8 set 2015

Vespa riapre le Porte al “supponente” sindaco d'Italia.


di vincenzo cacopardo
Non è facile..nè tanto digeribile sopportare il saccente sindaco d'Italia intervistato dal bravo, ma servile Vespa nel suo studio di Porta a Porta. Con la solita disinvoltura il Premier fa uscire dal suo cilindro l'annoso ed irrisolto problema delle pensioni e fa entrare il Sud (senza tra l'altro accennare ad alcuna idea in proposito ..ma con le solite vecchie proposte sulle diminuzioni fiscali).

L'atteggiamento del primo ministro sembra rimanere identico nei mesi che trascorrono...non mostra un briciolo di umiltà e continua a parlare con disinvoltura di promesse per il futuro. Con la capacità di far apparire una novità tutto ciò di cui nel passato non si è occupato..prosegue rapido con l'uso di una comunicazione faziosa e stancante (Sullo sfondo slice che contengono dati Istat alquanto inverosimili riferiti alla crescita del sud.)

Secondo Renzi nella legge di stabilità non c'è spazio per tutto e per tutti! Per cui oggi tira fuori il problema del Sud.. al quale in quasi due anni non si è mai dedicato. Come fosse uno scherzo accenna:
"Per la flessibilità in uscita, c'è un evidente problema di risorse oltreché di merito. Quindi .. si è deciso di destinare i soldi altrove”...aggiungendo che si sta lavorando di dare quanti più fondi al Sud e allo sviluppo...Si! ..ma a quale sviluppo?..Quali idee in proposito.. da chi non si è mai messo ad analizzare seriamente i problemi inerenti il Mezzogiorno? Si continua su proposte vecchie come il credito di imposta e c'è chi suggerisce di far proseguire nel Mezzogiorno la decontribuzione per i nuovi assunti al Sud per un altro anno..Tutte belle cose, ma che... come per il jobs act... mancano della fondamentale idea.. e cioè quella di aiutare la ricerca di nuove iniziative, poiché se il lavoro manca, non può avere alcun senso trovare regole fiscali e crediti di imposte.

Per quanto concerne le pensioni..il premier dichiara che si sta studiando un meccanismo che sia a costo zero per chi volesse uscire dal lavoro in anticipo rispetto all'età di vecchiaia. E' di sicuro una buona idea... e già da tempo che se ne parla, ma ancora nulla pare scorgersi all'orizonte: A tal proposito appare evidente e del tutto incomprensibile (ovvero forse politicamente fin troppo comprensibile) come Renzi abbia preferito aiutare attraverso il bonus degli ottanta euro solo una fascia di impiegati a sfavore di chi ancora oggi in pensione rimane sulla evidente soglia della povertà. Anche le speranze di inserire nella legge di stabilità una norma sulle pensioni per correggere l'innalzamento dovuto al provvedimento Fornero, sembrano disattese.

Con ogni probabilità, bisognerà aspettare” spiega il premier, "sulle pensioni non siamo nemmeno partiti per un principio di buon senso: negli ultimi anni passati tutti gli hanno messo mano sulle pensioni”..facendo intendere che il suo governo metterà mano solo quando sarà sicuro di poterlo fare! In sostanza, non si possono spostare risorse aggiuntive verso la previdenza..e cioè..ancora nulla!.

Secondo Renzi la necessità primaria adesso è il Meridione...come si fosse accesa all'improvviso una lampada!.Ma anche qui...malgrado il ritardo sulla questione abbandonata.. il tempo trascorre e le idee non si scorgono..quando resta evidente per questo territorio, un impegno verso un piano infrastrutturale da esporre con logica e funzionalità.



Il sindaco d'Italia, con l'ipocrisia che lo distingue, ripete che il suo scopo è quello fare un Paese più semplice. "Non entro nelle tecnicalità, dico solo che con le riforme dobbiamo farle.. punto!”. Entro il 15 Ottobre si decide al Senato. E poi, dopo sei letture parlamentari, saranno gli italiani a decidere con un referendum sì o no. E poi dicono che non è un processo democratico, alla faccia...". Con ciò dimostrando palesemente quel “semplicismo” di cui si è sempre parlato..espresso da chi non intende entrare nel merito di argomenti che, al contrario, dovrebbero trovare riscontro in uno scambio per la ricerca di un vero funzionamento del sistema.

Piccola nota sulla eccellente analisi di Domenico Cacopardo sulla politica internazionale.



In questa analisi impeccabile di Domenico Cacopardo riconosco tutto l'equilibrio di chi, quando vuole, riesce a leggere la politica internazionale con l'occhio del sensato criterio. Il consigliere Cacopardo tocca il tasto dolente di una politica internazionale mediocre e non lungimirante che tutt'oggi persiste nella edificazione di un'Europa costruita su Paesi distinti e territorialmente diversi. Una classe politica che ha perseverato senza alcuna sapiente lettura dei fenomeni e guardando prevalentemente ai pragmatici parametri economici che, in realtà, meno contano senza una visione di base storico etico culturale.. di cui la stessa.. ha sempre necessitato. Il fenomeno dell'immigrazione..altro non è che la conseguenza logica di altre azioni che si sarebbero dovute apprestare con maggiore attenzione  ed il cui risultato si sarebbe potuto prevedere in tempo.
vincenzo cacopardo



