18 nov 2013

un nuovo commento di Domenico Cacopardo

Sapienza e sangue freddo

Oggi tutto può a cadere, tranne che sia avviata la crisi di governo: dalla ‘ribellione’ di ottobre non è più nelle disponibilità del leader di Forza Italia-Pdl.
È un saggio di alta abilità tattica, lo spettacolo messo in scena da Angelino Alfano nelle ultime settimane. Null’altro vi è di certo sull’evolversi della situazione, a parte la non discutibile circostanza che Silvio Berlusconi sarà estromesso dal Senato, probabilmente mercoledì 27 novembre 2013, al massimo una settimana dopo, e che, in futuro, per un periodo abbastanza prolungato non potrà candidarsi a nessuna carica elettiva.
Rimangono incerti il modo e i tempi del suo abbandono della vita politica diretta. Sul tavolo c’è un’eredità politica pesante. Difficilmente, dopo, ci sarà un centro-destra come l’abbiamo conosciuto in questi vent’anni. 
Mancherà l’autocrate che l’ha inventato e condotto, con alterni risultati, attraverso mille battaglie politiche ed elettorali. Mancheranno le sue capacità di comunicazione, le sue televisioni, i suoi soldi.
Sarà tutto diverso quindi e non è un male per la qualità della democrazia italiana. Un partito moderato sì, ci sarà, ma con numeri diversi da quelli cui ci ha abituato il cavaliere. Nonostante ciò, c’è da mantenere in piedi un imponente pacchetto di relazioni e di capacità, un vasto insediamento in organi elettivi, aziende pubbliche e sindacato.
Per essere l’erede di tutto ciò, Alfano ha dispiegato tutta la sapienza della scuola democristiana cui s’è formato (con Enrico Letta): dichiarare sempre la fedeltà al capo; mai un gesto di rottura, ma una marcia consapevole per l’allontanamento dalle follie della caduta; forti legami con l’azione di governo, rivendicandone l’efficacia; richiamare sempre gli interessi dell’Italia e del medesimo centro-destra.
Molti amici storici di Berlusconi comprendono i pericoli di una rottura e di un divorzio con i sentimenti del Paese e cercano di dissuaderlo dalla tentazione del gesto eclatante, nel quale alla fine ritroverebbe ben pochi tra gli attuali falchi.
Intanto, Alfano va avanti, rimanendo fermo o quasi e giovandosi dell’intelligente appoggio di Enrico Letta: non c’è un prendere o lasciare, un’«ora o mai più».  C’è una serie di passi politici, parlamentari e giudiziari che si snoderà in modo ineluttabile, trascinando il leader di Forza Italia sul piano inclinato della decadenza, di altre condanne, del possibile arresto e, infine, dell’insignificanza.
Forti problemi emergono anche dal contesto familiare, preoccupato dalla salvaguardia delle aziende e delle ragioni dei figli, divisi dalle loro attese patrimoniali molto di più di quel che appare. Non serve a nulla accelerare il processo di dissoluzione. Basta aspettare pazientemente: il padre-padrone, privato della patria potestà, sarà portato dalla corrente della Storia fuori dalla vista degli italiani.
Angelino Alfano e i suoi amici potranno allora respirare e far politica. Spazi, nonostante tutto, tra Renzi, Letta e i puri e duri del Pd, ce ne sono a volontà. Basta saperli occupare.


16 nov 2013

L'Europa... che ci bacchetta, ci osserva con attenzione!


C’era da aspettarselo.. con un governo simile retto da continue contraddizioni che, difficilmente, potrebbe sperare di operare con quell’equilibrio che la stessa Europa ci chiede! 
L’Ue bacchetta l’Italia e  Olli Rehn spiega ai giornalisti che, come ogni anno, la commissione fa il suo lavoro. Sembra quindi che il nostro Paese non potrà chiedere di far uso della cosiddetta “clausola degli investimenti”, perché il suo debito pubblico non scende a un ritmo accettabile. Infatti secondo stime accertate dalla Ue, l’anno prossimo, il rapporto del nostro debito-pil salirà al 134%.

Un po’ troppo per la Commissione che invita le autorità «a prendere le necessarie misure all’interno del processo di gestione del bilancio.  Se ciò può consolarci, sembriamo non essere i soli, anche la Spagna, il Lussemburgo, Malta e Finlandia, devono mettere mano al loro bilancio.
L’Europa ci chiede ancora una volta di attuare un piano economico con provvedimenti che possano produrre risparmi di spesa aggiuntivi. Si aspettano, quindi, risultati da un risparmio sui costi della spesa, quella oggi affidata a Carlo Cottarelli che, attraverso l’uso delle  privatizzazioni, dovrebbe portare risultati utili. Il nostro Presidente Enrico Letta, in tono ridotto, sembra difendere la strada sulla tenuta dei conti, pur nella velata richiesta di non costringere troppo la possibile ripresa per la crescita del Paese.

La pesante mannaia delle richieste della Commissione europea che incombe sul Paese..spinge la nostra politica alla ricerca di strade a favore della vendita ai privati di una considerevole parte del nostro patrimonio.
Una politica incapace che, in questi ultimi anni, pare aver combattuto unicamente per un insensato conflitto tra le posizioni ideologiche, dimenticando di tenere il timone in direzione di un utile percorso, sperperando, in tal modo, tempo e beni pubblici. Una politica che dovrebbe combattere per proteggere le risorse del proprio territorio e non finire col venderle. Più che una vendita, quella che si attuerà sarà di certo una svendita a favore di qualche potentato in grado di speculare, arricchendosi ulteriormente.  Ma una simile svendita non potrà neanche bastare ad aiutare una spesa pubblica. Si tapperà un ulteriore buco senza risolvere il problema alla fonte.

