giovanissimo leader come Matteo Renzi, ci sono vari spunti positivi per il futuro del Paese, insieme a segnali preoccupanti sul personale di governo.
In positivo, va sottolineato il rifiuto del metodo della concertazione, una specie di tabù che aveva improntato l’azione del centro-sinistra e, in qualche modo, anche alcune fasi dei governi Berlusconi.
Molti ricordano l’esegesi della concertazione più volte effettuata dal quel presunto padre della Patria che risponde al nome di Carlo Azeglio Ciampi, dopo una delle tante ammucchiate di sindacati e governo nelle quali si decideva tutto e non si realizzava nulla.
C’è un robusto canapo che lega il metodo della concertazione ai peggiori vizi nazionali, primo fra tutti quella corruzione di cui periodicamente esplodono gli epifenomeni. È il canapo che, brutalmente, possiamo chiamare ricatto.
Tutto nasce durante la prima Repubblica nella quale la Democrazia Cristiana presidiava il governo e il Partito comunista il sindacato, la cooperazione rossa, oltre al proprio elettorato e, strada facendo, una cintura di regioni rosse senza sì e senza ma (Emilia Romagna, Umbria e Toscana). Accadeva, quindi, nel mezzo dello scontro politico frontale, che l’Italia fosse impegnata nella realizzazione di qualche grande opera, nella quale, secondo una proporzione definita, era prevista la partecipazione delle cooperative di produzione e lavoro emiliane (le altre, a quei tempi, non esistevano).
Con queste intese sotto banco, venne realizzato il sistema autostradale e la ferrovia veloce Firenze-Roma, voluta dal ministro Mariotti, un personaggio a torto dimenticato, visto che fu anche l’autore della prima riforma sanitaria con l’introduzione del Servizio sanitario nazionale.
In questo modo vennero realizzate le autostrade siciliane, con un patto con il mondo cooperativo dagli effetti devastanti sul medesimo Pci isolano. Tanto che Roma inviò Pio La Torre con l’incarico di recidere i relativi sotterranei legami economici: e questa, per chi sa, sarebbe la ragione del suo assassinio, a opera della mafia fortemente interessata al sistema delle imprese di costruzione e, pertanto, ai rapporti di alleanza con la medesima cooperazione.
Un grande sacco avvenne dopo il terremoto di Napoli e della Campania del novembre 1980. Per la gestione della ricostruzione, sindaco di Napoli Valenzi del Pci, si costituì un tavolo informale al quale partecipavano Dc, Pci, Psi (che rappresentava anche gli interessi del Psdi) e Pli. Questa cupola politica emerse chiaramente nelle successive inchieste giudiziarie, risparmiando solo, pour cause, il Pci, il cui leader locale, Bassolino​, continuò a imperversare indisturbato su Napoli e la Campania.
È in questi pactasceleris che nasce la propensione generale a utilizzare la concertazione e il consenso come occasioni di un ricatto surrettizio che allargò il proprio perimetro mano a mano che entravano in scena nuovi soggetti, dai Verdi a tutti gli altri. Ed è in questi pactasceleris  che si fondano tante relazioni illegali della seconda Repubblica, tanti accordi sottobanco tra la destra e la sinistra, mediante il mondo della cooperazione.
Per uscirne, occorre proseguire sulla strada delle autonome decisioni delineata da Matteo Renzi e combattuta da tanta parte del Pd (lucro cessante) e da alcuni vegliardi autonominatisi protettori dell’Italia.
Comunque, a parte Renzi, il mondo va avanti e così va avanti la coscienza degli italiani: sarà difficile tornare indietro riesumando le vecchie logore ipocrisie.  
domenico Cacopardo 


