9 mar 2015

La manovra di Draghi al via..

Al via il “quantitative easing”..tra speranze e perplessità


Parte il “quantitative easing” voluto dal presidente della BCE Draghi. Si tratta di 1.140 miliardi di liquidità immessi nei paesi dell'eurozona che punta soprattutto sulla rinascita di una economia reale ormai pesantemente schiacciata dalle manovre finanziare avvenute in questi ultimi anni. Molto dipenderà dalle Banche e dal potenziamento del credito verso le imprese erogando maggiori mutui. La manovra aiuta naturalmente l' export e la moneta debole dell'euro. Sono in molti a pensare che questa manovra potrà concedere maggiore libertà a manovre strutturali al fine di ridurre il deficit di bilancio degli Stati europei.
Questo intervento intervento, insieme al calo significativo dello spread dovrebbero garantire una migliore opportunità di quella liquidità utile alle imprese per nuovi investimenti.Di sicuro un costo del denaro più basso potrebbe favorire i cittadini per l'acquisto delle case dando una spinta significativa al mercato immobiliare ormai fermo da tempo, malgrado l'Istat indichi una piccola ripresa già dalla fine dello scorso anno.
La Bce.. in proposito, ha rivisto in meglio le previsioni di inflazione per l’Eurozona, puntando su un’inflazione al 2% e cioè.. lo 0% per quest’anno, 1,5% per il prossimo e 1,8% per il 2017.

Da questa manovra che pone un forte aiuto alla attività governativa del fortunato sindaco d'Italia Renzi, dipenderà molto la ripresa: Andando giù la moneta.. favorisce le esportazioni... aumentando anche una sostanziale competitività in seno alla eurozona, ma il problema per il nostro Paese sarà sempre quello di una politica efficiente che sappia indicare un serio sviluppo di innovazione..dirigendo, nel contempo, l'operato degli istituti di credito al fine di intraprendere l'indirizzo di quella economia reale sicuramente essenziale per un Paese come il nostro che vive prevalentemente sulla qualità e che.. su questa.. dovrà impegnarsi per una positiva crescita.
vincenzo cacopardo


7 mar 2015

un breve commento sul nuovo articolo del consigliere Cacopardo


Era già nell'aria.... Domenico nel suo articolo raccoglie e sottolinea l'imprudente percorso fin troppo frettoloso di un premier che, seppur armato di una forte determinazione, non riesce mai a porre un freno alla sua ambizione. 

Sarà stata la presenza del nuovo presidente Mattarella.. che a sua volta... ha spinto anche ad una reazione la presidente della Camera Boldrini circa quel mancato rispetto verso il Parlamento, sarà la dura lotta scatenatasi all'interno del suo partito che ha visto i bersaniani urtati dal suo comportamento, sarà l'atteggiamento.. quasi di sfida.. verso il suo ex alleato Berlusconi...sarà il difficile dialogo con Putin, ma il dato di fatto reale è quello che vede oggi il sindaco d'Italia.. incastrato in una serie di avvenimenti che si stanno ponendo di fronte al suo percorso.. rallentandolo. Eventi, frutto di un cambiamento che ha voluto portare avanti con troppa e semplificativa enfasi.

Domenico scrive: -Si sostiene in giro a Roma che il presidente non apprezzerebbe i contenuti della legge elettorale tanto tenacemente voluta da Renzi, né quelli della riforma (molto pasticciata) del Senato. E che le ultime uscite di Bersani proprio su legge elettorale e Senato sarebbero in sintonia con il Quirinale.- Ciò che spiega con chiarezza il cugino Cacopardo riguardo a queste riforme è plausibile e si spera, quindi, che qualcosa possa cambiare in proposito. Sappiamo che in politica la fretta è una cattiva consigliera e per far quasi una bella figura di fronte all'Europa, Renzi continua a sacrificare una naturale e più logica ricerca di funzionamento della politica istituzionale, scatenando quelle naturali reazioni contrarie tipiche dei modelli di una certa democrazia oggi in grande crisi e lavorando.. al contrario.. senza rendersi conto del peso di un ritorno negativo a danno della innovazione utile alla politica del Paese.
vincenzo cacopardo