La politica dovrebbe cercare di portare avanti un dialogo più intenso e di maggior ragionevolezza con l’Europa: Mettendo l’economia reale in prima posizione e cioè promuovendo idee in favore di uno sviluppo in collaborazione, al fine di sostenere maggiore crescita.

Il problema del debito pubblico soffoca tale crescita, motivo per cui occorre procedere con maggior tempo al suo ristabilimento, ponendosi in una fase di attacco e non di difesa, operando, per un lasso di tempo da definire, in favore di investimenti e non di un loro contenimento.  Una politica che dovrebbe battersi e battere i pugni sui tavoli degli accordi, facendo intendere alla stessa Europa che, se una via d’uscita esiste per un Paese come l’Italia, ancora ben messo come patrimonio privato, ma sicuramente ricco nella sua immagine territoriale, questa deve essere ricercata con attenzione in direzione di una crescita qualitativa. Una crescita che necessita di più tempo per la nostra Nazione, ma anche di figure politiche più nobili, attente e preparate.  

Forse.. è proprio questa la ragione per la quale l’Europa resta molto attenta al futuro processo politico del nostro strano, ma attraente Paese ed alle figure che nel futuro ne faranno parte.
vincenzo cacopardo 

Quando si perde il senso dello Stato…



Una pericolosa eventualità!

Un rischio connesso con la crisi del sistema che tocca il principio stesso dell’individuo nel contesto del quadro sociale:  Se è vero che vi sono individui che per costume si muovono contro le regole della società..è anche vero che, oggi, ve ne sono tante altre che non riescono più a condividerle e subirle!

Tutto ormai sembra perdersi in uno stato di assuefazione nei riguardi di un processo sociale che si muove attraverso regole vecchie.. che pretendono di rinforzare una legalità ma che in realtà, sembrano promuovere l’individualismo più sfrenato. Certe regole stridono fortemente con la realtà di una società che, nel suo veloce percorso, va perdendo ogni sicurezza sulle istituzioni.

Ma chi continua a sbagliare?...Uno Stato ormai sempre più assente riguardo agli insormontabili problemi..che si muove attraverso le istituzioni.. spesso complici di una politica inetta?..O i tanti cittadini che, nonostante una certa dose di volontà, potrebbero sentirsi frustrati e sottomessi da un destino che pare condizionarli inesorabilmente?

Il concetto di Stato va perdendosi…e più si perde, maggiore sembra diventare il valore che si attribuisce all’individualismo. Il forte personalismo contrasta la forza di una vera democrazia..

La società, meno condizionata dalle indispensabili e funzionali regole, trascina con se problematiche che si accavallano in una via senza ritorno. Lo scoraggiamento appare sempre più costante nelle tante famiglie che guardano con speranza ad istituzioni più sicure..ma che, malgrado l’impegno, appaiono trainate da un sistema che sembra procedere con l’abbrivio di un impulso spinto dal passato..

Ad uno Stato democratico ed in difesa di una società più sicura.. si è oggi sovrapposto un individualismo dettato da quella che appare l’unica regola secondo la quale un individuo conta: la forza assoluta del denaro! E ciò in mancanza di un cambiamento politico che avrebbe dovuto guidare il futuro su regole più adatte e consone allo sviluppo della stessa società.

Un popolo che è cresciuto in una società fin troppo libera, ma che si è emancipato senza una precisa e fondamentale cultura di Stato, in mancanza della quale si è sviluppato l’egoismo più deleterio…e soprattutto.. un’evidente sfiducia verso le Istituzioni.

Mai come oggi, la cultura di Stato dovrebbe essere salvaguardata e custodita con particolare attenzione. Essere tenuta in alta considerazione da chi opera in politica, poiché, sia le azioni che i comportamenti nei rapporti sociali, restano i valori fondamentali su cui poggia il sostegno della collettività ed il suo futuro.


In ogni rapporto sociale, si devono orientare e custodire  i comportamenti e le azioni.  Politica e sociale, in tal senso, non possono oggi, che vedersi unite per dare forza e sostegno ad uno Stato le cui fondamenta  paiono sempre più crollare.
vincenzo cacopardo

14 nov 2013

Bergoglio...il Pastore che sembra guidare la nuova cultura politica


Papa Francesco consegna alla Chiesa la sua prima Esortazione apostolica
Un documento atteso col quale il nuovo pastore delinea il futuro volto della Chiesa. Dopo l’enciclica Lumen fidei questo importante documento contiene il testo integrale dell’Esortazione apostolica.

Di recente il santo Padre ha manifestato con una certa enfasi la grande ipocrisia che si nasconde in chi ritiene di essere un benefattore della Chiesa e continua a rubare allo Stato, asserendo un certo disprezzo verso quei cristiani dalla doppia vita. 

Il Papa afferma che..c’è chi finge di essere cristiano, ma contribuisce a castigare la stessa Chiesa, ribadendo che ci si può considerare peccatori e mai corrotti, ma è ancora peggio, condurre una doppia vita ipocrita che produce danno a tutta la comunità cristiana.
Prendendo ad esempio la figura di Cristo, Francesco, continua sottolineando la sua costanza nel perdonare. Gesù, “perdona” ma nello stesso brano evangelico dice anche “Guai a colui a causa del quale vengono gli scandali”. Non fa riferimento tanto al peccato, quanto allo  scandalo che è un’altra cosa. Questa differenza è, per Papa Francesco, di grande importanza: La differenza tra il peccatore ed il disonesto.

Coloro che peccano son capaci di pentirsi poiché nel loro animo potrebbero sentirsi deboli riscontrandosi successivamente più umili e disposti verso il perdono. Coloro che invece partecipano o spingono verso lo scandalo, perseverano coltivando uno status quasi naturale convinti che ciò possa portare loro un miglioramento conducendo una doppia vita eticamente non condivisibile per un cristiano.

