Aria
nuova
Nel
tramonto della prima Repubblica, i maggiori partiti non vollero aprirsi alle
novità che crescevano nel Paese. La Democrazia cristiana si rifugiò nel passato
popolare, quasi un regresso a un’infanzia infelice, visto che fu archiviata dal
Fascismo. Il Psi si arroccò nella difesa dell’esistente, rifiutando la
discontinuità rappresentata da una segreteria Martelli. Il Pci, che aveva già
cambiato nome, rimase ancorato alle proprie idee guida, galleggiando sino ai
nostri giorni, tra una sostanziale subordinazione alla Cgil e il frontismo
antiberlusconiano, vero collante di categorie sociali eterogenee, senza visione
comune dell’interesse nazionale.
Domenica,
con la plebiscitaria elezione di Matteo Renzi alla segreteria, si è verificato un
cambiamento sostanziale in casa Pd. I gruppi dirigenti, autoperpetuatisi dal
1994 a oggi, sono stati, senza ombra di dubbio, spazzati via. Il discorso della
vittoria del neosegretario ha presentato al Paese un giovane leader dagli
accenti inconsueti per gli italiani (fortemente mutuati dalla campagna
comunicazionale di Tony Blair), capace di indicare una via di rinnovamento, i
cui contenuti, tuttavia, sono ancora abbastanza generici.
Non
c’è da stupirsene, visto che per vincere occorre aggregare e, quindi, evitare argomenti
e scelte divisive.
D’improvviso,
da domenica, tanti protagonisti della sciagurata seconda Repubblica sono
invecchiati di altri vent’anni: Casini, Monti, Bersani, Berlusconi e Grillo
insieme a decine di uomini d’apparato che hanno dato lavoro ai conduttori di
talk-show alla Santoro sembrano appartenere a un passato remoto.
Una
sensazione naturalmente, visto che Berlusconi e Grillo presidiano ancora con
forza le rispettive aree in attesa di
riscuotere il proprio spicchio di consenso.
Ma, per Grillo, ridotto a rimasticare formule disfattiste di fronte all’aprirsi
di una significativa speranza, sembra avvicinarsi un atteso declino.
Il
caso Berlusconi è un po’ diverso, ma c’è da credere che l’uomo di Arcore si renderà
conto che la distanza da Renzi è siderale e che, quindi, sono necessari un
cambio di passo e un volto giovane.
Rimangono
sul ring, molto ammaccati, Napolitano, Letta e Alfano. Il presidente della
Repubblica potrà vedere ridimensionato il suo potere assoluto, esercitato senza
timidezze e, tuttavia, costellato di errori contingenti e strategici. Letta e
Alfano sono alle corde: o cambiano passo –e subito-
facendo quello che si deve per rilanciare l’economia o saranno costretti, a
dispetto della protezione presidenziale, a passare la mano. Probabilmente, si
imporrà un rimpasto che rispedisca a casa Saccomanni, la Cancellieri e qualche
altro peso morto.
Queste
prospettive vanno coltivate senza illusioni.
Il
consenso di Renzi, ampio e convincente, ma minore di quelli di Prodi e di
Veltroni, non gli dà in mano il Pd e i suoi gruppi parlamentari. Gli dà la
possibilità di prenderli in mano a condizione che mostri statura e capacità
politiche che, per ora, non conosciamo.
Una
svolta c’è stata. Aspettiamo il resto.
Domenico
Cacopardo
Questa
nota di grande interesse del cugino Cacopardo comprova l’intuizione politica di
Domenico.. forte delle sue passate esperienze nella qualità di Consigliere di
Stato.
Il suo scritto, tuttavia, mi da l’occasione di porre in evidenza alcuni punti:
Mi
riesce veramente difficile pensare come, Matteo Renzi possa cercare di
aggregare quando, sul piano politico, pone delle inequivocabili inclinazioni su
un sistema elettorale che, di per sé,
indica una sostanziale differenza sulle scelte. Malgrado la sentenza della
Consulta che sembra voler favorire un sistema di tipo proporzionale, il sindaco
di Firenze opta in direzione di scelte maggioritarie che possano ovviamente avvantaggiarlo.
Al
di là delle possibili capacità politico amministrative, il nocciolo del
problema di Renzi, consiste principalmente in questa fondamentale scelta
politica che, la presenza del terzo polo di Grillo, pone come una forte
resistenza al cammino verso il bipolarismo.
Il
succeso di Renzi era scontato ed in molti lo avevamo intuito ed era sicuramente
convincente poiché il “rottamatore” possiede una buona capacità dialettica e
comunicativa che, legata alla sua giovanile figura e soprattutto confrontata a quella
dei veterani uomini del suo partito, non poteva che portargli vantaggi. Non dimentichiamo
anche il momento storico in cui viviamo che spinge la società, con una certa mistificazione, verso il desiderio
di nuovi profeti.
Oggi..una
certa comunicazione.. la fa da padrona.. e credo che di esempi ne abbiamo avuti!
Renzi,
per il suo entusiasmo, merita comunque tutta la considerazione almeno per il fatto
di aver rotto col passato ed avere infuso una speranza per il futuro. Ma io credo
che “il resto” a cui fa riferimento il cugino Cacopardo, troverà difficoltà nelle
risposte, poiché la sua comunicazione si è spinta con eccessivo entusiasmo verso
facili aspettative, non facendo trasparire la necessaria umiltà di cui oggi vi è
bisogno.
vincenzo cacopardo