17 dic 2013

il nuovo appunto del Consigliere Cacopardo su Matteo Renzi

Se voleva stupire c’è riuscito! 
Matteo Renzi con la nomina della segreteria e con lo scambio proposto a Beppe Grillo ha sollevato il polverone del rinnovamento.
Vediamo di che si tratta: la segreteria, ovvio, è composta da giovani. Guardando bene i curricula, si vede che molti componenti sono dilettanti allo sbaraglio. Due casi: Marianna Madia, responsabile del lavoro non ha mai svolto in vita sua un lavoro vero, come lo intende la gente;di Alessia Morani, giustizia, non si conosce attività giudiziaria a Macerata, la sua città. Per il resto, salvo un paio, giovani impegnati in politica sin dalle scuole secondarie.
A Milano, domenica 15, l’apoteosi: nell’insediamento, Matteo Renzi propone a Beppe Grillo uno scambio. Rinuncio (e restituisco?) il finanziamento pubblico, tu approvi la mia riforma elettorale (e costituzionale?). Non c’è nessuno –a parte il popolo plaudente di Milano- che possa comprendere il senso del baratto.
Se tu, Renzi, consideri sbagliato e riprovevole incassare e avere incassato i soldi del finanziamento pubblico, devi vedertela con gli italiani. Annunci loro che intendi restituire il finanziamento pubblico, riportando le somme a cui hai avuto e hai diritto nelle casse dello Stato.
Se ritieni necessarie la riforma costituzionale e la nuova legge elettorale, poiché alla Camera disponi della maggioranza dei seggi, presentala e falla approvare. Al Senato ti basterebbe l’appoggio del vituperato Alfano. Non si capisce quindi il patto che proponi a Beppe Grillo, a meno che tu non lo consideri il rappresentante degli italiani (più del tuo Pd) e, quindi, necessario tramite per il cambiamento. Sarebbe uno sciocco il comico genovese ad accettare: tu vuoi un Parlamento bipolare, Grillo non potrà mai volerlo, dato che rischia di arrivare terzo rimanendo fuori dal gioco.
Nuovo non è sinonimo di migliore. Giovane non è sinonimo di rinnovamento e di rilancio. E ci rendiamo conto che il modo di procedere del ragazzo fiorentino non è il miglior avvio per un partito ‘innovatore’: sparare bordate come quelle iniziali può gettare polvere negli occhi dei fan dei Lungarno ma non incanta chi conosce il gioco.
Si collega a questo modo di affrontare i problemi il decreto-legge sull’abolizione del finanziamento pubblico. Un pegno pagato da Enrico Letta al neoeletto segretario del partito. La questione italiana nasce dalla mancata attuazione dell’art. 49 della Costituzione. Cioè alla mancata disciplina dei partiti, statuto democratico, regole di trasparenza. Nel decreto-legge la questione è finalmente affrontata. Per i quattrini, invece, in quattro anni il finanziamento pubblico sarà azzerato. Credete possibile che i tartassati contribuenti destinino il 2 per mille della loro Irpef al finanziamento dei partiti? Se lo faranno, i soldi non usciranno dalle loro tasche, ma saranno sottratti allo Stato che li erogherà.Vi sembra serio?
E spiace proprio per Enrico Letta, che è tutto meno che un guitto da seconda Repubblica.
domenico cacopardo


Se invece.. il cugino Cacopardo...voleva sorprendermi..lo ha fatto in pieno! 
In sintonia con quello che sottolineo da molto tempo, ha puntualmente messo in evidenza il nocciolo della questione. Non si tratta infatti di andare contro Renzi per puntiglio o partito preso!
La speranza di un cambiamento attraverso la sola figura di un sindaco rottamatore.. che si propone con ambizione in sistemi rigidi per affermare una visibilità e la personale corsa verso un premierato, non può far trascurare una prioritaria azione di rinnovamento che dovrebbe disciplinare gli stessi Partiti…
Renzi rischia di arrivare al suo desiderato traguardo di capo dell'esecutivo privo di una solida base di sostegno!..E ciò fa specie...proprio perché il personaggio, invaso da una indiscussa esaltazione, sembra proprio non intuirlo, non curandosi in un dovere che si deve ad una libera azione della politica condotta dai Partiti.

Chi ha la capacità di saper leggere con attenzione la politica può veramente intuire l’importanza di un percorso di metodo.. senza il quale.. potremmo rischiare di ingabbiare la politica togliendogli quella necessaria funzione dinamica, riducendola alla unica e ristretta visione della azione amministrativa.
vincenzo cacopardo 