Il Santo Padre afferma in proposito : “dove c’è l’inganno, non c’è lo Spirito di Dio. Questa è la differenza fra peccatore e corrotto”.
Proponendo questa delicata questione, l’umile Pastore, tocca ancora una volta un  tema che coinvolge l’essere umano inserito nel contesto di una società succube di un sistema tendente a costringere la natura umana. Un sistema che incide persino sulla condotta sociale rendendo l’uomo ipocrita e dissimulatore quasi naturalmente.   Ma l’accento di Papa Bergoglio è preciso e tende a distinguere la stessa natura umana, deprecando il modello di quegli uomini che con una mano offrono denaro alla Chiesa e con l’altra rubano allo Stato.

Ancora una nota importante, oltre che una “esortazione apostolica”, diretta ad una cultura politica oggi persistente che pone la società in uno stato di difficile crescita, poiché.. un pericolo costante della doppiezza e della falsità è ben più gravoso e difficile da superare rispetto a quello di un singolo peccato.

Il nuovo Pastore sembra guidare una nuova cultura politica!

"Privacy e Servizi segreti"..di Domenico Cacopardo

Gli strani accordi per la privacy di domenico Cacopardo

 In questi giorni, sull’onda dello scandalo Datagate, è stato definito un accordo tra l’Autorità Garante per la privacy e il Dis, il Dipartimento informazioni per la sicurezza: i servizi segreti italiani non potranno utilizzare dati sensibili dei cittadini senza prima averlo comunicato al Garante. Insomma, gli italiani continueranno a non sapere di essere “spiati” ma potranno contare sulla supervisione dell’Autority per la privacy.

Il relativo protocollo è stato firmato a Palazzo Chigi, in presenza del presidente del Consiglio Enrico Letta, e del sottosegretario delegato ai Servizi, Marco Minniti, uno dei pochi esperti della materia. L’Authority italiana per la privacy è un soggetto ben singolare, visto che è stata ed è tutt’altro che esente dalla commistione con la politica politicante: il suo primo presidente è stato Stefano Rodotà, cioè l’expresidente del PDS, attualmente solidale con gli occupanti (illegali) del teatro Valle di Roma; l’attuale è l’expresidente dei deputati del Pd, Antonello Soro. Scelte inconcepibili in un Paese diverso dal nostro dato che, così, il valore affidato dall’Authority diventa disponibile a un trattamento a geometria variabile secondo simpatie e vocazioni partitiche.

Nominando Rodotà e Soro, il Parlamento ha direttamente e negativamente inciso sulla funzionalità e affidabilità dell’Authority cui sono stati preposti.
Quisquilie, nell’Italia del conflitto d’interessi. Del primo garante, rimane memorabile la condanna (politica?) degli Stati Uniti per le misure di sicurezza applicate negli aeroporti americani nei confronti dei passeggeri (anche italiani).
Guardiamo ora i nostri servizi segreti. Il loro livello qualitativo e di affidabilità è stato rivelato all’opinione pubblica dalla decisione di altri servizi alleati (Gran Bretagna, Germania, Francia) di non renderli partecipi delle informazioni di cui dispongono. Va ricordato che, durante il governo Prodi 2006-2008, un componente del Copasir chiese i nomi degli informatori, con relativo compenso. A palazzo Chigi, qualcuno non ci vedeva nulla di male nell’accontentarlo.
Alla diffidenza dei nostri alleati occorre aggiungere l’evidente assenza dell’Aisi (informazioni interne) sullo scenario nazionale. La prova è sotto gli occhi di tutti: la mancata prevenzione dei frequenti assalti ai siti dell’Alta Velocità in Valle Susa, segno che non c’è alcun monitoraggio (infiltrati manco a parlarne) della galassia di antagonisti che anima il mondo Notav. Essi comunicano con cellulari e mail e sono quindi permeabili alle attenzioni di un servizio di sicurezza interna A questo punto, c’è da chiedersi: se mai qualcuno al Viminale o all’Aisi decidesse di intercettarli, sarebbe costretto a concordare l’elenco con l’Authority?
E l’onorevole Soro, garante della privacy, resisterà alla tentazione di informare qualche amico di partito, interessato alla vicenda?

Un solo pensiero ci consola: l’intesa è così lieve da non disturbare i nostri servizi e i segreti che debbono custodire.

12 nov 2013

Alfano…un caso che deve far riflettere…




IL BIPOLARISMO: QUALI LOGICHE?

Qualcuno pensa che Alfano mettendosi in contrasto col Cavaliere, in futuro, non potrà più assumere alcuna posizione politica. Costoro si basano chiaramente su un’ottica che oggi vede il bipolarismo come un sistema ormai compiuto che non consente la formazione di altre coalizioni, il chè equivale a dire che: o Alfano resta nella coalizione del PDL o dovrebbe schierarsi in quella del PD.

La posizione del Ministro degli interni è suggerita dalla necessità di tenere in piedi un governo di servizio voluto da Napolitano e consigliato dall’economia politica dell’Europa. In molti intuiscono che.. se Alfano e le sue poche truppe.. dovessero seguire la posizione politica (alquanto ricattatoria) di Berlusconi…il governo sarebbe costretto a cadere….Ma se le idee politiche del ministro Alfano non fossero del tutto simili a quella del suo leader?

Se Angelino Alfano decidesse di staccarsi dal PDL, sarebbe dunque costretto a crearsi un nuovo Partito, o aderire ad un Partito di centro come quello di Monti, il chè potrebbe anche significare aumentare il numero dei Partiti in Parlamento…con un rischio maggiore sulla formazione delle future coalizioni. Questo è l’evidente caso politico che dimostra, ancora una volta, la forzatura imposta da un simile sistema che non aiuta le libere posizioni di pensiero dei singoli politici.

