29 giu 2015

La lettera di Tsipras..e gli accordi saltati

la direttrice del Fondo Monetario Christine Lagarde

UNA LETTERA DI TSIPRAS PER LA SALVAGUARDIA DELLA DIGNITA' DEL SUO PAESE
di vincenzo Cacopardo
La commissione Europea ed il Fondo Monetario fanno saltare ogni accordo e se, per la Germania della Merkel, la Grecia comporta un rischio troppo gosso, i danni saranno sicuramente fatti ricadere sull'Europa intera e soprattutto sui Paesi più deboli dell'Eurozona.
Sembra che solo la Bce di Mario Draghi sia l'unica ancora a sperare su un piano alternativo.  Se anche la Merkel ha voluto far credere di avere spinto verso un accordo ..la prova della sua ostinazione, non ha tardato a venir fuori. L'irremovibile tedesca pare aver deciso sotto la spinta del del suo vice Gabriel, nonostante apparisse più morbida ed in favore della Grecia. D'altronde pare che oltre il 60% della popolazione tedesca premesse per l'uscita!
A nulla è valsa la figura tiepida e con poco carattere di Hollande...nè quella del nostro Premier... sempre più dedito alla propria ambiziosa socievole comunicazione per la ricerca di inverosimili riforme... che ad una visione di un'Europa più funzionale e costruttiva: Purtroppo appare chiara una incapace presa di posizione del di Renzi che sulle problematiche estere ha sempre dimostrato scarso impegno fattivo e più sottomissione. Come del resto appare evidente la responsabilità di un Fondo Monetario, condotto della sua direttrice Lagarde. 

La direttrice del Fondo monetario internazionale si dice persino dispiaciuta per la rottura dei colloqui sulla crisi della Grecia, e spera di poter riprendere un domani un dialogo con il governo di Atene...Un atteggiamento che suona più ipocrita che realmente onesto: La sua aspettativa (dichiarata come una speranza) rimane quella di poter vedere la Grecia alle prese con riforme strutturali più appropriate ed utili. Christine Lagarde sostiene che gli aumenti fiscali rendono meno facile la crescita del Pil... Ma sappiamo anche che sono in ballo circa 260 miliardi crediti pubblici dell'Eurozona e se la Grecia deve poter dare forza al suo risanamento economico è più che chiaro che le rigide riforme proposte.. non potranno che farla soccombere di più.

Vi è quindi la tentazione di poter pensare che tutto ciò potrebbe anche muoversi per un fine diverso che possa sostenere la tesi, non del tutto vaga, di voler costringere il neo governo condotto da Tsipras alla sua caduta.

Si dovrebbe facilmente intuire che la Grecia....come del resto qualunque altro paese con difficoltà simili..non potrà crescere con un semplice aumento dell'Iva o con misure di fiscalità più dure. Tsipras risponde quindi con un referendum sull'Euro chiedendo di votare in senso negativo . Si atteggia a vittima...è sincero.. o cerca un capro espiatorio?
Nel frattempo accompagna questa sua lotta in favore del suo governo.. scrivendo una lettera al suo Paese che qui sottoponiamo:
«Amici greci, da sei mesi il governo greco combatte una battaglia in condizioni di soffocamento economico senza precedenti, per implementare il mandato che ci avete dato il 25 gennaio.
Il mandato che stavamo negoziando coi nostri partner chiedeva di mettere fine all’austerità e permettere alla prosperità ed alla giustizia sociale di tornare nel nostro paese.
Era un mandato per un accordo sostenibile che rispettasse la democrazia e le regoli comuni europee, per condurre all’uscita finale dalla crisi.
Durante questo periodo di negoziazioni, ci è stato chiesto di mettere in atto gli accordi fatti col precedente governo nel “memorandum”, nonostante questi fossero stati categoricamente condannati dal popolo greco nelle recenti elezioni.
Comunque, nemmeno per un momenti abbiamo pensato di arrenderci, cioè di tradire la vostra fiducia.
Dopo cinque mesi di dure contrattazioni, i nostri partner, sfortunatamente, hanno rilanciato all’eurogruppo di due giorni fa un ultimatum alla democrazia greca ed al popolo greco.
Un ultimatum che è contrario ai principi fondanti ed ai valori dell’Europa, i valori del progetto comune europeo.
Hanno chiesto al governo greco di accettare una proposta che accumula un nuovo insostenibile peso sul popolo ellenico e colpisce profondamente le possibilità di recupero dell’economia e della società greche. Una proposta che non soltanto perpetua lo stato di incertezza ma accentua persino le disuguaglianze sociali.
La proposta delle istituzioni include: misure per un’ulteriore deregolamentazione del mercato del lavoro, tagli alle pensioni, ulteriori riduzioni nel salario minimo del settore pubblico e incremento dell’IVA su cibo, ristorazione e turismo, eliminando inoltre le agevolazioni fiscali per le isole greche.
Queste proposte violano direttamente fondamentali diritti europei, mostrano che riguardo a lavoro, uguaglianza e dignità, lo scopo di alcuni partners e istituzioni non è il raggiungimento di un buon accordo per tutte le parti, ma l’umiliazione dell’intero popolo greco.
Queste proposte sottolineano in particolare l’insistenza del Fondo Monetario Internazionale in una dura e punitiva austerity, e sottolineano più che mai la necessità per i grandi poteri europei di prendere iniziative che conducano al termine della crisi del debito sovrano ellenico. Una crisi che colpisce altri paesi europei e che sta minacciando il futuro prossimo dell’integrazione continentale.

Amici greci,
in questo momento pesa sulle nostre spalle, attraverso le lotte ed i sacrifici, la responsabilità storica del popolo greco per il consolidamento della democrazia e della sovranità nazionale. La nostra responsabilità per il futuro del nostro paese.