È la follia che governa l’Europa: non una follia collettiva, ma la follia dei singoli stati, dei governanti, tutti ciechi di fronte al cataclisma che ha investito il continente. Incapaci di ragionare, di riflettere su ciò che è accaduto e che sta accadendo, di immaginare quale sarà la situazione tra un anno o tra dieci.
Indifferenti di fronte alle leggi su cui si reggono gli stati e l’Unione, perché incapaci di osservarle e di farle osservare.
Se utilizzassi ancora la categorie del marxismo classico, direi che la biblica immigrazione che ci sta investendo, è frutto di una scelta consapevole del grande capitale che, in questo modo, in un momento in cui i segnali di ripresa fanno temere un ritorno alle tensioni del mercato del lavoro, ha deciso di importare alcune decine di milioni di disperati, di farne il sottoproletariato prima, e il proletariato dopo dal quale prendere forza lavoro a basso costo per ottenere il balzo in avanti che la «maturità» del sistema Europa non può permettere. E mettere ko il sindacato che, già in caduta, libera sarà privo di ogni potere contrattuale.
Nel nostro piccolo, il bipolarismo italiano, tra un Nord rispettoso delle leggi e pagatore delle tasse e il resto anarchico e fortemente inquinato dalla criminalità, otterrà un beneficio localizzato nelle zone dove il caporalato e la criminalità medesima metteranno a reddito le decine di migliaia di disperati (i più disperati sono quelli che rimangono in Italia, privi di relazioni parentali in Germania e in Francia e di specializzazioni ambite dalle economie avanzate).
C’è sicuramente del vero in quest’idea (delle esigenze del capitale), soprattutto nell’improvvisa giravolta di frau Merkel che si propone di ricevere, ora, poco meno di 1 milione di immigranti assimilabili alla categoria, piuttosto lasca di questi tempi, del rifugiato.
Già, la Germania è l’unico luogo nel continente nel quale si decidono le sorti dell’Unione, si compiono scelte immediate e, raramente, strategiche, in coerenza con un sistema finanziario e industriale che ha una visione pallidamente simile ai dieci grandi decisori di Wall Street.
Gli Stati Uniti sono i primi protagonisti di quanto sta succedendo nello scacchiere cui apparteniamo e in due livelli: hanno determinato il caos mediorientale lasciandolo incancrenire. Un modo come un altro per mettere la zona, sino a ieri cruciale per gli equilibri del mondo a causa del suo peso energetico, fuori gioco, estenuata da un conflitto infraislamico che potrà durare decenni e tracimare in Europa. Il secondo modo, è il sostanziale ritiro americano dallo scenario euro-mediorientale. È ciò che ci lascia esposti al vento dell’estremismo islamico e al ciclone di un’immigrazione che continuerà a crescere, sino a placarsi, secondo Washington, fra vent’anni.
Nulla è già come ieri. Il fenomeno non è stato arrestato quand’era agli inizi, per colpa di governanti ciechi, vigliacchi e traditori (imbevuti dell’ideologia del tradimento, di cui mi occuperò presto) e oggi ha assunto dimensioni tali da renderne impossibile una sospensione, anche breve.
Le migliaia di persone in cammino sull’autostrada Budapest-Austria sono un segno tangibile che quello che viviamo è un fenomeno storico, al quale eravamo disabituati, ma che, tuttavia, è ben presente nella storia del continente, devastato dalle invasioni barbariche e da quelle islamiche, queste ultime riuscite solo parzialmente.
Forse è la storia che si prende la sua rivincita: gli anni dell’inerzia, gli anni in cui il processo di costruzione di uno Stato federale europeo s’è arrestato per il piccolo cabotaggio francese, nemico di ogni passo in avanti e per l’ostilità del merciaio tedesco ci hanno gettato in quest’abissale paralisi, nella quale tutti possono farci ciò che vogliono, sicuri che non sapremo reagire.
Solo in un caso, America e Unione (un’Unione autolesionista) si sono trovati insieme a gestire un pesante dossier: si tratta dell’Ucraina, per la quale l’Obama dei principi democratici a geometria variabile s’è alleato con i neonazisti di Kiev per realizzare il golpe che defenestrò il presidente eletto Yanukovich e lo sostituì con l’amerikano Poroshenko, per aggregare il Paese alla Nato e all’Occidente e minacciare Mosca sui suoi confini.
Un interesse strategico americano ci ha coinvolto in un’avventura che ha una sola soluzione: riconoscere, come fece Krusciov per l’America, gli interessi di sovranità e di sicurezza russi e definire uno statuto di tipo svizzero per l’Ucraina.
Ma ciò non accadrà, almeno per qualche anno, benché Putin (preoccupato del suo per i movimenti islamici terroristi del Caucaso) sia la chiave per la soluzione del caso Siria: riprova questa, se mai ce ne fosse bisogno, della volontà americana di non cogliere l’opportunità di un accordo tombale con la Russia e di mantenerci sotto schiaffo con le guerre a due passi dai nostri confini.
L’accolta di ottusi burocrati che «governa» Bruxelles, tutti scelti per compromessi, pressioni lecite e illecite, per curricula spesso opachi, per ambizioni o giubilazioni personali, che s’incontra e dialoga con una schiera di ciechi (i governanti dei paesi) non ha una volta sola ragionato in termini di medio periodo. Non s’è chiesta cosa fare per esaurire la spinta verso l’Europa di milioni di africani e mediorientali.
Subisce l’ondata –e oggi non si può non subirla- senza avere una politica per i prossimi anni (i 20 indicati dagli americani).
C’è da chiedersi, cosa fanno tutto il giorno questi incompetenti e stolidi burocrati del 3% (non s’è mai capito perché il 3 e non il 2 o il 4) che, nonostante soldi e uffici studi, non hanno previsto ciò che stava per accaderci, e hanno pensato solo a ciò che sarebbe potuto accadere, nelle loro teste, se la Croazia, un esempio, avesse sfondato il 3%: tutte conseguenze inventate da loro, gestite da loro, utilizzate da loro per sostenere una macchina burocratica peggiore di quella della Russia zarista.
Ci sono due conseguenze facilmente immaginabili per il domani e per il dopodomani. La prima riguarda le difficoltà di assorbire questa nuova mano d’opera scarsamente specializzata, destinata a ingrassare prima di tutto la criminalità, e poi in via minoritaria a soddisfare le necessità di forza lavoro dell’industria (che in Italia non c’è). Anzi, da noi, una legislazione feroce e garantista renderà legalmente impossibile l’inserimento dei neoimmigrati nel sistema industriale. Tant’è vero che gran parte dei nuovi arrivati non ci pensa nemmeno a fermarsi in Italia. Come abbiamo visto, ci resteranno solo i peggiori, coloro che non sanno fare altro che il duro lavoro dei campi o quello meno duro e più redditizio del mondo illegale.
Al momento non c’è una ricetta, un’idea, un progetto.

Niente di niente: solo il deserto delle idee e delle capacità di governo.  
domenico cacopardo

7 set 2015

Esodo: La mancata lungimiranza e la perseverante ipocrisia politica


Continua imperterrito l'esodo e continuano anche le morie....
di vincenzo cacopardo

E' proprio l'ipocrisia il maggior peccato di chi insiste col mostrare retoricamente dolore alle perenni stragi. Stragi che non potevano non essere annunciate da un andazzo indolente ed inoperoso di una politica internazionale lontana da quello che oggi rappresenta uno dei temi più scottanti nel quadro dei paesi del mediterraneo.

Certo..le soluzioni non risultano semplici, ma non vi possono essere equivoci sul fatto che il tempo trascorso e la poca importanza messavi, ha contribuito a far degenerare il problema in un dramma.

L'agenzia europea Frontex (per la gestione della cooperazione internazionale alle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea) è un'istituzione che ha lo scopo di coordinare il pattugliamento delle frontiere esterne aeree, marittime e terrestri degli Stati della UE. Un'agenzia che non può mai operare preventivamente per risolvere il vero problema...quando questo alla radice è proprio quello di bloccare sul nascere queste partenze.

In ciò non ci si è voluto impegnare con efficacia sul piano internazionale attraverso un coordinamento strategico che potesse mirare ad un'azione politica in complicità con tutti i paesi limitrofi comprese le super potenze degli Stati uniti e della Russia. Nel frangente la nostra Nazione si è mossa, spinta da un particolare senso umano, a protezione delle vite dei tanti emigranti (clandestini o no)... da uno spirito di umanità cristiana che da sempre l'accompagna. Ma la politica, al contrario, ha ricercato come al solito la abituale via più facile dell'accompagnamento nei centri d'accoglienza con rischi e pericoli.. oggi.. sempre più evidenti.

E' di questi giorni l'improvviso cambiamento che vede Fräulein Merkel mutare atteggiamento in proprosito... ed il nostro premier che la segue al passo.. incalza come se il problema durante il suo semestre europeo non fosse mai esistito. 
Mentre il Pontefice sembra oggi aver dimostrato di saper cogliere nel segno il problema mettendo a disposizione ogni luogo di culto nella nazione a protezione delle famiglie dei profughi, ancora ci si chiede come si deve intervenire per bloccare il flusso proveniente da questi paesi.

