7 set 2015

Soffermarsi sulle contese... dimenticando i principi

Quello che mi riesce difficile comprendere nell'articolo posto qui sotto... è il fatto di come, un uomo colto e a conoscenza delle istituzioni come il consigliere Cacopardo, non riesca a guardare oltre e si fissi soprattutto su un principio di “contesa”...Quasi fosse una delle tante dispute inserite nella narrazione di uno dei suoi libri gialli.

E' particolarmente singolare il non soffermarsi a meditare in profondità sulla pretesa che si possa distruggere un bicameralismo opponendovi l'alternativa di un uso di una Camera eletta pericolosamente.. attraverso formule assai ridicole approntate quasi per il puntiglio di affermare un qualunque cambiamento. Cioè:.mi viene difficile constatare come una figura di esperienza come Domenico si soffermi con tenacia sulle proposte del semplificativo sindaco d'Italia, esposte dalla bella addormentata tra i Boschi ..senza andare in profondità sull'argomento e ponendo la questione come fosse semplicemente un gioco di posizioni interno al PD.

Al di là delle manovre di Grasso..che io stesso poco approvo..quello che dovrebbe interessare non è proprio una questione di principio su una riforma, ma la stessa qualità della riforma che non risulta né innovativa ..nè concludente in termini funzionali . E' questo che dovrebbe soprattutto valutarsi... al di fuori di ogni possibile furbizia che meno potrebbe contare!
Ma vogliamo renderci conto dell'inutilità di tali riforme proposte solo per darsi una immagine? Il problema istituzionale del nostro Paese non è mai stato il bicameralismo in sé..ma il modo di saperlo fare funzionale!

Sarebbe bastato dare funzioni diverse alle Camere..rendergli ruoli diversi..diminuirne le figure..contenerne le spese..Ed invece col solito modo tranchand..attraverso la figura della bella e poco esperta Boschi.. si è tirato avanti verso un riordino semplicistico che non porterà alcun vero funzionamento e che ridurrà la politica ancora più risibile.

Se la posizione di figure come quella del cugino Cacopardo....sicuramente molto più esperte della signorina Boschi, rimane ferma su una posizione di principio, senza analizzare in profondità il vero nodo del problema, rischiamo di perdere anche il vantaggio di uomini capaci che hanno avuto una ricca esperienza nelle istituzioni democratiche..come il consigliere Cacopardo.

Ma al di là di tutto ciò..rimane certo che il falso cambiamento messo in atto da Renzi..è e rimane un guazzabuglio di compromessi e semplificative manovre che non arrecheranno alcun vantaggio alle istituzioni democratiche, ma ...forse..vogliono essere il principio di un sistema duro..ossia un'anticamera ad un futuro regime per sostenere l'ambita stabilità. La vergogna peggiore rimane.. però.. quella di voler nascondere ciò dietro l'ipocrisia di un sistema che continua a volersi definire ancor oggi democratico.
Vincenzo cacopardo




Scrive Domenico Cacopardo
La furbizia è un brutto vizio nazionale e diventa manifestazione di insipienza quando è palesemente usata da un personaggio istituzionale. Ci riferiamo a Pietro Grasso, presidente del senato, che, l’altro ieri proprio nel giorno in cui spiegavamo i termini tecnici della «querelle» che andrà in scena a Palazzo Madama martedì 8 settembre, se n’è uscito con un’intervista a Monica Guerzoni del Corriere nella quale è proprio il negativo stigma nazionale a risultare protagonista.
Sostiene, infatti, l’esimio presidente, già magistrato ordinario e procuratore generale antimafia che: «… bisogna usare questo tempo per un eventuale accordo politico …» Come dire che, prima di operare, occorre un consulto, fingendo di ignorare che i consultandi sono di parere e di scuole opposte e irriducibili.
E qui, in questo banale stilema, si concentra, purtroppo, quello che sarebbe esagerato chiamare il pensiero del nostro caro presidente.
Tutti sanno che la minoranza del Pd (proprio Bersani ha nominato Pietro Grasso senatore e poi presidente) prospetta modifiche sostanziali al disegno di legge di riforma della camera alta, tali da vanificare il progetto di Matteo Renzi e di Elena Boschi.
Al di là dei particolari, il progetto della sinistra del Pd intende realizzare il mantenimento del bicameralismo sostanziale, con il quale tornerebbero in campo i poteri di interdizione che tutte le minoranze parlamentari possono oggi esercitare come ieri. Non domani, se il disegno di legge del governo dovesse passare.
Insomma, Bersani, Chiti, Cuperlo, Gotor e gli altri sodali, vogliono abbattere quanto votato sino a ora (anche da loro) e riportare le riforme istituzionali a zero. Fra l’altro, va ricordato che nel pacchetto di un possibile accordo maggioranza-minoranza Pd ci sarebbe un ripensamento sull’Italicum, la legge elettorale appena approvata. Come, giustamente, si rileva da più parti, il vero fine che perseguono i contestatori non è questa riforma –di sicuro perfettibile, viste le incongruenze e gli errori, salvo lo scopo di mettere la parola fine al bicameralismo perfetto- ma Renzi, il suo governo e la sua segreteria del Pd.
Se il premier vuole suicidarsi, ecco la corda tesagli da Pietro Grasso, consapevole forse(ma se lo sia o no è poco importante) che questo suo banale richiamo alla ragionevolezza e all’accordo politico è una trappola predisposta per far cadere il governo e il complesso di novità che ha introdotto e che intende introdurre nel sistema italiano, schiodandolo da venticinque anni, più o meno, di immobilismo.
Tonini, un altro dei premi Nobel del bastimento renziano, si sforza di trovare un argomento valido o forte, dicendo: «… rivotarlo …» (la riforma del Senato) «… sarebbe una forzatura difficilmente spiegabile …»
Nessuno dei due (Grasso e Tonini) entra nel merito delle modifiche votate dalla Camera dei deputati sul testo approvato dal Senato e sulla necessità inderogabile che le stesse siano sottoposte a una votazione del Senato stesso.
Sarà, senza dubbi, la prima volta che quest’assemblea «legge» il nuovo art. 1 e l’emendamento del «dal» all’art. 2. Testi questi che dovranno tornare alla Camera (seconda lettura) e di nuovo al Senato (quarta).
La senatrice Anna Finocchiaro, presidente della commissione affari istituzionali, avrà in mano la patata bollente proprio l’8 settembre e credo che non potrà ignorare la realtà concreta dei fatti. Anzi, se la ignorasse, si troverebbe presto in guai maggiori, visto cosa potrebbe accadere se una simile svista, apparentemente favorevole al governo, non fosse rilevata. Alla fine si riporterebbe indietro l’orologio della riforma.
Siamo al punto in cui i romani dicevano: «Hic Rodhus hic salta».
Con questa frase sottolineavano che ci sono ostacoli che vanno affrontati di petto, non aggirati. E questo è proprio il caso.
Comprendiamo bene che più si allarga il campo della discussione più i rischi di stravolgimento del testo del disegno di legge di riforma del Senato diventano concreti.
Ma, ormai, il governo non ha alternative: deve affrontare una serie di votazioni successive sugli emendamenti che Grasso giudicherà ammissibili, e poi, sull’art. 1 e sul 2. Del resto, nell’implicito della dichiarazione del presidente del Senato c’è una sorta di promessa-minaccia: senza accordo politico sarò costretto a applicare il regolamento e a far votare tutti gli emendamenti che giudicherò ammissibili.
Certo, Grasso, parlando di accordo politico, ammicca a un accordo non solo maggioranza-minoranza Pd, ma ancora più vasto, magari con il Movimento 5 Stelle e Sel. Un accordo che gli conferirebbe la nomina a «zio» di un nuovo schieramento, e l’immeritata investitura a quasi-leader pronto per il futuro e per presiedere il governo elettorale che potrebbe essere necessario dopo il crollo di Renzi.
L’accordo non ci sarà, per l’indisponibilità dei partiti e dei gruppi, e perché, ormai, queste manovrette da corridoio non hanno alcuna possibilità di successo.
È sgradevole citarsi: ma prima della stagione delle ferie avevamo osservato che, al rientro, Renzi si sarebbe trovato davanti una serie di appuntamenti parlamentari per la vita o per la sua morte politica.
Ci siamo: la giostra ha inizio l’8 settembre.
I cavalieri e le dame, però, sono tutti, più o meno impreparati ad affrontare un simile noncavalleresco torneo.