Lettera di auguri e ringraziamento dal Presidente di MGO






16 dic 2013

Renzi: La sua gaffe non sembra dare prova di innovazione


TRASPARE LA VECCHIA ED USUALE POLITICA DI MERCATO
Che strano modo di costruire le riforme! Matteo Renzi incalza Grillo rimediando una pessima figura peggiore di quella di Bersani poco tempo prima.
Il sindaco di Firenze cerca in tutti i modi di chiamarsi dietro il Movimento 5Stelle pensando che la politica possa ridursi ad un mercato: “Voi votate a prescindere la mia proposta di riforme ed io vi assicuro la restituzione dei rimborsi elettorali”. Qualcosa che suona come un curioso baratto, forse esercitato prima da una politica che, in realtà, dovrebbe guardare alle riforme raccogliendo le logiche ed il pensiero di chi le deve votare.. poiché deve credervi.
Siamo quindi giunti al baratto e la nuova figura…di colui che sembra dover guidare il futuro percorso di una politica di innovazione, pare proporsi in questo deprecabile scambio..tipico di chi opera al mercatino delle cosa usate.
Via il Senato, tagli alle regioni, nuova legge elettorale. Renzi sembra essere invaso dal sacro furore come colui che ormai ritiene essere il nuovo profeta alla guida del timone della barca Paese e non come il segretario di un Partito che, invece di un mercato dello scambio, dovrebbe  studiare, attraverso le forze del pensiero della sua neo squadra a disposizione, nuove logiche politiche garantite dalle idee.. Se le idee si riducono ad un semplice mercato del dare ed avere, sembriamo davvero ritornati alla prima repubblica!
Al di là delle opinabili scelte di Renzi circa l’abolizione dei finanziamenti  ai Partiti (che potrebbero solo essere regolati, ridotti e determinati attraverso un metodo efficace e di controllo), il rottamatore sembra aver tirato fuori dal cilindro quella che  aveva annunciato come “una sorpresina” ed evidenziatasi solo una pessima richiesta che potrebbe suonare politicamente solo ricattatoria.
La risposta del comico di Bogliasco (che non era difficile attendersi) è stata quella di rivolgersi a Renzi chiedendo di restituire ugualmente le somme dei rimborsi del PD e di andare subito alle urne con il mattarellum per eleggere un nuovo Parlamento che potrà, successivamente, mettere mano alle riforme…Cosa poteva aspettarsi!..Un Vaffa bello e buono e ..potremmo anche sottolineare.. meritato, giacchè questi non sono i sani percorsi che una politica dovrebbe affrontare.
Facile asserire retoricamente: O salviamo l'Italia o la condanniamo noi! ..Se questo è l’inizio del percorso politico di Matteo Renzi, non so quali speranze potremo avere per il futuro.
Speriamo fiduciosi che..il sindaco di Firenze si ravveda e che non continui a proporre simili soluzioni soltanto per dare forza ad un sistema che difenda il bipolarismo, per realizzare il suo sogno del premierato.  Se Renzi si illude di approvare simili riforme con i voti dei cinquestelle, attraverso ignobili baratti, darà maggior adito a chi pensa e declama costantemente la sua ambizione.
vincenzo cacopardo


15 dic 2013

Lettera dalla sezione giovanile di MGO




LA SEZIONE GIOVANILE DI MGO GUARDA AL LAVORO VALUTANDO L’IMPORTANZA DELL’AZIONE POLITICA


La parola a Gaetano Toraldo

La sezione giovanile del Movimento Gente Onesta, guidata dal giovane Gaetano Toraldo, mira alla ricerca delle soluzioni inerenti il futuro dei giovani del nostro Paese.
Quale il loro futuro sul lavoro? Quale il futuro pensionistico? Quale la loro integrazione con i paesi della comunità Europea? Quali gli indirizzi per colmare il vuoto economico e legale del nostro mezzogiorno che li penalizza? Ma soprattutto… quali le idee, il metodo e la qualità per affrontare una crescita, senza la quale, gli viene precluso ogni futuro?

Il giovane Toraldo insiste sull’attenzione che oggi debba essere posta su una cultura giovanile in direzione di una politica e lo fa in riferimento ad una ricerca delle soluzioni più opportune verso l’inserimento al lavoro. L’idea di MGO, ripete Toraldo, è quella di favorire un maggior apprendimento della dottrina politica attraverso la ricerca, promuovendo una sana conoscenza culturale da estendere nelle scuole e nelle università:- la politica, vista dai giovani, deve esprimersi sull’innovazione, poiché rinnovabile sulle idee. Sebbene debba essere guidata dalla conoscenza dei più anziani, dovrà, nel prossimo futuro, seguire un indirizzo più snello, fresco ed innovativo, in relazione ad uno sviluppo di crescita che deve anche guardare a nuove formule di lavoro.

Chi, dunque, meglio dei giovani non potrebbe impegnarsi in ciò che rappresenta una speranza per il futuro della nostra società? 
Entrando nello specifico, Toraldo, propone un maggior dialogo come principio e valore essenziale per poter vincere su una più ristretta visione del singolo. Non trascurando il merito di ognuno, si devono incoraggiare le indispensabili sinergie  attraverso il  dialogo e lo scambio, favorendo un lavoro  di insieme  e di qualità incrementato dalle continue idee. 
Una futura e costruttiva politica del dialogo.. esercitata dai giovani che dovrebbe esprimersi come strumento essenziale in favore del loro lavoro!
Un percorso molto difficile per i giovani di oggi che sembrano guardare alla politica con un certo disprezzo, ma che forse non riescono a realizzare l’importanza di una sua fondamentale azione. 
Senza politica non vi è futuro.. nello stesso modo in cui, senza una visione del futuro dei giovani.. non potrà mai esservi una vera politica.  

14 dic 2013

Contraddizioni e preferenze...



LA POLITICA FALLIMENTARE DELLE FIGURE
La politica dovrebbe poter operare regolando i rapporti con i cittadini al fine di governare uno Stato.
La logica sarebbe.. quindi.. quella di porre davanti i bisogni dei cittadini con idee e programmi utili attraverso un dialogo, senza il quale non sarebbe possibile alcuna utile soluzione. Quindi..nessun fine di buon governo politico senza un’azione propedeutica che miri al dialogo di ciò che interessa alla stessa società.

