1 lug 2014

Appalti... discipline complesse da rivedere



di vincenzo cacopardo
La disciplina che regola gli appalti è vasta, piena di requisiti economici e tecnici. I principi che la guidano sono diversi... criteri di valutazione delle offerte, di proporzionalità, di qualità, di pregio tecnico, delle caratteristiche estetiche, della sicurezza, dell'assistenza, dei tempi di consegna etc etc... Se ci addentriamo sulle normative che regolano gli appalti ci accorgiamo dell' enorme complesso di formulazioni dovute anche dalla diversità che ogni opera presenta. 

La materia è tanto complessa per cui risulta chiaro che ogni analisi e valutazione si possa esprimere, rimane solo concettuale e senza alcuna pretesa di indicare soluzioni..se non teoriche. 

Una cosa... però... sembra chiara e cioè che.. se un'opera presenta caratteristiche tecniche particolari ...ossia nel suo impianto manifesti opportunità relative ad una progettualità innovativa che la distingui attraverso un'idea particolare (vedasi il Mose) appare molto più logico seguire la linea di un appalto concorso. Trattandosi di lavori speciali o realizzazione di opere complesse o ad elevata componente tecnologica, la cui progettazione richieda il possesso di competenze particolari o la scelta tra soluzioni tecniche differenziate, non si potrebbe seguire altra strada... poiché vi deve essere una maggiore garanzia sulla stessa qualità e sul suo funzionamento: Sembra più logico che ai fini della valutazione di un tale progetto, vi sia un regolamento che disciplini i fattori ponderali da assegnare attraverso punteggi in modo da valorizzare e salvaguardare una qualità, il pregio tecnico, certe caratteristiche estetiche, funzionali e persino ambientali.

Nel caso del Mose si sarebbe potuto intervenire.. sia per la strada di un appalto concorso... che per appalto concorso integrato..ossia con una progettazione il cui giudizio doveva di certo valutare principalmente una ingegneria valida ed i relativi tempi di consegna.. mettendo un limite alle consuete perizie suppletive (lecite ..ma spesso abusate). Come può un'opera di questa fatta essere eseguita in oltre trent'anni, finire col costare una simile immensità di denaro e non essere disciplinata da una regolamentazione che guardi ad una caratteristica tecnica oltre che pratica..ad i tempi dell'esecuzione ed ad un principio innovativo del suo funzionamento? 

Ma tornando agli appalti in genere ed alla miriade di regole che li guidano (a cui spesso si soprassiede per evidenti tornaconti), non si può pensare con tale superficialità di basare indifferentemente su un unico principio di ribasso la valutazione di determinati lavori..sottovalutandone l'aspetto tecnico funzionale, ambientale e persino estetico..come del resto rimane davvero strano poter pensare (in riferimento all'articolo precedente del consigliere Cacopardo da me postato) di chiudere gli spazi alle aziende attraverso fideiussioni totali che garantirebbero i lavori ai soliti colossi legati al potere degli istituti bancari spesso manovrati politicamente. 

Una normativa che dovrebbe ancora meglio approfondirsi è sicuramente quella sui subappalti che oggi è limitata da parametri relativi all'entità dell'opera. Anche qui la disciplina proprio per evitare che vi si possa intravvedere una simulata cessione dell'appalto, pone dei limiti stabilendo delle percentuali da poter cedere in sub appalto. Credo che tale disciplina debba essere approfondita anche su determinati aspetti riguardanti il territorio e cioè valutando la possibilità di imporre per legge (ove possibile) subappalti alle forze lavorative locali. 

Oggi si impone in sede di presentazione delle offerte l’individuazione e l’indicazione nominativa dei subappaltatori, per il caso in cui la concorrente risulti sfornita in proprio della qualificazione per le lavorazioni che dichiara di voler subappaltare.... quello che oggi viene chiamato subappalto “necessario”, ma che dovrebbe basarsi su un principio di logica territoriale...garantendo una parte del lavoro localmente. Insomma...non avvalersi di un subappaltatore alla sola fattispecie in cui essa non disponga della qualificazione in relazione ai lavori interessati dal subappalto...non ricorrere al subappalto al solo scopo di integrare requisiti di qualificazione di cui non sia in possesso, ma anche al fine di garantire il lavoro alle ditte locali pertinenti il luogo dell'esecuzione dell'opera.
Una materia tanto complessa ...quanto difficile a cui la stessa politica dovrebbe mettere mano, rivalutandone un certo funzionamento... in modo più logico e costruttivo.

nuovo articolo del Consigliere Cacopardo sugli appalti



Il giudice dell’udienza preliminare di Venezia, Massimo Vicinanza, ha respinto la proposta di patteggiamento che era stata definita per Giorgio Orsoni, tra procura e difesa: quattro mesi e 15.000 euro di ammenda. Il ruolo del sindaco-avvocato nella vicenda torna nel dibattimento, quando ci sarà: un elemento che contribuirà a fare chiarezza nella geografia delle responsabilità e delle disinvolture. Sembra che il cosiddetto “Scandalo Mose” attraversi una fase di stanca, dopo che il presidente del Consorzio Venezia Nuova, Mazzacurati, e il direttore generale Baita hanno raccontato le loro verità con abbondanza di nomi e di particolari.

Quella che manca, ancora oggi, a circa un mese di distanza dalle prime notizie, è l’azione del governo e, in parte, quella delle medesima autorità giudiziaria.

Le reazioni di Renzi sono state immediate e dirette, ma, come negli usi della (sua) casa, più di forma che di sostanza. Il premier ha affermato che “I ladri debbono andare in galera” e, nelle settimane successive, dopo un ennesimo tira e molla, ha definito i poteri del commissario anticorruzione Raffaele Cantone. 

Insomma, un’impostazione di diritto penale, quando, invece, la terapia è tutta amministrativa, nel senso che occorre intervenire con provvedimenti urgenti per fermare la dissipazione di denaro pubblico e per consentire una utile continuazione e completamento dei lavori.