4 set 2015

In dialogo con Domenico Cacopardo sulla figura di Papa Francesco

Vorrei cercare di esprimermi con equilibrio anche in considerazione del fatto che l'argomento, già discusso diverse volte, rimane di particolare importanza, ma non certamente “urticante” come scrive il cugino Cacopardo..che definisco oltre che un bravo ed attento scrittore, una penna non comune nel panorama nazionale...ma con il quale non riesco ad essere d'accordo.
Per quanto mi riguarda..non ho mai inteso coniugare cattolicesimo e sociale nel modo in cui intende farlo Domenico, né ho mai inteso schierarmi da una parte... in considerazione del fatto che sono è rimango uno spirito libero, come hanno sempre dimostrato i miei post sul blog.

La mia osservazione riguardo al Papa esula da certe posizioni. Definisco l'opera di evangelizzazione di Papa Bergoglio conforme a quella di chi, come Pastore supremo del cattolicesimo, segue i valori (universali) dell'amore così come lo fece Cristo in terra...Nulla di più!..Ripeto ...se un Papa è Papa ..deve operare di proposito.. e nulla di quello che lui esprime può essere distorto da coloro che, operando per una politica, dovrebbero.. per dovere, apprestare idee e servizi, a beneficio di una società ormai allo sbando...sia essa occidentale... che orientale.

Errato parlare di simpatia o antipatia per la figura di un Pontefice..come mi sembra insensato schierarsi a sfavore del suo pensiero. Non credo per nulla che Papa Francesco voglia operare contro un'occidente...anzi certa critica infeconda di chi si sente attaccato in quanto appartenente ad una civiltà occidentale, mi sembra del tutto errata, persino forviante, poiché il problema rimane altro.. ben diverso. Basterebbe essere più intuitivi nel pensiero e meno prevenuti nella figura di Francesco per riuscire meglio a comprendere che il suo tono non è quello “peronista” indicato da Domenico, ma quello di uno spirito libero (persino rispetto al suo Clero) di chi ama in modo incontenuto il popolo nel suo insieme.

L'evangelizzazione di Papa Francesco non intende costruirsi sulla contrapposizione Occidente-Oriente...nè tantomeno schierarsi a favore dell'uno o dell'altro. Il Papa nel suo dialogo esprime una realtà che in questi giorni appare sotto gli occhi di tutti e dove nei Paesi più progrediti continua a perseverare con forza una certa iniquità. Allora è più che sacrosanto chiedersi per quale motivo queste società anziché tendere a livellare un certo benessere, per meri motivi di un mercato..(quasi volutamente non regolamentato), continuino a dimenticare un principio sacrosanto di equità tra gli uomini. Ciò non significa mortificare una società progredita, ma constatarne certi macrodifetti. Se queste considerazioni (che tali rimangono) non devono essere espresse da chi diffonde un verbo cristiano, significa restare ipocriti rispetto ad un onesto giudizio.

Siamo tutti convinti che le idee dell’Occidente hanno vinto, ma non altrettanto convinti che queste funzionino pienamente in ambito sociale e politico. Quella che Domenico Cacopardo si ostina a chiamare teologia del «pueblo» altro non è che una chiara considerazione da parte del Papa delle macroscopiche evidenze che gravano su una società occidentale sopraffatta oggi dal malcostume e da una lunga serie di ingiustizie che gran parte dello stesso popolo occidentale stesso accusa...Ma è proprio perchè questi Paesi appaiono più progrediti che il giudizio arriva più spontaneo e deve eesere tenuto in alta considerazione!. Diverse appaiono le problematiche del popolo orientale che in sé racchiude logiche sociali differenti e dove persiste altro tipo di iniquità e persino terrorismo spinto disumano.

il paziente, certosino lavoro per creare lo sviluppo economico e culturale che deve ridurre il numero dei miserabili”..come afferma Domenico... potrebbe essere operato dall'Occidente con la forza dell'equilibrio e con una politica sociale meno viziata da un liberismo capitalistico senza freni che non deve obbligatoriamente far vincere l'uno per far sopperire l'altro...Insomma.. non credo per nulla che il Papa voglia opporsi ad una teoria occidentale ..nè tantomeno favorirne una orientale, ma offre il suo verbo in nome di una crescita cristiana più equa e giusta. ..e ciò appartiene di sicuro al suo ruolo.
Si può anche non apprezzarlo e persino credere che il suo possa essere un atteggiamento, ma sembra proprio eccessivo catalogarlo come una figura populista peronista.
Vincenzo Cacopardo