E la nostra responsabilità ci richiede di rispondere all’ultimatum sulla base del mandato del popolo greco.
Pochi minuti fa alla riunione di gabinetto ho proposto l’organizzazione di un referendum, perché il popolo greco possa decidere in maniera sovrana.
Questa proposta è stata accettata all’unanimità.
Domani la la camera dei rappresentanti sarà convocata d’urgenza per ratificare la proposta del gabinetto per un referendum la prossima domenica, 5 luglio, sull’accettazione o il rigetto della proposta delle istituzioni.
Ho già informato della mia decisione il presidente francese e la cancelliera tedesca, il presidente della BCE e domani una mia lettera chiederà formalmente ai leader della UE ed alle istituzioni di estendere per pochi giorni il programma attuale in modo da permettere al popolo greco di decidere, libero da ogni pressione e ricatto, come richiesto dalla costituzione del nostro paese e dalla tradizione democratica europea.
Amici greci, al ricatto dell’ultimatum che ci chiede di accettare una severa e degradante austerità senza fine e senza prospettive di ripresa economica, vi chiedo di risponde in maniera sovrana e orgogliosa, come la nostra storia ci chiede.
Ad una austerità autoritaria e violenta, risponderemo con la democrazia, con calma e decisione.
La Grecia, il luogo di nascita della democrazia, manderà una forte e sonora risposta all’Europa ed al mondo.
Mi impegno personalmente al rispetto dei risultati della vostra scelta democratica, qualsiasi essi siano. Sono assolutamente fiducioso che la vostra scelta onorerà la storia del nostro paese e manderà un messaggio di dignità al mondo.
In questi momenti critici dobbiamo tutti ricordare che l’Europa è la casa comune dei popoli. Che in Europa non ci sono proprietari ed ospiti.
La Grecia è e rimarrà una parte fondamentale dell’Europa, e l’Europa è una parte della Grecia. Ma senza democrazia, l’europa sarebbe un’europa senza identità e senza bussola.
Vi invito a mostrare unità nazionale e calma e fare la scelta giusta.
Per noi, per le generazioni future, per la storia dei greci.
Per la sovranità e la dignità del nostro popolo.»
Alexis Tsipras Atene, 27 giugno 2015


25 giu 2015

Il DDL sulla scuola scontenta tutti ...e pone una ulteriore fiducia


Troppo facile governare così!
di vincenzo cacopardo
Continuano le semplificative riforme del governo Renzi ed ancora una volta si cerca di superare il pericoloso ostacolo di una votazione al Senato..attraverso il solito ed umiliante sistema della fiducia.

Il disegno di legge pare non rendere contento nessuno anche dopo i ripetuti incontri con i sindacati e le modifiche apportate al testo originale. Non piace il sistema delle assunzioni..il ruolo del preside, il rafforzamento di alcune materie alla formazione degli insegnanti, il criterio delle detrazioni fiscali per le famiglie con i figli alla paritaria, gli interventi di edilizia scolastica...etc.

Ma c'è qualcosa di più considerevole che non viene messa in particolare evidenza ed è proprio il sistema didattico che nel DDL viene poco espresso e solo risolto a particolare sostegno dei bisogni della società. A sentire il dibattito in Senato, da parte di chi insiste con l'appoggiare questa riforma, si rimane increduli: Ma come può mai la scuola formarsi positivamente seguendo i valori di una simile società?. Come può mai affermarsi una cultura scolastica attraverso le logiche di un percorso sociale così sconfortante, corrotto e persino iniquo?..Quando sarebbe più logico che la scuola cominciasse ad indicare alla stessa società una strada più corretta e culturalmente più utile al suo stesso sviluppo..

Se si effettuano verifiche sulle conoscenze degli studenti e sulla qualità complessiva dell'offerta formativa con l’obiettivo di misurare se questi abbiano acquisito alcune competenze giudicate essenziali per svolgere un ruolo consapevole e attivo nella società, si tende a sopravvalutare un concetto nozionistico rispetto ad un ragionamento...Si tende a creare un mondo di pecore.... Sappiamo che, al contrario, esistono abilità personali...esiste una individuale capacità di riflessione critica, un particolare dono di esporre il pensiero. Ma calcolando solo l’acquisizione di una serie di informazioni circoscritte e limitate, continuiamo a mortificare ogni sforzo per arrivare alla conoscenza come regno di conquista.
Il vero problema è proprio quello di costruire una riforma per una scuola che possa, in qualche modo, mettere in risalto l'individuo per quello che è il suo contenuto di valori ..il suo pensiero ..la sua sensibilità, sapendoli riempire in modo adeguato e diverso attraverso una nozione confacente e stimolante.Il DDL scuola è invece il risultato ovvio di una riforma che, come tante altre, rispecchia il metodo, oltremodo essenziale, di chi come Renzi, ama correre per strade semplificative ..mai discusse e dibattute in profondità.. che determinano una costante sequela di fiducie..










ancora una nota critica sul nuovo articolo di Domenico Cacopardo sulla Gazzetta di Parma

Ancora una volta Domenico insiste nel considerare il Papa alla stregua di un politico ..anzi.. quasi come un politicante. ..Rimane incomprensibile persino per uno come il sottoscritto... che, agnostico per natura, non può sottrarsi all'evidente opera di evangelizzazione di un simile Pontefice.. compresa prevalentemente nell'amore verso il prossimo.

Cosa.. poi.. ci si può aspettare da un giornale statunitense? Una testata giornalistica di un paese dove il libero mercato ed il consumismo prevalgono incessantemente e dove.. da sempre.. si preannuncia con enfasi.. l'insensata paura di un catastrofismo di sinistra. In un Paese dove ancora prevale l'uniforme ed obsoleto principio delle contrapposizioni politiche che tanto affascina e pare colludere con le potenti lobby mondiali.

Le Encicliche sono analisi teologiche e filosofiche che rispecchiano il pensiero religioso... .Saper interpretare le Encicliche sembra oggi più difficile che provare a criticarle. Una certa cultura intellettual- borghese.. pare voler condannare l'opera cristiana di Papa Bergoglio commettendo il solito errore di porre la sua figura su di un piedistallo che non gli appartiene: L'idea di continuare ad immaginare Francesco come un leader di una politica vaticanista..è persino stancante, ma è ancora peggio.. non saper interpretare i suoi messaggi... pretendendo che egli possa offrire soluzioni in proposito.

Come quando si legge nel Vangelo..”di porgere l'altra guancia”..bisogna saper interpretare il messaggio..senza confondere il gesto nel senso di un eccessivo autolesionismo...alla pari bisogna saper comprendere nelle parole di Bergoglio il senso del suo pensiero diretto verso un percorso di modernizzazione che, pur nell'indispensabile suo sviluppo, possa dirigersi con maggior attenzione verso una più equa distribuzione sociale. Non c'è nulla di apodittico od irrefutabile nei suoi messaggi, poichè egli apre e tocca il cuore della gente affinchè la mente possa meglio comprendere..

Le esortazioni.. di sicuro non politiche di Francesco..sono stimoli ed incoraggiamenti che tengono in alta considerazione l'etica sociale ed umana..vi sono messaggi anche filosofici ..ma non potranno mai investire il campo di una politica che deve procedere per le soluzioni.