Dal canto suo Lupi, ministro delle infrastrutture, si è segnalato per i silenzi più che per le parole spese. Invero, ha annunciato la due diligence (da queste colonne invocata) e affidato al viceministro Nencini l’incarico di predisporre la modifica della normativa sugli appalti. Di due diligence, però, si è persa ogni traccia, e le nuove norme nascono nel segreto delle stanza ministeriali senza affrontare il nodo centrale: l’applicazione, in Italia, del sistema in vigore nel mondo. Tender (cioè gare) al massimo ribasso con garanzia integrale su tutto il valore dell’opera. Per questa scelta moralizzatrice non c’è necessità di un nuovo codice degli appalti, basta una direttiva ministeriale. 

Ovviamente, i ritardi nell’affidamento di un incarico per la verifica del delta tra quanto incassato dal Consorzio Venezia Nuova e i costi reali dell’opera, lascia nell’ombra la quantità di provvista illecita conseguita dal Consorzio stesso, a beneficio delle imprese partecipanti, e dei loro dirigenti. E lascia alle medesime imprese, con gli stessi dirigenti, salvo le posizioni attribuite ai soggetti incriminati, il compito di gestire questa fase delicata e di continuare i lavori.

Certo, a prima vista sembra che il ministero delle infrastrutture e la procura della Repubblica di Venezia appartengano a due realtà diverse. Non si hanno notizie di coordinamenti rivolti a salvaguardare alcuni valori irrinunciabili, oltre la punizione dei responsabili e correi: il possibile recupero di quanto sperperato, la continuazione dell’opera nell’interesse di Venezia e dei valori in essa identificati dall’Unesco.

Sembra, inoltre, che coloro che si occupano della questione non abbiano nemmeno sfogliato la normativa in vigore. In particolare il decreto legislativo 8 giugno 2001 n. 231 e successive modificazioni: qui le fattispecie e i rimedi sono chiaramente indicati e permettono l’immediato commissariamento delle aziende responsabili di corruzioni e altri illeciti. Un contatto tra ministro e procura potrebbe risolvere lo stallo attuale.

Peraltro, la normativa della 231, in vigore da oltre 10 anni, va segnalata non al premier Renzi e al suo staff (incapaci di usare gli strumenti che già ci sono e funzionano in un ansia di ignorante nuovismo), ma al medesimo Cantone, commissario anticorruzione, che deve assumersi la responsabilità di promuovere il commissariamento delle aziende implicate sia a Venezia che a Milano. 



Una necessità per fare fronte all’emergenza “tempo” evitando che esso eserciti tutto il suo potente ricatto sulle autorità politiche nazionali e regionali di fronte alla prospettiva di non aprire l’Expo nella data prevista e di rinviare a data da destinarsi l’ultimazione del Mose.

30 giu 2014

L'ignoranza presupposto per il fallimento...di Domenico Cacopardo



La grancassa mediatica suonata da Renzi e amici appunta la propria attenzione sul Consiglio di Stato, una specie di Moloc contrario a ogni riforma dell’assetto istituzionale del Paese: è un pregiudizio, figlio dell’ignoranza di personaggi con studi approssimati e nessuna pratica di alta amministrazione, catapultati ai vertici dello Stato dal crollo del centrodestra prima, dei gruppi dirigenti postcomunisti poi. 

Il Consiglio di Stato è un’istituzione ripresa dall’ordinamento napoleonico e adottata dal regno di Sardegna prima, dal regno d’Italia poi. Aveva, in origine, funzioni di consulenza reale e interveniva in questioni di diritto amministrativo quando il cittadino si rivolgeva al re per avere giustizia. Una manifestazione di potere regio, gestita da eminenti giuristi e specchiati cittadini.

Come lo conosciamo ora, ha una duplicità di funzioni. Prima fra tutte quella giurisdizionale, esercitata come tribunale d’appello (e finale, salvo qualche caso speciale nel quale si può adire la Corte di cassazione) sulle decisioni dei Tribunali amministrativi regionali (Tar) e come istanza di unico grado nel caso in cui il cittadino si rivolga, con un ricorso, al presidente della Repubblica per avere giustizia in una questione amministrativa.

L’altra funzione, attribuitagli dalla Costituzione, è quella di consulente del governo per questioni giuridico-amministrative e legislative (mediante un’apposita sezione di recente costituzione). In questa seconda attività, il Consiglio diventa presidio della legalità amministrativa dell’azione di governo, e curatore dei testi normativi, quel drafting così trascurato e così importante per l’adozione di leggi leggibili e applicabili.

Il fastidio che l’exsindaco di Firenze e il suo endocrinologo di fiducia (che, sulla base delle proprie competenze professionali e di exsindaco di Reggio Emilia, svolge le funzioni delicate di sottosegretario alla presidenza e di segretario del consiglio dei ministri) mostrano nei confronti del Consiglio di Stato può trovare una ragionevole giustificazione solo nella psicoanalisi: Freud e sodali spiegherebbero che diffidenza e rifiuto sono figlie dell’ignoranza e, quindi, della paura di ciò che non si conosce. Come bandire il bisturi perché non si sa usarlo.

Dal 1945 a oggi, il Consiglio di Stato -e lo testimoniano migliaia di pareri espressi ai vari governi e ad altri organi costituzionali- ha sempre lealmente collaborato nella stesura e definizione di norme coerenti con i presupposti costituzionali e di sistema e con le esigenze che il governo legittimo manifestava. Tante riforme adottate con successo hanno trovato nell’apporto del Consiglio ragioni significative per la loro efficacia.

E ha affrontato con senso di giustizia questioni delicate. Una per tutte: il caso P2 venne delibato dal Consiglio con un parere-decisione con definì illegale l’organismo e seriamente censurabili (anche con l’estromissione dall’impiego) i dipendenti pubblici che ne facevano parte.

Certo, se il governo intende percorrere strade sbagliate sotto il profilo del diritto, il Consiglio di Stato non si piegherà. Anche da questo deriva la repulsione che Renzi e compagnia cantante manifestano così di frequente.