Scrive Domenico Cacopardo
Ci sono due questioni che stanno particolarmente a cuore ad alcuni lettori, tanto da non risparmiarmi osservazioni e critiche (gradite perché forniscono il polso del sentire comune): la sussistenza o meno della cosiddetta «civiltà occidentale» e la valutazione da me ripetutamente formulata dell’attività politica e pastorale di papa Bergoglio.
Ciò che sono andato scrivendo su questi argomenti, soprattutto riguardo al «papa venuto dall’altro mondo», è poi risultato particolarmente urticante per coloro che coniugano il cattolicesimo sociale e, contemporaneamente, la simpatia o la militanza per lo schieramento della sinistra extraparlamentare.
E, quindi, a coloro che dissentono cercherò, garbatamente, di rispondere, in modo da dissipare ogni eventuale equivoco e a fornire anche a chi consente le ragioni lontane e vicine delle mie argomentazioni. Prima di tutto, ammetto di partire da un’impostazione intrisa dei principi della democrazia laica e riformista che, in questo beneamato Paese, ha una storia importante e –com’è naturale vista la latitanza della storiografia non o poco schierata- misconosciuta. Risale al Risorgimento e a Giuseppe Mazzini questo lato del pensiero italiano.
Ecco le buone (almeno credo che siano buone) ragioni che mi spingono a sostenere la permanenza della cultura occidentale e la natura eversiva e reazionaria del pontificato di Bergoglio.
Partiamo dall’Occidente. È ancora oggi sotto gli occhi di tutti coloro che vogliono vedere (e non vogliono chiudere gli occhi per un pregiudizio ideologico di stampo vetero-marxista) quanto grande e profonda sia l’influenza del modello euro-americano nel mondo globalizzato dei nostri tempi. Quindi, non solo il retaggio di una spinta al progresso unica nella storia, più grande ancora di quella greca, romana ed egiziana, ma la sua attualità. Dalla Cina, ultimo baluardo della «filosofia della prassi» nella versione marxista-leninista aggiornata da Mao Tse Tung, che deve proprio all’adozione aggiustata degli stilemi occidentali il suo impetuoso sviluppo, avendo acquisito e metabolizzato i concetti di sviluppo e di profitto; all’India, nella quale l’eredità dell’impero britannico permea le istituzioni e, tra esse, l’amministrazione della giustizia. Sino al più sperduto paese dell’Africa, nel quale l’Occidente, la sua cultura e i suoi modelli rimangono forti e ben piantati come riferimenti imprescindibili, lontane oasi nelle quali può trovarsi il vivere pacifico e civile.
Non solo è ingeneroso pensare che la civiltà occidentale sia finita, ma è anche sbagliato.
Nel mondo multipolare di oggi, nel quale è l’anarchia a dominare i rapporti tra gli stati e –con essa- il serpeggiante «mood» di un confronto finale, non solo economico, ma politico e politico-militare, le idee dell’Occidente hanno vinto e camminano ovunque sulle loro gambe. È altrettanto vero che ci sono tante realtà e tante culture che hanno conquistato pacificamente e non il diritto di cittadinanza e il rispetto generale. Tuttavia, la ricchezza contemporanea nasce e si sviluppa intorno alla rivoluzione industriale e alle rivoluzioni americana e francese, e si consolida prima in Europa e poi nel mondo.
Certo, è sorto e s’è sviluppato un movimento antistorico, islamista radicale che fa del terrorismo il proprio strumento di lotta per il potere.
L’Occidente «mite» ha deciso di non affrontarlo seriamente e di non metterlo nelle condizioni di non nuocere più. Per sempre.
Su questo punto ha ragione Qassem Soleimani, comandante d Al Qods (la forza armata degli ayatollah iraniani) quando afferma che il potere degli Stati Uniti in Medio Oriente è in declino e che la flebilità della reazione ai tagliagole dell’Isis è una scelta operata per accentuare lo scontro infraislamico, non avendo (gli USA e l’Europa) la forza né la voglia di batterli sul campo.
Ed è vero che le contraddizioni fanno vacillare convincimenti che sembravano consolidati: per esempio l’appoggio euro-americano al governo golpista di Kiev, appoggiato dalle milizie neonaziste. Ma questi sono fenomeni interni a un sistema e a una logica nella quale la lotta per il potere mondiale (grande motore della storia) non s’è ancora sopita.
Nonostante tutto, la nostra vitalità non è in discussione e, se non si manifesta più con decisioni storiche (l’ultima Maastricht), si appoggia a un’azione matura, che è per definizione lenta e quasi incerta, ma che procede inesorabilmente verso livelli di maggiore integrazione.
Veniamo a Bergoglio.
Il papa che «viene dall’altro mondo» ha portato seco un’ideologia specifica. All’interno del vasto fiume del cattolicesimo, c’è una corrente di pensiero tutta gesuitica e latino-americana che, superata l’idea della Liberazione, si chiama teologia del «pueblo». È questa entità generica e difficilmente definibile, composta dal popolo cristiano e non, la destinataria del messaggio che Dio, tramite lo Spirito Santo, manda all’umanità. Perciò a essa deve guardare la Chiesa di Cristo come fonte di ispirazione e di indirizzo per la sua azione nel mondo contemporaneo. Un’azione che è religiosa e politica, giacché le manifestazioni del popolo sono espressione di religiosità e di volere politico.
Torneremo sui sofismi insiti in queste proposizioni, sulla parentela con il populismo peronista e, più vicino, il populismo che anima mezzo pianeta provocando eccessi di violenza, tra i quali si deve annoverare la violenza del fondamentalismo islamico.
Non a caso le reazioni di Francesco nei confronti del martirio dei cristiani in Medio Oriente, della loro espulsione dai territori nei quali erano insediati da millenni (i caldei, per esempio) è debole, incerta, combattuta com’è tra le ragioni del popolo e dei popoli che sarebbero ispirati da Dio.
In fondo, è un modo come un altro per scavalcare le istituzioni e per dialogare direttamente con derelitti ed emarginati. Con la parte povera dell’umanità.
È facile osservare che la via del riscatto non passa attraverso la sovversione anche violenta dello «statu quo» ma comporta il paziente, certosino lavoro per creare lo sviluppo economico e culturale che deve ridurre il numero dei miserabili.
Numero che, peraltro, s’è ridotto di alcuni miliardi di donne e di uomini, riscattati dal ricatto della fame, per merito delle istituzioni (gli stati) che se ne sono occupati.
Rimane la sconcertante testimonianza di un papa che cerca di porre le basi di una forza temporale della Chiesa fondata sugli umori e le aspirazioni del popolo più derelitto, quello che non è in condizioni di sceverare tra le vie che gli sono di fronte, quella più praticabile per ottenere il miglioramento della sua esistenza.



Un breve incontro con chi pare voler impegnarsi seriamente per la rinascita della Sicilia


Un incontro con Alfio Di Costa ..un ingegnere che si propone attraverso un nuovo Movimento dal fiducioso e promettente nome 
“Insieme si può”

di vincenzo cacopardo

Alfio, mi permetto darti del tu vista la nostra conoscenza e la stima reciproca.. la prima domanda che vorrei porti è quella un pò pleonastica..di cosa intende proporre questo tuo nuovo Movimento?

- Noi nasciamo con una logica precisa..quasi una reazione alle problematiche di una politica inefficace e distratta. Una logica che oggi, in un certo senso, si contrappone ad una politica governativa che pare aver dimenticato i preziosi valori di questa nostra isola.... Ci proponiamo per una rinascita di tutto ciò che appartiene in modo intrinseco al nostro territorio e vorremmo crescere, con dovuta umiltà, a salvaguardia di quei principi ambientali ed economici adatti, senza i quali la Sicilia non avrebbe alcuna altra opportunità di crescita. Ci muoviamo prevalentemente nella ricerca di tutto ciò che appartiene alla storia e la cultura dell'isola.
La risposta che posso darti... è quindi.. quella di un Movimento che si prepara ad un impegno per la crescita dell'isola con l'esigenza di riuscire ottenere assicurazioni precise.. da parte del governo centrale.. verso la creazione di essenziali infrastrutture, senza le quali, proprio i valori qualitativi dell'isola non potrebbero mai esaltarsi e vincere la concorrenza sleale di una selvaggia odierna globalizzazione.

Sembrano parole del tutto sensate.. che, per certi versi, abbiamo già sentito da altre forze locali negli anni passati, ma che in realtà hanno poi lasciato il vuoto nel tempo.. e non hanno dato sfogo ad alcuna politica costruttiva per l'isola..

- La differenza sta nel fatto che il movimento “Insieme si può” non si propone alcuna appartenenza e non è legato ai partiti tradizionali... o meglio rimane non schierato in posizione ideologica con nessuno di questi ..Un Movimento che mira solo ad una precisa crescita ed uno sviluppo della realtà locale che pare disperdere giorno per giorno ogni possibile opportunità di riscatto. Le potenzialità sono enormi ..come enormi sono le occasioni di trovare figure che vorrebbero operare a beneficio del proprio territorio, ma purtroppo sussiste un certo slegamento che costringe a non saldare impegni comuni in positivo...

Scusami ma non riesco a comprendere bene..