«L’operazione è chiusa.» «E Renzi?» «Tutto sotto controllo. La manovra a tenaglia Berlusconi-D’Alema non gli dà alternative.»
Questo colloquio, immaginario ma non tanto, si potrebbe essere svolto mercoledì 28 gennaio 2015 tra Il Candidato al Quirinale (di cui non facciamo il nome, tanto è intuibile) e un exdeputato, exsenatore ed exministro socialista.
Sono passate 48 ore e s’è visto com’è andata a finire.
Il «premier» non s’è fatto incastrare nella tenaglia e se ne è uscito con la proposta vincente Mattarella, gettando nella disperazione Berlusconi e tanti altri che avevano confidato nella ricostituzione del solito staff del Candidato.
Tuttavia –e l’abbiamo scritto subito- la vittoria di Matteo Renzi era solo virtuale e d’immagine, secondo la moda e le sue preferenze. 
Sergio Mattarella si sarebbe rivelato, al di là del garbo e della signorilità caratteriale, uno strenuo, duro difensore dei valori della Costituzione e, su essi, non avrebbe ceduto di un millimetro. La salvezza di forme e procedure, quelle forme e procedure tanto ostiche al giovane primo ministro, sarebbe stata totale, tanto da costringerlo –nella bilancia dei poteri quelli del presidente della Repubblica sono infinitamente più stringenti- a segnare il passo e adeguarsi.
Le medesime spensierate leggerezze di Renzi (a sciare con il Falcon e da casa a Roma con l’elicottero dell’Aeronautica militare) avrebbero suscitato riprovazione e –in modo riservato- sdegno.
Renzi non capisce e forse non imparerà mai a capire il significato dei comportamenti, soprattutto quando si tratti di siciliani. Andando a Firenze, proprio a Firenze, in treno e trasferendosi a Scandicci in tram, il presidente della Repubblica ha mandato un messaggio personale, pubblico ma, allo stesso tempo riservato, al presidente del Consiglio, più chiaro di un messaggio formale o di un discorso a quattr’occhi, e non è stato capito. Ci voleva un guasto all’elicottero per rendere evidente a tutti il senso di questa nonpolemica che apre un capitolo nuovo rispetto al passato di Napolitano, troppo indulgente e protettivo verso Matteo.
Anche perché (e non è affatto un mistero per i corridoi ministeriali e di Palazzo Chigi) che la nomina di Ugo Zampetti come segretario generale del Quirinale e del resto dello staff non è stata affatto gradita dal «premier» che avrebbe preferito scelte di stampo goliardico-giovanilista, sul suo medesimo stile, come per segnare una consonanza che non c’è mai stata.
Il rosario delle distinzioni e dei latenti dissensi ha iniziato a svilupparsi. Non solo il «no» insuperabile all’idea di un decreto-legge sulla scuola, ma anche altri segnali, che, messi insieme, indicano una temperie istituzionale tutt’altro che favorevole al giovane fiorentino.
Le esternazioni di Laura Boldrini, presidente della Camera, sul mancato «rispetto del Parlamento» riferito all’aver ignorato alcuni indirizzi delle commissioni sui decreti attuativi del «job act», sbagliate nel merito, ma, tutto sommato, fondate riguardo alle disinvolture del governo rispetto alle esigenze degli organi legislativi, sembrano in qualche modo ispirate dal parlamentarismo di Mattarella.
Si sostiene in giro a Roma che il presidente non apprezzerebbe i contenuti della legge elettorale tanto tenacemente voluta da Renzi, né quelli della riforma (molto pasticciata) del Senato. E che le ultime uscite di Bersani proprio su legge elettorale e Senato sarebbero in sintonia con il Quirinale. Certo, assolutamente non concordate, ma frutto dell’aria che spira dal supremo colle della Repubblica.
È evidente che la strada del primo ministro s’è complicata. E lo sarà ancora di più dopo il giro di valzer con Putin, che ha sollevato disappunto a Washington e a Berlino: e si sa come siano capaci di incidere sulla politica italiana le due capitali alleate.
Ancora un volta, dobbiamo aspettarci novità e aggiustamenti nei prossimi mesi, nella direzione di un rallentamento dei ritmi renziani e di una maggiore riflessione sui contenuti delle varie leggi.
Rimane, di fondo, un’esigenza che nessuno può eludere: l’Italia deve completare il processo riformista e rapidamente. Tutto il pacchetto di iniziative in essere o, semplicemente, in programma deve essere condotto a termine in tempi piuttosto brevi, non più di due anni, perché si raccolga al volo l’occasione unica di rilancio che la congiuntura ci offre.
Ora o mai più. 
domenico cacopardo




6 mar 2015

UNA “FARAONICA” LEOPOLDA SBARCA IN SICILIA


Qualcuno la chiama “Faraona” poiché promossa dal sottosegretario Davide Faraone ormai un pupillo del Premier Renzi”
di vincenzo cacopardo

Non poteva che essere così... in un paese in cui è tanto facile copiare ed assai più difficile seguire iniziative proprie per una mancanza endemica di idee.

Siamo un’altra cosa, siamo di piu'” Queste le parole de sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone che ha voluto la sua “Leopolda” siciliana a Palermo, svoltasi nelle ex fabbriche Sandron e che ha visto..casualmente.. la presenza di tanti ex ..alcuni dei quali passati sul carro del vincitore Renzi.

Così figure come Zambuto..ex sindaco di Agrigento con l’Udc e con il Pdl, oggi presidente regionale del Pd... altri deputati provenienti in buona parete dall’Udc Cuffaro e dal Movimento per l’Autonomia di Raffaele Lombardo sono pronti a passare nel Pd renziano, emulando in buona parte ciò che è avvenuto a Firenze...Alla faccia di un'altra cosa!
Per dare maggior impulso sono stati previsti oltre che interventi di parlamentari di sindaci ed imprenditori, anche artisti e personaggi dello sport...Una tipica nota di ispirazione renziana per raggiungere uno scopo comunicativo più penetrante ed inclusivo.

L'intervento del sottosegretario Faraone si è esplicato in una sorta di retorica paternale ”Basta a chi dice sempre no, a chi demolisce, a chi minaccia, a chi non si sbraccia per costruire nuove prospettive” C’e’ chi frena all’interno del Pd. Capisco che abbiamo una classe dirigente abituata a perdere, in Sicilia, ma sono brutti ricordi. Ora dobbiamo avere il coraggio di puntare su un modello di cambiamento vero, non dobbiamo avere paura altrimenti rischiamo di restare marginali” .. poi.. dopo un formale richiamo alla Lega Nord che minaccia le sue continue marce su Roma, Faraone insiste asserendo che l'offerta resa dal nuovo PD è nettamente diversa da quella offerta dall'ex segretario Bersani. Un partito che per lui non esiste più..insistendo con gli slogan alla Renzi: Cambiano le parole d’ordine per concepire la sinistra. Stiamo rompendo i totem che hanno impedito a questo paese di fare dei salti in avanti. Stiamo cambiando il centrosinistra in meglio, aprendo le porte del Pd”.

Infine il sottosegretario DelRio, con il vicesegretario del Partito Democratico, Lorenzo Guerini, e con tutti coloro che hanno organizzato la riunione hanno concluso dichiarando di ripensare ad un nuovo Mezzogiorno che sia da traino per l’Italia.

Al di là della sortita di Faraone verso Bersani, che dovrebbe in un certo senso dare da pensare profondamente all'interno del Partito frantumato tra vecchie ideologie e false comunicazioni, quello che veramente è da biasimare è l'esporsi enfaticamente dopo un anno di governo in favore di un nuovo Mezzogiorno. Un Mezzogiorno del tutto dimenticato dal sindaco d'Italia che pare conoscere solo l'entità artistica sovrana della sua regione toscana e che ha visto il suo governo inerme di fronte ad una vera strategia di crescita di quelle regioni del sud sempre più dimenticate.

Non vi potranno mai essere “Faraoniche” Leopolde utili se il nostro territorio.. che rappresenta uno dei fattori sui quali maggiormente si misura la propria competitività, restando privo di adeguate infrastrutture, non potrà mai avere alcuna opportunità di sviluppo. Vi sono sicuramente colpe delle politiche regionali ma anche e soprattutto... pochissime attenzioni da parte del governo centrale.