C’è poi la questione dei consiglieri di Stato: essi sono capi da gabinetto e componenti di authorities. Su queste presenze nel sistema di governo si sono sollevate tante osservazioni condivisibili. In particolare sulle authorities la critica risulta convincente per due ragioni. La prima è la funzionalità del Consiglio stesso privato della presenza di magistrati. Dall’altro, dalla natura delle funzioni: per esempio un magistrato del Consiglio presiede l’evanescente Authority sugli appalti pubblici. È opportuno? Certo che no, come non è opportuno che tanti consiglieri di Stato militino in organismi del genere, ricevendo cospicue retribuzioni che si sommano al rispettabilissimo stipendio di base. A questi fuori scena si aggiungono i molteplici incarichi di insegnamento, la direzione (in qualche caso la proprietà) di scuole professionali dedicate alla formazione di operatori del diritto, compresi coloro che (evidente conflitto di interessi) intendono partecipare al difficile concorso per l’accesso a Consiglio medesimo.

Su tutta quest’area di esondazioni dai compiti d’istituto, che incide direttamente anche sulla funzionalità di questo alto tribunale, sarebbe giusto fare chiarezza per arrivare a una inibizione generale. Il tempo pieno che si pretende da tanti pubblici dipendenti, vale a maggior ragione per i magistrati amministrativi.

Diverso il caso della collaborazione diretta agli uffici di governo: com’è sempre successo in passato, queste presenze arricchiscono l’azione dei ministeri e della presidenza. Debbono essere limitate nel numero, naturalmente, ma privarsene ha il medesimo senso di chi si priva dei propri attributi per fare un dispetto alla moglie.

Ma di questo si tratta: una compagnia di giovanotti e di giovanotte allo sbaraglio non si pone il problema di rendere efficaci le proprie azioni. Basta solo enunciarle, affidandosi poi all’excomandante dei vigili urbani di Firenze per trasformarle in norme.

Ci sarebbe da ridere, se non si trattasse di un disastro annunciato.

28 giu 2014

SOCIALISMO E NEOLIBERISMO NELLA SOCIETA' ODIERNA


La crisi ideologica si accompagna a una crisi fondamentale della fiducia nella politica....Prova ne è che l'attività politica odierna, succube di queste ideologie, non è più stata capace di generare veri e capaci statisti.
di vcacopardo
Eravamo all'inizio degli anni settanta.. e c'era chi riteneva che il socialismo dovesse poggiare su tre capisaldi: il liberalismo, il centralismo contro la disgregazione sociale, e la riscoperta dei valori democratici.


Tony Blair, ha sempre ritenuto impossibile governare una società senza alcuni principi guida..come lo fu per l' esperienza conservatrice di Margaret Thatcher dal 1979 al1997.

Il socialismo alla sua base..è formato da un ampio complesso di ideologie e dottrine che tendono ad una trasformazione della società in direzione dell'uguaglianza di tutti i cittadini sul piano economico, sociale e giuridico: Si potrebbe definire come un modello che rispecchia il significato di "sociale" nel rispetto della popolazione intera.
La narrazione odierna continua a ricordare che il socialismo dovrebbe perseguire uguaglianza, diritti e libertà, da raggiungere per mezzo della democrazia finalizzata all'emancipazione individuale...Qualcosa che ancora in tanti inseguono!
E' passato ormai tempo dall'era della Thatcher e sembra proprio che oggi manchi uno scopo in più per riaffermare un socialismo. Manca da quando un certo “neoliberismo” ha vinto ed ha costretto i progressisti ad adeguarsi al nuovo modello vincente. Ma dopo il 2001..in concomitanza dell'entrata dell'euro ed i parametri imposti dalla Commissione europea, tutto sembra nuovamente cambiato!
Tutt'oggi, dopo lo sforzo per una Unione degli Stati di questa Europa, c'è chi sostiene che bisogna guidare la ripresa del socialismo.. avendo assistito alla completa disfatta del neoliberismo! C'è anche chi auspica riforme strutturali dell'economia per evitare l'insorgere dell'ingiustizia sociale e contrastare certe libertà individuali riconoscendo i grandi limiti della visione neo-liberista sulle libertà.
Secondo questo concetto il significato di libertà non può essere disgiunto da quello dell'eguaglianza sulle opportunità. Tra i socialisti europei vi è affinità sul fallimento sostanziale del neo-liberismo che ha imperversato negli Stati Uniti per gran parte degli ultimi decenni. Secondo i socialisti moderni si devono salvaguardare i principi dell'emancipazione dei cittadini che vivono in società afflitte da mali profondi e squilibri economici. Un concetto che si adatta di più alle organizzazioni di una società civile.
Il neoliberismo, al contrario, è una concezione indirizzata alla esaltazione del libero mercato e ad una riduzione del peso dello Stato nella vita pubblica. Una sorta di evoluzione del pensiero economico che mira ad una forma di liberalismo in senso quasi dispregiativo. Dagli anni 2000 si è assistito ad un aumento dell'uso del termine soprattutto da parte di chi ha sempre criticato il libero scambio. Oggi, il termine neoliberismo rimane un concetto spesso utilizzato nel linguaggio accusatorio. Alcuni denigratori dell'ideologia neoliberista ritengono che essa tenda all'annullamento totale dello Stato..favorendo il libero mercato in forza di una imprenditorialità privata.
Il neoliberismo si basa principalmente su una eccessiva libertà del capitale. Potremmo affermare che il sistema globalizzato, rimane una derivazione del neoliberismo ancora oggi inspiegabilmente sottovalutato. Alcuni leader conservatori nei primi anni 80 hanno introdotto radicali riforme in senso liberista, ciò nonostante rimane una politica al servizio del capitale finanziario internazionale adottata nel contesto attuale della crisi del sistema imperialista mondiale dove le imprese incontrano sempre più difficoltà ad ottenere il massimo profitto.
La sua percezione rende la dottrina economica più una “ideologia”.. che un modello scientifico portato avanti da economisti e tecnocrati, di grande influenza: Il fine è quello di promuovere a tutti i livelli una probabile azione scientifica verso quel principio che.. “se gli individui agiscono secondo i propri egoistici interessi, creano benefici massimi per tutti”. Per costoro, un'economia che non funziona, ha l'unica spiegazione di un mercato che non resta abbastanza libero!
Come per il marxismo, il neoliberismo continua ad apparire una ideologia tanto accattivante quanto irrealizzabile: Il sogno degli imprenditori contro l’utopia dei lavoratori; il mercato perfetto opposto allo stato proletario; per ambedue una soluzione a tutti i problemi.
Le visioni ideologiche del socialismo e del neoliberismo.. sostengono due interpretazioni politiche differenti in netta contrapposizione nel complesso parlamentare europeo. Sono quelle “contrapposizioni” che continuano a determinare la vita politica internazionale sulla quale gran parte dei politici odierni fondano il loro limitato dialogo e dove i cittadini ne subiscono le conseguenze.
Il loro, malgrado lo sforzo, rimane un dialogo politico poco funzionale e per niente innovativo: Una politica non può progredire se rimane bloccata da due precedenti posizioni ideologiche..o meglio.. può farlo se ne trae esperienza, ma..contemporaneamente.. si libera dal contesto ideologico percorrendo una strada di innovazione attraverso diverse formule promosse dalle idee! Se oggi emerge un certo populismo è proprio perchè sembra volersi combattere l'ideologia di un tempo posta in forma quasi demagogica...  La crisi ideologica si accompagna a una crisi fondamentale della fiducia nella politica....Prova  ne è che.. l'attività politica odierna, succube di queste ideologie, non è più stata capace di generare veri e capaci statisti.