Ripeto: il Papa esercita il ruolo di Papa e cioè di messaggero in terra di una cultura religiosa alla quale si può credere o no. E' un pastore che dirige il suo pascolo conducendolo verso una meta attraverso le parole ed i gesti.. e non con le ingiunzioni che, al contrario, il mondo politico impone pur avendo dimostrato di non esserne capace. Questo continuo attacco verso chi ci parla con estremo spirito umano è biasimevole... poiché Francesco dimostra più “umanità” che “papalità” ..Dimostra di essere uno di noi e non una figura dogmatica inquietante e supponente.
vincenzo cacopardo


Le inascoltate lezioni del liberalesimo e dell’odiato illuminismo spingono papa Bergoglio all’enciclica «Laudato si’», definita dal New York Times manifestazione del catastrofismo di sinistra (ci sono due ottimismi e due pessimismi, di destra e, appunto, di sinistra).
Non a caso, questa strada divisiva è imboccata dal primo gesuita papa, portatore di una ideologia e di una pratica religiosa che, il 21 luglio 1773, indussero papa Clemente XIV a sopprimere la «Compagnia di Gesù» per grave turbamento dell’ordine cattolico e il machiavellismo che regolava le azioni dei religiosi «neri». E non a caso, viene dall’«altro mondo», dal laboratorio della dottrina della «Liberazione», quel Sud-America, nel quale l’odio per gli Stati Uniti e per le economie capitaliste ha condotto alla vittoria il giustizialismo e il chavismo, disastri politici, economici e sociali permeati della peggiore corruzione del pianeta.
In «Laudato si’» tornano i temi tipici di questo papato: il diritto alla vita, alla felicità e al lavoro. Peccato che sua santità non indichi i soggetti cui incombono i relativi doveri, che rimangono nella nebulosa di un’idea esclusivamente utopistica. Altro «leit-motiv» è l’affermazione della responsabilità dei paesi ricchi e degli uomini ricchi per la povertà degli stati poveri e degli uomini poveri. Un’idea primitiva che mostra la mancata metabolizzazione del valore della storia. È la storia, infatti, che ha condotto il mondo sulle strade in cui oggi si trova: additare la colpa dei ricchi non coglie la complessità del presente, difficile proprio perché il meccanismo di accumulazione e, quindi, di redistribuzione è stato rallentato e talora fermato dalla crisi epocale che abbia attraversato e dalla quale stiamo uscendo.
Del pari, sono inaccettabili alcune proposizioni ideologiche non sostenute dalla pratica: la necessità della pubblicizzazione dell’acqua, affermata dal pontefice, non conosce i guasti che il «pubblico» ha prodotto e produce. E l’attuale aggravarsi del problema dell’acqua è figlio proprio della sua gestione pubblica.
Il papa affronta con accenti indignati il fenomeno dell’urbanesimo spinto, come se fosse un’esclusiva del mondo occidentale avanzato. Dimentica, però, che tutto questo accade soprattutto nei paesi in via di sviluppo (Cina, India, Brasile, Indonesia), nei quali la crescita delle opportunità di occupazione si manifesta nelle conurbazioni spingendo la gente ad abbandonare il duro lavoro dei campi per quello meno duro dei colletti bianchi.
L’enciclica dichiara, apoditticamente, che la crescita demografica non è responsabile dell’attuale disagio dell’umanità. Una sorta di «excusatio» per l’opposizione al controllo delle nascite: in realtà l’aumento costante e feroce dei numeri dell’umanità pone in evidente, irrisolvibile contraddizione l’uomo e la natura, ontologicamente finita, incapace di sopportare l’attuale pressione antropica.
I richiami alle scienze, in un inatteso sincretismo, non scontano le complessità dei sistemi e le differenti interpretazioni di fenomeni naturali-naturali o indotti dall’uomo, in modo da definire e giustificare un neocatastrofismo cattolico, che dimentica la Misericordia divina e abbandona l’uomo a un atroce destino, quando, invece, è alle prese con la propria liberazione, quella vera, dal bisogno e dal condizionamento dell’altro uomo: il liberalismo, cioè, autore del progresso degli ultimi due secoli e vincitore delle ideologie (nazismo e comunismo) negatrici del valore etico dell’uomo.
Domenico Cacopardo

24 giu 2015

Roma:i segni di una politica disinvolta e azzardata

In un suo articolo intitolato “pasticcio capitale” Domenico Cacopardo scrive:

"Una certa efficacia.. gli atteggiamenti di Marino l’hanno riscossa, soprattutto tra un pubblico in gran parte reduce dalle sezioni del Pd, criminalizzate da Cappuccetto rosso Fabrizio Barca, sorpreso dalla storica natura dello strumento partitico di controllo del territorio. Certo, gli osservatori con qualche esperienza e i cittadini della capitale che tutti i giorni si scontrano con gli irrisolti problemi della stessa non si sono accodati ai difensori del sindaco-scienziato. Basterebbe una domanda per fare crollare il castello di parole pronunciate in autodifesa: l’enorme mano-morta comunale, le decine di società in mano a famelici «apparatikni», in numero superiore ai dipendenti comunali diretti, non sono state scalfite. Continuano tutte a macinare denaro (in perdita o in utile che siano) a favore delle conventicole cui è stato accordato il loro controllo.
Quindi, una difesa con vari buchi logici e temporali, visto che non è chiaro in che periodi siano state commesse le illegittimità e le illiceità, e, quindi, è possibile che il nuovo corso mariniano non ne sia immune. È facile, ora, accusare il partito. Ma è il medesimo partito che, dopo le primarie, ha condotto in Campidoglio Ignazio Marino che sbaglia in genere numero e caso a sostenere che il consenso è stato il suo e solo il suo."

Marino resiste e persiste annunciando una manifestazione per autosostenersi.. promossa attraverso i social network. Prosegue la sua opera di difesa anche attraverso la piazza, da dove.. con tono enfatico.. invita alla passeggiata verso i Fori..onde poter constatare l'opera di risanamento in cui l'amministrazione oggi è dedita...  Come era prevedibile, col pretesto della corruzione riscontrato in seno alla amministrazione capitolina,  si è accesa una contesa all'interno dello stesso Partito Democratico.

Marino provoca il premier..ed il presidente del consiglio annuncia provvedimenti che, in realtà ancora non si percepiscono. Il vittimismo del sindaco.. apparso forse, più incapace che scorretto... sembra evidenziarsi: La sua strategia tende a voler captare l'attenzione di una parte di quella sinistra(oggi non proprio aderente al percorso riformista del Premier)..usandola quasi a protezione della palpabile inadeguatezza per il ruolo di amministratore che sostiene.

Da un altro lato, Renzi guarda con più attenzione ai sondaggi che non danno più ragione al suo percorso..Come è di tutta evidenza il problema romano è divenuto per lui un pesante fardello da dover gestire con cautela. Quello che ormai di norma è stato individuato come il catastrofico evento denominato “Mafia Capitale” rimane un grattacapo non da poco.. che in realtà, vorrebbe risolvere con una anticipazione delle elezioni al 2016. Anche se tale data non risulterebbe utile per risolvere un problema che avrebbe bisogno di maggior immediatezza, pare chiaro che.. in qualunque modo ci si voglia salvaguardare da tale scandalo..il Partito ne resterà per sempre pesantemente investito.

Il neo commissario del partito romano Orfini sembra lavorare per moderare le richieste di alcuni esponenti oggi coinvolti nello scandalo..chiedendone l'autosospensione. Un lavoro non facile che non incanta la magistratura requirente nel suo processo di indagini per una politica tanto criminosa..quanto dequalificante offerta in questi anni dall'amministrazione capitolina.

