Restituire
la fiducia
“Coniugare
crescita e rigore”. Così il polacco Donald
Tusk ha
esordito insediandosi nella carica di Presidente del Consiglio
dell’Unione europea e subentrando a Herman
Van Rompuy.
Un posto che da sempre è ad appannaggio di una persona indicata dal
Bilderberg, il Comitato internazionale che influenza gli equilibri
monetari, finanziari e sociali di tutto il mondo. Su quella poltrona
avrebbe dovuto esserci però Enrico
Letta,
ma la insensata pervicacia e ripicca ha condotto Matteo
Renzi a
respingere la prestigiosa offerta del Bilderberg all’Italia e a
pretendere invece l’irrilevante e senza portafoglio Commissario
agli Esteri: portando così l’Italia, come mai era successo prima,
fuori da tutte le stanze che in Europa contano davvero.
Se
il Bilderberg si esprime in tali termini vuol dire che la ferrea
alternativa tra austerity e crescita proclamata in lungo e in largo
da Renzi è falsa. Egli in definitiva se continua a chiedere di
allentare il rigore sui conti pubblici finisce per essere il frontman
della partitocrazia consociata che vuole continuare a banchettare
alle spalle del popolo e delle istituzioni finanziarie. Ma come si è
arrivati a questo punto?
Secondo
quanto risulta a IlFattoGlobale
tutto
è iniziato il 4 gennaio 2014 a Napoli. Dove è stato tacitamente
siglato un accordo bancario internazionale tra i Rothschild, storici
finanziatori della politica, e lo Stato italiano. Accordo di cui
erano informati sia il Governatore della Banca Centrale Europea,
Mario
Draghi,
che il Presidente della Repubblica Giorgio
Napolitano.
Il quale quel giorno si trovava a Napoli, a Villa Rosebery, insieme
al sindaco Luigi
De Magistris giunto
in visita di cortesia. In realtà il patto pur prendendo le mosse
dalla situazione italiana fu ben più ampio dell’Italia,
coinvolgendo l’intera Europa.
La
premessa fu infatti che salvata l’Italia con Mario
Monti dalle
grinfie degli speculatori nelle cui mani Silvio
Berlusconi e
Giulio
Tremonti l’avevano
abbandonata. E non senza lacrime e sangue degli italiani. Urgeva
cambiare sistema, intonando il requiem dell’economia fondata sul
debito che tanta crisi aveva portato. I Rothschild dunque accettarono
di ridurre le loro partecipazioni nelle Banche Centrali sotto il 50%,
anche perché ci stavano perdendo, a vantaggio delle banche
nazionali. E di fermare i finanziamenti ai partiti politici, facendo
il paio con l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti
varata dal Governo Letta. Ma come ogni buon patto che si rispetti
serviva una garanzia: circa 15 miliardi di euro più titoli e
gioielli, il cosiddetto “Tesoro di San Gennaro”, soldi degli
italiani perlopiù, rubati e trafugati all’estero da politici e
finanzieri corrotti e recuperati attraverso una vasta operazione di
intelligence internazionale sul finire del 2013.
Il
lunedì successivo, 6 gennaio, scatta l’esecuzione degli accordi.
Lo spread italiano crolla sotto i 150 punti e la BCE blinda il tasso
di sconto allo 0,25%. Per poi nei mesi successivi abbassarlo allo
0,15% e infine allo 0,05%. Mai come oggi il denaro è stato a così
buon mercato. Tuttavia la situazione è ancora tutta da stabilizzare
prima che che gli istituti possano riaprire i rubinetti del credito
per finanziare la crescita. Sono in corso diversi scandali bancari in
Europa, come quelli relativi al Monte dei Paschi di Siena e alla
Cassa di Risparmio di Genova. issati i termini dell’accordo
bancario europeo la BCE vara gli stress test per verificare lo stato
di salute del sistema bancario. Manca poi la mossa della politica,
che per l’Italia arriva con il decreto Bankitalia varato dal
Governo Letta prima di dimettersi e che sancisce di diritto i patti
napoletani.
Caduto
il Governo Letta dovrebbe toccare a Renzi il compito di fare da
esecutore prudente e attento alle istanze sociali delle indicazioni
sul cambio di sistema. Ma come non era stato al suo posto da Sindaco
di Firenze – e come diversi volponi di lungo corso si aspettavano –
non ci sta neanche da Presidente del Consiglio. Non solo fa di testa
propria ma tutto il contrairo di quello che bisognava fare generando
l’ultima cosa di cui il Paese e l’Europa avevano bisogno: un
immane caos istituzionale, finanziario e relazionale.
L’esordio
è dei peggiori: la riesumazione di Berlusconi, estromesso dalla
politica perché troppo compromesso col passato per una gestione a
dir poco allegra della cosa pubblica, con il Patto del Nazzareno. Un
Patto leonino, incostituzionale e a danno del popolo e delle
istutuzioni democratiche.