27 giu 2014

Una nota sul nuovo articolo di Domenico Cacopardo sul calcio nazionale



Una Waterloo prevista di domenico cacopardo

Perché tra un mediocre calciatore italiano e un mediocre calciatore straniero le società scelgono lo straniero? Perché i giovani promettenti sono costretti, per giocare, trasferirsi all’estero? Giuseppe Rossi, un fuoriclasse perseguitato dagli incidenti di gioco, s’è affermato in Spagna, prima di tornare in Italia. Verratti, una delle poche note positive del Mundial, gioca nel Paris St. Germain, dopo essere stato scoperto e lanciato da Zeman (uno fuori dai giri) nel Pescara. Sirigu, il portiere che nulla ha da invidiare a Buffon, dal Cagliari è anche lui andato a Parigi.

Personalmente non ho una risposta precisa: chi se ne intende spiega che le operazioni estere delle società di calcio sono ‘operazioni estere’ e nella tautologia c’è tutto. La movimentazione di denaro fuori dall’Italia, soprattutto in Sud-America e in Africa (le due aree elettive per l’acquisto di giocatori) consente di ottenere una interessante provvista di valuta non rintracciabile dal fisco e dagli occhiuti militi della Guardia di Finanza. E chi se ne intende aggiunge che non ci sarebbe altra ragione nella cosiddetta passione calcistica di tanti improbabili personaggi, non di rado con problemi con la giustizia, che acquistano le squadre di calcio e le continuano a gestire nonostante bilanci in disavanzo costituzionale e formali ‘remissioni’ annuali.

Se tutto questo fosse vero, quanto accaduto al Mundial e nelle ultime competizioni internazionali avrebbe una logica ragione: il sistema è malato e non può che dare questi risultati. La Lega calcio, ingessata da anni in una presidenza ad interim, affidata a un exgiornalista Rai, passato dall’entourage di Montezemolo (anche lui con importanti trascorsi calcistici per Italia ’90), e approdato a Unicredit, è un luogo di mediazione di interessi: su questi interessi –non dichiarati né dichiarabili- non c’è mai stata inchiesta giornalistica capace di ​fare luce. 

La Federazione Italiana Gioco Calcio limita la propria azione di coordinamento e controllo nel porre la propria mano benedicente e innocua sugli interessi delle società e della Lega stessa: capacità di incidere dell’organo sovraordinato (FIGC) uguale a zero, salvo il brevissimo intervallo di Guido Rossi commissario. Una stagione effimera, la sua, conclusa rapidamente con il ritorno al vecchio establishment rappresentato da un consunto arnese democristiano (già deputato) come Luigi Abete, una carriera federale ultraventennale. 

Certo, anche la politica ci ha messo del suo. C’è infatti un’altra domanda la cui risposta è rivelatrice: perché i comuni e tutto il sistema (governo e Parlamento) sono contrari alla realizzazione di stadi di proprietà delle società calcistiche? C’è una sola risposta: gli stadi comunali sono l’occasione per l’esercizio di potere verso le società e, soprattutto, rendono necessario un sistema di appalti pubblici per le esigenze che presentano: manutenzioni, aggiornamenti, gestione di personale. Perché permettere che questa fonte di denaro si prosciughi d’improvviso, come accadrebbe se gli stadi fossero strutture private?

C’è un’ultima osservazione di merito e di diritto. Si sostiene che la sentenza Bosman (la decisione presa nel 1995 dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee che consente ai calciatori professionisti europei di lavorare in tutte le società dell’Unione, senza limiti) obbliga il calcio italiano a non porre ostacoli al tesseramento e utilizzazione. Tanto che molte società, per esempio l’Inter, scendono in campo senza nemmeno un italiano. Da ciò deriverebbe la ristretta platea di calciatori tra i quali i commissari tecnici possono scegliere i nazionali. In questa asserzione c’è un doloso falso. Basterebbe introdurre un sistema di rappresentanza per fare tornare gli italiani sui campi di calcio: ogni società dovrebbe schierare in campo alcuni giocatori (tra tre e sei) provenienti dalla regione in cui ha sede. Ci sarebbe così una precisa ragione sportiva per chiamarsi Lazio, Roma, Napoli e così via. 

Tutte cose ben note: salvo un deciso intervento di Giovanni Malagò, una persona pulita estranea ai vecchi giochi, la Federazione chiuderà la crisi con una soluzione interna e di continuità. E tutto rimarrà come ora.