La domanda scontata è quindi questa:
Ma se un politico non è lungimirante ..a cosa serve?..Se non sa leggere in prospettiva per ricercare le soluzioni...che utilità rende al paese? In questa circostanza..la politica governativa del Premier è apparsa sempre ipocrita e sprovveduta ...ma lo è stata soprattutto quella internazionale che..prima non è stata in grado di leggere il problema in prospettiva e dopo sembra aver usato il paraocchi

Da un mio post del settembre del 2012 :LO STATO, GLI EFFETTI SOCIALI DELLA MODERNIZZAZIONE E LA SICUREZZA

Gli argomenti politici internazionali di grande attualità nel prossimo futuro saranno quelli legati all’ambiente ed al sovrabbondante numero di immigrati extracomunitari che tenderanno ad invadere con maggior forza i territori dei Paesi economicamente avanzati. Ovviamente i due problemi sono fortemente collegati tra di loro ed al tema di una sicurezza. Tutti sappiamo ormai che il nostro pianeta, oltre a subire un mutamento atmosferico condizionato dal progresso delle civiltà più evolute, deve affrontare questo forzato processo di coabitazione. Sono problemi ormai conosciuti dei quali si discute abbondantemente e che coinvolgono da vicino il nostro Paese, ma anche in questo caso, ogni soluzione rimarrà ancorata a scelte di natura politica. Non valutati con attenzione nel passato ed adesso moltiplicati e sempre più difficili da risolvere, questi problemi, oggi quasi insormontabili, vedranno un mondo politico doversi esprimere in termini sempre più severi.”
v. cacopardo




Soffermarsi sulle contese... dimenticando i principi

Quello che mi riesce difficile comprendere nell'articolo posto qui sotto... è il fatto di come, un uomo colto e a conoscenza delle istituzioni come il consigliere Cacopardo, non riesca a guardare oltre e si fissi soprattutto su un principio di “contesa”...Quasi fosse una delle tante dispute inserite nella narrazione di uno dei suoi libri gialli.

E' particolarmente singolare il non soffermarsi a meditare in profondità sulla pretesa che si possa distruggere un bicameralismo opponendovi l'alternativa di un uso di una Camera eletta pericolosamente.. attraverso formule assai ridicole approntate quasi per il puntiglio di affermare un qualunque cambiamento. Cioè:.mi viene difficile constatare come una figura di esperienza come Domenico si soffermi con tenacia sulle proposte del semplificativo sindaco d'Italia, esposte dalla bella addormentata tra i Boschi ..senza andare in profondità sull'argomento e ponendo la questione come fosse semplicemente un gioco di posizioni interno al PD.

Al di là delle manovre di Grasso..che io stesso poco approvo..quello che dovrebbe interessare non è proprio una questione di principio su una riforma, ma la stessa qualità della riforma che non risulta né innovativa ..nè concludente in termini funzionali . E' questo che dovrebbe soprattutto valutarsi... al di fuori di ogni possibile furbizia che meno potrebbe contare!
Ma vogliamo renderci conto dell'inutilità di tali riforme proposte solo per darsi una immagine? Il problema istituzionale del nostro Paese non è mai stato il bicameralismo in sé..ma il modo di saperlo fare funzionale!

Sarebbe bastato dare funzioni diverse alle Camere..rendergli ruoli diversi..diminuirne le figure..contenerne le spese..Ed invece col solito modo tranchand..attraverso la figura della bella e poco esperta Boschi.. si è tirato avanti verso un riordino semplicistico che non porterà alcun vero funzionamento e che ridurrà la politica ancora più risibile.

Se la posizione di figure come quella del cugino Cacopardo....sicuramente molto più esperte della signorina Boschi, rimane ferma su una posizione di principio, senza analizzare in profondità il vero nodo del problema, rischiamo di perdere anche il vantaggio di uomini capaci che hanno avuto una ricca esperienza nelle istituzioni democratiche..come il consigliere Cacopardo.

Ma al di là di tutto ciò..rimane certo che il falso cambiamento messo in atto da Renzi..è e rimane un guazzabuglio di compromessi e semplificative manovre che non arrecheranno alcun vantaggio alle istituzioni democratiche, ma ...forse..vogliono essere il principio di un sistema duro..ossia un'anticamera ad un futuro regime per sostenere l'ambita stabilità. La vergogna peggiore rimane.. però.. quella di voler nascondere ciò dietro l'ipocrisia di un sistema che continua a volersi definire ancor oggi democratico.
Vincenzo cacopardo