- Voglio spiegarmi meglio: Da tempo ormai.. nel territorio siciliano.. avanzano Movimenti che si propongono a favore di una nuova politica sociale, ma..non riuscendo mai,...o per ragioni di ideologie e concettuali riguardanti la società civile od ..infine... per una vera incapacità di portare il nuovo...si disperdono nel nulla. Il nostro Movimento vorrebbe al contrario.. lavorare per trovare un domani un fulcro di unione. Scansando ogni vecchia posizione ideologica, aspiriamo quindi in una lotta territoriale comune.. contro un'attività negativa di un governo centrale che oggi sottovaluta le opportunità di una sì bella terra piena di bellezze... idee e genialità.

Cioè.. non escludi che un domani il tuo nuovo Movimento possa ritrovarsi unito in una lotta comune con altri Movimenti locali ?

Si!..ma solo per uno scopo preciso che non guarda a convenienze personali, ad un progetto comune per il futuro qualitativo ed un logico sviluppo della Sicilia...Basta dare un'occhiata al nostro sito per accorgersi di come noi continuiamo a promuovere il prodotto locale...ma occorrono di sicuro nuove infrastrutture per superare la concorrenza sui costi ed i tempi.


Quali infrastrutture? Puoi accennarne qualcuna?

E' fin troppo semplice!..Non è difficile non accorgersi della mancanza di strade ..possibilmente percorribili e più sicure...ferrovie ...ponti..porti e porticcioli..con servizi spediti e innovativi. Un controllo più sicuro di un territorio sul piano idrogeologico..adeguate strutture per la pulizia dell'ambiente che rappresenta per noi la porta d'ingresso per un sano turismo..etc.

Vuoi spiegarci meglio come si sta organizzando il tuo Movimento, in vista del fatto che si propone un servizio anche sociale in tutto il territorio dell'isola?

Come tu sai.. siamo nati quest'anno e quindi ci stiamo organizzando da poco. ..Abbiamo già presentato il Movimento a Palermo e Messina ed è' previsto nell'immediato un incontro a Catania per la fine di questo mese. In susseguenza vi saranno altri incontri per farci conoscere in altri capoluoghi...come Trapani ed Agrigento...poi si proseguirà fino a presentarci in tutto il territorio. Abbiamo una precisa strategia e cioè quella di impegnarci in questa fase soprattuto attraverso i prodotti locali per far comprendere ai cittadini l'importanza di ciò che una politica internazionale intende sopprimere attraverso le logiche di una politica globalizzata ed un governo nazionale che la segue di passo. Naturalmente accompagnamo quest'opera di conoscenza dei prodotti con un dialogo politico e sociale fondato sull'opportunità di non disperdere il patrimonio principale dell'isola consistente anche nel turismo e nell'artigianato locale.

In sostanza il tuo Movimento si muove prevalentemente in difesa dei prodotti e dei valori della Sicilia, ma sembra lasciare meno spazio ad altre sofferenze di cui la Regione è afflitta..e cioè una politica vecchia in cui Partiti e vecchie figure si muovono disperdendo risorse da poter, al contrario, utilizzare in modo più utile...

Non è proprio così!..il mio fine è quello di poter un domani governare questa Regione dalle grandi potenzialità..attraverso la forza dei valori che le appartengono e renderla più funzionale ed innovativa, ma per riuscirvi un Movimento come il nostro dovrà lottare dal basso facendosi forza con le idee e quei principi a difesa del territorio. La nostra lotta si contrappone figurativamente a livello Nazionale a quella di una Lega Nord..si unisce per certi versi ad alcuni principi del M5Stelle, ma resta ancorata ai valori territoriali che rappresentano l'anima essenziale di un percorso costruttivo per la nostra isola. Il chè rende il nostro Movimento autonomo ed aperto soprattutto alle idee.


Saluto e ringrazio Alfio Di Costa ..augurandogli di poter crescere col suo Movimento che lo vede portatore di nuove idee, passione ed amore per la propria terra.

3 set 2015

Una nota aggiuntiva sul nuovo articolo di Domenico Cacopardo sulla riforma del Senato

In questa puntuale ed attenta analisi.. Domenico Cacopardo mette in risalto tutte le debolezze di quella che lui stesso definisce “L’allegra compagnia di dilettanti allo sbaraglio che ha accompagnato Matteo Renzi nell’ascesa a Palazzo Chigi”.

Abbiamo ampiamente scritto sull'approssimazione e il semplificativo metodo con cui il premier si è sempre mosso..e sono state poste mille perplessità sull'opportunità di cambiare un sistema bicamerale senza una logica che non guardi prevalentemente ad un risultato di comodo e di interesse. Adesso che i nodi vengono0 al pettine persino il consigliere Cacopardo (spesso pro Renziano) pare riuscire a scorgere le incongruenze ed il lavoro scomposto, oltre all'inettitudine di qualche ministro sul percorso delle riforme.
Ma vorrei prendere l'occasione per porre ancora una volta i miei dubbi sull'insieme di queste riforme che continuano esclusivamente a trarre una precisa opportunità in favore di una governabilità imposta e mai ricercata dal basso.

Se nel merito dell'art 1 e 2 la questione è stata espressa con precisione dal consigliere Cacopardo, vi sono ulteriori dubbi su tutto il pacchetto di riforme costituzionali nel contesto di una nuova legge elettorale che vorrebbe, in tal modo, costruire una governabilità dall'alto fregandosene palesemente di ogni altro più funzionale percorso: Il sostanza.. con una sola Camera eletta e con un Senato che cambierà continuamente figure che non avranno alcun potere sul governo (anzi che ne saranno del tutto condizionate) ed una legge elettorale che potrà premiare le figure proposte da chi oggi sembra in grado di comandare in seno ad un Partito e nel contempo governare, il tutto apparirà assai semplice ed ingabbierà definitivamente ogni principio più alto di democrazia.

Ma tutto ciò sembra non interessare ad alcuno..poichè ogni atto sembrerebbe essere considerato a parte e non in una utile visione d'insieme. Se l'allegra compagnia di dilettenti allo sbaraglio continua su questa strada è proprio per la mancanza di una percezione più utile ..è per una innata incompetenza su una materia che andrebbe considerata con un primario rispetto verso la democrazia e non per opportunismo politico o per farsi belli davanti ad un elettorato che sembra premiare prese di posizioni determinate, ma per niente coerenti e funzionali.

E' proprio il combinato di tutte queste nuove riforme( Una sola Camera- il finanziamento privato - i ruoli politici non separati e compromessi che creano conflitti-una legge elettorale con forte premio di maggioranza- la politica regionale dipendente dal governo centrale..etc ) che dovrebbe far pensare seriamente: Una lunga serie di anomalie che.. messe insieme... forniscono un quadro chiaro di come non vi possa essere nel futuro scampo per un sistema di vera democrazia e di equità sociale.