5 mar 2015

Crepe dei partiti sulle costanti riforme frettolose..

di vincenzo cacopardo
Sulla riforma della giustizia in commissione alla Camera la maggioranza sembra spaccarsi . E' successo ieri sul delicato punto riguardante la prescrizione, dove lo stesso governo ha presentato una correzione che la porta da dieci a diciotto anni per i reati riguardanti la corruzione. Qualcuno di Area popolare e qualche socialista.... dissociandosi, si è accodato al partito di Forza Italia.
Ancora una volta la maggioranza appare divisa..cosa che difficilmente potrà fare in Aula quando vi giungerà il provvedimento. Naturalmente si tenta qualunque cosa per poter ricucire lo strappo e per bocca della sempre più serena ministra Boschi si riuscirà di certo a trovare i giusti accordi. “Siamo solo all'inizio” ma sottolinea anche  «Va salvaguardata la specificità della corruzione”. Si può comunque esser certi che verranno apportate alcune importanti necessarie modifiche.
Pare..tuttavia..che lo scompiglio della maggioranza combaci con uno scambio di indicazioni che coinvolgono interessi tra il Pd ed il Movimento Cinque Stelle. D'altronde un segnale significativo è stato espresso da Grillo in una intervista al Corsera nella quale ha espresso un'apertura sia sulla Rai che sul reddito di cittadinanza, dichiarandosi disponibile ad un dialogo col PD...Il sindaco d'Italia Matteo Renzi, a sua volta, non aveva nascosto l'idea di un incontro col leader del Movimento 5Stelle sottolineando come.. sulla questione della Rai..le posizioni collimino in gran parte.
Ancora una volta.. malgrado Matteo Renzi, venga maltrattato da Beppe Grillo..ogni qual volta lo desidera..riesce comunque a solidarizzare con il denigratore! Adesso i voti dei grillini potrebbero essere utili al premier che non si è mai posto dubbi sul metodo del suo percorso..  proseguendo costantemente verso il suo spedito indirizzo e cercando in qualunque modo di frenare ogni possibile resistenza. In questo quadro.. rimane sempre in osservazione quella minoranza del Pd che non sembra mai reagire con evidenza, ma che, forse, guarda alla distensione dei 5Stelle sperando di riuscire ad indurli a fronteggiare la tanto attesa e discussa legge elettorale dell'Italicum.
E' commovente..ma anche inquietante.. questo balletto di interessi assai poco legato alle esigenze di una società democratica che vede tanti esponenti dei partiti apparentemente esposti in lotte per la salvaguardia dei propri fondamentali principi, ma che nella realtà, non sembrano mai disponibili ad abbandonare un comodo e redditizio scranno.
Come si fa quindi a non comprendere come il sistema istituzionale in sé andrebbe cambiato in favore di una più libera interpretazione della politica di base che dovrebbe accompagnare i Partiti verso una riforma disciplinare seria che li ponga in un contatto più diretto con in cittadini per un programma legislativo concordato.



Interessante articolo di Giulio Ambrosetti sulla corruzione

Lo ‘scivolone’ di Roberto Helg e la ‘caduta’ di Antonello Montante

(Riportiamo l'opinione dal giornale online “La Voce” )

Quello che colpisce, nella vicenda di Roberto Helg, acchiappato dai carabinieri mentre intasca una tangente, è la ‘naturalezza’ del gesto: l’imprenditore chiede la proroga del contratto di affitto del locale che ha sede nell’aeroporto ‘Falcone-Borsellino’ di Palermo. E lui, Helg, vice presidente della Gesap, la società che gestisce lo scalo aeroportuale del capoluogo dell’Isola, fa quattro conti e, con il piglio di un contabile esperto, spiega all’imprenditore - peraltro un rinomato pasticcere - quello che risparmierà una volta ottenuta la nuova proroga e la somma che dovrà essere corrisposta a titolo di ‘contributo’. Santi Palazzolo - questo il nome del noto imprenditore - viene così a sapere che risparmierà un bel po’ di quattrini (tangente a parte, ovviamente), perché il rinnovo avrebbe potuto prevedere una riduzione del canone di affitto.

Questa, forse, è la parte ‘sociologicamente’ più interessante di tutta la storia. La Gesap è una società partecipata da soggetti pubblici. E’ una società per azioni con la seguente composizioni azionaria: la Provincia di Palermo (oggi commissariata dalla Regione siciliana) con circa il 40 per cento delle azioni; il Comune di Palermo con circa il 30 per cento delle azioni; la Camera di Commercio di Palermo (della quale Helg è presidente) con il 20 per cento circa delle azioni e poi altri azionisti minori con piccole partecipazioni. Stando a quello che si capisce dalle intercettazioni ambientali, la Gesap avrebbe provveduto a ridurre il canone di affitto del locale all’imprenditore.
Dunque entrate in meno per la società pubblica (cioè per i cittadini siciliani) e denaro fresco risparmiato dall’imprenditore. Soldi che, quest’ultimo, avrebbe in buona parte utilizzato per pagare la tangente. A chi? Helg è di sicuro uno di questi ‘fortunati’, visto che è stato acciuffato con il ‘sorcio in bocca’: 30 mila euro in contanti sistemati in una busta sul tavolo e un assegno di 70 mila euro in tasca.
Ovviamente, è solo un ‘caso’ (i famosi casi della vita…) che, di lì a poco, si sarebbe dovuto riunire il consiglio di amministrazione della Gesap “per decidere - leggiamo sul Giornale di Sicilia on line - se applicare la clausola che prevede il rinnovo triennale o fare una gara per affidare ad altri l’immobile”. Del resto, solo un cretino può pensare che il vice presidente di una società intasca l’anticipo di una tangente senza avere la matematica certezza di poter ‘ottemperare’ agli impegni che ha assunto con l’imprenditore taglieggiato.
Insomma, Helg - ammesso che abbia fatto tutto da solo (ma chi ci crede?) - avrebbe dovuto avere la certezza del “sì” del consiglio di amministrazione e degli stessi vertici amministrativi della società. Non bisogna dimenticare che un atto così importante - soprattutto se postula una riduzione del canone di affitto - non può passare senza il consenso dei vertici amministrativi della Gesap.
La domanda è sempre la stessa: Helg ha fatto tutto da solo? A noi la solitudine, in un affare così importante, suona strana. Del resto, il tenore delle registrazioni, come ha scritto la nostra Antonella Sferrazza, lascerebbe pensare alla presenza di inevitabili quanto logiche complicità. Helg spiffererà tutto, compresi i nomi dei suoi eventuali compari, anche per alleggerire la sua posizione processuale, che si annuncia pesante assai? O rimarrà zitto, avallando la tesi della solitudine del suo atto?