13 mag 2014

Breve commento al recente articolo di Domenico Cacopardo sull'Expo di Milano

di domenico cacopardo
Nel momento in cui il magistrato Raffaele Cantone sta per assumere il ruolo di supervisore anticorruzione dell’Expo di Milano, ci sembra utile fornirgli un breve pro-memoria.
Le fasi critiche dell’appalto pubblico sono due: l’affidamento e la gestione. L’affidamento avviene dopo una procedura complessa, stabilita dalla legge in attuazione di normative comunitarie. Non si tratta di qualcosa di inattaccabile come si vuol fare credere. Si tratta, invece, di un modo raffinato per consentire accordi tra imprese (turbativa d’asta) con o senza la collaborazione della burocrazia. L’unico rimedio è adottare anche in Italia il sistema in uso nelle gare internazionali: i partecipanti debbono dimostrare prima di tutto la capacità finanziaria prestando cauzione per il valore dell’intera opera. Da noi non si fa così: la garanzia viene prestata su una frazione di opera, calcolata sull’importo di uno stato di avanzamento o su una percentuale modesta dell’intero importo. Questo significa che se io posso garantire complessivamente 100 milioni di euro, col nostro sistema posso concorrere ed assumere, per esempio, 10 appalti da 100 milioni di euro prestando 10 cauzioni da 10 milioni (10% di ogni appalto). È evidente l’interesse a partecipare a più gare assumendo un impegno di garanzia modesto per negoziare con i concorrenti spartizioni illegali di lavori. C’è un modo per impedire la truffa: aggiudicare al massimo ribasso. Si dice: “Ma c’è il pericolo che il vincitore non realizzi i lavori conquistati con un ribasso eccessivo.” La risposta è semplice: il vincitore, appunto, deve garantire tutta l’opera (del resto se a una ferrovia manca un metro, un solo metro, se ne rende impossibile l’utilizzo).
Così l’aborrito (e si capisce il perché) massimo ribasso diventa una scelta prima che amministrativa, morale.
In sede di affidamento dei lavori c’è un'altra via per sfuggire alla legge: aspettare. Aspettare sino a quando l’urgenza diventa tale da impedire una regolare gara d’appalto, costringendo la stazione appaltante alla trattativa privata o a procedure abbreviate, naturalmente opache.
È inutile illudersi: il Parlamento, quando si è occupato di questi problemi, ha subito volentieri le pressioni delle varie categorie industriali coinvolte, tutte terrorizzate dall’idea che il mercato degli appalti pubblici sia effettivamente liberalizzato e preda, quindi, della libera concorrenza.
La gestione dell’esecuzione dei lavori è un percorso pieno di trabocchetti per lo Stato: non per le imprese e per i funzionari pubblici infedeli. Per essi è una miniera di opportunità: varianti in corso d’opera; varianti suppletive; riserve; revisioni dei prezzi; impossibilità sopravvenute (per esempio la cava indicata nel capitolato improvvisamente si esaurisce).
Tutta una casistica raffinata che viene immaginata durante la fase progettuale in modo che i capitolati contengano, a presunta tutela delle amministrazioni, quelle clausole che, poi, diventeranno la sorgente di incrementi di prezzo gestiti dalla burocrazia.
La questione è di sistema: con l’entrata in scena delle regioni e l’abolizione del Genio civile, non ci sono più capacità progettuali dirette nei vari settori pubblici. Ci si dovrebbe rivolgere, perciò, a liberi professionisti, molto costosi. Di fatto, si preferisce rivolgersi all’impresa A che provvede con i suoi tecnici a fornire un progetto su cui il funzionario responsabile appone la propria firma dichiarandolo frutto del proprio ingegno. Come ci si disobbliga? Truccando la gara in modo che la ditta A che ha fornito il progetto (nel quale sono inserite tutte le magagne che diventeranno soldi contanti) si ristori delle spese sostenute.
Qui una soluzione s’era trovata, introducendo, con la legge finanziaria del 1986, il “prezzo chiuso”, che rendeva impossibile ogni variazione di costo.
Ma i pubblici poteri si rifiutarono di adottarlo, ottenendo, addirittura, pareri e decisioni di organi costituzionali sulla sua inapplicabilità.
Il dottor Cantone, che è magistrato e, quindi, sa di legge, avrà dinanzi a sé un compito difficile, ma non impossibile.
A condizione che non soccomba all’urgenza che gli sarà rappresentata in ogni istante.