Vi è..anche.. la posizione, alquanto ibrida, di Renzi (noto rottamatore bipolarista),  il quale afferma che nel proprio Partito di appartenenza si devono discutere con estrema libertà le varie idee..per poi, a maggioranza,  poter prendere una decisione. Questo giusto processo dialettico in seno al Partito è sicuramente una garanzia per una democrazia, ma crolla nel momento in cui, seguendo il poco logico percorso di un bipolarismo, ci si dimentica delle posizioni parlamentari assai meno libere e democratiche per la determinazione ed il sostegno ad un governo.

Chi può allora continuare a pensare che il bipolarismo possa essere un sistema vincente? Chi pensa che un sistema che spinge verso la monolitica formazione di due forze politiche possa predominare sul singolo pensiero del politico? Chi può pensare di far crescere le idee (di cui tanto oggi si parla e si ha bisogno) quando, proprio queste, in tal modo, tendono a reprimersi.


Cosa può dunque significare spaccare un pensiero ed una cultura politica in due attraverso un netto taglio che separa persino gli ideali… se non forzare volutamente, in una equivoca logica, il processo di una politica che si dovrebbe sempre libera nel pensiero?
vincenzo cacopardo        

11 nov 2013

L’autocommiserazione del cavaliere e l'affezione di chi gli sta appresso

Il Cavaliere non ha sicuramente gradito l’intervista di  Alfano a SkyTg24 ed afferma di essere stato venduto al PD. Berlusconi dichiara «È vero che io ho assicurato di distinguere il piano dei processi da quello del governo, ma chi finge sia una bagatella il fatto che il Pd stia calpestando lo Stato di diritto pur di estromettermi dal Parlamento con il voto sulla decadenza, è chiaramente in malafede».
Lasciando intendere un segnale di chiara rottura tra lui ed il suo ex delfino.
Il clima del Partito è ormai estremamente teso e qualcuno insinua che vi possano essere altri dossier pronti a scatenare ulteriori scandali in casa PDL. Ma il Cavaliere rimane avvolto nel silenzio e da furbo  negoziatore, come già constatato nel passato, non intende compromettere alcuna possibilità di ricucire i rapporti. La sua autocommiserazione sembrerebbe avere un fine preciso…
Il suo messaggio è chiaro e perentorio..sebbene avveduto in favore degli elettori ..quando asserisce che questi non potranno mai essere traditi. Il paragone con i rapporti passati con Fini ed i suoi seguaci nasce spontaneo. Per il Cavaliere si tratta di un vero assassinio politico allorquando si vuole uccidere la figura del leader dei moderati.
Al di là della discutibile figura di moderato, Berlusconi, nel suo commiserarsi, continua a non rendersi conto di quanto possa aver preteso oltre ogni misura. La sua permanenza nel Parlamento ha ormai superato i tre mesi dalla sentenza di Cassazione che, come si vorrebbe in un paese di vera democrazia, non dovrebbe offrire più alcuna discriminante a qualsiasi parlamentare.
Ma sono ancora più preoccupanti le figure di coloro che continuano a stargli appresso per un sentimento di pura affezione che appare supportato da chiari interessi materiali. Un drappello di onorevoli resi tali grazie alla vitalità di una figura che li domina con la forza di un evidente potere finanziario. Che li tiene insieme con il vigore di una particolare pozione magica che potrebbe chiamarsi “coinvolgimento per interessi”  alieni da ogni concetto di scambio politico culturale che dovrebbe sostenere un Partito in favore di una società.
Fa ancora più specie il drappello delle figure femminili, ancora più solerte nella difesa del loro padre padrone che non le pone in alto con l’orgoglio che si deve alle donne che affrontano una carriera politica..ma che, con l’impegno dovuto a difesa del loro spirito, dovrebbero guardare con più rispetto alla tutela della propria posizione ed alla loro pensiero.
vincenzo cacopardo   

9 nov 2013

Le perplessità di domenico Cacopardo sulla legge di stabilità


Costi standard e spesa storica di domenico Cacopardo

È di mercoledì l’ultima buona notizia: per la sanità le regioni inizieranno a sperimentare i costi standard. In via definitiva, li applicheranno dal 1° gennaio 2014. Non che ce ne siano state molte, di buone notizie. L’altra recente è che la vigilanza sulla banche europee sarà effettuata dalla Bce. La competenza della Banca d’Italia viene così integrata da quella, più severa, comunitaria. Dopo le vicende Monte Paschi e Carige, avvenute in regime di
controlli italiani, a cura dell’ufficio di Anna Maria Tarantola, passata poi, in premio, alla Rai, c’è da sperare che questo genere di episodi non abbiano più a ripetersi.
Tuttavia, solo ieri, 8 novembre 2013, si è saputo che non si pagherà la seconda rata dell’Imu: coperture e balzelli alternativi non sono però chiari.
Intanto, dalle serrate discussioni sulla legge di stabilità emerge un dato inconfutabile: nel 2014 la pressione fiscale aumenterà, salvo poi ridimensionarsi in modo lieve nel 2015 e nel 2016, a condizione che i presupposti di gettito si realizzino. Del che è lecito dubitare, visto che non solo in Italia, ma anche in Europa le previsioni di crescita del nostro governo sono giudicate troppo ottimistiche.
Il clima parlamentare e dei media getta un’ombra sgradevole sul ministero dell’economia. E non è un segreto che nei corridoi di palazzo Chigi si manifestino perplessità sul suo titolare.
La questione di fondo, tuttavia, è di merito e riguarda l’intero impianto della legge di stabilità, molto legata al passato, ai tagli lineari e alla vieta ripetizione di formule e misure già ampiamente respinte dagli esperti italiani ed europei. Insomma, le uscite continuano ad evolversi in modo automatico.
Il nodo, risolta la sanità, riguarda la spesa storica dei comuni e i costi standard sul complesso degli acquisti e delle forniture dell’amministrazione dello Stato, più o meno 130 miliardi di euro l’anno. Accade spesso, troppo spesso che tra opere simili i costi presentino differenze macroscopiche. Tutto quello che si paga in più alimenta, in genere, corruzione e malavita.
La corruzione di cui parliamo è prima di tutto politica (con, all’interno, la burocrazia), e serve anche al crimine organizzato. Introducendo costi standard daremmo al fenomeno un colpo mortale. A parte la nomina di un commissario alla spending revue che, in ogni modo, avrà serie difficoltà da superare, c’è da chiedersi perché il governo non s’è appoggiato alla inesorabile legge dei numeri, visto che le statistiche su questo tipo di spesa pubblica ci sono tutte, e non sia intervenuto sui trasferimenti alle regioni (a parte la Sanità), stabilizzandoli su valori ragionevoli.
Il perché è presto detto: il coraggio non si compra al supermercato. E, per un’operazione del genere, ci vuole coraggio visto che va a incidere sul campo minato del finanziamento illecito della politica. Meglio ricorrere alle serie storiche che premiano chi più e peggio spende e attenersi al solito tran-tran.