Ma quando si chiede di indicare cosa di più si desidera oggi dalla politica, non si pone mai l’accento su questa logica di percorso e viene fuori la ricerca di un personaggio che possa rappresentare una retorica figura di cambiamento. Un dato di fatto sul quale riesce difficile confrontarsi poiché, ogni figura, rappresenta oggi un simbolo sul quale voler fare affidamento, raffigura un po’ il profeta sul quale porre ogni fiducia per la soluzione dei tanti ostacoli.

Tuttavia... immaginare che tali figure possano offrire la soluzione dei nostri problemi potrebbe risultare infondato e lascia parecchi dubbi sulla possibilità di generare risposte soddisfacenti sul futuro della nostra politica. E’ la strana contraddizione odierna che mette in evidenza lo stato di confusione di quei cittadini che, da un lato vorrebbero ottenere dalla politica un beneficio utile e costruttivo che soddisfi le esigenze…e dall’altro..non dirigono il consenso per un vero funzionamento di essa, facendosi incantare dal personaggio.

Questa nuova cultura ormai radicata… contro la quale sembra difficile combattere, anche perché spinta da una mentalità tendente a sublimare ed idealizzare le figure, genera un evidente antitesi tra quello che si vorrebbe e quello che, purtroppo, non si potrà mai riuscire ad ottenere.
Una mentalità che trae spunto da una visione troppo teatrale di una politica che non dovrebbe mai mirare alla mitizzazione, ma alla precisa sostanza di ciò che si vuole. La deleteria cultura del divismo che pervade il mondo dello spettacolo e dello sport prendono il sopravvento su una più impegnativa e sana cultura del pensiero.

La visione cinica e fin troppo pragmatica di chi asserisce che tutto ciò è ormai una realtà alla quale non ci si può sottrarre, denota, con insistenza, il pericolo della mancanza di un individuale impegno verso un proprio modo di pensare e di riflettere.. finendo col renderci soggetti privi e sottomessi ad un sistema del quale, poi, abbiamo poco da lamentarci.
Una riflessione sulla quale dovremmo impegnarci e meditare con attenzione senza estraniarci da una logica che non potrà mai renderci soddisfatti se ciò che veramente vogliamo non corrisponde per niente al criterio con cui indichiamo le nostre preferenze.

Vincenzo Cacopardo 

13 dic 2013

"Il ballo della mattonella" di Cacopardo

Il ballo della mattonella di domenico Cacopardo

Mentre il Paese è attraversato da diffuse, violente manifestazioni alimentate sì dalla crisi, ma cinicamente promosse e gestite da gruppi e movimenti eversivi, infiltrati, in alcuni casi, dalla criminalità organizzata, Enrico Letta ha chiesto e ottenuto la fiduciadel Parlamento.
Cambiando finalmente tono, è passato dall’eloquio compassato del professore a quello diretto di un politico senza complessi.
Dopo avere, giustamente, polemizzato con l’excomico genovese che, col passare del tempo, intende sempre più assomigliare a un noto caporale austriaco, ha sciorinato il suo “Impegno 2014”, un programma per i prossimi quattordici mesi: legge elettorale (maggioritaria con preferenze), riforme costituzionali (monocameralismo e ridefinizione competenze Stato-regioni), taglio dei costi della politica, finanziamento di miliardi 1,5 per i giovani, rilancio del turismo, attuazione dell’Agenda Italia (per attirare investimenti esteri), dismissioni, e poco altro.
Emerge subito un equivoco: riguarda la legge elettorale e le riforme costituzionali. I due punti che costituiscono l’architrave di ogni cambiamento reale (e riprendono l’agenda Craxi di 25 anni fa), in realtà sono entrati nell’orbita Renzi che con essi intende qualificare il cambio di passo del Pd e della maggioranza parlamentare e accreditarsi come il leader del rinnovamento.
Il resto, all’evidenza, non parla agli italiani, ma al palazzo. Questo è, quindi, il ballo della mattonella di Enrico Letta, stretto tra un esondante presidente della Repubblica, uno straripante segretario di partito e un impaurito partner di governo (Alfano), tutti impegnati a evitare qualsiasi provvedimento incisivo che possa turbare i fragili equilibri su cui si sta reggendo la legislatura. Per completare l’analisi, va ricordato che tra le insufficienze più gravi  c’è quella specifica del ministro dell’economia, lontano anni luci dal comprendere le ragioni del Paese, produttivo e disoccupato. Un esempio: dobbiamo attendere la definitiva approvazione della legge di stabilità per sapere se, come sembra,un lavoratore senza figli a carico e con una retribuzione lorda di 9mila euro all'anno, nel 2014 dovrà pagare 275 euro di Irpef. Nel 2013, la soglia reale è stata a 8000 euro (600 euro circa al mese).
Ci voleva e ci vuole altro.
Ci vuole che Enrico Letta annunci, prima della fine dell’anno, un decreto legge che tagli le uscite di almeno 5 miliardi di euro e in corrispondenza riduca della stessa cifra la tassazione diretta e quella indiretta.
Occorrere intaccare l’enorme spesa parassitaria che alimenta 6000 società pubbliche comunali e regionali, che disperde in mille rivoli (in assenza di costi standard) i finanziamenti agli enti locali, che permette alla regione Sicilia di finanziare centinaia di feste patronali o alla regione Calabria di pagare migliaia di inutili guardie forestali.
Ci vorrebbe un po’ di coraggio, ma nemmeno tanto, per passare dal ballo della mattonella a un semplice e più movimentato valzer.
Non sarà così. Letta rimarrà circoscritto in un ambito di semplice sopravvivenza. Il disagio continuerà a crescere, le proteste ad aumentare, la democrazia sarà in pericolo.