Con prontezza, professionalità e competenza, Domenico ci dà un quadro esatto sulla materia degli appalti, stimolando il magistrato preposto a non soccombere alle possibili problematiche di urgenza. Il cugino, con altrettanta lucidità, espone le due fasi critiche dell’appalto pubblico…ossia quella dell’affidamento e quella della gestione.
In riferimento alla prima, stabilita dalla legge in attuazione di normative comunitarie, mette in evidenza l’insensata illogicità delle garanzie per le cauzioni da prestare ..le quali, fin troppo basse, contribuiscono anche al gioco delle spartizioni illegali dei lavori. Per quanto riguarda la gestione, è fin troppo evidente che la teoria del ribasso eccessivo, non potrà che continuare ad arrecare problemi per la stessa qualità del lavoro da eseguire, favorendo ugualmente altrettanti pasticci  e turbative .
Non essendo il sottoscritto competente in materia quanto può invece esserlo il cugino Domenico, mi domando però..  perché si sia abbandonata la formula dell’appalto concorso che.. nel merito.. per l’entità e la stessa qualità di alcuni lavori.. potrebbe essere ripresa e riadattata.
In una visione più equilibrata, anche al fine di abolire imbrogli e  turbative molto diffuse, si potrebbe ricorrere all’appalto concorso.. ricercando ulteriori nuove formule in grado di separare la fase tecnica dell’engeenering da quella prettamente esecutiva: Una ditta che vince l’appalto potrà garantire la fase tecnica ingegnerisitica di propria competenza, ma affidare precisi sub appalti a ditte specializzate (elettriche- idrauliche-opere civili..etc)
Separazione di competenze per una maggiore qualità, ma anche gare competitive che potrebbe garantire progetti attraverso una maggiore idoneità e più idee.

vincenzo cacopardo

11 mag 2014

Evangelii Gaudium: la nuova esortazione apostolica di Papa Francesco


LA GIOIA DEL VANGELO 
una nota di vincenzo cacopardo

Non un messaggio comune, ma un forte richiamo al pensiero cristiano del nuovo Papa Francesco che esorta ad una società con più equilibrio e maggior cura verso il prossimo.

"Una enciclica con spunti di lungimiranza"

E’ una  esortazione apostolica quella che Papa Francesco ha consegnato alla Chiesa con le parole che richiamano al Vangelo per riempire i cuori di coloro che si ritrovano in sintonia col messaggio  del figlio di Dio.
Il rilievo di un simile documento sottolinea con forza il messaggio energico del cammino della Chiesa che il Pastore accompagna in un nuovo stile dettato principalmente dall’umiltà. Un cuore aperto vicino alla gente che più soffre. Una Chiesa che vuole andare alla ricerca di nuove strade, uscendo dalla sua immobilità per annunciare e diffondere la misericordia attraverso le parole di Cristo. Un documento lucido che mette in evidenza l’importanza della trasformazione di una Chiesa per denunciare quelle tentazioni a cui l’uomo, in seno alla società, è soggetto.
Non è la prima volta che Papa Francesco si pone con messaggi in direzione di una politica societaria più sana ed equilibrata. Le note in tal senso sono chiare: "No ad un'economia dell'esclusione; No al pessimismo sterile; Sì alle relazioni concepite da Cristo"
Il suo è un richiamo alla società organizzata verso una evangelizzazione che possa mettere al centro dell’attenzione la figura dell’uomo e non i propri interessi che degenerano di giorno in giorno. Il Pontefice richiama alla pace riaffermando la forza della fede unita alla ragione, richiama l’importanza di un dialogo tra Chiesa e società..ed in questo modo riaccende gli animi con la speranza di ridare forza e motivazione al mondo intero.
Ancora una volta il messaggio di Cristo prevale rispetto al più enigmatico credo assoluto…Francesco intende richiamare l’attenzione verso la Chiesa usando la via umile e discreta che fu nel messaggio di una figura tanto umile, saggia ed equilibrata..quanto misericordiosa ed umana.. mettendo meno in evidenza (per le circostanze attuali insite nel mondo)la figura centrale del creatore. Potendosi conquistare.. in tal modo.. persino  una buona parte di auscultazione e l’interesse dei non credenti.  Con ciò egli invia ancora una volta..un messaggio che è anche sociale oltre che religioso.   