A prescindere da quello che dirà, sono invece perfettamente rintracciabili le complicità politiche di Helg. Parliamo, tanto per cominciare, di un imprenditore di Palermo che, negli ultimi anni, non ha brillato nella propria attività di commerciante. Gli è invece andata meglio in politica. La sua stella si è elevata nel cielo della politica nella seconda metà degli anni ’90, quando in Sicilia trionfava il centrodestra, tra Forza Italia e Alleanza nazionale. Noi, a dir la verità, ricordiamo Helg tra gli azzurri di Berlusconi. Grazie al centrodestra Helg farà incetta di incarichi pubblici.
Nel 2008, quando l’allora presidente della Regione, Totò Cuffaro, si dimette in seguito alla condanna inflittagli dalla Giustizia, il centrodestra siciliano entra in crisi. Un anno dopo la Regione siciliana è amministrata da un governo di centrosinistra presieduto da Raffaele Lombardo. In realtà, Lombardo è stato eletto con quasi il 70 per cento dei voti di lista nel centrodestra. Pensando di trovare una copertura ai suoi guai giudiziari, ha effettuato il ribaltone: ha messo fuori dal governo dell’Isola i partiti di centrodestra che l’hanno votato e ha ‘imbarcato’ il Pd che ha perso le elezioni e Confindustria Sicilia, all’epoca nota per le battaglie antimafia (i conti di Lombardo si riveleranno sbagliati, perché alla fine verrà condannato in primo grado per mafia: ma questa è un’altra storia).
In queste giravolte trasformiste di Lombardo e del Pd, Helg, pur essendo nato con il centrodestra, mantiene tutte le poltrone. Una spiegazione parziale c’è: il Comune e la Provincia di Palermo, tra il 2008 e il 2012, sono ancora amministrate dal centrodestra. E poi Lombardo è nato con il centrodestra. Quindi…
Nella maggio del 2012 Leoluca Orlando viene rieletto Sindaco di Palermo. E nel novembre dello stesso anno Rosario Crocetta viene eletto presidente della Regione siciliana dal centrosinistra. Lo spazio di manovra di Helg, a questo punto, si dovrebbe ridurre. Invece - ed è qui la vera stranezza - Helg mantiene sia la poltrona di presidente della Camera di Commercio di Palermo (che dipende dalla Regione di Crocetta), sia la poltrona di vice presidente della Gesap. Sulla società aeroportuale il Sindaco di Palermo, Orlando, si limita a piazzare alla presidenza della società aeroportuale l’ex senatore Fabio Giambrone. Nessuno apre una vertenza politica contro Helg. Certo, la legge non consente di sbattere fuori un vice presidente di società per azioni. Ma porre almeno una questione politica sarebbe stato il minimo. Invece, nulla.
Un anno dopo - siamo nel 2013 - la situazione diventa paradossale: la Regione di Crocetta commissaria le nove Province regionali. Di fatto, il centrosinistra siciliano controlla la Provincia e il Comune di Palermo, che insieme detengono oltre il 70 per cento delle azioni della Gesap. Ma Helg, nominato dal centrodestra, rimane inamovibile vice presidente della società che gestisce l’aeroporto ‘Falcone-Borsellino’ di Palermo. E’ anche il presidente di Confcommercio di Palermo. E rimane anche presidente della Camera di Commercio del capoluogo dell’Isola che, lo ricordiamo ancora una volta, dipende dalla Regione siciliana e, in particolare, dall’assessorato alle Attività produttive, branca dell’amministrazione regionale che, dal 2009, è controllata in maniera quasi ‘militare’ da Confindustria Sicilia di Antonello Montante, il presidente di questa organizzazione imprenditoriale oggi sotto inchiesta per mafia. Insomma, centrodestra o centrosinistra, Roberto Helg è sempre in sella.
Di fatto, lo ribadiamo, Helg è inamovibile: rimane al capo della Confcommercio di Palermo, alla vice presidenza della Gesap e alla presidenza della Camera di Commercio di Palermo. Nessuno, alla Regione al Comune di Palermo, si interroga su un personaggio di centrodestra che rimane in carica con il centrosinistra al potere. Certo, gli incarichi sono triennali e nessuno lo può toccare. Ma dal 2009 ad oggi sono passati sei anni! Se ne deduce che il centrosinistra - soprattutto alla Regione - con Helg ci ha ‘bagnato’ il pane. Anche perché, nel frattempo, una parte di Forza Italia ha dato vita al Nuovo centrodestra democratico, il cui leader è il siciliano Angelino Alfano. E siciliano è anche l’ex presidente del Senato, Renato Schifani, anche lui nel Nuovo centrodestra e grande protettore, ovviamente politico, di personaggi legati alla Gesap. 
Ma, al di là degli intrecci tra Confindustria Sicilia, Confcommercio, Regione siciliana, Comune e Provincia di Palermo, un dato emerge con chiarezza: Helg non è un personaggio qualunque. Perché in Sicilia - e soprattutto a Palermo - non si mantengono certi posti (e certi rapporti) nella gestione della cosa pubblica senza essere parte di un sistema di potere (nell’accezione siciliana del termine…). La caduta di Helg coincide con la caduta del presidente di Confindustria Sicilia, il già citato Montante. Entrambi fanno parte di un sistema di potere collaudato. Entrambi si sono cimentati nelle attività antimafia, nel nome della legalità. Entrambi sono imprenditori. Ed entrambi rappresentano organizzazioni imprenditoriali.
All’inizio del nostro ragionamento abbiamo sottolineato la ‘naturalezza’ con la quale Helg si accingeva ad incassare i soldi. E’ evidente che non lo sfiorava nemmeno lontanamente l’idea di essere beccato. Così come Montante non immaginava certo di finire nel ‘tritacarne’ mediatico di un’inchiesta penale per mafia. Da qui una domanda: che cosa sta succedendo in Sicilia?
Montante sostiene di essere finito in un gioco perverso. Qualcuno starebbe utilizzando una storia di oltre trent’anni fa (una foto che lo ritrae, appena diciottenne, con un personaggio poi diventato un noto mafioso) e le dichiarazioni dei pentiti per mettere in cattiva luce lui e la sua attività antimafia. La tesi del presidente di Confindustria Sicilia non è campata in aria. Per almeno due motivi. In primo luogo, perché se è ormai acclarato che in Italia - e soprattutto in Sicilia - si fa carriera con l’antimafia, è piuttosto azzardata la tesi di un’antimafia che diventa mafia.
In secondo luogo, perché Montante e i suoi amici di Confindustria Sicilia sono diventati troppo invadenti, se è vero che ‘spatuliano’ (ovvero dettano legge) nella gestione idrica, nella gestione dei rifiuti, nella gestione della partecipazione della Sicilia all’Expo di Milano 2015 (altro mega affare da decine di milioni di euro), provando anche a infilarsi nella gestione dei beni confiscati alla mafia (su questo terreno, con molta probabilità, si sono scontrati con personaggi ben più potenti di loro). Tra l’altro, come abbiamo già scritto nel passato, quest’Agenzia per i beni confiscati alla mafia è solo uno strumento pericoloso nelle mani di una politica italiana in parte ancora collusa con la mafia. Fatte salve la buona fede e la correttezza delle persone che lavorano in quest’Agenzia, non può essere esclusa l’ipotesi che la politica punti a togliere ai magistrati la gestione dei beni confiscati alla mafia per riconsegnarli sottobanco ai mafiosi. La trattativa o le trattative tra mafia e Stato non sono invenzioni. Tutt’altro.
Con molta probabilità, la disavventura di Montante e, per certi versi, anche lo scivolone di Helg girano intorno agli affari realizzati nel nome dell’antimafia. Qualcuno ha scritto che la modalità con la quale Helg si è fatto beccare dai Carabinieri lascerebbe pensare al comportamento di uno sprovveduto. Noi non conveniamo con questa tesi. Helg non ci sembra uno sprovveduto. Il vice presidente della Gesap - lo ribadiamo - non immaginava minimamente di essere finiti in trappola.
Da qui altre due considerazioni.
Prima considerazione: il comportamento di Helg non è un fatto straordinario, ma è un fatto ‘ordinario’ in una Sicilia dove la corruzione è a livelli elevatissimi, soprattutto nella pubblica amministrazione. Non lo diciamo noi: l’hanno detto qualche giorno fa i giudici della Corte dei Conti per la Sicilia nell’inaugurazione dell’anno giudiziario. Qualcuno ha letto male le dichiarazioni dei giudici contabili. Quando la Corte dei Conti dice che la Sicilia è tra le regioni più corrotte d’Europa, non si riferisce alla Regione siciliana, come ha scritto qualcuno per denigrare le istituzioni autonomistiche. I giudici della Corte dei Conti si riferiscono alla ‘presunta’ classe dirigente siciliana, fatta in larghissima maggioranza da ‘banditi’.
A cominciare dai consiglieri comunali che riuniscono le commissioni consiliari cinque-sei volte alla settimana per intascare le indennità maggiorate. O ai deputati regionali che acquistano costosi regali per mogli, mariti e amanti con i soldi dei gruppi parlamentari dell’Ars (per non parlare dello scandalo dei rimborsi agli stessi consiglieri comunali fino ad oggi ‘insabbiato’). Tra questi ‘banditi’ ci sono anche gli amministratori pubblici che prendono ordinariamente le tangenti (e qui torniamo all’improbabile tesi di un Helg che, da solo, si ‘ammucca 100 mila euro di tangente: noi non ci crediamo).
Seconda considerazione: Helg ci ha messo del suo per farsi acciuffare. Ma è indubbio che le società aeroportuali della Sicilia, oggi, fanno gola ad alcuni gruppi esteri che hanno saldi alleati in Sicilia. Su questo fronte, con molta probabilità, si sta consumando uno scontro con imprenditori siciliani. In ballo c’è la gestione di quattro aeroporti: il ‘Falcone-Borsellino’ di Palermo, l’aeroporto ‘Florio’ di Trapani, l’aeroporto Fontanarossa di Catania e l’aeroporto ‘Pio La Torre’ di Comiso (gli ultimi due sono gestiti da un’unica società, la Sac: e secondo noi non sono da escludere, nelle prossime settimane, ‘scherzetti’ all’ombra dell’Etna, considerato che l’aeroporto catanese è destinato a diventare l’hub della Sicilia).
Insomma, gli interessi che in questo momento si scontrano sono tanti. Forse troppi.
Giulio Ambrosetti