Certo adesso al Senato l'aria cambierà e non sarà facile per Renzi affrontare i nuovi disegni di un cambiamento tanto falso, quanto frettoloso e dispotico. La lettura è ormai chiara e difficilmente contestabile: Avendo una forte premura per volontà richiesta dalla Comunità europea e non avendo nuove idee in proposito, si è scelto di relegare il quadro istituzionale.. umiliando un sistema di democrazia. Quello che più fa specie e colpisce è..il pretendere di rappresentare questo subdolo cambiamento nel quadro dei principi costituzionali di una vera democrazia....Nessuno oggi sembra in grado di percepire le reazioni che si scateneranno in seguito a questo tipo di riforme che costringono, anche se non nell'immediato, ad un effetto di insofferenza, il pensiero politico di base che dovrebbe rendersi più libero.
vincenzo cacopardo


Ci mancava che Giorgio Napolitano, in un impeto di senile generosità istituzionale, rendesse visita a Sergio Mattarella per sensibilizzarlo sulla necessità di «premere» su Pietro Grasso perché agevoli, al di là del regolamento, la strada del disegno di legge di riforma del Senato. Una specie di intervento a gamba tesa («absit iniuria verbis») di cui nessuno vede la necessità e che aggrava il complesso di illazioni e di sospetti che gravano proprio sul presidente del Senato.
Del resto, Sergio Mattarella è, come si dice in Sicilia, «santo che non suda», e, su una questione così delicata come la riforma del Senato, non eserciterà alcuna pressione propria o impropria come usava il suo predecessore.
A questo punto, dobbiamo fare ammenda nei confronti di Pietro Grasso: non ci sono alternative alla riapertura della discussione di merito sull’art. 1 e sull’art. 2 del disegno di legge, giacché entrambi sono stati modificati –e non in modo marginale- nella seconda lettura della Camera dei Deputati. L’esame del Senato, quindi, si presenta ora come una vera e propria seconda lettura, non una terza come immaginavano Matteo Renzi e la sua corte di incompetenti a partire dal capo del dipartimento affari legislativi, Antonella Manzione (già capo dei vigili urbani di Firenze), e dal suo stesso ministro Maria Elena Boschi. A entrambe è sfuggito –e non poteva sfuggire- che il dettato costituzionale dispone per le leggi di modifica della Costituzione una doppia lettura di un medesimo identico testo, cosa che non è avvenuta nel passaggio dal Senato alla Camera. Qui, con leggerezza degna di un bravo ballerino di Formentera, la ministra per le riforme non ha posto alcun ostacolo alla modifica del testo licenziato dal Senato.
L’idea del «cerchio magico» dei renziani che, ora, Pietro Grasso, travalicano i propri poteri ed entrando in rotta di collisione con i suoi personali obblighi istituzionali, impedisca la discussione di emendamenti agli articoli 1 e 2 (e quindi anche agli altri) dimostra ancora una volta –e se ce ne fosse stato bisogno- l’assoluta ignoranza del premier&intimi dei limiti dell’attività di governo e delle necessità formali e sostanziali di ogni testo legislativo e, a maggior ragione, costituzionale.
Nel merito le questioni sono serie. L’art. 1 (che, ai fini delle esigenze del Paese, è il più importante) definisce le funzioni della nuova assemblea. Le modifiche apportate dalla Camera dei deputati (nella sua prima lettura) hanno natura limitativa. Per esempio: il raccordo tra Unione europea, Stato e misteriosi «altri enti costitutivi della Repubblica» (questo è il livello dei nostri legislatori, a cominciare da quelli seduti nei comodi uffici di Palazzo Chigi, che scrivono un richiamo così generico per non prendersi il disturbo di verificare quali enti siano interessati all’esercizio della funzione di raccordo) cessa di essere funzione esclusiva e si trasforma in partecipazione, il «concorso» nell’esercizio, appunto, del raccordo che rimane limitato ai rapporti tra Stato ed enti territoriali e tra Unione europea ed enti medesimi.
Altro esempio, la cessazione della competenza del nuovo Senato nella valutazione dell’impatto degli atti normativi e delle politiche dell'Unione. E ancora, la valutazione delle politiche nazionali e delle attività della pubbliche Amministrazioni e la verifica dell’attuazione delle leggi statali, cessano di essere compiti esclusivi del nuovo Senato che li può esercitare in «concorso» con gli altri soggetti dell’ordinamento, cioè la Camera dei deputati e il governo.
Infine, è stato soppresso il «concorso paritario» con la Camera nella funzione legislativa in materia di famiglia, di matrimonio e di trattamenti sanitari obbligatori.
In sostanza, nessuna delle funzioni specifiche ed esclusive è sopravvissuta dal vaglio dei deputati. Sono rimaste in vita alcune funzioni da esercitarsi solo in concorso (con la Camera).
Il nuovo Senato, quindi, è ancora più svuotato. Rimarrà solo un fantasma, meno importante e influente del pur non importante e non influente Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (soppresso).
Non si capisce, quindi, la ratio di una sopravvivenza in camera iperbarica, in una sorta di coma farmacologico, dal quale non può sopravvenire alcun risveglio.
Quanto all’art. 2, la questione è presto detta. Nel testo originario, i senatori duravano in carica per la durata dell’organo nel quale erano stati eletti. Ora, il «nel» è stato sostituito da un «dal». Non si tratta di lana caprina, ma di un elemento di parificazione tra consiglieri regionali (eletti senatori) e sindaci. Durando il mandato quanto dura l’organo che dal quale sono stati eletti, quando la regione viene a scadenza, scadono anche tutti coloro (sindaci e consiglieri) che la stessa ha eletto «senatori».
Sembra semplice, ma diventa complicato, visto che il Senato sarà composto da soggetti che avranno tutti scadenze diverse.
Ora, in una situazione come quella che abbiamo descritto, risulta complicato un percorso breve e lineare della terza lettura del disegno di legge che, in realtà, è solo la seconda.
E non sarà possibile a nessuno porre limiti sostanziali agli emendamenti e al dibattito. E, se pure in commissione ci potrà essere un esame piuttosto rapito, l’adozione del «passo del bersagliere» in aula sarà impossibile.
Riaprendosi del tutto il percorso, sarà molto più difficile a Renzi il controllo degli amici, l’esercizio del vacillante potere che ancora ha sul gruppo parlamentare del Pd, la difesa del testo «così com’è».
Quelli che, a prima vista, sembrano problemi tecnici sono già diventati problemi politici, a dimostrazione che presupposto indispensabile di ogni azione di governo è la capacità tecnica dei ministri e dei loro staff rispetto alle questioni di cui sono chiamati a occuparci.
L’allegra compagnia di dilettanti allo sbaraglio che ha accompagnato Matteo Renzi nell’ascesa a Palazzo Chigi –e che pure tante iniziative giuste e necessarie ha preso- è alla prova finale. Una prova che si somma alla legge di stabilità, al problema immigrati e agli altri appuntamenti di questo e del prossimo mese.
Non è proprio detto che il nostro premier ce la faccia.
Se non ce la farà, potrà solo prendersela con se stesso e con la leggerezza con la quale ha affrontato il governo dell’Italia.
Ps: debbo ringraziare il Senato della Repubblica per la qualità del suo sito e per l’eccellente lavoro del suo ufficio studi che ha messo in rete un’analisi completa e comprensibile della riforma. Consultabile da tutti.
Domenico Cacopardo

2 set 2015

I decreti del governo...e le competenze regionali

di vincenzo cacopardo

Quello strano decreto sugli inceneritori

Le recenti notizie parlano di un decreto del premier Renzi all'interno dello Sblocca Italia: Il decreto impone di costruire 12 nuovi inceneritori nel territorio nazionale malgrado gli elettori si siano già espressi chiaramente contro la costruzione di tali impianti. Per queste strutture verranno coinvolte quasi tutte le regioni, ma pare che gli inceneritori non li voglia proprio nessuno.