Scrive Domenico Cacopardo
La furbizia è un brutto vizio nazionale e diventa manifestazione di insipienza quando è palesemente usata da un personaggio istituzionale. Ci riferiamo a Pietro Grasso, presidente del senato, che, l’altro ieri proprio nel giorno in cui spiegavamo i termini tecnici della «querelle» che andrà in scena a Palazzo Madama martedì 8 settembre, se n’è uscito con un’intervista a Monica Guerzoni del Corriere nella quale è proprio il negativo stigma nazionale a risultare protagonista.
Sostiene, infatti, l’esimio presidente, già magistrato ordinario e procuratore generale antimafia che: «… bisogna usare questo tempo per un eventuale accordo politico …» Come dire che, prima di operare, occorre un consulto, fingendo di ignorare che i consultandi sono di parere e di scuole opposte e irriducibili.
E qui, in questo banale stilema, si concentra, purtroppo, quello che sarebbe esagerato chiamare il pensiero del nostro caro presidente.
Tutti sanno che la minoranza del Pd (proprio Bersani ha nominato Pietro Grasso senatore e poi presidente) prospetta modifiche sostanziali al disegno di legge di riforma della camera alta, tali da vanificare il progetto di Matteo Renzi e di Elena Boschi.
Al di là dei particolari, il progetto della sinistra del Pd intende realizzare il mantenimento del bicameralismo sostanziale, con il quale tornerebbero in campo i poteri di interdizione che tutte le minoranze parlamentari possono oggi esercitare come ieri. Non domani, se il disegno di legge del governo dovesse passare.
Insomma, Bersani, Chiti, Cuperlo, Gotor e gli altri sodali, vogliono abbattere quanto votato sino a ora (anche da loro) e riportare le riforme istituzionali a zero. Fra l’altro, va ricordato che nel pacchetto di un possibile accordo maggioranza-minoranza Pd ci sarebbe un ripensamento sull’Italicum, la legge elettorale appena approvata. Come, giustamente, si rileva da più parti, il vero fine che perseguono i contestatori non è questa riforma –di sicuro perfettibile, viste le incongruenze e gli errori, salvo lo scopo di mettere la parola fine al bicameralismo perfetto- ma Renzi, il suo governo e la sua segreteria del Pd.
Se il premier vuole suicidarsi, ecco la corda tesagli da Pietro Grasso, consapevole forse(ma se lo sia o no è poco importante) che questo suo banale richiamo alla ragionevolezza e all’accordo politico è una trappola predisposta per far cadere il governo e il complesso di novità che ha introdotto e che intende introdurre nel sistema italiano, schiodandolo da venticinque anni, più o meno, di immobilismo.
Tonini, un altro dei premi Nobel del bastimento renziano, si sforza di trovare un argomento valido o forte, dicendo: «… rivotarlo …» (la riforma del Senato) «… sarebbe una forzatura difficilmente spiegabile …»
Nessuno dei due (Grasso e Tonini) entra nel merito delle modifiche votate dalla Camera dei deputati sul testo approvato dal Senato e sulla necessità inderogabile che le stesse siano sottoposte a una votazione del Senato stesso.
Sarà, senza dubbi, la prima volta che quest’assemblea «legge» il nuovo art. 1 e l’emendamento del «dal» all’art. 2. Testi questi che dovranno tornare alla Camera (seconda lettura) e di nuovo al Senato (quarta).
La senatrice Anna Finocchiaro, presidente della commissione affari istituzionali, avrà in mano la patata bollente proprio l’8 settembre e credo che non potrà ignorare la realtà concreta dei fatti. Anzi, se la ignorasse, si troverebbe presto in guai maggiori, visto cosa potrebbe accadere se una simile svista, apparentemente favorevole al governo, non fosse rilevata. Alla fine si riporterebbe indietro l’orologio della riforma.
Siamo al punto in cui i romani dicevano: «Hic Rodhus hic salta».
Con questa frase sottolineavano che ci sono ostacoli che vanno affrontati di petto, non aggirati. E questo è proprio il caso.
Comprendiamo bene che più si allarga il campo della discussione più i rischi di stravolgimento del testo del disegno di legge di riforma del Senato diventano concreti.
Ma, ormai, il governo non ha alternative: deve affrontare una serie di votazioni successive sugli emendamenti che Grasso giudicherà ammissibili, e poi, sull’art. 1 e sul 2. Del resto, nell’implicito della dichiarazione del presidente del Senato c’è una sorta di promessa-minaccia: senza accordo politico sarò costretto a applicare il regolamento e a far votare tutti gli emendamenti che giudicherò ammissibili.
Certo, Grasso, parlando di accordo politico, ammicca a un accordo non solo maggioranza-minoranza Pd, ma ancora più vasto, magari con il Movimento 5 Stelle e Sel. Un accordo che gli conferirebbe la nomina a «zio» di un nuovo schieramento, e l’immeritata investitura a quasi-leader pronto per il futuro e per presiedere il governo elettorale che potrebbe essere necessario dopo il crollo di Renzi.
L’accordo non ci sarà, per l’indisponibilità dei partiti e dei gruppi, e perché, ormai, queste manovrette da corridoio non hanno alcuna possibilità di successo.
È sgradevole citarsi: ma prima della stagione delle ferie avevamo osservato che, al rientro, Renzi si sarebbe trovato davanti una serie di appuntamenti parlamentari per la vita o per la sua morte politica.
Ci siamo: la giostra ha inizio l’8 settembre.
I cavalieri e le dame, però, sono tutti, più o meno impreparati ad affrontare un simile noncavalleresco torneo.



4 set 2015

In dialogo con Domenico Cacopardo sulla figura di Papa Francesco

Vorrei cercare di esprimermi con equilibrio anche in considerazione del fatto che l'argomento, già discusso diverse volte, rimane di particolare importanza, ma non certamente “urticante” come scrive il cugino Cacopardo..che definisco oltre che un bravo ed attento scrittore, una penna non comune nel panorama nazionale...ma con il quale non riesco ad essere d'accordo.
Per quanto mi riguarda..non ho mai inteso coniugare cattolicesimo e sociale nel modo in cui intende farlo Domenico, né ho mai inteso schierarmi da una parte... in considerazione del fatto che sono è rimango uno spirito libero, come hanno sempre dimostrato i miei post sul blog.

La mia osservazione riguardo al Papa esula da certe posizioni. Definisco l'opera di evangelizzazione di Papa Bergoglio conforme a quella di chi, come Pastore supremo del cattolicesimo, segue i valori (universali) dell'amore così come lo fece Cristo in terra...Nulla di più!..Ripeto ...se un Papa è Papa ..deve operare di proposito.. e nulla di quello che lui esprime può essere distorto da coloro che, operando per una politica, dovrebbero.. per dovere, apprestare idee e servizi, a beneficio di una società ormai allo sbando...sia essa occidentale... che orientale.

Errato parlare di simpatia o antipatia per la figura di un Pontefice..come mi sembra insensato schierarsi a sfavore del suo pensiero. Non credo per nulla che Papa Francesco voglia operare contro un'occidente...anzi certa critica infeconda di chi si sente attaccato in quanto appartenente ad una civiltà occidentale, mi sembra del tutto errata, persino forviante, poiché il problema rimane altro.. ben diverso. Basterebbe essere più intuitivi nel pensiero e meno prevenuti nella figura di Francesco per riuscire meglio a comprendere che il suo tono non è quello “peronista” indicato da Domenico, ma quello di uno spirito libero (persino rispetto al suo Clero) di chi ama in modo incontenuto il popolo nel suo insieme.

L'evangelizzazione di Papa Francesco non intende costruirsi sulla contrapposizione Occidente-Oriente...nè tantomeno schierarsi a favore dell'uno o dell'altro. Il Papa nel suo dialogo esprime una realtà che in questi giorni appare sotto gli occhi di tutti e dove nei Paesi più progrediti continua a perseverare con forza una certa iniquità. Allora è più che sacrosanto chiedersi per quale motivo queste società anziché tendere a livellare un certo benessere, per meri motivi di un mercato..(quasi volutamente non regolamentato), continuino a dimenticare un principio sacrosanto di equità tra gli uomini. Ciò non significa mortificare una società progredita, ma constatarne certi macrodifetti. Se queste considerazioni (che tali rimangono) non devono essere espresse da chi diffonde un verbo cristiano, significa restare ipocriti rispetto ad un onesto giudizio.

Siamo tutti convinti che le idee dell’Occidente hanno vinto, ma non altrettanto convinti che queste funzionino pienamente in ambito sociale e politico. Quella che Domenico Cacopardo si ostina a chiamare teologia del «pueblo» altro non è che una chiara considerazione da parte del Papa delle macroscopiche evidenze che gravano su una società occidentale sopraffatta oggi dal malcostume e da una lunga serie di ingiustizie che gran parte dello stesso popolo occidentale stesso accusa...Ma è proprio perchè questi Paesi appaiono più progrediti che il giudizio arriva più spontaneo e deve eesere tenuto in alta considerazione!. Diverse appaiono le problematiche del popolo orientale che in sé racchiude logiche sociali differenti e dove persiste altro tipo di iniquità e persino terrorismo spinto disumano.

il paziente, certosino lavoro per creare lo sviluppo economico e culturale che deve ridurre il numero dei miserabili”..come afferma Domenico... potrebbe essere operato dall'Occidente con la forza dell'equilibrio e con una politica sociale meno viziata da un liberismo capitalistico senza freni che non deve obbligatoriamente far vincere l'uno per far sopperire l'altro...Insomma.. non credo per nulla che il Papa voglia opporsi ad una teoria occidentale ..nè tantomeno favorirne una orientale, ma offre il suo verbo in nome di una crescita cristiana più equa e giusta. ..e ciò appartiene di sicuro al suo ruolo.
Si può anche non apprezzarlo e persino credere che il suo possa essere un atteggiamento, ma sembra proprio eccessivo catalogarlo come una figura populista peronista.
Vincenzo Cacopardo