Un segno lo avrà lasciato sicuramente Alemanno con la sua politica un po' disinvolta..ma da ciò che si va apprendendo, non sembrano aver procurato meno danni certe figure imposte dalla politica temeraria ed azzardata di Veltroni.
di vincenzo cacopardo

Muore il difensore dei disabili..


di vincenzo cacopardo

"Ma muore anche chi, col suo impegno, ha combattuto un sistema ipocrita che.. ancora oggi.. tende a sottovalutare questo fenomeno"...

Per il sindaco Orlando... Salvatore Crispi era un leader..un termine non del tutto appropriato. Noi preferiamo ricordarlo come un uomo particolare che ha combattuto difficoltose lotte in favore di sani principi ed in favore dei tanti giovani più deboli. Salvatore Crispi ha sicuramente lasciato un segno abbattendo ogni convenzione ed ogni ostacolo che si opponeva ad un processo di civiltà senza il quale tutto il resto non potrebbe mettere radici. La sua è stata di certo una battaglia persistente per abbattere quelle barriere che impediscono il procedere utile e fattivo per il rafforzamento dei servizi sociali ed il volontariato.

Crispi va ricordato per quella spinta umanitaria che differenzia i veri uomini dagli esseri viventi..va ricordato per il suo aiuto umanitario e per quell'atteggiamento che ispirava fiducia e serenità. Il responsabile del Coordinamento H ( per la tutela delle persone con disabilità) ha sempre cercato di richiamare l'attenzione di una politica poco attenta e volenterosa in direzione della cura degli inabili, offrendo un impegnativo lavoro che ha reso un grande favore a tutta la società regionale..portando avanti il principio dei sistemi integrati per offrire alla persone più deboli condizioni di vita più dignitose.

Il suo impegno rimane focalizzato nella ricerca di percorsi in stretta comunicazione tra le Unità Territoriali e le equipe delle strutture... sia in ambito sanitario.. che scolastico o sociale: un percorso, il suo, che ha permesso un più adeguato sviluppo di integrazione per i disabili..eliminando, in maniera naturale, quelle pericolose incrostazioni che limiterebbero ogni possibile pianificazione. E' stato certamente un paladino dei disabili.....Il rispetto che si deve a certe figure che superano con l'innata forza di una volontà ogni ostacolo di un sistema che per cinismo ed indifferenza tende a sottovalutare questi fenomeni, è immenso. 

Anche se il messaggio della sua scomparsa non ha riempito le prime pagine, la sua abnegazione lascia il segno nei cuori di chi sa leggere in profondità tale forza di volontà, amore e dedizione.












23 giu 2015

Una nota critica al nuovo articolo di D. Cacopardo sulle parole di Papa Francesco


Domenico scrive in modo limpido e chiaro come pochi, ma pare non interpretare allo stesso modo le parole ed i ruoli.

Le parole del Pontefice.. a parer mio.. devono potersi leggere in una sorta di ricerca di equilibrio e non di utopistica visione. Insomma..questo Papa che porta la sua evangelizzazione attraverso la parola di Cristo come uomo in terra, non credo affatto intenda criticare il fenomeno della povertà in termini di colpe dell'uno o dell'altro, ma di un mancato senso dell'equilibrio di cui la società stessa non dovrebbe mai perdere la visione....Ma poi..cosa dovrebbe esprimere un Papa che rappresenta il Pastore di una Chiesa che per Vangelo esorta verso la vita e la gioia dell’essere umano? ..Dovrebbe forse rimproverare i poveri che si lamentano? Dovrebbe esortare il mondo a continuare questo processo di enorme diseguaglianza che crea morte e sofferenze?

Il Papa fa il Papa.. e non fa il politico! ..Diffonde il suo messaggio cristiano. Continuare a criticare Papa Francesco per le sue omelie e le sue encicliche.. come fosse un politico è un punto di vista inaccettabile: Francesco non potrà mai essere individuato come colui che fa demagogia o populismo poiché il suo ruolo è quello di indurre e stimolare verso il buon senso e la carità e non certamente quello di indicare una strada politica per far sì che ciò avvenga...Ed è..forse.. in questo suo non indicare.. che viene contestato come fosse un qualunque demagogo, mentre, al contrario, dovrebbe facilmente intuirsi che non potrebbe mai spingersi oltre. Paragonarlo.. attraverso una critica.. ad un qualsiasi figura istituzionale è deviante e non è sicuramente saggio da parte di una persona di alta cultura come Domenico.

In questa logica come si può mai parlare di “arbitrario sincretismo”..non si può mai sottintendere all'insieme di elementi ideologici...che nulla sembrano avere a che fare con un più semplice messaggio verso la carità, il rispetto e la stessa dignità dell'essere umano.

Al di là della giusta dissertazione circa il sovrappopolamento del globo, credo che Domenico individui con pregiudizio nel pontificato di Francesco una linea politica insussistente...non riuscendo, invece, a cogliere l'importanza di chi.. nel merito...ha necessità, ma anche il dovere.. di eprimere con umiltà il bisogno di quell'equilibrio affinchè possano trionfare i principi cristiani dell'amore e della carità...
vincenzo cacopardo