7 nov 2013

Facili entusiasmi ed improponibili paragoni


IL PAESE DELLE ANOMALIE

Il Presidente Letta va a Dublino e dichiara con enfasi:  l'Italia ha bisogno di noi” ritenendo il lavoro che si sta espletando giusto ed a garanzia del proprio Paese. Intervistato dal quotidiano 'The Irish Times', esprime una gran fiducia nel suo governo sottolineando che vi è una prospettiva migliore sul lavoro che verrà compiuto nei prossimi mesi “quando l'intero quadro della politica europea sarà riformato".
La sua convinzione è, che grazie agli enormi sacrifici del paese e la concentrazione della commissione europea verso i problemi dell’Italia (disoccupazione e unione bancaria) tutto si risolverà in positivo, prendendo esempio dallo stesso Paese europeo.. Letta dimostra particolare ammirazione per l’Irlanda che ha saputo sottrarsi alla crisi riprendendosi con coraggio e mettendo ordine ai propri conti.
Al contrario di come si è mossa l’Irlanda, qualcuno si chiede a cosa si deve questo estremo entusiasmo espresso dal nostro capo del Governo per la nostra Nazione che pare navigare in un buio politico istituzionale ed economico ben peggiore. In proposito ci si chiede anche.. come mai, l’Italia, non sia riuscita a spendere i circa 30 miliardi di fondi strutturali messi a disposizione dall'Ue.. Il nostro Presidente del Consiglio vorrebbe conoscere come l’Irlanda sia riuscita in tutti questi lunghi anni ad utilizzare in modo brillante i propri fondi..quando invece dovrebbe meglio documentarsi sulle ragioni per le quali i nostri fondi non sono stati  spesi.
Letta azzarda persino paragoni.. e appare con la perseverante immagine di chi sembra non comprendere i problemi…ma sempre disposto a seguire le orme di chi riesce ad andare avanti.  Quella dell’incontro a Dublino è una sorta di staffetta, poiché ben presto il testimone passerà all’Italia per il semestre di competenza. Basteranno le colazioni di lavoro e gli incontri all’estero per sistemare la barca che sembra sempre più riempirsi d’acqua?
Intanto il nostro conflittuale governo procede malgrado qualche scandalo, privo delle fondamentali riforme e la costante presenza in parlamento di Berlusconi.. arrivato al record dei cento giorni dalla data della sentenza di Cassazione…
Gli entusiasmi si rinnovano, ma le anomalie perseverano!

I paragoni con gli altri Paesi…malgrado le esaltazioni.. appaiono davvero improponibili.
VINCENZO CACOPARDO 

5 nov 2013

Un commento sull'analisi di Domenico Cacopardo sul caso Cancellieri

ndo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto»
Il reato commesso dalla Cancellieri è preciso ed è relativo all’art. 323 del codice penale (abuso d’ufficio)
di domenico Cacopardo

La ministra Cancellieri va oggi in Parlamento per spiegare il proprio operato nei confronti di Giulia Ligresti, in custodia cautelare. Sarebbe stato meglio che, quando è emersa la telefonata (con cui assicurava il proprio interessamento per la ‘reclusa’ anoressica) a Gabriella Fragni, compagna di Salvatore Ligresti, e l’intervento conseguente sul Dipartimento amministrazione penitenziaria, la signora avesse presentato irrevocabili dimissioni dall’incarico. Avrebbe prima di tutto tolto dall’imbarazzo il softleninista Giorgio Napolitano che l’ha voluta al governo. E poi, dato una mano a Enrico Letta che rischia di scivolare su questo imbarazzante fuori programma.
La difesa della ministra è peggiore di ciò che chiama errore e che,invece, è un reato: quello previsto dall’art. 323 c.p. (abuso d’ufficio), che ha posto in essere ‘omettendo di astenersi in presenza di un interesseproprio o di un prossimo congiunto’ (il figlio Piergiorgio Peluso).
Che ci sia tuttora –e ci sarà finché ci saranno in ballo le questioni processuali Fonsai- un permanente interesse della signora verso il clan siciliano è evidente. La conferma si deduce dalla non necessaria affermazione della ministra sull’antichissima(?) conoscenza con la Fragni, mentre il giornalista Federico Bianchessi testimonia la sua dimestichezza con i Ligresti sin dagli anni ’80, quand’era in Prefettura a Milano. E anche dalla sciagurata intervista (Corriere 3.11) del ben-liquidato figlio: «I Ligresti non hanno capito quanto è stato fatto per loro». Ci piacerebbe conoscere cosa sia questo ‘quanto’.
Sbaglia il Pd (Matteo Orfini) quando vuol sapere se la Cancellieri «faceva così per tutti»: sbaglia perché il codice penale prescrive che nel caso di specie, dati i rapporti familiari e d’affari, la stessa avrebbe dovuto astenersi da ogni iniziativa. E nulla rileva il soccorso rosa di Giancarlo Caselli (che dice di non avere ricevuto pressioni per Giulia Ligresti), dato che il reato di abuso d’ufficio è un reato istantaneo che si è consumato nel momento della telefonata alla Fragni. Il link illecito consiste nel tentativo di acquisire gratitudine e benevolenza dal clan in relazione alla posizione del proprio figlio dentro il procedimento Fonsai.
La cosa più paradossale, però, è il ricorso della signora a sacri principi (libertà e umanità) qui non pertinenti visto che non c’entrano con il 323. E sbaglia anche la squadra di giuristi di palazzo Chigi, capitanata da Filippo Patroni Griffi, quando assicura che la ministra chiarirà. Nulla, infatti, c’è da chiarire: tutto è sotto gli occhi di tutti e ogni parola in più dà l’impressione di voler sfuggire alla realtà dei fatti stendendo una cortina di opacità non solo sull’interessata ma su tutto il governo.
Ora la palla è nelle mani di Napolitano e Letta. Il caso Cancellieri è più grave di quello Josepha Idem. Tocca a loro invitare subito la gentile signora a togliere il disturbo.
Il pasticcio Cancellieri può tornare in cucina.