3 mar 2015

L'economia ed il sociale..nella fragilità di una politica odierna


di vincenzo cacopardo

Per non voler apparire “gufo”..come usualmente pare far comodo a Renzi verso coloro che contestano nel merito le sue riforme, ma al contrario... volendomi approcciare più realisticamente in un contesto sociale ed economico odierno, mi sembra evidente che la crisi del sistema sia ormai giunta al collasso.

Il sistema è decotto.. e non solo nel nostro Paese, ma anche sul piano internazionale. Vi sono motivi logici per i quali si è arrivati a tutto questo: La politica non è stata più capace di imporre una guida attenta sui temi riguardanti il sociale e l'economia. Naturalmente i due argomenti restano legati poiché è pur sempre la politica a dover guidare ogni processo di innovazione utile, guardando di dovere in lungimiranza

Al contrario sembra essersi portata avanti una particolare mentalità di chi ha sempre considerato la politica in termini di competizione agonistica, contribuendo a favorire un pensiero sostanzialmente di reazione e assai poco costruttivo. Tutto ciò continua ad accadere proprio perchè non si è voluto mettere mano ad un vero cambiamento che potesse arginare la mentalità passata con la quale ancora si pretende di portare avanti ogni tema a guida politica: Si pagano salati i conti di un modo di pensare troppo legato al passato in cui le contrapposizioni ideologiche non potranno più portare a risultati positivi per piani sociali ancora privi di vere idee innovative.