Leggendo i lunghi capitoli di questa profonda Enciclica con l’introduzione e la guida alla lettura di mons. Marcello Semeraro e gli indici tematici a cura di Giuliano Vigini ..ed avendo ormai già compreso il percorso del nuovo Pontefice, non possiamo più rimanerne sorpresi: Il suo è un desiderio di indirizzarsi verso i fedeli per invitarli a una nuova tappa evangelizzatrice marcata dalla gioia.. indicando le vie per il cammino della Chiesa nei prossimi anni.
Prima dei capitoli, il Pontefice descrive in 8 punti  la Gioia che si rinnova e si vuole comunicare esprimendo il pericoloso rischio di una società che marcia verso il consumismo più sfrenato e quello di una opprimente offerta che sembra non arrestarsi.. contribuendo.. così.. ad un forte individualismo che tende a separarci più che a comprenderci. Da qui l’invito ad un incontro con la figura di Gesù Cristo ammettendo l’inganno e le proprie responsabilità che hanno indotto a fuggire dal suo amore.

Malgrado i riferimenti  ai libri dell’Antico Testamento, il suo richiamo continuo al Vangelo ed alla parola di Cristo rimane prevalente: L’appello è indirizzato ad una propria dignità ed al fatto che nessuno potrà togliercela.. poichè conferisce con l’amore infinito e incrollabile di Gesù, ci permette di alzare la testa e ricominciare, attraverso quella "tenerezza" che mai può deluderci e che può sempre restituirci la gioia. Il Pontefice esorta quindi gli uomini a non darsi mai per vinti, accada quel che accada. “Nulla possa più della sua vita che ci spinge in avanti!”
Proseguendo Francesco ci esorta con entusiasmo ad interpretare la gloriosa Croce di Cristo come un invito insistente alla "gioia": un messaggio difficile da esprimere, crudo e forte, ma sicuramente incoraggiante per rinnovare la speranza. 
Il Papa ci informa che la gioia cristiana scaturisce dalla fonte del cuore traboccante di Cristo che promette ai discepoli: «Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia. Vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia»

“Ci sono cristiani che sembrano avere uno stile di Quaresima senza Pasqua” sostiene il Pontefice, non dimenticando certe circostanze della vita che impongono scelte assai dure. Non bisogna però dimenticare di amare ed essere amati, vivendo nella fiducia e nella speranza del suo perdono malgrado ogni tentazione appaia oggi sotto forma di scuse e recriminazioni... A questo punto Francesco, con un preciso riferimento ad una società tecnologica che ha potuto moltiplicare le occasioni di piacere, muove un appunto sostenendo che, questa, difficilmente potrà riuscire a procurare una vera gioia, asserendo che le gioie più belle e spontanee da lui viste nel corso della vita.. sono quelle di persone molto povere che hanno poco a cui aggrapparsi: “Ricordo la gioia genuina di coloro che, anche in mezzo a grandi impegni professionali, hanno saputo conservare un cuore credente, generoso e semplice.”