Credo che questa analisi del cugino Cacopardo sia estremamente dettagliata e fin troppo tecnica. 
Sarà vero…come è vero che il reato della Idem sia stato anche più tenue di questo della Cancellieri… ma con un riscontro di accanimento spropositato in ambedue i casi.
Al di là della visione prettamente legale (fin troppo pragmatica) espressa con puntiglio da Domenico Cacopardo  contro la quale sembra difficile opporsi….bisogna forse considerare le tante attenuanti e le difficoltà di potersi muovere in un difficile terreno che vede un Ministro ugualmente responsabile del destino di esseri umani che vivono con estrema difficoltà la sovrappopolazione delle nostre ignobili carceri.
Se..come per legge.. è stato il magistrato a prendere la definitiva decisione, la colpa del Ministro consiste nell’aver espresso una propria preoccupazione per questo caso (se pur sotto una raccomandazione per la instabile salute della carcerata).
Ma mi domando: cosa sarebbe successo nel Paese se questa carcerata (in attesa di giudizio) fosse deceduta? Quali le responsabilità del Ministro? Quali quelle del governo? Quali quelle di un Paese come il nostro dove un palesato interessamento verso chi sta male, viene giudicato con tanto ostilità poiché trattasi di un personaggio conosciuto.
Un Paese, il nostro, pieno di invidia ed astio verso il prossimo dove un certo “moralismo” ha usurpato il posto ad una più autentica e nobile morale, dove un piccolo fatto assume proporzioni gigantesche, dove una pulce  assume connotazioni elefantiache, in un periodo, tra l'altro, in cui le problematiche veramente serie del Paese vengono sottovalutate o trascurate. 
L’eterno cortile in cui si lavano i panni più o meno sporchi di tutti nell’attesa di provocare pretestuosi ingigantiti scandali. 
vcacopardo      

2 nov 2013

L’esigenza di una attività economica reale


LA POLITICA ECONOMICA ED IL DIALOGO CON L’EUROPA

Aveva sicuramente ragione Grillo quando, in tono assai critico, si sfogava contro il percorso di una illogica economia (imposto da una imperativa comunità europea) che non potrà mai offrire lo sfogo utile alla crescita del nostro Paese. Malgrado le enormi perplessità sulla ricerca della sua particolare democrazia diretta e l’inconcludente metodo col quale si muove manipolando i suoi affiliati, il comico di Bogliasco, ha sicuramente percepito l’essenza di un problema che rimarrà insuperabile se non si attua un vero cambiamento di marcia.

Se non si cambia.. difficilmente, oggi, un Paese come il nostro, potra' dare sfogo ad una economia più brillante in termini di investimenti e di conseguente economia reale!
Un pensiero spontaneo.. quindi.. potrebbe essere quello di non riuscire a capire perché mai ci si deve adeguare ad un simile percorso di sofferenza imposto da un modo di interpretare il modello economico prevalentemente in termini di operazioni per il facile arricchimento dei pochi che continuano a restare indifferenti.. trascurando lo scopo vitale di una società, la cui sopravvivenza dovrebbe basarsi in un’economia effettiva di sviluppo. 
Sembra chiaro che le potenti lobby guidano, in modo determinato, gli Istituti di Credito internazionali trasformati in luoghi in cui.. si è continuato ad investire su operazioni finanziare sicure, trascurando l’indispensabile sostegno alle aziende che producono. Ma il problema alla base rimane sicuramente politico…e proprio per questo Grillo ha ragione! Con le attuali illogiche procedure non sarà mai possibile uscire, anche in considerazione che si stanno, da tempo, impegnando i debiti delle Nazioni in un gioco finanziario ad alto rischio. 
Oggi Renzi vorrebbe impegnarsi in una logica di cambiamento simile, ma se dobbiamo restare fermi nei parametri della rigida visione dell’economia internazionale, il nostro Paese rimarrà sempre strangolato da un pesante debito pubblico, senza il quale, potremmo usare i quasi 100 miliardi, pagati in interessi, per far crescere l’economia. Il PIL diminuisce, il debito aumenta.. e senza l’indispensabile crescita.. saranno solo illusioni!
Con questa pesante mannaia che incombe sulla Nazione..si dovranno per forza individuare altre strade e non potrà neanche bastare diminuire la spesa pubblica (che di per sé aiuterebbe di sicuro) a danno dei già scadenti servizi .
Grillo individua altre strade: diluire o allungare il debito; addirittura azzerarlo; uscire dall’euro.   
Se la prima strada potrebbe essere la più saggia e forse l’unica possibile, le forze politiche dovrebbero cercare di portarla avanti senza alcuna perplessità, promuovendo un dialogo più intenso e di maggior ragionevolezza con l’Europa: Mettendo l’economia reale in prima posizione e cioè promuovendo idee in favore di uno sviluppo in collaborazione (aziende-istituti di credito), al fine di sostenere maggiore ricerca e qualità.
Se, al contrario…la classe politica procede nell'inerzia, non si può che prenderne definitivamente atto..e constatare di fatto come essa resti vittima o, peggio, connivente in un percorso imposto da chi, assai potente in termini di risorse, continua a dettare legge sostenendo il fine.. sospetto e discutibile... di un sistema che non può lasciare speranze al nostro Paese.  
vincenzo cacopardo 