Scrive Domenico Cacopardo
Ci sono due questioni che stanno particolarmente a cuore ad alcuni lettori, tanto da non risparmiarmi osservazioni e critiche (gradite perché forniscono il polso del sentire comune): la sussistenza o meno della cosiddetta «civiltà occidentale» e la valutazione da me ripetutamente formulata dell’attività politica e pastorale di papa Bergoglio.
Ciò che sono andato scrivendo su questi argomenti, soprattutto riguardo al «papa venuto dall’altro mondo», è poi risultato particolarmente urticante per coloro che coniugano il cattolicesimo sociale e, contemporaneamente, la simpatia o la militanza per lo schieramento della sinistra extraparlamentare.
E, quindi, a coloro che dissentono cercherò, garbatamente, di rispondere, in modo da dissipare ogni eventuale equivoco e a fornire anche a chi consente le ragioni lontane e vicine delle mie argomentazioni. Prima di tutto, ammetto di partire da un’impostazione intrisa dei principi della democrazia laica e riformista che, in questo beneamato Paese, ha una storia importante e –com’è naturale vista la latitanza della storiografia non o poco schierata- misconosciuta. Risale al Risorgimento e a Giuseppe Mazzini questo lato del pensiero italiano.
Ecco le buone (almeno credo che siano buone) ragioni che mi spingono a sostenere la permanenza della cultura occidentale e la natura eversiva e reazionaria del pontificato di Bergoglio.
Partiamo dall’Occidente. È ancora oggi sotto gli occhi di tutti coloro che vogliono vedere (e non vogliono chiudere gli occhi per un pregiudizio ideologico di stampo vetero-marxista) quanto grande e profonda sia l’influenza del modello euro-americano nel mondo globalizzato dei nostri tempi. Quindi, non solo il retaggio di una spinta al progresso unica nella storia, più grande ancora di quella greca, romana ed egiziana, ma la sua attualità. Dalla Cina, ultimo baluardo della «filosofia della prassi» nella versione marxista-leninista aggiornata da Mao Tse Tung, che deve proprio all’adozione aggiustata degli stilemi occidentali il suo impetuoso sviluppo, avendo acquisito e metabolizzato i concetti di sviluppo e di profitto; all’India, nella quale l’eredità dell’impero britannico permea le istituzioni e, tra esse, l’amministrazione della giustizia. Sino al più sperduto paese dell’Africa, nel quale l’Occidente, la sua cultura e i suoi modelli rimangono forti e ben piantati come riferimenti imprescindibili, lontane oasi nelle quali può trovarsi il vivere pacifico e civile.
Non solo è ingeneroso pensare che la civiltà occidentale sia finita, ma è anche sbagliato.
Nel mondo multipolare di oggi, nel quale è l’anarchia a dominare i rapporti tra gli stati e –con essa- il serpeggiante «mood» di un confronto finale, non solo economico, ma politico e politico-militare, le idee dell’Occidente hanno vinto e camminano ovunque sulle loro gambe. È altrettanto vero che ci sono tante realtà e tante culture che hanno conquistato pacificamente e non il diritto di cittadinanza e il rispetto generale. Tuttavia, la ricchezza contemporanea nasce e si sviluppa intorno alla rivoluzione industriale e alle rivoluzioni americana e francese, e si consolida prima in Europa e poi nel mondo.
Certo, è sorto e s’è sviluppato un movimento antistorico, islamista radicale che fa del terrorismo il proprio strumento di lotta per il potere.
L’Occidente «mite» ha deciso di non affrontarlo seriamente e di non metterlo nelle condizioni di non nuocere più. Per sempre.
Su questo punto ha ragione Qassem Soleimani, comandante d Al Qods (la forza armata degli ayatollah iraniani) quando afferma che il potere degli Stati Uniti in Medio Oriente è in declino e che la flebilità della reazione ai tagliagole dell’Isis è una scelta operata per accentuare lo scontro infraislamico, non avendo (gli USA e l’Europa) la forza né la voglia di batterli sul campo.
Ed è vero che le contraddizioni fanno vacillare convincimenti che sembravano consolidati: per esempio l’appoggio euro-americano al governo golpista di Kiev, appoggiato dalle milizie neonaziste. Ma questi sono fenomeni interni a un sistema e a una logica nella quale la lotta per il potere mondiale (grande motore della storia) non s’è ancora sopita.
Nonostante tutto, la nostra vitalità non è in discussione e, se non si manifesta più con decisioni storiche (l’ultima Maastricht), si appoggia a un’azione matura, che è per definizione lenta e quasi incerta, ma che procede inesorabilmente verso livelli di maggiore integrazione.
Veniamo a Bergoglio.
Il papa che «viene dall’altro mondo» ha portato seco un’ideologia specifica. All’interno del vasto fiume del cattolicesimo, c’è una corrente di pensiero tutta gesuitica e latino-americana che, superata l’idea della Liberazione, si chiama teologia del «pueblo». È questa entità generica e difficilmente definibile, composta dal popolo cristiano e non, la destinataria del messaggio che Dio, tramite lo Spirito Santo, manda all’umanità. Perciò a essa deve guardare la Chiesa di Cristo come fonte di ispirazione e di indirizzo per la sua azione nel mondo contemporaneo. Un’azione che è religiosa e politica, giacché le manifestazioni del popolo sono espressione di religiosità e di volere politico.
Torneremo sui sofismi insiti in queste proposizioni, sulla parentela con il populismo peronista e, più vicino, il populismo che anima mezzo pianeta provocando eccessi di violenza, tra i quali si deve annoverare la violenza del fondamentalismo islamico.
Non a caso le reazioni di Francesco nei confronti del martirio dei cristiani in Medio Oriente, della loro espulsione dai territori nei quali erano insediati da millenni (i caldei, per esempio) è debole, incerta, combattuta com’è tra le ragioni del popolo e dei popoli che sarebbero ispirati da Dio.
In fondo, è un modo come un altro per scavalcare le istituzioni e per dialogare direttamente con derelitti ed emarginati. Con la parte povera dell’umanità.
È facile osservare che la via del riscatto non passa attraverso la sovversione anche violenta dello «statu quo» ma comporta il paziente, certosino lavoro per creare lo sviluppo economico e culturale che deve ridurre il numero dei miserabili.
Numero che, peraltro, s’è ridotto di alcuni miliardi di donne e di uomini, riscattati dal ricatto della fame, per merito delle istituzioni (gli stati) che se ne sono occupati.
Rimane la sconcertante testimonianza di un papa che cerca di porre le basi di una forza temporale della Chiesa fondata sugli umori e le aspirazioni del popolo più derelitto, quello che non è in condizioni di sceverare tra le vie che gli sono di fronte, quella più praticabile per ottenere il miglioramento della sua esistenza.



Un breve incontro con chi pare voler impegnarsi seriamente per la rinascita della Sicilia


Un incontro con Alfio Di Costa ..un ingegnere che si propone attraverso un nuovo Movimento dal fiducioso e promettente nome 
“Insieme si può”

di vincenzo cacopardo

Alfio, mi permetto darti del tu vista la nostra conoscenza e la stima reciproca.. la prima domanda che vorrei porti è quella un pò pleonastica..di cosa intende proporre questo tuo nuovo Movimento?