Si è poi sempre preteso di poter imporre una governabilità per una illusoria stabilità che, favorendo una semplificazione amministrativa, ha finito col soffocare sempre più i pensieri e precludere ogni strada alle idee. Quello che oggi si evidenzia è proprio il negare l'importanza delle idee in un campo in cui è proprio il funzionamento del sistema che ne necessita. Sarebbe, infatti più utile dedicarsi al funzionale andamento del sistema evitando la ricerca di qualunque soluzione immediata, frettolosa ed anticostruttiva a beneficio di una carente e poco utile stabilità

Sul piano dell'economia..se non si cambia indirizzo difficilmente, oggi, un Paese come il nostro, potra' dare sfogo ad una attività economica più brillante in termini di investimenti e di conseguente economia reale! Un pensiero spontaneo, oggi, è quello di non riuscire a capire perché mai ci si deve adeguare ad un simile percorso di sofferenza imposto da un modo di interpretare il modello economico prevalentemente in termini di operazioni per il facile arricchimento dei pochi che continuano a restare indifferenti.. trascurando lo scopo vitale di una società civile, la cui sopravvivenza dovrebbe basarsi in un’economia effettiva di sviluppo e di equità. Sembra chiaro che le potenti lobby guidano l'andamento della stessa politica in modo determinato e contribuiscono a difendere gli interessi degli Istituti di Credito internazionali.. trasformati in luoghi in cui si continua ad investire su operazioni finanziare sicure, trascurando l’indispensabile sostegno alle aziende che producono.

Ma anche questo tema alla base rimane un problema sicuramente politico.

Con le attuali illogiche procedure non sarà mai possibile uscirne, anche in considerazione che si stanno, da tempo, impegnando i debiti delle Nazioni in un gioco finanziario ad alto rischio, malgrado le manovre poste in essere dal presidente della BCE Draghi riguardo ai 1100 miliardi del “Quantitative Easing” per smuovere i mercati fino al 2016. Sappiamo tutti che saranno sempre le banche a dover prendere le decisioni, ma dovrebbe essere pur sempre la politica a guidarne il controllo per un processo evolutivo dell'economia con un’attenzione diretta a proteggere gli interessi sociali....
La situazione oggi rimane incandescente sia nei temi del sociale che in quelli dell'economia ambedue legati fra loro da decisioni politiche sempre più fragili...Non dovremmo però mai dimenticare che l'economia è stata studiata dalla società, ma anche per la società, per un benessere, ma soprattutto per il suo benessere.

2 mar 2015

Da un jobs act... ad un family act..



"UN DUETTO INSENSATO " di vincenzo cacopardo

Abbiamo già diverse volte messo in evidenza l'inopportuno metodo dell'uomo solo al comando ed in questo quadro sembra davvero sgradita l'esultanza di NCD capeggiata da un politico come Alfano ormai additato come tra i più sfuggenti e scivolosi. Un partito, il suo.. che non potrà mai vedere un futuro poiché appare appeso ad un percorso di comodo suggerito esclusivamente e perentoriamente dal sindaco d'Italia Renzi. 

Alfano asserisce col tono di chi crede di poter portare innovamento, che dopo il jobs act..vi sarà una family act... poiché ..per il suo partito.. la famiglia è solo quella composta da un uomo e una donna che fanno dei figli. Una asserzione..con la pretesa di promuovere una riforma come fosse un'idea innovativa tutta sua. Al di là del fatto che il concetto di famiglia è di fatto insito nei principi della legge italiana, sarà veramente uno spettacolo poter vedere la elaborazione "alfaniana" su un argomento di questa fatta in relazione con le ideologie del PD. Inoltre non potrà di certo essere Alfano il testimonial di una riforma sulla famiglia che oggi deve tener conto delle enormi trasfomazioni avvenute in seno ad una società ormai globalizzata. Difficile poter immaginare Alfano alla guida di trasfomazioni sociali innovative condotte con lungimiranza.

Questo duetto Renzi-Alfano passerà alla storia come uno di quegli anomali compromessi basati esclusivamente su rinunce ed interessi ..Molti i compromessi, ma sempre pochissime le idee..se non quelle di sostenersi a vicenda costruendo riforme che un domani si evidenzieranno poco costruttive e forse persino disastrose. 












Quel determinismo che spacca i partiti ...




di vincenzo cacopardo

In un editoriale sulla gazzetta di Parma, Domenico Cacopardo esordisce scrivendo che le minacce provocatorie dei dissidenti interni al PD sono fondate sull’acqua: "il Paese e l’Europa sono in ripresa; Renzi gode di un’ampia maggioranza parlamentare. Del resto, se Bersani e i suoi seguaci avessero la meglio, torneremmo nel baratro da cui, tenacemente, siamo usciti. Nonostante gli sforzi, rimarranno testimoni di un passato che non tornerà".

Domenico insiste affermando che l'offensiva scatenata contro Renzi, partendo dai decreti delegati del «jobs act», sui licenziamenti collettivi e sul licenziamento disciplinare, non può sortire alcun successo anche perchè la questione è già risolta nella legge, malgrado i pareri (obbligatori ma non vincolanti) che le commissioni parlamentari dovevano esprimere sui decreti stessi.

Ma la stessa Presidente della Camera Boldrini sottolinea l'importanza dei pareri sfavorevoli da parte delle commissioni di Camera e Senato ..in una circostanza che vede nel tema del lavoro un diritto costituzionalmente espresso sulla nostra suprema Carta. Siamo quindi al solito punto che vede operare il governo con il consueto metodo tranchand della semplificazione e della fretta. 

In realtà questo non riguarda solo il Jobs Act...in quanto tutto l'impianto generale delle riforme voluto dal restauratore "sindaco d'Italia" risulta esser condotto con la boria tipica di chi pensa che il parlamento rappresenta solo una perdita di tempo da bypassare attraverso continui decreti e fiducie.