Tutto ha una logica ragione ed una conseguente deriva: il sistema del calcio è malato come del resto lo è quello della politica del nostro paese. 

Non posso che essere in completo accordo con quello che Domenico espone. Al di là delle ormai note movimentazioni di denaro fuori dall'Italia per acquisti e scambi di giocatori...ciò che ha rovinato questo sport sono proprio gli enormi interessi di denaro che vi girano intorno. Interessi che hanno finito col togliere la vera natura sportiva.... Nulla in questo gioco ormai speculatorio che prende spunto da un pallone, ha più a che vedere con la parola sport... nel momento in cui finisce col drogare giovani ragazzi pieni di fatue speranze.

Quanto poi al sistema, tanto innaturale...quanto poco costruttivo di inserire un numero enorme di presenze straniere in una squadra cittadina, non ci sarebbe nemmeno da spendere alcuna parola... se non fosse che tutto ciò non fa che frenare le poche speranze di far nascere dei potenziali campioni nel nostro Paese. Rispetto a ciò che afferma il cugino Domenico circa un sistema che preveda per le squadre nazionali..un certo numero di presenze straniere, io sarei ancora più drastico asserendo che il limite dovrebbe essere posto su non più di due... e che gli stessi giocatori dovrebbero essere in maggioranza nativi della città che la squadra rappresenta...

Ciò che colpisce veramente è la capitolazione del gioco del calcio nell'ambito di un'economia globale. Regole di una economia moderna che hanno sottomesso ancora di più le logiche di uno sport che doveva servire da esempio per l'educazione dei giovani e che invece ha finito col restare prigioniero di un mercato finanziario poco edificante.

L'accostamento di questo fenomeno con quello avvenuto nella politica odierna non è da sottovalutare. Se dobbiamo procedere per analisi, possiamo accorgerci, da un altro canto, di quanto, oggi, la politica tenda a discutere con terminologie calcistiche assai spropositate e fuori luogo... elaborando una subcultura mentale eretta su strategie non proprio confortanti, né costruttive. 
vincenzo cacopardo




26 giu 2014

M5stelle ...una debole strategia...




UN INCONTRO INSICURO E TROPPO AFFETTATO  CHE RENDE PIU' FORZA AL SINDACO D'ITALIA
di vincenzo cacopardo

Secondo Grillo l'intenzione doveva essere quella di mettere alle strette Renzi ed il suo partito in modo da tirare fuori le contraddizioni presenti tra cui quelle sulle “preferenze”. Una strategia debole che ha messo ancora più in evidenza quella diplomazia.. un po' ipocrita e conformista.. in favore di Renzi. Se questa per il Movimento di Grillo..doveva essere la mossa in proprio favore, sembra essersi rivelata fragile e fiacca....ci voleva ben altro!
La delegazione con a capo il vicepresidente alla Camera Luigi Di Maio e il deputato Danilo Toninelli, al contrario di come si espose quella precedente con a capo lo stesso Grillo, ha aperto un dialogo di collaborazione, smentendo nel metodo ogni precedente percorso di contrasto ad un sistema: E' vero!...il sistema si cambia dall'interno, ma non certamente con un simile metodo!
La loro strategia è sembrata tanto diversa da farli apparire come coloro che, integratisi ad un impianto (che di norma hanno sempre ostacolato), pensando di poter operare in una collaborazione per la ricerca di una legge elettorale che finisce sempre col partire da un principio di governabilità stabilito dall'alto: tutto il contrario di ciò che avevano sempre combattuto e che, facente parte integrante di un sistema per loro malato, avrebbero dovuto contrastare.
Se una operazione andava fatta da parte di questa delegazione, doveva essere quella di richiamare l'attenzione del pubblico, verso un richiamo ad un percorso di rappresentanza democratica prevalente rispetto ad un impianto in cui vuole imporsi la governabilità come principio. Credo che sia inutile ormai riconoscere questo Movimento come quello che, predicando una ipotetica democrazia diretta, pare di colpo sottomettersi ad un contrastante paradigma in cui lo scopo prioritario sembra essere quello di un qualunque governo.
Tutti i seguaci del Movimento 5S hanno seguito il percorso di un cambiamento sostanziale attraverso un dialogo preciso del suo profeta che ha sempre contrastato in via di principio la natura governativa operata attraverso leggi elettorali arraffazzonate che prescindono da un principio di rappresentanza democratica. Ma nella riunione in streaming, malgrado la presentazione di un democratellum (che in via di principio si sofferma principalmente sulle preferenze) sembrano essersi sottovalutati quei temi conflittuali dei ruoli e le riforme riguardanti gli stessi Partiti. Temi che avrebbero di certo reso più forte ed incisivo questo dialogo di scambio fin troppo affettato da parte di chi non dovrebbe riconoscere... né nel merito ...nè nel metodo... la determinata ambizione di colui che ritiene di essere il nuovo messia risolutore dei problemi della politica italiana...
Quale sarà il vero scopo del nuovo Senato?..perchè l'immunità per i suoi componenti?..Qual'è lo scopo di un grosso premio di maggioranza per la Camera?..Qual'è quello di voler prediligere le preferenze, senza riformare i Partiti?...ed infine come si può pensare ancora ad una vera democrazia se non si eliminano i conflitti tra i ruoli?..Queste sono le domande che si sarebbero dovute rivolgere da parte di un Movimento che si è sempre professato antisistemico, e facendo... in tal modo... cadere nella trappola un Premier privo di una piena visione democratica... Queste le logiche domande che trovano una risposta all' obiettivo di un Premier che, sotto la veste di un rottamatore, non fa che mettere in evidenza un unico scopo: quello di voler governare per ambizione..sotto il pretesto di un bisogno!

La differenza tra chi la pensa come il Premier e chi, invece, ritiene che la democrazia debba essere salvaguardata...sta nel fatto che Matteo Renzi valuta la “governabilità” come uno scopo..mentre quelli come me.. ritengono che essa debba ritenersi un “fine”. Un fine che deve essere ricercato con cura..senza fretta e con un risultato di autentica funzionalità.      