Il testo del governo stabilisce la realizzazione di 12 nuovi impianti di incenerimento dei rifiuti in 10 Regioni: Piemonte, Veneto, Liguria, Umbria, Marche, Abruzzo, Campania e Puglia, due in Toscana e Sicilia. La cosa appare alquanto strana anche in coincidenza del fatto che oltre ad essere poco economici, essi appaiono alternativi al metodo della raccolta differenziata già in essere. Inoltre il notevole impatto ambientale potrebbe ancora scatenare vistose proteste da parte delle comunità cittadine.

Oltre al presidente della Puglia Michele Emiliano  e Sergio Chiamparino, presidente della regione Piemonte, che rimangono del tutto determinati contro tali impianti, persino la regione campana di Vincenzo De Luca (assai vicino al premier) pare restare negativa. Mentre il nostro presidente Rosario Crocetta è più che mai deciso contro ogni loro realizzazione nel territorio siciliano. ...Il governatore ribadisce il piano rifiuti è ..e resta di pertinenza propria.

Non sembra perciò esservi in tutto il territorio nazionale alcun governatore in favore degli inceneritori del piano del governo Renzi.

Ma cosa dice in breve l’articolo 35 dello Sblocca Italia: Il decreto definisce i termovalorizzatori “infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale ai fini della tutela della salute e dell’ambiente”. Ma il comma 7 stabilisce altresì l’applicazione del “potere sostitutivo”... (se le Regioni negano il consenso all’impianto o “perdono tempo”, il Consiglio dei ministri può decidere di scavalcarle).

Ciò crea un certo disagio oltre ad una ulteriore conflittualità.. non di poca importanza.. che viene ad unirsi alle altre che in questo periodo si accavallano nel merito delle competenze tra le regioni ed il governo.


Quel falso trionfalismo che il Paese non merita


di vincenzo cacopardo
Con le parole “il Paese si è rimesso in moto” il sindaco d'Italia persevera nell' impostura. La domanda del giorno dovrebbe essere questa: E' meglio illudere il Paese con la perenne falsa speranza di una crescita..o dire come stanno realmente le cose ed operare con fini più pratici innovativi e funzionali per un vero funzionale sviluppo?.

Secondo i dati trasmessi dall'Istat sembrerebbe calare leggermente il tasso di disoccupazione, che raggiunge il minimo dal 2013. Nel secondo trimestre il tasso di disoccupazione si attesterebbe infatti al 12,1%(-0,1 punti su base annua). Sempre secondo l'Istat..continuano però ad ampliarsi i divari territoriali: dal 7,9% nelle regioni settentrionali, al 10,7% nel Centro fino ad arrivare al 20,2% nel Mezzogiorno. Questi dati, proprio per il Mezzogiorno, in cui l'opera del governo Renzi è rimasta assente, paventano un divario pauroso. In questo quadro..meno importa la crescita del Pil che nel secondo trimestre, ha raggiunto un misero 0,1% rispetto al primo trimestre.. ed è solo strategico da parte del governo pensare di poter parlare su base annua..visto le continue instabilità in cui il Paese va incontro.

Con le parole "Le riforme servono", il Premier non ha perso occasione per commentare questo scarso successo su Twitter ...come è solito uso fare! " E' chiaro a molti che questo nostro Paese è ormai diviso in due per un divario territoriale persistente che continua ad aumentare. Se dopo mesi di dati negativi oggi Renzi mette in evidenza un leggerissimo dato positivo, in molti tra cui confindustria ritengono che tali dati sono meno trionfalistici di come vorrebbero apparire...Pare aver fatto di più Monti e lo stesso Letta...

Ancora meno positivo rimane il giudizio del Codacons, che trova sì "molto incoraggiante" la diminuzione del numero di disoccupati in Italia, ma ricorda come l'Italia sia ancora "divisa in due sul fronte del lavoro, con un divario territoriale che si allarga sempre di più". Infine..secondo il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi: " il merito della crescita del PIL non è nostro ma è dovuto solo al dimezzamento del prezzo del petrolio a rafforzamento del dollaro e al Q.e. voluto da Draghi". Il presidente di Confindustria oggi si domanda come mai la crescita del Paese nonstante il percorso del jobs act sia ancora così bassa.

L'atteggiamento propagandistico del giovane premier fiorentino persiste in un quadro che vede, oltre ad una netta linea di confine tra il nord ed il sud che immobilizza ogni sviluppo, un mercato del lavoro caratterizzato da un aumento impercettibile costruito soprattutto su una trasformazione ..più che ad un suo essenziale aumento. Manca un indirizzo di stimolo dell’economia costruita su idee appropriate più che un metodo sulla gestione stessa del lavoro. Manca un piano serio per il Sud e Renzi sembra non percepire affatto l'importanza di tutto ciò.





29 ago 2015

All'orizzonte..il possibile crollo di una democrazia

di vincenzo cacopardo
Continua senza sosta lo storico esodo verso l'occidente e perseverano purtroppo gli incidenti che vedono perire centinaia e centinai di innocenti nella speranza di accedere ad un mondo diverso per sfuggire alle tragedie dei conflitti in essere nei propri territori. Meno importa se fra questi vi possano essere coloro che approfittano delle tragedie per spingersi verso nuovi continenti come clandestini: L'esodo è tale che supera ogni realtà ed ogni possibile differenza tra chi fugge.

Tutto l'Oriente appare infiammato e persino il continente asiatico. Alle problematiche della Libia e l'Iraq..si aggiungono i possibili conflitti fra le due Coree..quella del Pakistan..quella della Siria..quella perenne di Israele contro i palestinesi.. etc. Resta di sicuro un quadro inquietante che pare aspettare solo la scintilla per esplodere in una serie di conflitti che insieme potrebbero divenire apocalittici. Possiamo di sicuro affermare che la politica europea assieme a quella americana non hanno saputo per niente affrontare preventivamente questa lunga serie di problematiche, mostrandosi solo capaci di fomentarle. Ma resta ancora più inverosimile la mancanza di un intervento deciso dell'Onu circa l'esodo che compete ormai le aree di quasi tutti i continenti. 

L'articolo 1 e 2 dello Statuto delle Nazioni Unite riassumono gli scopi e i principi che l'organizzazione internazionale si è da sempre prefissata: ossia mantenere la pace e la sicurezza internazionale; promuovere la soluzione delle controversie internazionali e risolvere pacificamente le situazioni che potrebbero portare a una rottura della pace; sviluppare le relazioni amichevoli tra le nazioni sulla base del rispetto del principio di uguaglianza tra gli Stati e l'autodeterminazione dei popoli; promuovere la cooperazione economica e sociale; promuovere il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali a vantaggio di tutti gli individui; promuovere il disarmo e la disciplina degli armamenti; promuovere il rispetto per il diritto internazionale e incoraggiarne lo sviluppo progressivo e la sua codificazione.


Se andiamo ad analizzare questi scopi ed i principi ci possiamo accorgere come tutti questi entrano nel contesto del fenomeno della migrazione oggi esistente ed appare davvero strana la posizione dormiente di questo organo che già da parecchio tempo avrebbe dovuto prevedere un intervento che oggi appare assai più difficile e complesso.
Questo fenomeno della migrazione.. unito alla già difficile crisi economica che invade ogni continente..non ultima la Cina, sta determinando un cambiamento epocale nei rapporti sociali di tutte le Nazioni. Sul fronte economico globale si è creata un'economia il cui prodotto è risultato superiore alla domanda.. un iper-produzione che ha generato un aumento dei beni senza un riscontro sul reale bisogno ed in più tenendo sotto freno una crescita reale il cui valore oggi avrebbe assunto un effettivo motore di crescita. Un dato di fatto è comunque certo: Il nuovo capitalismo globale riesce ormai ad estremizzare i profitti occupando meno capitale umano. Si perde.. quindi.. il peso di una contrattazione sul lavoro e cresce l'emarginazione di massa. Alcuni sociologi teorizzano persino l’avvicinarsi di una “era globale” con la fine di ogni Stato nazione e quindi di ogni democrazia.