Il giovane cameriere cinese del ristorante giapponese che frequento mi ha detto ieri sera: «A fine mese torno in Cina. In Italia non c’è futuro.

L’amaro risvolto di una politica ormai frustrata..


Un completo fallimento                  
Non v’è dubbio che i problemi del lavoro sono direttamente collegati alle cattive scelte della passata politica ed ogni odierna manifestazione di piazza.. potrà far sentire la sua voce.. ma mai risolverli. Tutti coloro che operano in politica e dentro le istituzioni sanno bene che il sistema si cambia dall’interno, ogni altra alternativa può solo degenerare lo stato della precaria condizione, portando dritti verso il sistema più duro di una dittattura.
E’ inutile farsi illusioni, ognuna delle forze odierne spiegate all’interno del Parlamento, si muove per assumere una forza personale ed ottenere le opportunità più utili, ma anche.. per non perdere consenso. Pur consapevoli che la primaria strada per il cambiamento deve passare all’interno del sistema attraverso la metamorfosi interiore dell’assetto istituzionale, in questo percorso non si ritengono, però, disponibili a perdere un briciolo del loro potere.
Questo in sé potrebbe anche essere comprensibile, ma pone in evidenza ulteriori argini ad un cambiamento che non potrà mai realizzarsi senza quella duttilità necessaria che le forze della politica dell’ultimo ventennio ancora attaccate alle poltrone, dovrebbero maggiormente intuire.  
E così, mentre Napolitano insiste sulla tenuta del governo per ragioni chiaramente legate all’Europa, Sel e Grillini si appattano sulle opportunità di votare future leggi elettorali, il ministro Quagliariello alza il tono della voce pressando sulle decisioni per le riforme del Parlamento, Matteo Renzi corre dal Capo dello Stato che, in qualche maniera,  cerca di calmargli l’animo, replicando ugualmente con Alfano, Berlusconi cerca alleanze di opposizione col Movimento 5Stelle, il Consiglio dei ministri si riunisce con urgenza per prossimo vertice europeo a Bruxelles…
Insomma un caos!...Una gran confusione dentro.. ed un’altra assai pericolosa fuori!
La politica richiama, oggi, insulti  ed improperi mai sentiti, ma  anche una certa violenza.. prima mai vista..e quando si crea questo clima le future scelte non potranno che risultare, sia per la premura…che per l’opportunità, forse..efficaci per un certo tempo, ma sicuramente meno utili e convenienti per il futuro.
La direzione verso il cambiamento delle istituzioni vuole seguire la strada di un taglio delle forze parlamentari attraverso un dimezzamento delle figure, ma non sembra guardare.. in primo luogo.. al dimezzamento dei loro stipendi, Vuole determinare l’eliminazione di un’Aula parlamentare…senza riflettere sulla possibilità di rendere il bicameralismo più utile e funzionale: dimostrazione rigorosa (come già sottolineato sopra) delle  soluzioni di opportunità, ma non proprio.. di convenienza.
Ma se il problema è quello di dimezzare le spese e di dimostrare alla società civile l’opportunità di fare dei sacrifici, non sarebbe più utile dimezzare gli onorari e studiare attentamente il contenimento delle spese attraverso una funzionalità più corretta di questi due istituti?
Invece ..di colpo..ed anche un po’ rozzamente.. si taglia una Camera come fosse un ostacolo per i problemi del Paese…poi si tagliano le Province, senza un piano più appropriato per il futuro anche in relazione alle Regioni…mantenendo in piedi gli oltre ottomila superflui e costosi consigli comunali (utili solo a rallentare l’attività) delle città per le quali basterebbe una utile ed efficiente amministrazione.
Come al solito…la nostra Nazione non si smentisce! Un paese dove..o non si fa nulla..o si fa troppo e male! Un paese dove l’equilibrio di una politica pare inesistente e che rincorre azioni di repressione senza mai approcciarsi verso una più utile prevenzione.
Ciò accade proprio perché si ha l’idea che in politica esisti solo una prevalente azione amministrativa e non sia, invece, necessario accostarcisi con l’appropriato senso dello studio di una ricerca che possa individuare in lungimiranza gli ostacoli e le convenienze. Uno studio che, come ho già scritto più volte, tocca ai Partiti dover affrontare e seguire.

La visione è ormai quella di una completa frustrazione della politica condizionata dal fallimento delle figure che l’hanno rappresentata, che si vede oggi costretta a calarsi in soluzioni affrettate e persino avventate, pur di ripulirsi l’immagine all’occhio dei cittadini. Dunque…un completo fallimento!  
vincenzo cacopardo  

12 dic 2013

LA POLITICA DEL FARE.. E LA FORZA PER REALIZZARE


Due azioni …  un unico percorso
vincenzo cacopardo

Sarebbe bene riflettere su quello che in questo momento accade nel nostro Paese..senza lasciarsi prendere dalle euforiche reazioni che non permettono più alcun dialogo..Comprendere attentamente ciò che porta rilevanti conseguenze sull’azione governativa e nel contempo, pericolosi disordini per le strade… Un’analisi che, per quanto mi riguarda, si concentra su un aspetto di natura culturale e mentale dell’odierno modo di considerare la politica.

Sembra di capire che.. nella nostra società, oggi, vi siano due correnti di pensiero distinte, due modi di affrontare la materia politica percepite dai cittadini… Oltre alla già tanto declamata forbice tra ricchezza e povertà, dobbiamo fare i conti con un altra... relativa a due diversi modi di vedere una politica basata su differenti esigenze. 