Un commento si una nuova analisi del consigliere Cacopardo

La forza delle illusioni
di domenico cacopardo

La luna di miele tra Matteo Renzi e gli italiani continua. I dati dei sondaggisti concordano sull’assegnargli un gradimento vicino al 70% nel quale è compreso lo strano mondo dei seguaci di Beppe Grillo.
Le ragioni sono evidenti: dopo anni di dominio di personaggi improbabili, ancorché popolari, come Berlusconi, di politicanti alla Prodi (che ha il coraggio di dare ancora indicazioni al Paese), di leader in difficile comunicazione con la pubblica opinione come D’Alema, di professori supponenti di fragile sostanza come Amato e Monti, di democristiani vecchio stile come Enrico Letta, irrompe sulla scena il giovane sindaco di Firenze, dal linguaggio nuovo, in sintonia con i tempi e con il desiderio di cambiamento del Paese, e vince il banco del Pd prima, del governo poi.

Ma, concretamente, a che punto siamo nel Cambiare verso, lo slogan fortunato di Renzi?
In politica pura (le riforme del Senato, del titolo V e della legge elettorale), la sensazione è che dopo 32 anni dall’enunciazione della necessità di intervenire sul tessuto istituzionale del Paese (Conferenza socialista di Romini del 1982), sia la volta buona. Certo, il misoneismo (paura delle novità) domina la minoranza del Pd (e non fa meraviglia che un vecchio quadro comunista del Pci come Vannino Chiti se ne faccia portavoce), il dispetto quella di Forza Italia, mai come ora terminale, e il senilismo quello di gente alla Rodotà, finalmente estromessa da un immeritato prestigio istituzionale.

Per il resto i 126 giorni di palazzo Chigi compiuti oggi, ci consegnano la certezza che la dote principale del premier è l’istinto che lo mette in immediata sintonia con l’elettorato, ma che per l’azione di governo siamo in un’area di gravissimo rischio. Tutto può miseramente crollare in poche ore nel ridicolo per una delle possibili scivolate che è lecito temere. La formula propagandistica «Io ci metto la faccia», che Renzi ripete spesso, è sbagliata: il conto del possibile disastro lo pagheremo noi italiani.
Partiamo dall’Europa. Il patto di stabilità non sarà toccato e ci rimane davanti come un macigno. Il compagno Hollande deluderà le attese italiane e si allineerà alla Merkel, mantenendo in vita l’Asse carolingio che da qualche decennio (dall’uscita di scena di Bettino Craxi) governa l’Unione. Ci voleva ben altro da parte italiana: la capacità di rendere coesi i paesi mediterranei, primo fra tutti la Spagna, di assumere la leadership dello schieramento alternativo alla Germania e satelliti, contestando punto per punto l’agenda europea. Invece, come abbiamo visto, Junker, l’uomo di Angela Merkel, sarà presidente dell’Unione e Schultz, il socialista, presidente di un Parlamento senza peso. 

La cosa più paradossale è che la stampa nazionale sembra non accorgersi della caduta di peso internazionale del primo ministro e dell’inesistenza del suo governo, a partire dalla ministro degli esteri («Mogherini chi?») a pari merito con l’imbarazzante ministro della difesa Pinotti, e a seguire molti altri. Le ultime notizie che darebbero addirittura la predetta Mogherini sulla poltrona di ministro degli esteri europeo e Padoan alla presidenza dell’Eurogruppo, sono improbabili bufale comunicative di Renzi in cerca di una via per disfarsi della Mogherini medesima, e per allontanare il difficile ministro dell’economia. Bufale, cui dolosamente abboccano giornalisti di vecchio e nuovo corso accorsi in soccorso del vincitore.
Sul piano interno, la situazione è caotica. A palazzo Chigi, si racconta con stupore che la dottoressa Manzione, già capo dei vigili urbani di Firenze, ora capo del dipartimento affari legislativi, trascorra la giornata chiusa con i funzionari suoi collaboratori, senza contatti esterni (ministeriali e non). 

Anche un giornale allineato come il Corriere della sera ha dovuto dare atto del caos organizzativo. E un indispettito Quirinale non è intervenuto a vuoto sulla riforma dello Stato.

In realtà, gli 80 euro mensili ai percettori di basso reddito (non a tutti, naturalmente) non avevano copertura: Renzi fu costretto a correre al ministero dell’economia per incontrare, oltre il ministro, il ragioniere generale dello Stato, e ottenere la bollinatura del provvedimento. Una cosa inaudita, visto che il primo ministro dovrebbe convocare i comis nella propria sede. Negli ambienti di Camera e Senato si confermano attendibili dubbi sull’assenza di una copertura credibile per il provvedimento, oltre la sua sostanziale ingiustizia, visto che una platea vasta di indigenti ne è stata esclusa.
I consigli dei ministri sono convocati ad horas, spesso senza un odg definito (ma Del Rio è un endocrinologo, il segretario generale è l’exmanager del comune di Reggio Emilia e il capo del dipartimento affari legislativi, l’abbiamo ricordato); i provvedimenti vengono raffazzonati lì intorno alla sala del consiglio. 
Pensate che a Bruxelles non si sappiano queste cose? Certo, si sanno, e si sa anche che presto, semestre italiano ininfluente, riceveremo una bella scoppola, una sveglia che porrà Matteo Renzi di fronte all’inconsistenza della propria azione di governo.
La capacità di stare al centro del palcoscenico del premier, incontestata e incontestabile, gli permetterà di proseguire nella navigazione e di raggiungere i risultati annunciati? C’è da dubitarne fortemente, anche se (ma non è un ragionamento) il suo istinto l’ha condotto sino a questo punto senza guai seri.





Non si può che essere d'accordo con questa attenta analisi proposta da Domenico, il quale... oltre alla sua professionale conoscenza, si propone scettico verso chi, con estrema ambizione e fretta, pensa di poter risolvere con la sola forza comunicativa.. gli immensi problemi di un paese come il nostro.