Una politica sterile dei paesi occidentali ancora costruita sulle vecchie ideologie di un tempo... la politica internazionale che non ha saputo gestire la politica tra i diversi paesi... né ha saputo prevedere l'esodo di portata mondiale...l'iperproduzione di una Cina che ha riempito un mercato occidentale ormai saturo...unito ad un principio di corruzione ormai degenerante..fanno sì che nel mondo la democrazia stessa perisca sotto una reazione di un assolutismo destinato quasi a vincere su tutto.

Secondo molti lo stesso principio di democrazia ha senso solo se rimane inserito in un contesto globale.. e proprio il modo di governare presuppone l’esistenza di una società civile globale e dei rispettivi rapporti giuridici che rimangono validi universalmente... Se l’analisi neomarxista ritiene l’idea di una democrazia cosmopolita non realizzabile in quanto l’”etica” viene a confondersi con il “potere”, non possiamo nemmeno dimenticare che tutto ciò che sta accadendo è anche l'effetto di una globalizzazione che appare guidata solo per gli interessi dei pochi potenti a danno della società internazionale.


La reazione più logica potrebbe vedere una totale svolta contrapposta ... un irrigidimento da parte dei Paesi che tenderanno a chiudersi nel proprio ambito nazionale con una logica opposta di un insolito avvenimento di “deglobalizzazione”: - I paesi si chiuderanno..i mercati si marcheranno...le società si distingueranno...le culture si evidenzieranno..etc.. Un sistema mondiale intero che si fraziona e che competerà attraverso logiche differenti più segmentate e connaturate. La democrazia..infine.. potrebbe rischiare di sopperire di fronte a logiche più dispotiche ed assolute.

28 ago 2015

Il vecchio paradigma che costringe le idee e piega ogni logica politica



tra Polis e Res Pubblica”
di vincenzo cacopardo
Aristotele riteneva che l'uomo esprimesse una concezione che faceva della Polis l'unità costitutiva non scomponibile, la dimensione compiuta dell'esistenza. C'era..e c'è sempre stata.. commistione fra politico e sociale: Chi non era sociale era un Idion, un essere carente perché estraneo alla socialità, un emarginato. L'individuo poteva avere una sua dignità solo in quanto cittadino che godeva dei diritti di cittadinanza, inserito nella comunità.

La civitas resta qualcosa di più della Polis, perché acquista una dimensione anche giuridica (iuris societas). “Politicità e giuridicità sono fuse insieme, la politicità si diluisce, la società si depoliticizza assumendo importanza il consenso della legge” come diceva lo stesso Cicerone. Successivamente vi sono state differenze, dovute in gran parte alla scomparsa di quella Polis, sostituita da altri concetti: regnum, regimen, dominium, principatus.

Tuttavia c'èra un punto in comune: mancava ancora una percezione verticale della politica. In molti sanno che il titolo originale de La Repubblica di Platone era Politeia, che in latino si traduce in Res Publica, la cosa comune...appartenente alla comunità: La dimensione verticale della politica e del potere, l’idea di comando e di Stato sovrapposta a quella di società ancora marginale e secondaria, sottintesa solamente da Platone e perduta poi dalla tradizione aristotelica. Infine.. con il concetto di Stato... è la Repubblica che acquista una sua verticalità.

Dopo questo breve, ma significativo cenno storico..potremmo chiederci.. cosa può significare far politica ogni qualvolta siamo in presenza di una comunità di individui che ha bisogno di gestire la “cosa pubblica”. Significherebbe prevedere regole di gestione del potere, processi che consentano decisioni che coinvolgono tutti e strumenti che rendono possibile l’imposizione di quelle decisioni. Ma queste decisioni non potranno mai prescindere da un primario obbligo da parte della politica di rapportarsi col cittadino regolamentando un dialogo. L'arte sta nell'essere capaci di proporre idee e saperle esporre...la scienza.. nel saper trovare il metodo per renderle funzionali!

Renzi oggi afferma che il fenomeno dell'immigrazione non appartiene né ad una destra..nè ad una sinistra! Salvini nella sua comunicazione non fa di meno e grida che la corruzione non appartiene a nessuna delle due politiche..infine anche Grillo urla dichiarando la fine di una politica schierata su fenomeni che appartengono esclusivamente al diritto di una società in cui ogni cittadino vale uno. Qualunque politica oggi ribatte sul tema dell'importanza di poter e dover risolvere i singoli problemi sociali a prescindere da una visione ieologica legata alla formazione del proprio Partito ..

A questo punto ci si chiede quale può ancora essere questo principio che lega la politica a certe concezioni (destra-sinistra) che non possono più avere alcun obiettivo riscontro con i bisogni di una società civile che oggi necessita prevalentemente di idee utili...L'unica triste risposta potrebbe essere quella che assicura ancora ai Partiti un futuro sul quale coltivare interessi e speculare su un metodo di far politica che invero risulta assai poco costruttivo e dispendioso.

Berlusconi..Monti..Letta ed oggi Renzi hanno continuato a rappresentare e vivere la politica in questo ambito e..perciò costretti a motivare scelte difficilmente dettate da idee costruttive, ma legate al paradigma istituzionale definito ormai storicamente per parametri obsoleti legati ad una concesione che stona con una nuova cultura politica che potrebbe risolvere le problematiche in modo più funzionale. Cambiare gli uomini e le figure non basta! ..Trovare un nuovo sistema che premi le idee e non si ponga su una linea ideologica ristretta e persino antica, rimane un dovere da affrontare in profondità se veramente si ama la politica nella sua logica funzionale.