La demagogia è una tossina generale che inquina la politica e gli atti a contenuto politico. È la madre del populismo. Entrambi sono i genitori della popolarità malata. Queste considerazioni mi sono venute in mente leggendo, in questi giorni, l’ultimo parto dottrinale di papa Francesco, l’enciclica «Laudato si’».
Un documento che va esaminato con animo laico, in modo da schivare la questione della fede e le sue conseguenze cioè il credere ciecamente, anche quando la massima autorità religiosa del cattolicesimo si inoltra in sentieri estranei al magistero: vari rami della scienza messi insieme in un arbitrario sincretismo, nella vana ricerca di un’unità di giudizio che è il contrario del moderno metodo scientifico.
In definitiva, dal testo esala l’odore tipico del giustizialismo (inventato da Peron), che poi, in varie forme, ha investito tanti paesi del Sud-America a cominciare dal Venezuela chavista per finire con la Cuba del despota Castro.
Non ci si può sorprendere. Questo papa viene proprio da là, dal mondo che ha covato e cova sentimenti antiamericani (del Nord) e anticapitalistici ed è perciò incapace di apprezzare i problemi economici e sociali del mondo attuale per quello che sono: problemi dell’evoluzione sociale, economica, finanziaria e scientifica che nascono prima di tutto nei paesi più sviluppati.
C’è un elemento di fondo che rende, però, scarsamente attendibile il discorso pontificio: è la mancanza del senso della storia e quindi del relativismo ontologico del mondo, una carenza, questa, che fa attribuire ai paesi «ricchi» i guai di quelli non sviluppati.
La povertà, dunque, è «colpa» storica e presente del mondo occidentale avanzato per una sorta di determinismo che da tempo è uscito dalla farmacopea del pensiero contemporaneo. Asserzione, tra l’altro, non dimostrata né dimostrabile a meno che non si sia animati dal pregiudizio che spinge tanti spettatori della sinistra radicale ad applaudire Francesco.
Già, non a caso avevamo iniziato ricordando la demagogia, elemento sotteso in tutte le 192 pagine del documento.
Inoltriamoci brevemente nel testo: «…l’essere umano … ha diritto a vivere e a essere felice …» Un’asserzione, questa, superficiale e gratuita, visto che si accompagna anche qui al richiamo al «diritto al lavoro». A questi tre diritti dovrebbero corrispondere altrettanti doveri, certo, ma a carico di chi?
Francesco I, papa del cattolicesimo, lo lascia intuire e lo dice: il dovere di far vivere l’essere umano, di renderlo felice e di dargli un lavoro dignitoso è dei governi dei paesi avanzati che debbono approntare le misure necessarie perché i tre diritti siano effettivi.
Riflettendo, qui demagogia, populismo ed effetti devastanti dell’adulante popolarità si saldano in una visione effettivamente giustizialista del mondo contemporaneo, volta a scardinare i fondamenti della convivenza mondiale a favore di un riequilibrio basato su una gratuita e utopistica ridistribuzione di beni e di risorse.
«Oggi riscontriamo … la smisurata e disordinata crescita di molte città che sono diventate invivibili dal punto di vista della salute, non solo per l’inquinamento … ma anche per il caos urbano, i problemi di trasporto e l’inquinamento visivo e acustico …», una vera e propria banalità che non metabolizza due considerazioni-presupposto: la crescita della vita media in tutto il mondo per il miglioramento delle condizioni alimentari, igieniche e sanitarie e lo sviluppo verificatosi in alcuni mondi contemporanei, come la Cina, l’India, il Brasile, il Messico, l’Indonesia e quello in corso in tante altre nazioni, asiatiche e africane, un neourbanesimo che è collegato al progresso e alla insorgenza di occasioni di lavoro.
«Invece di risolvere i problemi dei poveri e pensare a un mondo diverso, alcuni si limitano a proporre una riduzione della natalità …» Qui casca l’asino: una dichiarazione freudiana che rimuove dalle responsabilità del cattolicesimo e dei suoi papi la lotta alla contraccezione e al controllo delle nascite, vero cancro dell’umanità che, come le cellule cancerose, ha perso le proprie finalità per crescere in modo tale da compromettere la medesima propria esistenza.
Se una parola in questa materia era urgente ed eticamente doverosa, essa era quella della necessità della flessione demografica, premessa indispensabile per consentire a tutti gli esseri umani di accedere alle risorse del pianeta. Se le risorse non sono infinite e il numero degli uomini è in aumento costante, «infinito», ci si avvicina rapidamente al punto di rottura: una guerra o un’epidemia diventeranno inevitabili e non saranno il frutto della malvagia volontà dei governi dei paesi sviluppati, ma del numero incontrollato degli uomini che popolano il pianeta.
La deriva demagogica spinge papa Bergoglio ad accusare non il folle incremento demografico, ma il consumismo delle attuali tragiche difficoltà: dimentica, in questo punto come in tutta l’enciclica, che se non c’è profitto (considerato «sterco del diavolo»), se non c’è sviluppo, non ci sono beni da distribuire e che il consumismo è di per sé un aspetto fisiologico del mercato sviluppato che si alimenta e produce ricchezza con il commercio. Certo, tutti auspichiamo che lo spreco sia contenuto, che beni in eccesso non utilizzati siano destinati al soccorso dei poveri, ovunque siano. Ma se cessa l’accumulazione capitalistica, se si imponesse la crescita zero, che il papa auspica, crollerebbero immediatamente i trasferimenti di denaro e di beni tra le varie economie soffocando proprie quelle più deboli.
La medesima esperienza di 7 anni di crisi epocale, dimostra che il crollo di molte economie (e quindi l’assenza di crescita e di accumulazione) ha allargato il numero degli indigenti e le loro difficoltà. Se non riparte lo sviluppo, le utopistiche speranze e le puntute critiche che il papa dispensa rimarranno iscritte nel libro dei sogni di una ideologia sostanzialmente pauperista e marginale, capace solo di allargare il campo dell’odio sociale e politico, in un mondo alle prese con difficoltà mai immaginate.
Poiché Francesco non parla qui «ex cathedra», i danni della sua singolare esternazione saranno fortunatamente limitati.
Domenico Cacopardo







La complessa opera del governo Renzi.....


...nella possibile futura affermazione dei pentastellati

Vi sono tre fatti di grande importanza che oggi riempiono la cronaca nazionale ed internazionale : Il problema dei migranti, la tragedia Greca, l'amministrazione comunale di Roma.
Non si deve mai pensare che il terzo caso non possa toccare in qualche modo la politica internazionale... poiché l'immagine di una capitale come quella di Roma (caput mundi ..i cui cittadini hanno sempre con orgoglio sottolineato” Civis romanus sum”) ha sicuramente scosso le cronache internazionali per l'eccessivo proliferare di un malcostume politico che tocca una città che è il fulcro di tutta l'attività politica istituzionale della nostra Nazione.. contribuendo a ferire l'immagine dell'intero Paese.

Nella immensa confusione portata da una politica europea e nazionale.. che nel passato non ha saputo leggere in lungimiranza le conseguenze che sarebbero potute esplodere sugli esodi dai paesi africani ed orientali in guerra, non si è ancora in grado di trovare una soluzione che possa in qualche modo porre un freno. Sappiamo di certo che tutto ciò potrà trovare un risultato positivo..solo nella difficilissima opera di contenimento tramite un blocco alle partenze, ma sappiamo anche quanto ormai risulti pericoloso e tardivo questo tentativo, almeno di poter concordare a livello mondiale un'area libera dello stesso continente africano dove condurre ed accompagnare la vasta popolazione che, con l'aiuto di tutta la comunità europea, possa crescere in pace integrata in un'opera di possibile sviluppo ed offrendo persino opportunità di una nuova economia a beneficio della stessa Europa: Un'operazione per adesso teorica e difficile, ma da non trascurare per il futuro. E' difficile immaginare, adesso, un impegno da parte di tutte la forze politiche ocidentali europee per un piano da studiare con altri paesi orientali che possa prevedere la ricerca di spazi in territori abbandonati dove ricostruire insieme nuovi paesi e nuove economie, ma questo sforzo interattivo potrebbe vederci un domani complici e fattivi nella speranza di poter rendere una più efficace soluzione ad un fenomeno di portata cosmica.