E mentre il premier rimane forte alla guida di un partito che sembra rispondere esclusivamente al suo assoluto determinismo...dimostrando assai poco di sinistra, un'altra sinistra più radicale sembra reagire e potrebbe venir fuori alla guida di qualche sindacalista. Dall'altro lato rimane poco di una destra ormai frantumata tra Salvini e Tosi e quel poco che resta di un Berlusconi..il quale sembra perdere continuamente consensi....Un'altra nuova politica (seppur frantumata) viene spinta da un naturale processo dettato dai tempi e dai relativi condizionamenti espressi dalla società..una politica dei tanti partiti e dei tanti movimenti che cercano di trovare un proprio indirizzo..dando sfogo ad un libero pensiero. Il movimento 5Stelle, malgrado il grande successo riportato negli anni passati, continua a procedere perdendo pezzi e dedicandosi prevalentemente sul tema della provocazione. 

Berlusconi con Alfano..Renzi con Alfano..ma senza Berlusconi ..Berlusconi senza Salvini..Salvini contro Tosi..Vendola con Civati...Gran confusione ma quali i nuovi scenari?..
Quello che sta accadendo accentua la mia convinzione sul fatto che non potrà mai costruirsi un sistema bipolare... se non attraverso una costrizione dovuta ad una legge elettorale che condizionerà ogni libera interpretazione dei pensieri ed ogni concezione di vera democrazia e che.. comunque... vedrà sempre il frantumarsi di una ogni maggioranza.

Ciò che oggi appare come una stranezza ..non dovrebbe invece preoccupare: Non è altro che il naturale percorso di una politica libera che vorrebbe lavorare senza alcun condizionamento da parte di una pretesa governabilità. Un governo che, al contrario, dovrebbe essere espresso separatamente e che dovrebbe procedere la sua opera di esecutore dietro la spinta di un parlamento sempre più libero...

La ricerca di ciò non è facile..ma le strade per riuscirvi..potrebbero esistere se solo si abbandonasse la vecchia idea delle contrapposizioni e si lavorasse in favore di un progetto istituzionale più innovativo ed efficiente. La stabilità tanto desiderata imposta da chi oggi pretende di poter comandare da solo in un sistema di democrazia, dovrà sempre fare i conti con tutto ciò.
















28 feb 2015

Le ragioni dell'incalzante supremazia della cultura religiosa orientale

di vincenzo cacopardo

Quali possono essere le ragioni odierne che vedono il cristianesimo recedere in termini di seguaci a beneficio della religione islamica tendente a crescere in modo quasi esponenziale?
Fino a qualche tempo fa erano circa due miliardi i cristiani e rappresentano la religione più diffusa al mondo. La maggior parte di loro, oggi, sono di nazionalità non europea. Il cristianesimo rimane, senza ombra di dubbio, una religione di origine europea. Anche se il Cristo nasce e opera in Palestina, la sua predicazione si diffonde per l’intero Impero romano, diventando la religione ufficiale, che si propaga nell’intero continente europeo.

Le forme assunte nel corso del tempo dalla religione cristiana nelle varie parti del mondo hanno un’importanza fondamentale per poterne comprende la spiritualità profonda del messaggio verso i popoli. La storia ci dice che nel 1054 vi fu quella che venne definita la rottura decisiva tra cristiani d’Oriente e quelli d’Occidente e che quella che avvenuta nel 1517 divise i cristiani 'protestanti europei dai cattolici romani.

Questi due argomenti restano di particolare importanza e devono essere percepiti in un'unica visione riguardo al percorso della storia del cristianesimo. Sappiamo, anche, che nel passato la religione cristiana diventa, nel corso del IV secolo, la chiesa costantiniana, nella quale il rapporto tra gerarchie ecclesiastiche e potere civile è sempre più stretto. Così nelle diverse modalità di affermare una propria fede, si intrecciano lotte per il predominio all’interno dello stesso ordine ecclesiale che si opponeva con forza in una lotta con un potere temporale.
Per comprendere il senso delle scissioni va ricordato il contesto nel quale avvengono e cioè... il confronto tra le culture profondamente differenti: quella orientale bizantina e quella occidentale romana. Una cultura religiosa dell’Europa continentale.. che si contrappone a quella dell'Europa mediterranea in uno scisma definito storico.

Questo per quanto riguarda la storia...Ma dopo tanti secoli possiamo accorgerci di quanto tutto si sia trasformato. Negli anni appena passati, giusto nel dopo guerra,..durante la ricrescita dell'Europa, la religione cristiana andava espandendosi facendo forza sui i suoi forti valori basati principalmente sul messaggio di Cristo in terra : amore, speranza, misericordia, umiltà, fede, carità..etc., oggi ci accorgiamo di quanto.. di tutto ciò.. sia stato osservato e convertito assai poco da una società occidentale tanto ipocrita..quanto poco attenta ai doveri cristiani rispetto ad un principio di equità chiaramente insito nella propria cultura religiosa.

Non è quindi difficile poter comprendere come la società europea, e gran parte di quella del continente americano, abbiano potuto incidere negativamente sui principi stessi della propria religione a dispetto di una crescita sempre maggiore di una cultura religiosa orientale e soprattutto mussulmana. La problematica è sicuramente individuabile nel contesto di una negativa “cultura” occidentale che ha finito col presentarsi agli occhi del mondo in modo assai poco conforme ai valori fondamentali..per finire col rendersi persino ipocrita...regalando maggior forza ad una religione mussulmana che, a parte le deprecabili insensate frange del fondamentalismo insito al suo interno, appare sicuramente più osservante e  meno sottomessa dall'incedere assoluto di una devastante economia del potere 

La problematica quindi non rimane solo legata ai differenti principi religiosi..ma si amplia nel contesto di una più vasta cultura dell'economia mondiale.

Oggi sembriamo avere il Pontefice giusto nel momento giusto..Papa Francesco.. infatti ..appare come la figura per la riconquista di quei valori evangelici che rappresentano la vera forza del cristianesimo. Un'opera di evangelizzazione che.. col suo forte temperamento umano ..pare essere trasmessa con la necessaria umiltà.. castigando decisamente la dominante cultura ed i deleteri principi avanzati da una politica economica senza freni ed alcuna equità.