27 ago 2015

una nota al nuovo articolo del consigliere Cacopardo

Non è facile comprendere cosa muove il pensiero di Domenico Cacopardo in favore del sindaco d'Italia.. e cioè l'alta considerazione su un premier che, a parere di tanti, non ha offerto nè idee nuove per la politica, né un impegno reale verso il sud e nemmeno una garanzia politica democratica verso le riforme costituzionali. Ma quello che sbalordisce è il non constatare quanta ipocrisia esiste in questo rampante politico che, proprio perchè intelligente, conosce perfettamente l'uso della sua simulazione nella dialettica.. ostentando una visione a favore di promesse verso una società della quale in realtà, non ne percepisce il dramma.
Con questo articolo Domenico prova a metter in risalto l'azione di Comunione e Liberazione come visione di un cristianesimo diversa ed opposta a quella di Papa Francesco: Ogni occasione pare sempre buona per prendersela con un Pontefice che, in realtà, ha sempre espresso le sue opinioni in base al contesto di una evangelizzazione che prende spunto dalla parola di Cristo uomo.
Continuo a ribadire che l'azione verbale del Papa.. altro non è che un monito verso una società che, sempre più corrotta, continua a proiettarsi verso l'iniquità e l'ingiustizia. Se poi la politica si sente toccata dalle parole del Pontefice vuol dire che una verità sulle responsabilità vi è da parte di chi oggi alza la cresta gridandovi contro.
Sociale e politica hanno un nesso! E' inutile negarlo e mi sembra veramente assurdo e stravagante parlare di neoperonismo (quasi solo per usare termini in voga..) nei confronti di un Papa tanto umano che oggi meriterebbe di sicuro elogi. Il Papa fa il Papa...e a differenza dei tanti politici comunica senza faziosità ed ipocrisia sui temi che riguardano la vita comune! Non c'entra nulla l'essere laici nella visione politica terrena..quando si entra in un tema dove il sociale acquisisce un'importanza fortemente legata ai valori cristiani! Questo non significa entrare in un contesto che al Pontefice non riguarda. Sarà poi solo e sempre la politica a dover trovare le soluzioni, ma se essa non le trova... ogni critica sui valori cristiani può e deve esser fatta.. poiché i valori comuni sono l'anima stessa della vita nella nostra società.
Per quanto riguarda Comunione e Liberazione..nessuno si permette di mettere in dubbio l'impegno che migliaia di giovani mettono in questa organizzazione..tra cui l’accoglienza dei tanti ospiti provenienti da tutto il mondo. Ma come giustamente mette in evidenza lo stesso Domenico, è accaduto che politici di primo piano abbiano fondato la loro carriera sull’appoggio di C&L e che, successivamente, siano stati investiti da accuse di cattiva amministrazione o, peggio, di malversazioni e di corruzione.
Eviteremo di fare nomi, ma credo che ciò sia molto peggio che continuare ad investire un Pontefice nella sua azione di basso neoperonismo ..additandolo quasi come l'artefice di una contropolitica che, in realtà, vede oggi solo in Renzi un autentico autocrate.. molto più simile a Peron.
Vincenzo cacopardo



Nato sulla fine degli anni ’60, Comunione e Liberazione è la testimonianza di una visione del cristianesimo diversa e opposta al peronismo di papa Francesco, giacché, invece di porre in discussione la società politica, interviene nella realtà sociale ed economica offrendo una «chanche» a tutti gli uomini e le donne di buona volontà che si vogliano impegnare per se stessi e per gli altri.
Certo, la posizione di papa Francesco (una sorta di neoperonismo astorico) punta alla riconquista di un ruolo politico nel mondo contemporaneo, quel ruolo che fu altrimenti svolto da Giovanni Paolo II, autore (con il presidente Reagan) della fine dell’impero sovietico e del cambiamento della storia. Francesco si propone come l’interprete, invece, di una dottrina confusa e pauperista, l’abbandono del capitalismo e delle regole della sociologia e dell’economia, per un solidarismo arrendevole e la cessazione dello sviluppo e delle sue dure regole.
Comunione e Liberazione è l’applicazione pratica di una filosofia del «fare» pensata e realizzata da don Luigi Giussani, fondatore del movimento.
Per questo, dopo 45 anni di attività concreta, nell’assistenza, nella solidarietà, nella scuola, nell’economia, il Movimento affronta la contemporaneità (dopo la gelida ed autolesionistica accoglienza del papa, l’anno scorso) nella tradizionale kermesse di Rimini, dedicata a «Di che è mancanza questa mancanza, cuore, che a un tratto ne sei pieno?»
Un verso del poeta Mario Luzi: come il poeta, il Meeting vuole interpellare il cuore dell’uomo, trovando le ragioni di una mancanza, dell'incurante superficialità, della confusione senza speranza e della ripetizione compiacente di «verità» diventate vuote e trite.
Chi non è mai stato a Rimini, non può capire quale sia la forza morale di questo Movimento, prima civile che religiosa, proiettato tutto nella vita quotidiana, nel soccorso e nella costruzione di una realtà solidale, anche mediante l’iniziativa economica.
Migliaia di giovani, la linfa vitale dell’organizzazione, convengono nella città romagnola e prestano con entusiasmo il loro lavoro gratuito per permettere la realizzazione del Meeting, dagli aspetti più materiale a quelli più di relazione come l’accoglienza dei tanti ospiti provenienti da tutto il mondo.
Siamo al di là della parrocchia e dello stanco tran-tran ed entriamo in un mondo nel quale il cristianesimo costituisce la ragione di un entusiasmo e di una dedizione difficilmente riscontrabili altrove.
Il rischio che è stato corso e corre, è quello della strumentalizzazione politica di persone o di altre organizzazioni.
È accaduto che politici di primo piano fondassero la loro carriera sull’appoggio di C&L e che, successivamente, fossero investiti da accuse di cattiva amministrazione e, peggio, di malversazioni e di corruzione.
Il Movimento ha di sicuro bisogno di appoggi politici, visto il suo operare nella realtà quotidiana, con le scuole e con le imprese della Compagnia delle opere, il braccio operativo costituito da imprese che operano nel mercato.
Ma questo non dovrebbe significare il superamento delle leggi e dei regolamenti per la creazione di una posizione di privilegio.
Invece, è accaduto.
Ciò, peraltro, non ha messo in discussione le ragioni fondanti di Comunione e Liberazione né la dedizione di tanti dirigenti e delle migliaia di giovani.
Ogni anno, il Meeting è un’occasione di incontro e di messa a punto delle linee ideali del Movimento, per approfondire le ragioni, tutte, quelle profonde e quelle immediate e personali, dello stare insieme.
Quest’anno, il tema della «mancanza» affonda il bisturi sulla principale questione della contemporaneità: l’isolamento dell’individuo e la difficile circolazione dei sentimenti e delle ragioni, in un egoismo di ritorno, aggravato dalla crisi economica e sociale.
Renzi ha compreso e c’è andato.
L’ambiente non gli era costituzionalmente ostile: anzi.
La narrazione del giovane premier è la più vicina al «sentiment» del movimento, proiettato sul fare e sul modificare. La più vicina, forse, di sempre proprio per il disancoraggio dalle vecchie idee che ancora circolano in Italia e per la rottura dei vecchi privilegi, delle vecchie rendite di posizione.
E, occorre sottolinearlo con razionale lucidità, Renzi ha colto l’occasione per tentare una legittimazione popolare e movimentista (oltre che ‘cattolica’) sul controverso tema dell’immigrazione e ha rivendicato la politica del soccorso e dell’accoglienza di cui l’Italia è protagonista (in diretta e decisa polemica con il vescovo Galantino). Una scelta coraggiosa e discutibile, naturalmente, che può non essere condivisa, per l’assenza di un’idea strategica e per l’incapacità di calcolarne le conseguenze.
Tuttavia, nel volgere in positivo gli aspetti più discutibili dell’azione di governo, il premier dimostra ancora una volta la propria capacità politica, la vocazione al rapporto diretto con il «popolo» e un’infaticabile disponibilità che lo condurrà a visitare 100 città per spiegare le riforme approvate, quelle in corso e la nuova politica fiscale.
Eravamo del tutto disabituati a un simile modo di fare politica.
Come lo sono i residuati del passato remoto che costituiscono la minoranza del Pd.
Penso che, con questo ritorno dalle ferie e l’immersione nel Paese, Renzi riuscirà a recuperare consensi e ruolo. Ciò che è necessario in una stagione in cui si tenta di chiudere la Nazione nel piccolo recinto dell’aula del Senato nella quale conservatori e reazionari (con l’interessato supporto di Pietro Grasso) tentano, come congiurati, di far saltare il banco del governo, è proprio un rapporto diretto con la pubblica opinione.
L’isolamento del palazzo di fronte al Paese non ci sarà e la riforma costituzionale, nonostante tutto, passerà. Per il bene del Paese.
Domenico Cacopardo