- Noi nasciamo con una logica precisa..quasi una reazione alle problematiche di una politica inefficace e distratta. Una logica che oggi, in un certo senso, si contrappone ad una politica governativa che pare aver dimenticato i preziosi valori di questa nostra isola.... Ci proponiamo per una rinascita di tutto ciò che appartiene in modo intrinseco al nostro territorio e vorremmo crescere, con dovuta umiltà, a salvaguardia di quei principi ambientali ed economici adatti, senza i quali la Sicilia non avrebbe alcuna altra opportunità di crescita. Ci muoviamo prevalentemente nella ricerca di tutto ciò che appartiene alla storia e la cultura dell'isola.
La risposta che posso darti... è quindi.. quella di un Movimento che si prepara ad un impegno per la crescita dell'isola con l'esigenza di riuscire ottenere assicurazioni precise.. da parte del governo centrale.. verso la creazione di essenziali infrastrutture, senza le quali, proprio i valori qualitativi dell'isola non potrebbero mai esaltarsi e vincere la concorrenza sleale di una selvaggia odierna globalizzazione.

Sembrano parole del tutto sensate.. che, per certi versi, abbiamo già sentito da altre forze locali negli anni passati, ma che in realtà hanno poi lasciato il vuoto nel tempo.. e non hanno dato sfogo ad alcuna politica costruttiva per l'isola..

- La differenza sta nel fatto che il movimento “Insieme si può” non si propone alcuna appartenenza e non è legato ai partiti tradizionali... o meglio rimane non schierato in posizione ideologica con nessuno di questi ..Un Movimento che mira solo ad una precisa crescita ed uno sviluppo della realtà locale che pare disperdere giorno per giorno ogni possibile opportunità di riscatto. Le potenzialità sono enormi ..come enormi sono le occasioni di trovare figure che vorrebbero operare a beneficio del proprio territorio, ma purtroppo sussiste un certo slegamento che costringe a non saldare impegni comuni in positivo...

Scusami ma non riesco a comprendere bene..

- Voglio spiegarmi meglio: Da tempo ormai.. nel territorio siciliano.. avanzano Movimenti che si propongono a favore di una nuova politica sociale, ma..non riuscendo mai,...o per ragioni di ideologie e concettuali riguardanti la società civile od ..infine... per una vera incapacità di portare il nuovo...si disperdono nel nulla. Il nostro Movimento vorrebbe al contrario.. lavorare per trovare un domani un fulcro di unione. Scansando ogni vecchia posizione ideologica, aspiriamo quindi in una lotta territoriale comune.. contro un'attività negativa di un governo centrale che oggi sottovaluta le opportunità di una sì bella terra piena di bellezze... idee e genialità.

Cioè.. non escludi che un domani il tuo nuovo Movimento possa ritrovarsi unito in una lotta comune con altri Movimenti locali ?

Si!..ma solo per uno scopo preciso che non guarda a convenienze personali, ad un progetto comune per il futuro qualitativo ed un logico sviluppo della Sicilia...Basta dare un'occhiata al nostro sito per accorgersi di come noi continuiamo a promuovere il prodotto locale...ma occorrono di sicuro nuove infrastrutture per superare la concorrenza sui costi ed i tempi.


Quali infrastrutture? Puoi accennarne qualcuna?

E' fin troppo semplice!..Non è difficile non accorgersi della mancanza di strade ..possibilmente percorribili e più sicure...ferrovie ...ponti..porti e porticcioli..con servizi spediti e innovativi. Un controllo più sicuro di un territorio sul piano idrogeologico..adeguate strutture per la pulizia dell'ambiente che rappresenta per noi la porta d'ingresso per un sano turismo..etc.

Vuoi spiegarci meglio come si sta organizzando il tuo Movimento, in vista del fatto che si propone un servizio anche sociale in tutto il territorio dell'isola?

Come tu sai.. siamo nati quest'anno e quindi ci stiamo organizzando da poco. ..Abbiamo già presentato il Movimento a Palermo e Messina ed è' previsto nell'immediato un incontro a Catania per la fine di questo mese. In susseguenza vi saranno altri incontri per farci conoscere in altri capoluoghi...come Trapani ed Agrigento...poi si proseguirà fino a presentarci in tutto il territorio. Abbiamo una precisa strategia e cioè quella di impegnarci in questa fase soprattuto attraverso i prodotti locali per far comprendere ai cittadini l'importanza di ciò che una politica internazionale intende sopprimere attraverso le logiche di una politica globalizzata ed un governo nazionale che la segue di passo. Naturalmente accompagnamo quest'opera di conoscenza dei prodotti con un dialogo politico e sociale fondato sull'opportunità di non disperdere il patrimonio principale dell'isola consistente anche nel turismo e nell'artigianato locale.

In sostanza il tuo Movimento si muove prevalentemente in difesa dei prodotti e dei valori della Sicilia, ma sembra lasciare meno spazio ad altre sofferenze di cui la Regione è afflitta..e cioè una politica vecchia in cui Partiti e vecchie figure si muovono disperdendo risorse da poter, al contrario, utilizzare in modo più utile...

Non è proprio così!..il mio fine è quello di poter un domani governare questa Regione dalle grandi potenzialità..attraverso la forza dei valori che le appartengono e renderla più funzionale ed innovativa, ma per riuscirvi un Movimento come il nostro dovrà lottare dal basso facendosi forza con le idee e quei principi a difesa del territorio. La nostra lotta si contrappone figurativamente a livello Nazionale a quella di una Lega Nord..si unisce per certi versi ad alcuni principi del M5Stelle, ma resta ancorata ai valori territoriali che rappresentano l'anima essenziale di un percorso costruttivo per la nostra isola. Il chè rende il nostro Movimento autonomo ed aperto soprattutto alle idee.


Saluto e ringrazio Alfio Di Costa ..augurandogli di poter crescere col suo Movimento che lo vede portatore di nuove idee, passione ed amore per la propria terra.

3 set 2015

Una nota aggiuntiva sul nuovo articolo di Domenico Cacopardo sulla riforma del Senato

In questa puntuale ed attenta analisi.. Domenico Cacopardo mette in risalto tutte le debolezze di quella che lui stesso definisce “L’allegra compagnia di dilettanti allo sbaraglio che ha accompagnato Matteo Renzi nell’ascesa a Palazzo Chigi”.

Abbiamo ampiamente scritto sull'approssimazione e il semplificativo metodo con cui il premier si è sempre mosso..e sono state poste mille perplessità sull'opportunità di cambiare un sistema bicamerale senza una logica che non guardi prevalentemente ad un risultato di comodo e di interesse. Adesso che i nodi vengono0 al pettine persino il consigliere Cacopardo (spesso pro Renziano) pare riuscire a scorgere le incongruenze ed il lavoro scomposto, oltre all'inettitudine di qualche ministro sul percorso delle riforme.
Ma vorrei prendere l'occasione per porre ancora una volta i miei dubbi sull'insieme di queste riforme che continuano esclusivamente a trarre una precisa opportunità in favore di una governabilità imposta e mai ricercata dal basso.