In conclusione la missiva di Papa Francesco è chiara e rimane tanto profonda.. quanto profondo resta il suo attaccamento agli umili gesti che lo distinguono.
Il Pontefice ci trasmette la poca importanza che certe gioie terrene possono avere se esse non attingono al sentimento dell’amore promosso da Cristo, un amore verso il prossimo che deve manifestarsi con gioia al di là di ogni ricerca del benessere. Egli lo  stigmatizza con una frase precisa e coraggiosa «All'inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e, con ciò, la direzione decisiva»


Non rimane che leggere con attenzione i 5 Capitoli per rendersi conto di quanto rivoluzionaria rimane questa sua opera e la missiva esortazione che contiene. Un messaggio che pur restando  di azione evangelica, contiene di sicuro un pensiero sociale che (a parer mio) fu anche nella mente illuminata del Cristo uomo. Poichè nel suo cammino tra gli uomini ed il suo predicare, oltre ad infondere un messaggio religioso di fede, ha certamente cambiato anche una mentalità sociale.  

8 mag 2014

Il "merito" di Renzi

di vincenzo cacopardo
Quando si critica l’operato di Matteo Renzi, non lo si vuole fare per partito preso o per finire con l’essere assimilati a quei gufi di cui lui stesso parla. Mentre in tanti lo contestano su un operato ancora da vedere e sulle sue possibilità di reperire risorse per raggiungere lo scopo, le mie osservazioni sono più profonde e legate soprattutto al merito.
Quello che oggi colpisce è il fatto di non poter opporsi alla sua figura senza esser presi come coloro che contrastano un cambiamento o addirittura che aspirano alla palude. In merito a ciò.. il sottoscritto ha già dimostrato abbondantemente (già dal lontano 99) la propria predisposizione verso quella metamorfosi di un modo lungimirante di vedere la funzione politica.

In tanti hanno aspettato il programma di sviluppo del lavoro del nuovo Premier.. che in sé rappresenterebbe uno dei principali punti di partenza per la crescita. Ma il suo “Job-Act” si basa prevalentemente su nuove regole da apportare nel lavoro, sebbene quello che oggi manca più delle stesse regole.. è proprio il  lavoro: Malgrado si possano costruire regole a difesa di un lavoro meno vincolato da condizionamenti, Renzi dovrebbe procurarsi le idee per far si che il lavoro cresca e che fioriscano nuove iniziative soprattutto giovanili. Molte delle risorse oggi destinate ai tanto decantati ottanta euro, sarebbero stati più utili per contribuire alla crescita del lavoro.
Questa è una valutazione sul merito!

Passiamo agli 80 euro mensili per aiutare chi lavora e percepisce stipendi dalla soglia minima degli ottomila ai venticinquemila annui. Al di là di ogni valutazione circa le risorse occorrenti per questa caratteristica riforma (che dovrebbe teoricamente intendersi strutturale), l’attenzione si concentra tutta su quella parte dei molti che oggi vivono al di sotto di tale soglia, ai lavoratori autonomi (alcuni dei quali, pagando tasse, contribuiscono alla busta paga dei favoriti) e soprattutto ai tanti pensionati che dispongono di risorse minime. Premesso che anche loro.. avendo ottanta euro al mese in più…con maggior ragione li spenderebbero, non si capisce la logica per la quale non si debbano favorire gli svantaggiati, ma solo una precisa classe lavoratrice… se non per un sicuro e preciso  ritorno di un consenso.
Anche questa resta una valutazione sul merito!

Ma non possiamo dimenticare la riforma istituzionale inerente il sistema elettorale dal nome tanto caratteristico come il suo “italicum”  e le altre riforme costituzionali del Senato e delle amministrazioni provinciali.  Anche qui.. assai meno possono interessare i fumosi risparmi (ormai del tutto opinabili) ricercati in modo troppo assiduo dal Sindaco d’Italia…quando quello che più interessa a chi vorrebbe vedere la politica più funzionale, è la ricerca di un sistema che possa convincere e legare dinamicamente con un principio di vera democrazia. Quale risultato potrà mai portare una simile legge elettorale che taglia pesantemente la rappresentanza dei piccoli e che si prefigge di sostenere una governabilità con un simile ricco premio di maggioranza? Quali illogici compiti potrà mai avere un Senato rappresentato da amministratori locali?...  Perché in assoluto l’unico principio di Renzi.. rimane solo quello di voler negare ogni contribuzione ai suoi rappresentanti?
Quest’altra è ancora una valutazione sul merito!