A
seguire aggredisce quelle case pubbliche che altri avevanoappena
messo in sicurezza distribuendo denaro pubblico a fondo perduto,
paternalisticamente e senza risultato apprezzabile sulla caduta dei
consumi a fini elettorali europei, gli 80 euro. Raccoglie il 40,8%
alle europee e presenta il conto agli italiani: un salasso fiscale
mai visto prima, 54 miliardi di euro in un solo giorno. Poi va in
Europa e spende come peggio non si può il risultato elettorale,
rifiutando come detto un posto nel Sanct Sanctorum della finanza
europea e mondiale e pretende la Mogherini agli esteri.
L’escalation
di “smisurata ambizione” diventa esponenziale. Il Governo
abolisce le province ma solo nella parte democratica e
rappresentativa trasformandoli in comitati d’affari a nomina
partitica, a seguire aggredisce la Pubblica Amministrazione colpendo
fior di professionisti tutori dell’interesse dello Stato per
sostuirli con persone se non fidate ricattabili in quanto precari. E
non è finita. Matteo Renzi inizia a sostenere che a bloccare la
crescita è nientemeno che la Costituzione. E riesuma un vecchio
progetto piduista, che Licio
Gelli si
premura di rinnegare, per “abolire” il Senato, che proprio lì
viene approvato in combutta con Berlusconi per tramite di Denis
Verdini. Anch’egli rinnegato dalla Massoneria.
Durante
l’estate il PIL va sotto zero ma la risposta del Governo è il Jobs
Act sponsorizzato dal Ministro del Lavoro Giuliano
Poletti che
si è completamente dimenticato dei principi del mondo della
cooperazione da cui viene. Un progetto che in un Paese dove c’è un
bisogno disperato di lavoro e assunzione facilita i licenziamenti,
aggredendo i sindacati, innescando la conflittualità sociale e
cercando disperatamente la sponda del mondo delle imprese che però
dietro ai grandi sorrisi rimane guardingo. Infatti subito dopo arriva
il capolavoro, una manovra finanziaria con un’altra stangata
fiscale che in risposta al crollo dei consumi li tartassa. E
aggredisce risparmi e pensioni di inermi cittadini. Testimonial è il
Ministro della Finanze Piercarlo
Padoan,
anch’egli smemorato, nel suo delle indicazioni dell’Ocse da cui
proviene.
Qual
era e qual è il problema dell’Italia? Che cosa bisognava fare?
L’italia uscita dal berlusconismo e dalla cura shock di Monti è un
Paese che sembra in un dopoguerra, specialmente al Sud. La lotta alle
mafie, la corruzione politica il continuo aumentare della pressione
fiscale hanno ridotto a brandelli il tessuto economico. La libera
iniziativa economica sancita dalla costituzione è solo carta
scritta, la proprietà privata tartassata contro il dettato
costituzionale. Difficilissimo sopravvivvere per i piccoli
commercianti, le Partite Iva, le piccole imprese che di quel tessuto
erano l’anima. Ancor più difficile avviare una nuova impresa, con
lo Stato e la sua burocrazia pronti a fare incetta del malcapitato
con l’idea di business. Al punto che molti sono portati addirittura
a rimpiangere il pizzo criminale.
Messe
in sicurezza le finanze pubbliche – poco tempo dopo Napoli da una
rilevazione tedesca risultò che l’Italia era il Paese meno
indebitato dell’Unione, secondo solo alla Lettonia appena entrata
nell’Ue – bisognava restituire fiducia ai cittadini e ai mercati.
Come? Anzitutto allentando la pressione fiscale senza incidere sulle
casse pubbliche, detassando quindi i consumi e tenendo ferme le
imposte sui redditi. In modo tale da lasciare che l’economia si
rigenerasse da sola senza immettere nuovi capitali pubblici e privati
per evitare che finiscano sull’altalena delle Borse e nel
tritacarne della speculazione finanziaria. Quella fiducia peraltro
non concessa liberamente dai cittadini ma estorta con un sistema
elettorale anticostituzionale, il Porcellum.
Persone
comuni, cittadini con più soldi in tasca intanto consumano di più
inducendo un aumento della produzione. un’impresa non costretta a
svenarsi per anticipare l’Iva intanto versa tutto e volentieri e
con quanto gli rimane può pensare di avviare una nuova linea di
prodotto, ammodernare, assumere. Ovvio che nessuna ricetta può
pretendere di essere quella giusta, ma questa arriva da chi aveva in
mano le redini del vecchio sistema finanziario basato sul credito, e
che gli è sfuggito di mano soprattutto per disinteresse della
politica concentrata solo su se stessa e la sua sopravvivenza, e ha
deciso di cambiarlo, invertendo la rotta verso un sistema fondato sul
credito, inteso come rispettabilità, valori etici laici e religiosi,
onestà, sostenibilità, profittabilità senza abuso dello stato di
necessità altrui.
Chiudiamo
con una notizia dell’ultimora che poi è la conseguenza ultima
degli accordi di Napoli: il 20 novembre su Twitter l’ex Presidente
del Consiglio Ue Herman Van Rompuy annuncia la nascita della
supervisione bancaria centralizzata europea: “Una rivoluzione
nell’architettura finanziaria d’Europa – afferma –
politicamente impensabile fino a cinque anni fa”.
Coniugare
rigore e crescita è possibile.
Rosario
Neil Vizzini