Se nel merito dell'art 1 e 2 la questione è stata espressa con precisione dal consigliere Cacopardo, vi sono ulteriori dubbi su tutto il pacchetto di riforme costituzionali nel contesto di una nuova legge elettorale che vorrebbe, in tal modo, costruire una governabilità dall'alto fregandosene palesemente di ogni altro più funzionale percorso: Il sostanza.. con una sola Camera eletta e con un Senato che cambierà continuamente figure che non avranno alcun potere sul governo (anzi che ne saranno del tutto condizionate) ed una legge elettorale che potrà premiare le figure proposte da chi oggi sembra in grado di comandare in seno ad un Partito e nel contempo governare, il tutto apparirà assai semplice ed ingabbierà definitivamente ogni principio più alto di democrazia.

Ma tutto ciò sembra non interessare ad alcuno..poichè ogni atto sembrerebbe essere considerato a parte e non in una utile visione d'insieme. Se l'allegra compagnia di dilettenti allo sbaraglio continua su questa strada è proprio per la mancanza di una percezione più utile ..è per una innata incompetenza su una materia che andrebbe considerata con un primario rispetto verso la democrazia e non per opportunismo politico o per farsi belli davanti ad un elettorato che sembra premiare prese di posizioni determinate, ma per niente coerenti e funzionali.

E' proprio il combinato di tutte queste nuove riforme( Una sola Camera- il finanziamento privato - i ruoli politici non separati e compromessi che creano conflitti-una legge elettorale con forte premio di maggioranza- la politica regionale dipendente dal governo centrale..etc ) che dovrebbe far pensare seriamente: Una lunga serie di anomalie che.. messe insieme... forniscono un quadro chiaro di come non vi possa essere nel futuro scampo per un sistema di vera democrazia e di equità sociale.

Certo adesso al Senato l'aria cambierà e non sarà facile per Renzi affrontare i nuovi disegni di un cambiamento tanto falso, quanto frettoloso e dispotico. La lettura è ormai chiara e difficilmente contestabile: Avendo una forte premura per volontà richiesta dalla Comunità europea e non avendo nuove idee in proposito, si è scelto di relegare il quadro istituzionale.. umiliando un sistema di democrazia. Quello che più fa specie e colpisce è..il pretendere di rappresentare questo subdolo cambiamento nel quadro dei principi costituzionali di una vera democrazia....Nessuno oggi sembra in grado di percepire le reazioni che si scateneranno in seguito a questo tipo di riforme che costringono, anche se non nell'immediato, ad un effetto di insofferenza, il pensiero politico di base che dovrebbe rendersi più libero.
vincenzo cacopardo


Ci mancava che Giorgio Napolitano, in un impeto di senile generosità istituzionale, rendesse visita a Sergio Mattarella per sensibilizzarlo sulla necessità di «premere» su Pietro Grasso perché agevoli, al di là del regolamento, la strada del disegno di legge di riforma del Senato. Una specie di intervento a gamba tesa («absit iniuria verbis») di cui nessuno vede la necessità e che aggrava il complesso di illazioni e di sospetti che gravano proprio sul presidente del Senato.
Del resto, Sergio Mattarella è, come si dice in Sicilia, «santo che non suda», e, su una questione così delicata come la riforma del Senato, non eserciterà alcuna pressione propria o impropria come usava il suo predecessore.
A questo punto, dobbiamo fare ammenda nei confronti di Pietro Grasso: non ci sono alternative alla riapertura della discussione di merito sull’art. 1 e sull’art. 2 del disegno di legge, giacché entrambi sono stati modificati –e non in modo marginale- nella seconda lettura della Camera dei Deputati. L’esame del Senato, quindi, si presenta ora come una vera e propria seconda lettura, non una terza come immaginavano Matteo Renzi e la sua corte di incompetenti a partire dal capo del dipartimento affari legislativi, Antonella Manzione (già capo dei vigili urbani di Firenze), e dal suo stesso ministro Maria Elena Boschi. A entrambe è sfuggito –e non poteva sfuggire- che il dettato costituzionale dispone per le leggi di modifica della Costituzione una doppia lettura di un medesimo identico testo, cosa che non è avvenuta nel passaggio dal Senato alla Camera. Qui, con leggerezza degna di un bravo ballerino di Formentera, la ministra per le riforme non ha posto alcun ostacolo alla modifica del testo licenziato dal Senato.
L’idea del «cerchio magico» dei renziani che, ora, Pietro Grasso, travalicano i propri poteri ed entrando in rotta di collisione con i suoi personali obblighi istituzionali, impedisca la discussione di emendamenti agli articoli 1 e 2 (e quindi anche agli altri) dimostra ancora una volta –e se ce ne fosse stato bisogno- l’assoluta ignoranza del premier&intimi dei limiti dell’attività di governo e delle necessità formali e sostanziali di ogni testo legislativo e, a maggior ragione, costituzionale.
Nel merito le questioni sono serie. L’art. 1 (che, ai fini delle esigenze del Paese, è il più importante) definisce le funzioni della nuova assemblea. Le modifiche apportate dalla Camera dei deputati (nella sua prima lettura) hanno natura limitativa. Per esempio: il raccordo tra Unione europea, Stato e misteriosi «altri enti costitutivi della Repubblica» (questo è il livello dei nostri legislatori, a cominciare da quelli seduti nei comodi uffici di Palazzo Chigi, che scrivono un richiamo così generico per non prendersi il disturbo di verificare quali enti siano interessati all’esercizio della funzione di raccordo) cessa di essere funzione esclusiva e si trasforma in partecipazione, il «concorso» nell’esercizio, appunto, del raccordo che rimane limitato ai rapporti tra Stato ed enti territoriali e tra Unione europea ed enti medesimi.
Altro esempio, la cessazione della competenza del nuovo Senato nella valutazione dell’impatto degli atti normativi e delle politiche dell'Unione. E ancora, la valutazione delle politiche nazionali e delle attività della pubbliche Amministrazioni e la verifica dell’attuazione delle leggi statali, cessano di essere compiti esclusivi del nuovo Senato che li può esercitare in «concorso» con gli altri soggetti dell’ordinamento, cioè la Camera dei deputati e il governo.
Infine, è stato soppresso il «concorso paritario» con la Camera nella funzione legislativa in materia di famiglia, di matrimonio e di trattamenti sanitari obbligatori.
In sostanza, nessuna delle funzioni specifiche ed esclusive è sopravvissuta dal vaglio dei deputati. Sono rimaste in vita alcune funzioni da esercitarsi solo in concorso (con la Camera).
Il nuovo Senato, quindi, è ancora più svuotato. Rimarrà solo un fantasma, meno importante e influente del pur non importante e non influente Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (soppresso).
Non si capisce, quindi, la ratio di una sopravvivenza in camera iperbarica, in una sorta di coma farmacologico, dal quale non può sopravvenire alcun risveglio.
Quanto all’art. 2, la questione è presto detta. Nel testo originario, i senatori duravano in carica per la durata dell’organo nel quale erano stati eletti. Ora, il «nel» è stato sostituito da un «dal». Non si tratta di lana caprina, ma di un elemento di parificazione tra consiglieri regionali (eletti senatori) e sindaci. Durando il mandato quanto dura l’organo che dal quale sono stati eletti, quando la regione viene a scadenza, scadono anche tutti coloro (sindaci e consiglieri) che la stessa ha eletto «senatori».
Sembra semplice, ma diventa complicato, visto che il Senato sarà composto da soggetti che avranno tutti scadenze diverse.
Ora, in una situazione come quella che abbiamo descritto, risulta complicato un percorso breve e lineare della terza lettura del disegno di legge che, in realtà, è solo la seconda.
E non sarà possibile a nessuno porre limiti sostanziali agli emendamenti e al dibattito. E, se pure in commissione ci potrà essere un esame piuttosto rapito, l’adozione del «passo del bersagliere» in aula sarà impossibile.
Riaprendosi del tutto il percorso, sarà molto più difficile a Renzi il controllo degli amici, l’esercizio del vacillante potere che ancora ha sul gruppo parlamentare del Pd, la difesa del testo «così com’è».
Quelli che, a prima vista, sembrano problemi tecnici sono già diventati problemi politici, a dimostrazione che presupposto indispensabile di ogni azione di governo è la capacità tecnica dei ministri e dei loro staff rispetto alle questioni di cui sono chiamati a occuparci.
L’allegra compagnia di dilettanti allo sbaraglio che ha accompagnato Matteo Renzi nell’ascesa a Palazzo Chigi –e che pure tante iniziative giuste e necessarie ha preso- è alla prova finale. Una prova che si somma alla legge di stabilità, al problema immigrati e agli altri appuntamenti di questo e del prossimo mese.
Non è proprio detto che il nostro premier ce la faccia.
Se non ce la farà, potrà solo prendersela con se stesso e con la leggerezza con la quale ha affrontato il governo dell’Italia.
Ps: debbo ringraziare il Senato della Repubblica per la qualità del suo sito e per l’eccellente lavoro del suo ufficio studi che ha messo in rete un’analisi completa e comprensibile della riforma. Consultabile da tutti.
Domenico Cacopardo