Renzi pare procedere come una falciatrice e tagliando tagliando...avanza noncurante di una precisa logica che si deve al funzionamento di un’attività politica. Per quanto si possa criticarlo nel metodo, quelle che colpiscono... a chi guarda la politica in senso più costruttivo, restano le sue “scelte” che continuano a non avere un riscontro con la logica della funzionalità, dei valori e di una qualità democratica.



Un teatro esilarante..in un quadro assai triste...


di vincenzo cacopardo 
Genni a' carogna che decide le partite di calcio in uno Stadio…di uno Stato in perenne assenza di azioni preventive…Il Cavaliere che propone nuovi spettacoli ai servizi sociali,…Renzi che corre qua e là con i suoi cappottini ristretti proponendo riforme rigide ed assolute col solito sorriso un pò beffardo ed un pò sornione …….Grillo che urla contro l’Europa…Salvini e la sua Lega che insorgono contro l’euro…il sindaco Fassino che alza il dito medio contro i cittadini…truffe e taglieggiamenti sugli appalti all'ordine del giorno.... ineffabili figure politiche che sotto sotto lavorano per riforme di proprio comodo..un fisco che si accanisce senza sosta su chi non ha più un lavoro ed un reddito…Bersani che un pò gufa ed un pò no .. continue inchieste della magistratura su figure politiche ambigue e poco corrette, ma sempre disposte a compromessi…… Il ridicolo si unisce al tragico, lo stravagante al drammatico… in un percorso che sembra non avere mai fine. Ci sono tutti gli ingredienti per la solita commedia all’italiana alla Totò e Peppino, ma con epiloghi spesso inquietanti e funesti.
L’Italia si rende sempre più ridicola e si predispone quasi volontariamente a questi scenari da commedia tragicomica: scene ormai congenite nello spirito di chi non percepisce l’importanza di una politica utile… di chi continua a non rispettare i propri cittadini… di chi sembra aver perso il dono dell’equilibrio e del rispetto, di chi continua a lavorare senza un metodo di ricerca funzionale in favore della società.

Doni essenziali per la politica odierna che non può più attendere, né pretendere di perseverare dando spazio a figure improvvisate per immagine o per ostentata comunicazione. Mai come oggi serve l’equilibrio..mai come oggi il nostro Paese deve rendersi più serio attraverso i valori del rispetto e della collaborazione reciproca. Mai come oggi gli stessi cittadini devono riflettere se dare un voto o no ed a chi.. Quando si perde l’equilibrio..si perde ogni considerazione verso gli altri, si perde il senso del sociale e verso noi stessi, si perde la fiducia e con essa ogni speranza: il nostro Paese ne è un chiaro esempio!