Vi è poi il problema complesso della Grecia: Se Atene parrebbe esser pronta ad adottare misure fiscali pari al 2% del Pil... i creditori, al contrario, chiederebbero misure per almeno il 2,5%. Il piano del governo pare prevedere uno stop ai prepensionamenti a partire dal primo gennaio 2016. Vi dovrebbe anche essere un aumento della "tassa di solidarietà" per le persone che guadagnano più di 30.000 euro l’anno e per le società che hanno utili superiori ai 500.000 euro. Infine sarà proposto un taglio automatico della spesa. Con queste... che rappresentano alcune delle misure previste dal piano, il governo di Atene dovrebbe presentarsi al summit Europeo.
Come sembra ormai scontato è sempre il cancelliere Angela Merkel accanto al presidente della commisione Jean-Claude Juncker a dover dare l'OK. Si spera quindi che l'accordo possa soddisfare le parti per un salvataggio della Grecia e le conseguenti difficoltà per il resto dei Paesi delle comunità...Insensato, quindi, poter pensare di caricare oltre tale intesa attraverso ulteriori richieste che potrebbero comprometterla: Queste scelte dovrebbero seguire un'idea più avveduta e più aperta verso i Paesi che.. se messi in difficoltà.. non avrebbero alcuna alternativa se non quella di cedere creando, tra l'altro, ulteriroi danni alla stessa Comunità:

Vi è poi il caso Roma...che infiamma gli animi dei politici della capitale e che pare procedere con una certa indolenza.. Renzi sembra voler minacciare commissariamenti e promettere possibili elezioni, ma una vera presa di posizione di fatto ancora non si intravede. In questo clima.. una lotta tra Marino e Renzi era prevedibile: mentre gli irriducibili di Marino minacciano la fuoriuscita dal Partito, da parte dei renziani si impreca contro l'incapacità di un sindaco che non ha saputo trovare il modo di opporsi al decadimento burocratico e gestionale della sua amministrazione. Non v'è dubbio che le acque dentro il PD romano, siano parecchio agitate e molti esponenti renziani del partito capitolino siano in fibrillazione, soprattutto coloro fra i quali non hanno mai sostenuto Marino come amministratore della capitale: L'onesto incapace è alla resa dei conti, ma la città di Roma in attesa di un Giubileo, non lo è da meno.

Queste problematiche stanno segnando un passo nell'attività difficile e perigliosa del premier Matteo Renzi..per la verità carico di tante energie..ed un pò meno di idee, ma di sicuro scuotono la già precaria attività governativa nell'affanno delle difficili scelte che toccano il suo già complicato percorso. Problematiche interne ed esterne al suo Paese che messe insieme danno l'idea di come vi sia l'incombenza di un dialogo più profondo espresso con meno determinismo tra le forze dalla politica e meno contrapposizioni sia interne che esterne: Quello che si teme è che vi possano ancora essere ulteriori scelte imposte da una linea governativa senza l'uso di un dialogo parlamentare del quale non si dovrebbe sottacerne l'autorevolezza.

Purtroppo anche il Parlamento è oggi in carica attraverso leggi poco chiare e senza il criterio di un preventivo piano di programmazione da parte dei Partiti.. risultando totalmente in mano alle logiche di una attività governativa che prosegue a colpi di fiducie, decreti e leggi delega.. uccidendo il preliminare uso di un percorso di democrazia. Ciò può dare ragione a quella armata di pentastellati che potrebbero ben presto prendere le redini di un'attività governativa e che... con le loro approssimative regole e l'inusuale metodo delle loro risibili elezioni, potrebbero far peggio.
Non sarebbe il caso per il premier provare un utile rimpasto di governo con figure diverse che potrebbero fornire maggior fiducia e sicurezza?
Vincenzo cacopardo


La voce di MGO sulla Sicilia


La parola al presidente del movimento nazionale gente onesta
                                                                                


IN SICILIA SI PARLA SEMPRE AL FUTURO, MA NON SI RALIZZA ALCUN FUTURO”

Nell'isola proseguiamo da soli ma non ci opponiamo a priori alla possibilità di legarci a nuove forze politiche locali che la pensino come noi..Siamo aperti al dialogo con altri Movimenti con i quali portare insieme quella ventata d'aria fresca indispensabile per il cambiamento di una politica locale che pare far soccombere la bella Trinacria”


Non sembra esservi alcuna strategia politica nella conduzione della politica siciliana del governo Crocetta; questa è la nostra lettura:
Mentre si rimane in attesa di un ennesimo vertice di maggioranza in una, quanto mai, lacerata coalizione che sostiene il governo Crocetta, non si è in grado di dare forza alle essenziali riforme e leggi. Nella Sicilia politica si parla sempre al futuro dando continue speranze ..ma mai utili progetti, intuendosi come ormai anche l'attuale maggioranza risulti più che mai debole e priva di poter procedere: Una ulteriore legislatura fallimentare nel percorso politico di un governo che Crocetta ha sempre imposto malgrado le difficoltà pur di dimostrare che una amministrazione esiste.
Abbiamo assistito a veritieri fenomeni di vendite di voti attraverso particolari favoritismi con dossier ancora in mano alla magistratura che indaga sui personaggi politici coinvolti...abbiamo potuto constatare come l'attuale presidente di una Regione a pezzi continui indefesso ad operare con una governabilità approssimativa ed approssimata.. pur non avendo mai una solida maggioranza... ed infine, ancor peggio, abbiamo la sicurezza di percepire che non si ha la voglia di far decadere l'attuale presidente per questioni chiaramente legate a comodi interessi di poltrone.
Nei giorni a seguire è probabile che avremo da assistere ad altre sceneggiate..e la Sicilia appare proprio il terreno adatto per un'opera teatrale che non sembra aver mai fine. MGO.. con il suo innato senso di integrità.. si prepara ad intervenire nella realtà politica siciliana anche cercando giuste alleanza e riscontri verso chi sente il dovere di intervenire a favore di una società civile ormai quasi sottomessa all'arroganza di una politica. 
G.Prete 
presidente e fondatore MGO



20 giu 2015

un' osservazione su un articolo di Domenico Cacopardo

Ho sempre sostenuto l'ingegnosità che ha accompagnato nel passato la nostra Nazione e ciò che sorprende è proprio il fatto che il nostro Paese non riesca più a metterla in luce!
Non si avvisa più un impegno di ricerca verso la genialità e le idee, ma si continua a perseverare succubi di una esterofilia e di un pragmatismo economico oltre ogni limite: Questo è.. in buona parte..ciò che impedisce da diversi anni il cammino in salita del nostro Paese.
La riflessione di Domenico Cacopardo è, perciò, fin troppo giusta e tocca un tema troppe volte affrontato:- Senza ingegno non c'è qualità.. e senza qualità sparisce l'essenziale energia che dà forza al nostro Paese ..