-Da un lato vi sono quei cittadini che reclamano in prevalenza una immediata governabilità per soddisfare i bisogni occorrenti e far sì che possano risolversi, al più presto, gli innumerevoli problemi contingenti il lavoro…Un concetto..anzi una precisa esigenza più che giustificata, confortata da quei politici che hanno la visione fortemente pragmatica della politica, la quale deve poter svolgere pienamente il suo ruolo amministrativo senza alcun condizionamento da parte dei Partiti… Una impostazione politica che procede nella continua ricerca di figure predominanti adatte a svolgere un ruolo di leader con grandi capacità comunicative per trascinare il popolo nell’enfasi di possibilistiche soluzioni.

-L’altro pensiero.. pone in prima battuta l’importanza di un percorso, a volte demagogico, ma anche ideativo, di una base di dialogo di primaria importanza rispetto alla stessa governabilità, per poter fornire un’ampia voce di consenso sui programmi, senza i quali, ogni cittadino potrebbe sentirsi escluso o perennemente ingannato.

Ambedue i pensieri appartengono all’azione funzionale della politica, ma si scontrano tra di essi per questioni pratiche e temporali che sembrano non lasciare più spazio, restando legati ai reali aspetti sociali di una violenta globalizzazione che pare ormai aver condizionato il percorso di una politica più costruttiva.

Se oggi Matteo Renzi rappresenta il simbolo della prima concezione, quella relativa al gran bisogno di una governabilità come azione primaria… probabilmente e forse anche inconsciamente, tutto il popolo di Grillo e una buona parte di chi si astiene dal votare, rappresenta l’altra parte della forbice, quella che non si persuade di come si possano continuare a sostenere governabilità generiche senza accorciare il percorso astruso con le istituzioni. Senza, quindi, rendere indispensabile la voce dei cittadini, ma cercando di escogitare incomprensibili o ristretti, sistemi elettorali.
 
La politica non è solo scienza del governare ma è anche arte dell’ideare e ciò non può farlo solo un leader. L’ideazione dei programmi non deve nascere dall’alto ma crearsi dal basso attraverso le associazioni, i Movimenti ed i Partiti.. nei modi più liberi ed aperti…. E’ lì.. che bisognerebbe battere…prima che sui modelli elettorali!

La vera questione odierna è proprio quella di poter ricercare quell’essenziale equilibrio tanto da non precludere le idee e le necessità volute dal basso, senza troncare la indispensabile esigenza governativa. Se al contrario ricerchiamo governabilità affrettate e prive di una vera forza democratica... o ci poniamo  in contrasto contro l’idea di uno Stato.. cercando di distruggere ogni cosa, non potremo mai sciogliere il nodo del problema…rischiando di peggiorare il tutto.

Due aspetti determinanti per una costruzione della politica, due facce di un unico problema che devono essere prese in considerazione con  attenzione e con maggior metodo per raggiungere un unico percorso funzionale attraverso una ricerca che possa rendere più logica e sicura la stessa azione della politica.

Pragmatizzare ostentatamente....attraverso una comunicazione... impedendo un libero e sano percorso, potrebbe arrecare maggior danno. Chi pretende di imporre sistemi semplificativi per ricercare una più comoda governabilità, sembra non considerare assolutamente l’importanza di una azione culturale parallela che, se troppo costretta, finirà sempre col reagire violentemente all’evidente limitazione del pensiero”. 

In un sistema di democrazia, qualunque politica del “fare” troverà, un muro di fronte all’impossibilità di ricercare preventivamente quell’ equilibrio fra le due indispensabili azioni, compromettendone, successivamente, l’utile opera di realizzazione.



11 dic 2013


UNA LETTERA DAL KENYA 
di Maria Luisa Cacopardo

“Let's preserve, conserve and protect the immense beauty of our planet, human beings...please!”

Questa fotografia di incomparabile bellezza, ci riconette con cio' che madre natura ha in serbo per tutti noi e che purtroppo tendiamo a mettere da parte e dimenticare...e non e' naturalmente soltanto il Polo Nord, gia' comunque gravemente minacciato...
E' molto triste e deludente come gli esseri umani, ignari agli appelli taciti e dignitosi della natura ed alla preziose creature della stessa, abbiano completamente messo da parte tutto cio', abusandone con l'incuria, superficialita' e l'egoismo piu' efferati.
Oggi giorno la vera "politica" (dibattiti e dissertazioni fondati su semantica che alla fine lascia il tempo che trova), dovrebbe essere basata su questi che sono i veri problemi scottanti ed urgenti cui indirizzare non solo la nostra attenzione, ma anche la nostra intelligenza sensibile e la “compassio”. Il resto rimane sterile ed irrilevante come tutte le conversazioni da salotto...
Lasciatemi dire che.. in un paese come l'Italia, continuare a fare politica di salotto, destra, centro, sinistra, non ha piu' importanza, si e' completamente perso il senso della realta'! Paradossalmente, o forse no, perdendo questo senso, si e' persa per strada quella sensibilità preziosa per affrontare con onesta' e umilta' quelli che sono i veri problemi di questo mondo.
Self indulgence is the word.