Breve commento sulla interessante nota del consigliere Cacopardo


IL RUOLO DEL COVIT di domenico cacopardo
C’è un gran rumore nei corridoi del ministero dell’economia e in quello del lavoro: il tema è lo scippo che sarebbe stato immaginato dal think tank (si fa per dire) di palazzo Chigi nei confronti dei fondi accantonati per forme pensioni complementari. La vigilanza su di essi (e la tutela) è affidata dalla legge alla Covip (l’Autorità specifica) che deve occuparsi della coerenza d’ogni investimento con le finalità previdenziali e della prudente composizione degli investimenti stessi.
I fondi interessati sono 536, gestiscono 116 miliardi di risparmio previdenziale di 6.200.000 lavoratori, in costante crescita (a dispetto della crisi). A essi si aggiungono 20 casse professionali di previdenza obbligatoria, quella definita Il primo pilastro, con altri 60 miliardi di risparmio previdenziale obbligatorio che riguardano 1.700.000 liberi professionisti. Insomma la Covip vigila un patrimonio di 176 miliardi di euro, pari a poco meno del 10% del Pil nazionale, sulla base di una scelta compiuta dal legislatore nel 1993: concepire il sistema previdenza integrativa, in coerenza con l’art. 38, comma 2, della Costituzione, come ordinamento capace di garantire l’adeguatezza personalizzata della prestazione pensionistica. Peraltro, anche l’Ocse e la Commissione europea hanno sollecitato il potenziamento degli accantonamenti complementari.
Lo staff presidenziale, capitanato dall’exsegretario comunale di Reggio Emilia e dall’excomandante dei vigili urbani di Firenze, sembra che stia valutando l’ipotesi di trasferire le funzioni della Covip alla Banca d’Italia. Un’idea del genere non può che essere nata aliunde, giacché comporta la consegna del prezioso malloppo nelle mani del sistema bancario, comprendente la Banca d’Italia di recente spogliata dei poteri di vigilanza sulla banche assunto dalla Bce. Occorre dire che i risultati ottenuti in passato dalla Vigilanza di Bankitalia non sono stati particolarmente brillanti, visti i casi Banca popolare italiana, Banca popolare di Milano, Carige, Monte Paschi e via dicendo.
C’è di che essere spaventati dalla prospettiva, che aprirebbe l’uso di questi ingenti risorse (in costante crescita annuale) a utilizzazioni non nell’interesse dei beneficiari, bensì di quel sistema bancario nazionale che tante risorse ha bruciato nella gestione del credito.
C’è da credere che i beneficiari del sistema sarebbero nettamente contrari a questa vera e propria distrazione di fondi: i due settori economici interessati (risparmio previdenziale e credito) sono in fisiologico conflitto, potendosi verificare che la ricerca della stabilità del settore bancario sia perseguita a danno del risparmio previdenziale, della sua profittabilità e affidabilità.
Raccontiamo questo back-stage governativo come conferma dell’inattesa deriva politica di Renzi e dei suoi seguaci più votati a tassare che a tagliare le spese, più attenti alle esigenze di alcuni poteri nazionali che alle necessità collettive, sia che si tratti di banche che di Sorgenia. Poiché il ministro dell’economia Padoan è persona estranea alle parrocchie in auge sino a qualche mese fa (in particolare a quella di Draghi) e con lui sono fuori da questo genere di suggestioni anche Poletti e Franceschini, c’è da credere che il caso dei fondi previdenziali sia frutto esclusivo della fantasia di palazzo Chigi, cioè Renzi & Delrio e collaboratori stretti.
Ci vuole molta attenzione sui loro –spesso sconsiderati- passi, proprio per evitare di trovarci, anche in questo delicatissimo settore, con un pugno di mosche in mano.


Anche questa è un’ulteriore angoscia per i  tanti cittadini che hanno il diritto di sentirsi protetti nei loro risparmi previdenziali.
Domenico Cacopardo mette in risalto la preoccupante prospettiva di affidare al sistema bancario i fondi previdenziali. Ancor più… dopo la sollecitazione dell’Ocse e della Commissione europea in relazione ad un potenziamento degli accantonamenti complementari….tutto ciò non può che destare maggior apprensione. 
Il prezioso malloppo, come lo definisce giustamente Domenico, nelle mani del sistema bancario, potrebbe costituire il rischio per un fisiologico conflitto, potendosi verificare un’ulteriore anomalia perseguita a danno dei pensionati ed in favore della gestione del credito.
Se davvero questa ulteriore singolare anomalia è frutto delle idee del nuovo sindaco d’Italia e del suo sconclusionato staff di dilettanti allo sbaraglio…sempre più attenti a limitare certe spese in barba alla funzionale attività ed alla sicurezza, non c’è proprio da star tranquilli!
vincenzo cacopardo