31 ott 2013

TRE PUNTI ESSENZIALI PER LA POLITICA ODIERNA

  
Le priorità sottovalutate

















Vi sono alcuni argomenti in politica che dovrebbero essere affrontati con priorità… motivi che frenano l’evoluzione di una moderna politica poiché non permettono di intraprendere un percorso più utile a beneficio della stessa società.


-IL PRIMO è di ordine configurativo e tocca da vicino la base essenziale del nostro ordinamento politico istituzionale, un argomento che riguarda l’assetto della gran parte delle moderne Costituzioni: La divisione dei poteri.
La logica di Montescquieu è ancora valida rispetto alle democrazie moderne che operano attraverso “i poteri” dello Stato, ma oggi, nel disperato bisogno di un percorso di revisione della democrazia moderna, non ci si può basare su questa logica in modo circoscritto e pragmatico: Così come il potere giudiziario, che è già di per sè un “ordine”, secondo la dicitura espressa dai padri costituenti nella carta costituzionale, la prima forma che dovrebbe sparire negli altri due (legislativo-esecutivo) è proprio l’idea di valutarli come “poteri”. L’unico potere potrebbe, in realtà, solo legarsi a quello del cittadino ed alla sua rappresentanza in Parlamento.
Questo, di per sé, tenderebbe anche a stemperare l’annoso conflitto politica-magistratura poiché metterebbe sullo stesso piano le competenze che non dovrebbero più rappresentare  poteri contrastanti. 

-IL SECONDO e di ordine prettamente istituzionale e di sicurezza e riguarda il perenne compromesso che si forma tra il ruolo delle forze legislative del parlamento con quelle governative. Occorre certamente una divisione dei ruoli più netta al fine di tagliare il cordone ombelicale che li lega insieme
Un conflitto che permane costantemente allorquando, gli stessi, eletti in Parlamento, assurgono alla carica di ministri o sottosegretari, assumendo di fatto un ruolo esecutivo che influenza in modo definitivo il lavoro dello stesso gruppo parlamentare di loro riferimento. Anche qui, una certa consociazione trova forza e si alimenta giacché gli interessi sono estremamente forti ed i ruoli politici vengono espressi nella comune casa di un Partito.
Nella fattispecie il politico, in ruolo esecutivo, potrebbe esercitare un particolare potere agendo in modo dubbio sull’obiettivo pensiero del singolo parlamentare, contribuendo a costruire enormi compromessi che bloccato il percorso di una politica che vorrebbe priva di conflitti d’interesse. Si potrebbe azzardare che tale motivo è di per sè sufficiente ad individuare una ulteriore anomalia anche rispetto ad una Costituzione che, da un lato vorrebbe identificare due poteri con ruoli ben diversi (esecutivo e parlamentare) e dall’altro, non pone sufficienti e chiare limitazioni a questa separazione di compiti, destinando, in modo troppo sintetico, la guida e l’indirizzo della politica dello Stato all’esecutivo.

- IL TERZO fondamentale argomento è di tipo strutturale/organizzativo ed è quello che dovrebbe intuire con maggior sapienza chi opera per un sistema che si vorrebbe ad ampio raggio di democrazia: La riforma dei Partiti, una definitiva affermazione dei programmi sulle figure dei leaders.
Ogni Partito o movimento sembra succube di un leader o vive col fine di ricercare una figura predominante che possa in qualche modo rappresentare la guida o, persino, il nuovo profeta del momento, quando al contrario, dovrebbe ricercare un programma e seguire questo attraverso un dialogo diretto con i cittadini.
Questa è la vera ragione per la quale sono proprio i Partiti a dover essere riformati con un fine preciso di portare avanti le suddette linee di programma. Nessuna deviante figura di leader deve poter influenzare il percorso di costruzione che necessita essenzialmente di un impegno e di una profonda dialettica con la società civile.. mirando ad un loro preciso coinvolgimento.Il leaderismo uccide la politica accendendo i riflettori sulle figure!
Sembra, però, che anche i cittadini vivano una forte contraddizione quando desiderano che la politica costruisca a favore ed in base ad un funzionale programma e, nel contempo, tendono ad esaltare in modo controverso una figura di leader nel Partito. Bisognerebbe in proposito capire, quanto poco possa offrire alla funzione politica.. una figura politica di leader osannata (concettualmente posta come egocentrica ed individualista ed a volte persino vanagloriosa).
Chi vota dovrebbe quindi far bene i conti con se stesso e su ciò che veramente desidera: -Un leader che li condiziona attraverso vincoli figurativi finendo col distorcere la vera essenza del loro programma -o un libero percorso di crescita dettato da proposte ed idee non condizionate da figure politiche accentratrici?..
Per un compito sano che la politica odierna deve esprimere, si dovrebbe porre fine all’assurda mentalità di votare con prevalenza l'immagine della persona, ubicando il programma in posizione primaria rispetto al resto. Viceversa, in un ruolo amministrativo e di governo, si dovrebbe offrire al cittadino la possibilità di esprimere un consenso verso personalità riconosciute per meriti e qualità al di fuori di un contesto Partitico.  