M.L.Cacopardo

una lettera del consigliere Cacopardo

Complicità e fellonie


Lo scorso 26 novembre, ItaliaOggi aveva raccontato come non si fa la lotta al commercio illegale di griffe contraffatte segnalando il caso di ponte Sant’Angelo, a Roma, a due passi dal Vaticano. A ieri, 10 dicembre, nulla è accaduto e i disgraziati Vù cumprà tengono ancora il loro squallido mercato a detrimento del lavoro italiano. I responsabili di Carabinieri, Polizia, Guardia di finanza e Vigili urbani, non hanno raccolto la nostra denuncia omettendo i necessari atti d’ufficio.
Il 4 dicembre un gruppo di Coltivatori diretti ha occupato il Brennero e si è arrogato il diritto di fermare i camion in entrata nel nostro Paese e di ispezionarne il carico. Il ministro dell’agricoltura Nunzia De Girolamo era presente, quasi a benedire l’usurpazione di poteri. Va ricordato che il nostro sistema giuridico vieta di farsi giustizia da sé, talché non si contano i cittadini inquisiti per essersi difesi con le armi da feroci rapinatori.
Certo, anche qui vanno messi sul banco degli accusati coloro che non svolgono il loro lavoro accertando la rispondenza alla normativa nazionale e comunitaria di quanto viene importato in Italia.
Se andiamo oggi al Brennero troveremo la medesima situazione del 3 dicembre: tutti passano; nessuno accerta.Certo, non ci sono i soldi per far funzionare le varie polizie italiane. E senza soldi non si canta messa. Tuttavia, anche nelle ristrettezze, pattuglie a sorpresa che effettuino verifiche non possono far saltare il loro magro bilancio. Lo dovrebbero sapere bene i vertici di Guardia di finanza e di Carabinieri.
Da lunedì, un movimento composito, nel quale un posto di rilievo hanno i cosiddetti ‘Forconi’, ma in cui s’è infiltrato il mondo del disagio economico e sociale, blocca gli accessi alle autostrade, a Torino città e ferrovie, e minaccia sfracelli se oggi il Parlamento darà la fiducia al governo Letta.
Non si tratta di manifestazioni senza giusta causa. Le ragioni sono sotto gli occhi di tutti e risalgono a vent’anni di sgoverno proseguiti sino a oggi, comprese le contraddittorie misure dell’algido Mario Monti, o le colpevoli, imperdonabili incertezze del ministro Saccomani, troppo tollerate dal presidente del consiglio Enrico Letta e dal suo mentore Giorgio Napolitano.
È sempre risultato facile in Italia mettere in piedi manifestazioni, anche violente, che finiscono per punire i semplici, normali cittadini. Quei cittadini italiani vessati da un carico fiscale insopportabile da un lato, e colpiti dai protestatari che bloccano la circolazione in autostrade e ferrovie. A Roma, poi, c’è la sublimazione: giorni fa un centinaio di sostenitori di Stamina ha chiuso per mezza giornata l’accesso al centro-storico sotto l’occhio indulgente delle forze dell’ordine.
Qualche tempo fa, un gruppo di pendolari del week-end, napoletani, divise l’Italia di due, bloccando la linea Milano-Napoli in prossimità di Roma. La ragione era semplice: le Ferrovie avevano cessato di praticare loro sconti di favore, in quanto la regione Campania del governatore Bassolino non pagava il contributo stabilito a questo scopo. Migliaia di viaggiatori di tutte le età rimasero due giorni in loro balia. Un anziano morì nell’ospedale di Orvieto. Quando lo sconcio cessò, la Polizia comunicò di averli (testuale) “identificati, ma non denunciati”. Nessuna autorità giudiziaria si occupò di perseguire gli autori del reato.
La libertà di movimento è una libertà costituzionalmente garantita.
Negli Stati Uniti se qualche gruppo blocca una strada o una ferrovia, nel giro di un paio d’ore arriva la Guardia nazionale in assetto di guerra: è pronta a sparare per restituire agli americani il diritto di libero movimento.
Le dolorose foto dei Carabinieri (sì, proprio gli amati Carabinieri) che fraternizzano a Torino con i manifestanti dimostrano agli italiani una gravissima mancanza, la violazione di consegna, e in gergo militare un’inammissibile fellonia.
Il generale Leonardo Gallitelli, un valoroso ufficiale dal curriculum d’eccezione, non chiuderà gli occhi sull’accaduto, è certo. Ma anche questo episodio testimonia a quale punto del crinale siamo scesi.
Il Parlamento non subirà l’ultimatum dei ‘Forconi’.
Ma il governo, Renzi o non Renzi, deve affrontare l’emergenza tasse intervenendo in modo massiccio sui carichi fiscali.
Ci vuole un ministro dell’economia, non un burocrate privo di prestigio, che metta al loro posto i vertici dell’amministrazione finanziaria e del tesoro, imponendo l’immediata attenuazione di un sistema di prelievi che sta uccidendo il Paese.
L’emergenza c’è e la vediamo. Occorre affrontarla in modo radicale sul fronte delle spese. Non ci sono alternative.
Gli sciacallaggi in corso si ritorceranno sui loro autori.

Domenico Cacopardo



(Un mio breve commento)

Una pericolosa eventualità!