E' inutile ormai sottolineare gli enormi dubbi sui propositi di chi sembra operare su una comunicazione tanto ipocrita e sfacciata verso un popolo come il nostro... tanto ignorante.. quanto prostrato di fronte alla inettitudine di una passata politica che ha contribuito inesorabilmente a mettere in luce chiunque si proponga con tale determinazione.

Vorrei solo aggiungere e stigmatizzare la scarsa sensibilità di un premier che, come ha giustamente sottolineato il cugino consigliere Cacopardo, si è premurato di proporre un provvedimento in favore di chi un lavoro lo ha già... alla faccia dei tanti indigenti che invece ne avrebbero avuto più bisogno. 

Il sindaco d'Italia opera prevalentemente per governare al fine del suo “fare”, non avendo alcuna vera capacità di intuire l'importanza di doverlo fare attraverso un percorso che non deve trascurare i principi base di una democrazia e di equità.

Inconsapevolmente Renzi è fautore di quella deleteria cultura asettica e pragmatica che concepisce il suo “fare” come matrice di uno sviluppo attivo, fregandosene dei principi di una democrazia che potrebbero solo intralciarla. Finisce col lavorare (nell'insieme di una squadra governativa mediocre) per una Nazione in cui le stesse istituzioni possano favorire tale sottocultura e tale asettico pragmatismo.
vincenzo cacopardo

Nuovo commento di Domenico Cacopardo


NERVI SALDI E NAVIGAZIONE A VISTA 
 di domenico cacopardo
È il conformismo la cifra prevalente di questa stagione politica. Conformismo dei politici, tutti allineati sulle parole d’ordine di Matteo Renzi e conformismo dell’informazione che, nello stile ormai affermatosi in Italia, è divisa tra una stragrande maggioranza di fan e una sparuta minoranza critica «a priori»: manca la schiera di critici positivi, capaci di mettere in rilievo le contraddizioni della «performance» governativa.

Il gradimento del «premier» si avvicina al 70% sulla base delle sue eccezionali capacità comunicazionali. Non ancora per i concreti contenuti dell’azione di governo. Il medesimo presidente di Confindustria, sempre misurato, ha nei giorni scorsi espresso il proprio richiamo perché, dopo tante affermazioni di cambiamento, qualche problema reale sia affrontato. Si tratta, in particolare, dell’ostacolo che ogni giorno la burocrazia frappone alla semplificazione delle procedure, determinando ritardi biblici nelle decisioni che servono alle imprese, ai commercianti, ai semplici cittadini.

Che la riforma della pubblica Amministrazione sia una necessità urgente è un fatto incontrovertibile. Lo è dal 1861, anno dell’Italia unita. Se ne parla da decenni con risultati altalenanti. Il medesimo progetto Madia, bocciato dal Quirinale, ora in Gazzetta Ufficiale, dopo adeguate correzioni, è un pannicello tiepido che non risolve nessun problema reale. Del resto, non ci si poteva aspettare niente di diverso, vista l’insufficienza del ministro Madia e dei diretti collaboratori della presidenza del Consiglio. 
Del pasticcio continuato messo in scena a palazzo Chigi si favoleggia anche nelle strade romane: il governo non ha ancora trovato un assetto capace di garantirgli efficienza.
Questo va detto al presidente del consiglio, sensibilissimo alle critiche, capace di esorcizzarle come espressione di gufismo e, tuttavia, portatore di un disegno complessivo da condividere e sostenere.
Sembra un «leader» consumato, quando propone l’inconsistente Mogherini come responsabile della politica estera e di sicurezza dell’Unione europea, un incarico senza alcun contenuto pratico: un modo evidente per liberare la casella “esteri” per qualche politico di maggiore peso ed esperienza. Si intravede un rimpasto più complessivo per trovare l’efficienza tanto desiderata.
C’è anche la questione europea. L’enfasi sull’assenso tedesco a un allentamento della stretta stabilita dal patto di stabilità è sbagliata e illusoria. L’allentamento è quello che è già all’interno del patto, a determinate condizioni.
Renzi ha capito che l’Europa non è il comune di Firenze e che le parole non bastano. Le sue mosse sulla Francia sono in questa direzione, salvo il fatto che non riusciranno a smontare l’Europa carolingia costruita da Parigi e Berlino. L’unica possibilità è costruire un asse Mediterraneo da Lisbona a Roma che sappia interloquire con decisione su tutte le grandi questioni comunitarie. Non si comprende peraltro la ragione dell’affrettato sì a Junker: vedremo nelle prossime settimane se il «premier» ha ottenuto, da quel sì, una qualche concessione per i nostri problemi.
La speranza è un sentimento, non un ragionamento politico. Tuttavia, a essa dobbiamo ricorrere per andare avanti.


24 giu 2014

La catastasi "eloquente" di Matteo Renzi


TAGLI E SEMPLIFICAZIONE...PER UN FUTURO INCERTO
di vincenzo cacopardo

La catastasi, se accostata all'eloquenza è l'arte di esprimersi con efficacia persuasiva,...ma secondo la tragedia classica, è la parte in cui si svolge l’azione che prepara una catastrofe.

Matteo Renzi è riuscito nella prevedibile operazione di poter sforare i conti pubblici del Paese, ma non possiamo ancora capire gli esiti di come ciò potrà influire sulle misure economiche del suo governo.
Il Premier alla Camera dichiara che il nostro Paese è ormai parte dell' Europa in ogni momento della nostra giornata.. e non è lontana da noi stessi. Rivolgendosi a tutti i parlamentari annuncia di puntare sul nostro Paese rendendolo più forte in seno alla stessa comunità internazionale... Sono i soliti annunci alla Renzi...sempre eclatanti e vuoti di quegli essenziali contenuti?
Renzi affronta alle Camere il dialogo sulle linee del semestre italiano a Bruxelles sottolineando l''opportunità per la politica italiana di fondamentale supporto a quella Europea e priva di ogni presupposto od impedimento tecnocratico. A parole...si sa è bravo!... Parla di alzare la voce, di non attaccarsi a cavilli o parametri e burocrazia, ma come è solito fare....non spiega mai come!.. I suoi sembrano i soliti slogan ai quali molti si sono abituati.