2 set 2015

I decreti del governo...e le competenze regionali

di vincenzo cacopardo

Quello strano decreto sugli inceneritori

Le recenti notizie parlano di un decreto del premier Renzi all'interno dello Sblocca Italia: Il decreto impone di costruire 12 nuovi inceneritori nel territorio nazionale malgrado gli elettori si siano già espressi chiaramente contro la costruzione di tali impianti. Per queste strutture verranno coinvolte quasi tutte le regioni, ma pare che gli inceneritori non li voglia proprio nessuno.

Il testo del governo stabilisce la realizzazione di 12 nuovi impianti di incenerimento dei rifiuti in 10 Regioni: Piemonte, Veneto, Liguria, Umbria, Marche, Abruzzo, Campania e Puglia, due in Toscana e Sicilia. La cosa appare alquanto strana anche in coincidenza del fatto che oltre ad essere poco economici, essi appaiono alternativi al metodo della raccolta differenziata già in essere. Inoltre il notevole impatto ambientale potrebbe ancora scatenare vistose proteste da parte delle comunità cittadine.

Oltre al presidente della Puglia Michele Emiliano  e Sergio Chiamparino, presidente della regione Piemonte, che rimangono del tutto determinati contro tali impianti, persino la regione campana di Vincenzo De Luca (assai vicino al premier) pare restare negativa. Mentre il nostro presidente Rosario Crocetta è più che mai deciso contro ogni loro realizzazione nel territorio siciliano. ...Il governatore ribadisce il piano rifiuti è ..e resta di pertinenza propria.

Non sembra perciò esservi in tutto il territorio nazionale alcun governatore in favore degli inceneritori del piano del governo Renzi.

Ma cosa dice in breve l’articolo 35 dello Sblocca Italia: Il decreto definisce i termovalorizzatori “infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale ai fini della tutela della salute e dell’ambiente”. Ma il comma 7 stabilisce altresì l’applicazione del “potere sostitutivo”... (se le Regioni negano il consenso all’impianto o “perdono tempo”, il Consiglio dei ministri può decidere di scavalcarle).

Ciò crea un certo disagio oltre ad una ulteriore conflittualità.. non di poca importanza.. che viene ad unirsi alle altre che in questo periodo si accavallano nel merito delle competenze tra le regioni ed il governo.


Quel falso trionfalismo che il Paese non merita


di vincenzo cacopardo
Con le parole “il Paese si è rimesso in moto” il sindaco d'Italia persevera nell' impostura. La domanda del giorno dovrebbe essere questa: E' meglio illudere il Paese con la perenne falsa speranza di una crescita..o dire come stanno realmente le cose ed operare con fini più pratici innovativi e funzionali per un vero funzionale sviluppo?.

Secondo i dati trasmessi dall'Istat sembrerebbe calare leggermente il tasso di disoccupazione, che raggiunge il minimo dal 2013. Nel secondo trimestre il tasso di disoccupazione si attesterebbe infatti al 12,1%(-0,1 punti su base annua). Sempre secondo l'Istat..continuano però ad ampliarsi i divari territoriali: dal 7,9% nelle regioni settentrionali, al 10,7% nel Centro fino ad arrivare al 20,2% nel Mezzogiorno. Questi dati, proprio per il Mezzogiorno, in cui l'opera del governo Renzi è rimasta assente, paventano un divario pauroso. In questo quadro..meno importa la crescita del Pil che nel secondo trimestre, ha raggiunto un misero 0,1% rispetto al primo trimestre.. ed è solo strategico da parte del governo pensare di poter parlare su base annua..visto le continue instabilità in cui il Paese va incontro.

Con le parole "Le riforme servono", il Premier non ha perso occasione per commentare questo scarso successo su Twitter ...come è solito uso fare! " E' chiaro a molti che questo nostro Paese è ormai diviso in due per un divario territoriale persistente che continua ad aumentare. Se dopo mesi di dati negativi oggi Renzi mette in evidenza un leggerissimo dato positivo, in molti tra cui confindustria ritengono che tali dati sono meno trionfalistici di come vorrebbero apparire...Pare aver fatto di più Monti e lo stesso Letta...

Ancora meno positivo rimane il giudizio del Codacons, che trova sì "molto incoraggiante" la diminuzione del numero di disoccupati in Italia, ma ricorda come l'Italia sia ancora "divisa in due sul fronte del lavoro, con un divario territoriale che si allarga sempre di più". Infine..secondo il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi: " il merito della crescita del PIL non è nostro ma è dovuto solo al dimezzamento del prezzo del petrolio a rafforzamento del dollaro e al Q.e. voluto da Draghi". Il presidente di Confindustria oggi si domanda come mai la crescita del Paese nonstante il percorso del jobs act sia ancora così bassa.

L'atteggiamento propagandistico del giovane premier fiorentino persiste in un quadro che vede, oltre ad una netta linea di confine tra il nord ed il sud che immobilizza ogni sviluppo, un mercato del lavoro caratterizzato da un aumento impercettibile costruito soprattutto su una trasformazione ..più che ad un suo essenziale aumento. Manca un indirizzo di stimolo dell’economia costruita su idee appropriate più che un metodo sulla gestione stessa del lavoro. Manca un piano serio per il Sud e Renzi sembra non percepire affatto l'importanza di tutto ciò.