Un rischio connesso con la crisi del sistema che tocca il principio stesso dell’individuo nel suo ambito sociale:  Se è vero che vi sono individui che per costume si muovono contro le regole della società..è anche vero che, oggi, ve ne sono tante altre che non riescono più a condividerle e subirle.
Lo stesso concetto di Stato va perdendosi…e più si perde, maggiore sembra diventare il valore che si attribuisce all’individualismo. Il forte personalismo contrasta la forza di una vera democrazia..
La società, meno condizionata dalle indispensabili e funzionali regole, trascina con se problematiche che si accavallano in una via senza ritorno. Lo scoraggiamento appare sempre più costante nelle tante famiglie che guardano con speranza ad istituzioni più sicure..ma che, malgrado l’impegno, appaiono trainate da un sistema che sembra procedere…con gelido pragmatismo..nell’abbrivio di un impulso spinto da logiche passate.
Una Nazione che è cresciuta in una società fin troppo libera, ma che si è emancipata senza una forte e fondamentale cultura di Stato, in mancanza della quale.. si è sviluppato l’egoismo più deleterio (della classe politica) con una conseguente sfiducia verso le istituzioni (da parte dei cittadini).
vincenzo cacopardo



10 dic 2013

Un commento su una nota di Domenico Cacopardo

                                              Aria nuova

Nel tramonto della prima Repubblica, i maggiori partiti non vollero aprirsi alle novità che crescevano nel Paese. La Democrazia cristiana si rifugiò nel passato popolare, quasi un regresso a un’infanzia infelice, visto che fu archiviata dal Fascismo. Il Psi si arroccò nella difesa dell’esistente, rifiutando la discontinuità rappresentata da una segreteria Martelli. Il Pci, che aveva già cambiato nome, rimase ancorato alle proprie idee guida, galleggiando sino ai nostri giorni, tra una sostanziale subordinazione alla Cgil e il frontismo antiberlusconiano, vero collante di categorie sociali eterogenee, senza visione comune dell’interesse nazionale.
Domenica, con la plebiscitaria elezione di Matteo Renzi alla segreteria, si è verificato un cambiamento sostanziale in casa Pd. I gruppi dirigenti, autoperpetuatisi dal 1994 a oggi, sono stati, senza ombra di dubbio, spazzati via. Il discorso della vittoria del neosegretario ha presentato al Paese un giovane leader dagli accenti inconsueti per gli italiani (fortemente mutuati dalla campagna comunicazionale di Tony Blair), capace di indicare una via di rinnovamento, i cui contenuti, tuttavia, sono ancora abbastanza generici.
Non c’è da stupirsene, visto che per vincere occorre aggregare e, quindi, evitare argomenti e scelte divisive.
D’improvviso, da domenica, tanti protagonisti della sciagurata seconda Repubblica sono invecchiati di altri vent’anni: Casini, Monti, Bersani, Berlusconi e Grillo insieme a decine di uomini d’apparato che hanno dato lavoro ai conduttori di talk-show alla Santoro sembrano appartenere a un passato remoto.
Una sensazione naturalmente, visto che Berlusconi e Grillo presidiano ancora con forza le rispettive aree in  attesa di riscuotere il proprio spicchio di consenso.  Ma, per Grillo, ridotto a rimasticare formule disfattiste di fronte all’aprirsi di una significativa speranza, sembra avvicinarsi un atteso declino.
Il caso Berlusconi è un po’ diverso, ma c’è da credere che l’uomo di Arcore si renderà conto che la distanza da Renzi è siderale e che, quindi, sono necessari un cambio di passo e un volto giovane.
Rimangono sul ring, molto ammaccati, Napolitano, Letta e Alfano. Il presidente della Repubblica potrà vedere ridimensionato il suo potere assoluto, esercitato senza timidezze e, tuttavia, costellato di errori contingenti e strategici. Letta e Alfano sono alle corde: o cambiano passo –e subito- facendo quello che si deve per rilanciare l’economia o saranno costretti, a dispetto della protezione presidenziale, a passare la mano. Probabilmente, si imporrà un rimpasto che rispedisca a casa Saccomanni, la Cancellieri e qualche altro peso morto.
Queste prospettive vanno coltivate senza illusioni.
Il consenso di Renzi, ampio e convincente, ma minore di quelli di Prodi e di Veltroni, non gli dà in mano il Pd e i suoi gruppi parlamentari. Gli dà la possibilità di prenderli in mano a condizione che mostri statura e capacità politiche che, per ora, non conosciamo.
Una svolta c’è stata. Aspettiamo il resto.

Domenico Cacopardo


Questa nota di grande interesse del cugino Cacopardo comprova l’intuizione politica di Domenico.. forte delle sue passate esperienze nella qualità di Consigliere di Stato. 
Il suo scritto, tuttavia, mi da l’occasione di porre in evidenza alcuni punti:
Mi riesce veramente difficile pensare come, Matteo Renzi possa cercare di aggregare quando, sul piano politico, pone delle inequivocabili inclinazioni su un sistema elettorale che,  di per sé, indica una sostanziale differenza sulle scelte. Malgrado la sentenza della Consulta che sembra voler favorire un sistema di tipo proporzionale, il sindaco di Firenze opta in direzione di scelte maggioritarie che possano ovviamente avvantaggiarlo.
Al di là delle possibili capacità politico amministrative, il nocciolo del problema di Renzi, consiste principalmente in questa fondamentale scelta politica che, la presenza del terzo polo di Grillo, pone come una forte resistenza al cammino verso il bipolarismo.
Il succeso di Renzi era scontato ed in molti lo avevamo intuito ed era sicuramente convincente poiché il “rottamatore” possiede una buona capacità dialettica e comunicativa che, legata alla sua giovanile figura e soprattutto confrontata a quella dei veterani uomini del suo partito, non poteva che portargli vantaggi. Non dimentichiamo anche il momento storico in cui viviamo che spinge la società, con una certa mistificazione, verso il desiderio di nuovi  profeti.
Oggi..una certa comunicazione.. la fa da padrona.. e credo che di esempi ne abbiamo avuti!
Renzi, per il suo entusiasmo, merita comunque tutta la considerazione almeno per il fatto di aver rotto col passato ed avere infuso una speranza per il futuro. Ma io credo che “il resto” a cui fa riferimento il cugino Cacopardo, troverà difficoltà nelle risposte, poiché la sua comunicazione si è spinta con eccessivo entusiasmo verso facili aspettative, non facendo trasparire la necessaria umiltà di cui oggi vi è bisogno.  
vincenzo cacopardo
  