Non bisogna farsi dirigere da un'economia..ma guidare l'economia..non bisogna sottomettersi ad un regime di fiscalità.. ma indirizzare in modo equilibrato il fisco! L'uomo politico capace dovrebbe imporsi e reagire e.. non rimanere succube ed incollato al barroccio di un sistema senza condurne la guida: non è proprio di determinismo che si ha bisogno, ma di carattere, forza d'animo e volontà!

Quello a cui abbiamo assistito in questi ultimi anni è stato, oltre ad una vera incapacità di far politica di chi non ha saputo leggere in lungimiranza, la sottomissione oltre limite a parametri economici e principi fiscali che hanno completamente offuscato ogni altro cammino in direzione di una crescita qualitativa. 

Mi permetto di far osservare al cugino consigliere Cacopardo che questo è avvenuto anche nel campo delle riforme politiche.. dove si è pensato stoltamente che, riducendo al massimo e semplificando ogni problematica, si potesse risolvere il nodo dell'andazzo politico-istituzionale. Ricordiamoci che tutto il nostro sistema sociale parte dalla politica e che... se il metodo rimane quello di semplificare come principio comune, non ci possiamo poi aspettare... nessun risultato qualitativo.

Ma è soprattutto quello che Domenico scrive in riferimento ai "ruoli" che attira la mia attenzione: “Nella ricostruzione di cui avremmo necessità, l’imprenditore dovrebbe fare l’imprenditore, lo Stato lo Stato e il pubblico ministero svolgere le inchieste necessarie per consegnare al giudice elementi di giudizio”.Un dialogo già diverse volte affrontato dal sottoscritto che dovrebbe spingere alla ricerca di un più ragionevole processo sulle differenti funzioni istituzionali: Una più distinta differenziazione dei ruoli in politica...rimane la base di partenza di un principio per mettere meglio a fuoco gli aspetti qualitativi e far eccellere chi nel campo merita.
Vincenzo cacopardo



Riflettendo sui nostri giorni, appare evidente che stiamo vivendo il dopoguerra di una guerra ancora in corso. Una guerra perduta, naturalmente, visto il regresso del Pil e il deperimento del Paese certificato dai fondamentali dopo sette anni di crisi.
In fondo, c’è anche stato un 25 luglio (1943 caduta di Mussolini e del fascismo) e si è verificato tra il luglio e il novembre 2011, tra la stretta dell’Unione nei nostri confronti, la dichiarazione golpista del duo Trichet-Draghi, le dimissioni di Berlusconi e la nomina di un «commissario straordinario» gradito ad Angela Merkel, Mario Monti. L’unica fondamentale differenza tra il «dopo 25 luglio» e il «dopo novembre 2011» sta nel fatto che il partito rimosso dal governo, il Popolo della libertà, ha partecipato alla maggioranza parlamentare che ha sostenuto il gabinetto Monti.
Come se, dopo il 25 luglio 1943, il governo Badoglio fosse stato sostenuto anche dal partito nazionale fascista e avesse avuto, al suo interno, ministri indicati da Mussolini.
Questo sostanziale continuismo, dispetto dell’austerità di Monti e delle sue leggi ispirate dall’Unione europea, segna, invece, una indiscutibile similitudine col continuismo post-fascista. L’epurazione (una barzelletta) e l’amnistia voluta da Palmiro Togliatti consentirono al personale della pubblica Amministrazione forgiatosi nel deprecato ventennio di continuare a gestire la cosa pubblica con le leggi e i comportamenti del passato. Ovviamente, mano a mano che si andava avanti, la legislazione veniva aggiornata alle esigenze dell’impianto costituzionale democratico e venivano introdotti istituti che presidiavano in modo irreversibile la nuova condizione civile e politica. Innanzi tutto, il Consiglio superiore della magistratura che, da organo consultivo del governo, costituitosi nel 1907, diventa nel 1958 organo di autogoverno, garanzia dell’indipendenza dell’istituzione e dei suoi singoli componenti. E, subito dopo, la controversa (ormai) realizzazione delle regioni (1970).
Ora, se stiamo uscendo da una guerra (perduta), occorrerebbero governi e governanti consapevoli della situazione e votati all’avvio di una legislazione di emergenza per la ricostruzione.
Già, la ricostruzione.
Si trattò di una grande operazione pubblica e privata nella quale milioni di italiani furono impegnati per un decennio, riuscendo non solo a restituire al Paese le strutture fisiche ed economiche di prima della guerra ma a mettere anche le basi di quello che nel 1960 fu definito il «miracolo economico italiano», anticipatore di quello tedesco. In diversi campi, l’Italietta del dopo guerra seppe mettere le vele al vento e correre insieme alle nazioni più avanzate. Pensiamo alla rete autostradale, costruita ben prima di quella francese, pensiamo all’energia nucleare, per la quale con il Cnen, presieduto da uno scienziato di chiara fama internazionale come il prof. Felice Ippolito, ci insediammo all’avanguardia, pensiamo alla cantieristica, alla siderurgia con il terzo centro (Taranto) con la progettazione di un quarto (Gioia Tauro) e l’idea di un quinto (Belice). Pensiamo al business energetico dell’Eni dello spregiudicato capitano d’industria Enrico Mattei, e all’aeronautica, in collaborazione con le aziende americane e per merito degli elicotteri Agusta.
Un fervore generale accompagnò, quindi, la visione dei governanti trasformando quegli anni in una specie di corsa all’oro del West, liberi da lacci e lacciuoli, capaci di esprimere tutte le potenzialità che l’ingegno italiano aveva in sé da sempre. Tanto che la meccanica italiana era diventata un plus in tutti i mercati internazionali, giacché coniugava costi contenuti, manutenzioni facili e prestazioni eccellenti.
Su questo punto, oggi, non ci sono somiglianze, anzi viviamo l’emergenza e il percorso di ripresa in modo completamente opposto.
Un solo esempio per tutti: il decreto legislativo 8 giugno 2001 n° 231, che ha stabilito le responsabilità da attribuire agli amministratori di società private ed enti per i reati commessi dagli amministratori. Da allora, al ritmo di uno o due reati l’anno, tutto lo scibile penale è finito nel medesimo calderone, aggravando il peso e il costo di una gestione burocratica degli eventi delittuosi che possono coinvolgere gli amministratori medesimi.
In sostanza, lo Stato italiano s’è comportato nella materia dei reati in modo simile alla fiscalità. Per il fisco, il datore di lavoro è un sostituto d’imposta, nel senso che deve applicare in ritenuta la tassazione del dipendente. Dalla 231 in poi, lo Stato è andato imponendo all’imprenditoria italiana una serie di cautele, di comportamenti, di procedure volti a sostituire l’impresa allo Stato nella puntuale prevenzione di fatti di rilevanza penale.
I costi dell’operazione sono significativi e molto.
Anche perché il sistema introdotto ha stabilito, di fatto, un’inversione dell’obbligo di prova, trasferendolo dal pubblico ministero all’impresa un componente della quale sia indagato. Un’operazione chiaramente incostituzionale.
Il paradosso è che è stata proprio la Confindustria di questo quindicennio a sostenere, con l’aiuto di uno sterminato corpo di consulenti, l’allargamento costante degli ambiti della 231, nell’illusoria presunzione che questo sistema possa attenuare l’attenzione e la perseguibilità delle fattispecie di reato che fossero, anche inconsapevolmente, poste in essere.
Nella ricostruzione di cui avremmo necessità, invece, l’imprenditore dovrebbe fare l’imprenditore, lo Stato lo Stato e il pubblico ministero svolgere le inchieste necessarie per consegnare al giudice elementi di giudizio.
La confusione dei ruoli, insieme a una caotica congerie di norme statali, regionali e comunali, gestite da cacicchi e «gauleiter» ottusi o corrotti, spesso ottusi e corrotti, si frappone a quello slancio che, latente, potrebbe animare la ripresa dell’Italia.
Domenico Cacopardo