Le sue frasi sempre decise suonano ormai soliti slogan retorici "Decidiamo prima dove andare, poi chi ci guida"... "non basta avere una moneta, un presidente in comune, una fonte di finanziamento in comune: o accettiamo destino e valori in comune o perdiamo il ruolo dell’Europa davanti a se stesso".

Belle parole...certo!..ma resteranno tali se prive di un vero piano di sviluppo sia economico che politico ed istituzionale! Per il futuro del nostro Paese, Il sindaco d'Italia continua a promettere e ad assicurare.... adesso annuncia in modo eclatante un insieme di riforme in un periodo di circa mille giorni (settembre 2014 al maggio 2017). Un piano che comprende pubblica amministrazione, agricoltura, giustizia, welfare ed altro, lo fa senza entrare mai in quei dettagli che potrebbero incidere nel percorso stesso del suo ambizioso piano ….lo fa senza un vero disegno. Le sue sono le solite promesse che incantano purtroppo una buona parte di quei cittadini ormai stufi di voler ragionare su ogni tema della politica: Renzi, astutamente, lo ha ben compreso.. e non avendo avversari, prosegue verso la strada delle eterne promesse. Per non parlare di quella serie di riforme che determineranno una chiara rimodulazione della Costituzione, ormai affidate ad alcuni dilettanti allo sbaraglio del suo Consiglio.


Il sindaco d'Italia, fresco come le rose.. e determinato fino all'inverosimile, prosegue la sua marcia affidandosi prevalentemente ai tagli e non guardando mai a quel funzionamento fin troppo utile in un complesso istituzionale, il cui cambiamento dovrebbe essere operato con estrema sensibilità, umiltà e conoscenza. Ma chi è al corrente dei veri problemi della politica e dei suoi meccanismi, sa bene quanto necessario sia far funzionare una macchina istituzionale in modo efficiente, prima di mettere mano a certi tagli dissennati. Come anche...chi ha a cuore lo sviluppo del proprio Paese...deve necessariamente pensare prima ad una sua crescita, attraverso vere idee ed innovazione. 

23 giu 2014

L'agenda europea per il cambiamento: Alleluia!!!...

di vincenzo cacopardo
Sintesi del documento "Sono necessari passi audaci verso riforme strutturali e un'agenda positiva per la crescita, la competitività e il lavoro": lo si legge nella bozza che il presidente del Consiglio Ue Herman Van Rompuy presenterà al vertice Ue, di cui l'ANSA ha preso visione.Il programma della nuova Commissione Ue sarà pronto al massimo dopodomani. Il documento cui lavora Van Rompuy si intitola - si apprende - 'Agenda for the Union in times of change': la parte più importante, almeno per Roma, è 'A Union of jobs, growth and competitiviness', mirata a sostenere ripresa e occupazione, dando fiato agli investimenti. Un documento, quello su cui sta lavorando Herman Van Rompuy - che ha ricevuto dall'ultimo vertice Ue il mandato di mediatore nella difficile partita delle nomine - cui è legato, almeno per l'Italia, il risiko delle poltrone europee. Sul lavoro finora portato avanti dal presidente uscente del Consiglio europeo e sui cui gli sherpa delle varie cancellerie sono in queste ore al lavoro per limare il testo, ci sarebbe - secondo fonti che seguono il dossier - un ok di massima di Roma che però 'stressa' sulla necessità di dare spazio agli investimenti privati ed al mercato unico dell'energia. Due elementi fondamentali, rispettivamente per la crescita e la competititività. Sul delicatissimo nodo del rigore, della finanza pubblica, non si punterebbe all'introduzione di un vago concetto di 'flessibilità' - che rischierebbe di aprire margini di manovra difficili da gestire anche negli equilibri europei - ma bensì a quello più circostanziato dell'utilizzo dei margini di manovra, già previsti dal Patto di Stabilità e Crescita, per quanto riguarda le riforme strutturali. Tenere cioè in considerazione, nei tempi di rientro nei parametri imposti, dei costi delle riforme strutturali, chieste proprio dall'Europa."
Matteo Renzi sembra aver ripetuto di continuo che la di là delle nomine all'Ue.. ciò che conta è che nel documento di Van Rompuy si evidenzierebbero alcune novità. Sotto il titolo di "Agenda strategica in tempi di cambiamento" ( che assai richiama una agenda non rivelatasi del tutto sana per il nostro Paese) sarà presentato un programma della nuova Commissione Ue, nel quale parrebbe esservi una parte importante per il nostro Paese al fine di poter sostenere una ripresa e dare spazio ad ulteriori investimenti.
Intanto i socialisti europei hanno appena nominato Juncker alla guida della commissione legando la stessa nomina ad un nuovo programma di legislatura con i temi più importanti e cari al PSE. Herman Van Rompuy ha ricevuto il mandato di mediatore nella difficile partita delle nomine. Il suo testo sul programma resta fondamentale per l'Italia e sembra che da Roma sia arrivato un benestare sottolineando una certa premura di poter dare spazio ad investimenti basandosi fondamentalmente su crescita e competitività. Per quanto attiene le riforme strutturali, lo stesso governo Renzi punterebbe a dare maggior valore ai patti di stabilità tenendo conto dei parametri e dei tempi di rientro. Sarà ascoltato??

Siamo quindi alle decisioni finali ed il nostro Paese ancora non si è esposto nelle nomine, ma come tutti sappiamo Renzi è un ambizioso e difficilmente abbandonerà i suoi obiettivi. Quella che si apre è comunque una settimana decisiva per le nomine. L'Italia non ha ancora scoperto le sue carte, ma essendo ormai quasi certa la presidenza della Commissione e la rielezione di Schulz all'Europarlamento, rimangono ancora da riempire due obiettivi per Roma: la presidenza del Consiglio Ue e la carica di Alto rappresentante, 'ministro degli Esteri' della Ue. ...Sembrerebbe che per la seconda.. il nostro sindaco d'Italia... voglia premere per la titolare della Farnesina Federica Mogherini. Alleluia!!!