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27 feb 2015

l'analisi di Domenico Cacopardo sugli scandali del calcio

di domenico cacopardo
Sono trascorsi diversi giorni dall’incontro tra il sottosegretario Delrio (ora anche saggista con «Cambiando l’Italia»), il presidente del Coni, Giovanni Malagò e il presidente della disastrata Federazione italiana gioco calcio, Carlo Tavecchio, dopo il mezzo scandaluccio provocato dalle incaute dichiarazioni telefoniche del presidente della Lazio Claudio Lotito, sulla possibilità che il club di una piccola città come Carpi «salga» serie A. Parole, quelle di Lotito, che hanno gettato una luce inquietante sul governo calcistico e sulla sua capacità di orientare i campionati.


Un incauto incontro, quello accordato da Delrio, nella qualità di sottosegretario con delega allo sport, ai capi di Coni e di Figc, visto che è stato subito utilizzato come una specie di investitura governativa di Tavecchio per attuare le riforme di cui il calcio avrebbe bisogno. Non si sa quali. Dunque quelle che fanno comodo al signor Tavecchio e ai suoi amici, tra i quali, non dimentichiamolo, spiccano proprio Lotito e Galliani.
Sarebbe stato meglio che Delrio, prima di accordare udienza a Tavecchio, avesse chiesto al suo staff qualche ricerca sul personaggio che stava per ricevere, in modo da valutarne la personalità. Diciamo subito che, osservato sotto il profilo del «rating di legalità», di recente entrato nell’ordinamento (Autorità Antitrust e Autorità Anticorruzione) a tutela delle amministrazioni pubbliche, il signor Tavecchio non riuscirebbe a raggiungere la soglia minima.
La norma sul «rating» stabilisce, infatti, che per ottenere una «stelletta», il minimo cioè, un’azienda deve dichiarare che i soggetti rilevanti ai fini del «rating» (direttore tecnico, direttore generale, rappresentante legale, amministratori, soci) non sono destinatari di misure di prevenzione e/o cautelari, sentenze/decreti penali di condanna, sentenze di patteggiamento per reati tributari ex d.lgs. 74/2000, per reati ex d.lgs. n. 231/2001, per i reati di cui agli articoli 346, 346 bis, 353, 353 bis, 354, 355 e 356 del codice penale e per il reato di cui all’art. 2, commi 1 e 1 bis del d.l. n. 463/1983, convertito dalla legge n. 638/1983.
Carlo Tavecchio, secondo quanto emerge (incontestato) da fonti giornalistiche e dal web avrebbe subito le condanne alla reclusione nel 1970, 4 mesi per falsità in titoli di credito, nel 1994, 3 mesi per evasione fiscale, nel 1996, 3 mesi e 28 giorni per omesso versamento di contributi previdenziali e assicurativi, nel 1998, 3 mesi per omissione o falsità in denunce obbligatorie e 3 mesi per violazione delle norme antinquinamento.
Con questi precedenti, il signor Tavecchio non potrebbe quindi ottenere il «rating» di legalità e non potrebbe concorrere, se avesse un’impresa, ad alcun appalto pubblico.
A integrare il profilo di questo presidente di Federazione sportiva, va ricordato che lo stesso ha dato alle stampe un libro sul calcio: la sua Federazione e altri organismi associati ne hanno comprato un numero imponente di copie. Un’autonoma decisione, ufficialmente non ispirata in alcun modo dall’autore e, quindi, un esemplare esercizio del potere diretto e di quello indiretto.
Se poi, il sottosegretario allo sport avesse fatto allargare lo «screening» ai presidenti delle principali società di calcio, avrebbe scoperto che alcuni di essi hanno precedenti penali, oltre che sportivi.
Rimane un mistero perché tante persone, «normali» e non, ambiscano alla presidenza di una società di calcio, che difficilmente procura un utile adeguato all’impegno che richiede. I maligni guardano al ricco mercato estero che fa preferire un mediocre giocatore straniero a un mediocre giocatore italiano, magari «prodotto» dal vivaio della società che la persona «normale» presiede, una preferenza che permetterebbe le lucrose transazioni sull’estero lontano dagli occhiuti agenti di polizia tributaria.
È questo l’ambientino con il quale Delrio ha preso contatto.
E che s’è ulteriormente deteriorato in questi ultimi giorni con la situazione del Parma calcio, spolpato sino all’osso da una gestione sotto esame della Procura di Parma. Una situazione che getta un’ombra sinistra sulla regolarità del campionato, visto che, da una certa data, la squadra ha cessato praticamente di esistere.
Un ambientino così speciale che Giovanni Malagò, il presidente «rinnovatore» del Coni, accolto con grandi speranze purtroppo deluse, non riuscì a rinnovare, visto che, dopo alcune languide minacce, accettò senza fiatare l’elezione di Tavecchio. Un’operazione, quella Tavecchio, che, tra l’altro, ha condotto alla responsabilità della nazionale italiana un certo Antonio Conte, oggetto dell’accusa di «frode sportiva» nell’atto di chiusura di indagini redatto dalla Procura della Repubblica di Cremona.
Allo stato, dal punto di vista calcistico internazionale siamo quindi messi così: il presidente della Federazione Tavecchio è squalificato per razzismo (qualcosa di molto grave nello sport, per definizione interraziale), il commissario tecnico è accusato di frode sportiva dalla giustizia ordinaria.
Il Coni ha fatto filtrare l’informazione che «non ci sarebbero le condizioni» per commissariare la Federazione gioco calcio.
Delrio sia coerente con gli slogan di Renzi e cambi verso. Si rivolga a qualcuno che ne capisce, per esempio, all’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo di valutare se ci sono gli estremi per il commissariamento. Magari disponga prima un’inchiesta, incaricando la Guardia di Finanza o chiedendola alla Corte dei conti.
È probabile che qualche elemento significativo, tale da suggerire il commissariamento, emerga. Ed è possibile che il semplice annuncio di un’inchiesta induca qualcuno a togliere il disturbo.