18 giu 2015

Troppa rigidità e poca eufonia.. nello sviluppo di un'Europa in crisi


di vincenzo cacopardo

Per comprendere meglio i poteri della Commissione Europea dobbiamo fare un piccolo escursus storico: Sappiamo che essa, trae origine dalla Commissione della Comunità Economica Europea che nacquè nel 1957 . Il primo presidente Hallstein, si impegnò per affermare l'autorità della Commissione e la sua autonomia dagli stati membri.

E' importante sottolineare che negli anni Settanta la Commissione e i suoi presidenti furono protagonisti in vari progetti di integrazione, tra cui quello dell'unione monetaria e della cooperazione politica. Ma malgrado dei piccoli successi, negli anni settanta, si dimostrò un relativo affievolimento sul precedente entusiasmo per il progetto europeo

Il progetto che comprendeva i governi europei venne, però, rafforzato dal riconoscimento di un nuovo “Consiglio d'Europa”

Nel 1985... il veto britannico portò alla nomina di Jacques Delors. Delors svolse tre mandati come presidente ed è sicuramente ricordato come uno dei più incisivi e carismatici presidenti dell'istituzione. Con Delors si riacquista quel prestigio un po' perso, ma anche la centralità ed il potere offerto alla Commissione europea. Si pensa che Delors, con agevolazione dello stesso Parlamento europeo, seppe risvegliare in certo entusiasmo per il progetto europeo dirigendo i passaggi cruciali dell'integrazione, anche con la creazione del mercato unico ai negoziati e dell'unione aconomica monetaria, affermando un modello di presidente come leader indiscusso della Commissione.

Da lì ad oggi.. con il trattato di Maastricht ..si potè assegnare allo stesso Parlamento un ruolo per la nomina sia della Commissione che del suo presidente: In quell'occasione si stabilì anche che il mandato quinquennale della Commissione dovesse cominciare entro sei mesi dallo svolgimento delle elezioni europee, legandolo, così, a quello del Parlamento.


Successivamente alla fine degli anni novanta, il trattato di Amsterdam diede nuovi poteri al presidente della Commissione, come quello di assegnare liberamente i portafogli ai commissari e di potere costringere i commissari alle dimissioni. E fu proprio Prodi il primo presidente della Commissione nominato dopo tali modifiche.
Vi fu poi all'inizio del duemila il trattato di Nizza che modificò le modalità di nomina del presidente della Commissione, richiedendo solo una maggioranza qualificata, rafforzando, in tal modo, lo stesso profilo politico del presidente della Commissione.
Nel 2009 il trattato di Lisbona obbliga per il Consiglio alla responsabilità del risultato delle elezioni europee per la nomina del presidente della Commissione: Da quell'anno si "elegge", e non si approva soltanto, un presidente designato.

Ma cosa fa veramente il presidente della Commissione?..Quali sono i suoi reali poteri?
Poteri fortissimi: Definisce gli orientamenti della Commissione; -decide l'organizzazione interna della Commissione per assicurare coerenza, efficacia e collegialità alla sua azione; nomina i vicepresidenti tra i membri della Commissione, (fatta eccezione per l'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza) Inoltre...su sua richiesta... un membro della Commissione deve rassegnare le dimissioni.

Il presidente della Commissione ha dunque una posizione di supremazia all'interno dell'istituzione, dato che la Commissione agisce nel quadro degli orientamenti di cui lui ne controlla l'agenda politica. Per questa ragione e per i poteri della Commissione, il presidente della Commissione è in assoluto una delle personalità più influenti e potenti all'interno della casa politica Europea.

Il 28 giugno 2014 è stato designato da 26 capi di Stato e di Governo dei 28 Paesi membri dell'Unione europea come nuovo presidente della Commissione: È la prima volta che il presidente della Commissione viene scelto a maggioranza qualificata e non all'unanimità.

Questa piccola analisi storica riesce a farci comprendere quali enormi poteri vengono resi al presidente dell'attuale Commissione: Gli ampi poteri offerti a Jean Claude Juncker per la ripartizione delle competenze, l'assegnazione dei portafogli ai vari commissari ed il poter costringere i singoli commissari alle dimissioni... gli rendono una forza smisurata rispetto alla necessità di equilibrio..da costruirsi con giusti contrappesi.. di cui la politica Europea avrebbe bisogno.

Non v'è dubbio che oggi rimangono fin troppo rigide le posizioni della Commissione europea rispetto alle proposte avanzate dalla Grecia per il proprio piano di risanamento economico. La Commissione resta ferma in una granitica posizione che non promette nulla di buono ed invece di ricercare vie diverse in direzione di un risanamento graduale per i Paesi in stato di evidente difficoltà.. che studiano al loro interno una più logica via di crescita, non sembra promuovere aperture di maggior respiro: basterebbe guardare il viso implacabile di Juncker e di alcuni componenti..per rendersi conto di quanto, simili personaggi, rimangano inflessibili.. non assicurando altre propensioni nella lettura politica economica in un'ottica diversa..più in lungimiranza... proiettata a favore e per lo sviluppo di certi Paesi ormai costretti..che in realtà non possono avere altre alternative.

Al di là di una vera mancanza di una fattiva politica di integrazione che avrebbe dovuto seguire di pari passo la logica stessa dello sviluppo economico di tutti i Paesi in seno alla Comunità...(Paesi mai valutati per peculiarità storiche, culturali e specifica territorietà), la politica economica Europea, non può più assumere caratteristiche così rigide e severe, poiché ciò si rivolterà contro se stessa in diniego agli stessi principi sui quali avrebbe dovuto svilupparsi. Al contrario ..la sua politica dovrebbe esprimere una visione più aperta e larga..al fine di saper distinguere..differenziale ..discernere ed interpretare, con maggior armonia, le peculiarità territoriali dei Paesi che ne vogliono far parte.