9 dic 2013

Un commento all'editoriale di Antonio Polito sul Corriere della sera

Editoriale del 9.12.2013
IL PESO DEL SUCCESSO
La vittoria a valanga di Matteo Renzi è una benedizione per il Pd. Appena otto mesi fa quel partito si era liquefatto nel voto sul capo dello Stato, dopo aver perso un’elezione che poteva solo vincere. Era insomma allo sbando. Il governo Letta l’ha tenuto in vita con l’ossigeno; un nuovo leader, scelto da una base elettorale ancora una volta molto ampia e con un grande distacco, può ora rimetterlo in piedi. Renzi ha cominciato a vincere quando ha perso le primarie di un anno fa, perché il disastro politico che ne è seguito ha persuaso anche i più scettici elettori del Pd che rischiare con lui è sempre meglio che perdere di sicuro con gli altri. 
Il voto di ieri ha così dimostrato che il Pd è scalabile, anche da un uomo nuovo che viene dalla periferia, anche senza accordi preventivi, anche senza peli sulla lingua. Si tratta di una qualità democratica di cui oggi nessun altro partito dispone, e che speriamo contagi presto il futuro centrodestra (sul Movimento di Grillo, almeno da questo punto di vista, c’è poco da sperare). 
Ma il successo di Renzi apre una pagina nuova anche nella storia della sinistra italiana. Se è vero infatti che il Pd aveva già avuto un segretario non ex comunista (Franceschini) e perfino un segretario ex socialista (Epifani), quello che è stato eletto ieri è il primo segretario che non è post di niente, nemmeno della Dc. È dunque l’incarnazione di una generazione X, giunta alla politica quando il Muro era già caduto e la Prima Repubblica già finita. La Bad Godesberg, che al riformismo italiano è sempre mancata sul piano dei programmi e delle idee, si è forse realizzata con un salto antropologico e una rottura genealogica. 

Renzi ha insomma già cambiato il Pd. Cambierà anche l’Italia, come ripetutamente promette? Qui l’esperienza impone cautela, perché l’ultimo ventennio della sinistra italiana è lastricato di grandi speranze presto fallite. Contro Renzi lavorano tre fattori. Il primo è il suo partito, nel quale operano ancora troppi nemici palesi e troppi finti amici, saltati sul carro del cambiamento all’ultimo istante solo per fare in modo che nulla cambi. Il secondo è Renzi stesso: finora ha dimostrato di avere molto scatto televisivo ma poca profondità di analisi, una notevole capacità immaginifica ma scarsa attenzione ai dettagli. Soprattutto è ancora troppo solo, perché intorno a lui non si è finora visto crescere l’abbozzo di una classe dirigente in grado di governare il Paese. 
Ma il vero formidabile ostacolo che dovrà affrontare è la complessità quasi disperata del rebus italiano. Per risolverlo, a partire dal tassello centrale della legge elettorale, servirà una grande capacità di alleanze e di persuasione: la chiarezza della direzione di marcia non dovrà mai trasformarsi in arroganza. E bisognerà resistere alle sirene dell’opposizione, che lo spingono ad affrettare bottini elettorali destinati a risultare poi inutili per governare. Questa, soprattutto, è la svolta cui Renzi è chiamato. Fino a ieri la sua forza è consistita nell’essere all’opposizione di tutto: del passato, della nomenklatura, dell’establishment . Da stamattina è invece il capo del maggior partito di governo, chiamato a realizzare, e presto, le cose tanto predicate. Sarà capace il sindaco di Firenze, nei due giorni alla settimana che intende passare a Roma, di trasformarsi in un uomo di governo? Per come è messo il nostro Paese, bisogna augurarselo
antonio Polito


Puntualmente..ogni analisi di Polito soddisfa in pieno l’assiduo lettore dedito alle odierne questioni politiche. 
Sulla qualità della politica della sinistra, dove il giornalista pone la differenza con una destra, non si può che essere d’accordo: la scalata di Renzi comprova più di ogni altra cosa..tali differenze! Inoltre si riscontreranno ben presto le estreme difficoltà del sindaco, nella differente posizione in cui dovrà essere in grado di dimostrare di saper costruire.

Io credo, però, che in questo articolo di fondo.. Polito sottovaluti un aspetto di grande importanza e cioè.. quello della netta chiusura di Renzi ad ogni sistema proporzionale che arresti il suo declamato bipolarismo. E..non è certo una questione di poco conto.. dopo tutto ciò che si è generato in questi ultimi anni!. Non lo è di certo dopo l’entrata in politica di un Movimento 5stelle che ha rotto il monopolio del duopolismo.

Forse mi sbaglierò,.. ma temo che la sua spinta verso un acceso leaderismo, con l’uso di sistemi più netti come il maggioritario, possano essergli stati utili solo in questa prima fase di opposizione…ma diventeranno meno utili e persino un ostacolo.. nel momento di una operosa costruzione che dovrà, ovviamente, lasciare più spazio alle libere idee ed una certa moderazione.

vincenzo Cacopardo