Tre essenziali punti attraverso i quali una migliore politica democratica potrà crescere senza l’assoluta esigenza di dover ricercare percorsi ristretti e condizionanti in favore di una fittizia governabilità.
vincenzo cacopardo 

30 ott 2013

IL LAVORO DEI GIUDICI, IL METODO E LE RISORSE

Matteo Renzi  lancia una terapia d’urto per la giustizia civile.
di vincenzo cacopardo

“Oggi l’Italia è intrappolata in oltre 5 milioni di cause civili pendenti presso i tribunali. Occorre assolutamente ridurre in tempi rapidissimi lo stock di cause arretrate, oltre che stabilire norme che rendano meno premiante il ricorso alla giustizia come modalità di rinvio di un pagamento o di una qualunque obbligazione. Si crei una task force composta da magistrati in pensione e da giovani avvocati per affiancare i giudici in carica nello smaltimento in tempi veloci dell’arretrato giudiziario civile”.

Al di là di una più profonda riforma che deve guardare ad un giusto posizionamento della figura dei giudici e che dovrebbe meglio distinguere il lavoro del giudice requirente da quello ordinario, non v’è dubbio  che le ultime riforme in campo di giustizia sono sempre state caratterizzate  dalla generale riduzione dei termini lunghi per impugnazioni, riassunzioni etc. Nelle Corti principali, le cause vengono di continuo rinviate di parecchi anni. E’ anche noto che, per fissare un’udienza in Cassazione, possono passare non meno di cinque anni. Tutto ciò per l’immensa mole di lavoro del singolo magistrato, dovuta al moltiplicarsi delle cause e degli affari cui deve occuparsi. A ciò bisogna porre rimedio, anche a costo di dover rompere vecchi schemi che hanno indubbiamente reso cattivi risultati.
Qualcuno ha voluto prendere ad esempio la carriera di un primario ospedaliero per confrontarla col lavoro di un magistrato, spiegando, così, la enorme e diversa differenza organizzativa. 

Nella funzione di un primario ospedaliero, consistente nell’esaminare e fornire indicazioni per varie decine di casi al giorno, lo stesso viene coadiuvato da una corte di ausiliari, aiuti, assistenti, persino studenti oltre che infermieri, che operano per lui una serie di indagini necessarie sul malato. Mediante questi dati e la osservazione del malato, tramite la sua indiscussa esperienza, egli può intervenire per una diagnosi e per una terapia. Infine, anche per la scrittura della diagnosi e per la terapia penseranno i suoi assistenti  e gli infermieri.
A paragone, il magistrato lavora in solitario. Riceve un aiuto dal cancelliere limitato a funzioni unicamente materiali come la formazione dei fascicoli, la redazione dei verbali, la pubblicazione delle sentenze etc. Inoltre il sostegno non è più intenso poiché il rapporto, negli anni, si è ormai reso malato tanto da scoraggiare lo stesso cancelliere.

Il magistrato non ha nulla che assomigli ad una squadra di aiuti e assistenti che lo possano assistere come nel caso di un primario. Gli aiuti del primario sono medici con lo stesso titolo di studio che lo assistono con la sola differenza di una minore esperienza e minore capacità professionale rispetto alla sua. Assistenti che nel tempo si vanno formando mediante il lavoro quotidiano.
Il magistrato invece deve fare tutto da solo per il compito assegnatogli: deve assumere le prove, esaminare i documenti, ricercare i precedenti, scrivere le sentenze oltre naturalmente tutti i vari provvedimenti.

Costringere un magistrato ormai esperto a scrivere fatti puramente storici o a scrivere una motivazione che qualunque uditore potrebbe benissimo scrivere al suo posto, rappresenta un chiarissimo spreco delle risorse umane di quella che dovrebbe considerarsi “azienda giustizia”.
Lavoro che, come abbiamo già detto, equivale a quello che svolgerebbe un primario ospedaliero se gli si imponesse di far lui le analisi cliniche o le radiografie e persino praticare le iniezioni prescritte. Tutto ciò è un chiaro spreco di intollerabili proporzioni al quale bisognerebbe porre rimedio circondando il magistrato esperto, di un gruppo di ausiliari, magistrati come lui, anche se con minore esperienza, ai quali possa essere affidata la assunzione delle prove,la ricerca dei precedenti, lo studio giuridico pertinente ed in fine, la stesura delle sentenze.

In questo caso, il vantaggio che ne deriverebbe sarebbe principalmente di qualità, ma anche di maggiore velocità per la soluzione dei casi e con un incremento notevole della produzione complessiva. Un ulteriore vantaggio sarebbe quello di fornire una maggiore preparazione alla professione dei giovani magistrati in continuo esercizio sotto la guida professionale del magistrato anziano più ricco di esperienza.
Oltre le proposte di Renzi, la politica dovrebbe spingersi a considerare in modo diverso l’operato dei giudici, offrendo alla stessa giustizia maggiori risorse e non creando ulteriori  “task force”  costose ed ingombranti. Basterebbe studiare con metodo un apparato più funzionale e snello come quello di supporto ad un primario attraverso le doverose risorse che uno Stato avrebbe il dovere di fornire.


Ci si rende conto che simili suggerimenti potrebbero apparire come illusioni, sebbene si deve essere consapevoli che la gravità della situazione è tale da indurci a formulare, anche se solo teoricamente, idee simili per spingere gli addetti ai lavori verso la ricerca di una migliore soluzione.