di vincenzo cacopardo
Quando la Corte nella sua sentenza contro il Porcellum aggiunge
e chiarisce “Le disposizioni censurate
sono dirette ad agevolare la formazione di una adeguata maggioranza
parlamentare, allo scopo di garantire la stabilità del governo del
Paese e di rendere più rapido il processo decisionale” non fa che affermare
un obiettivo che definisce legittimo per
Costituzione ma, correttamente, non si esprime su un metodo che è.. e rimane
di natura prettamente politica. Se quindi.. la governabilità deprime la
rappresentanza democratica fino a mortificarla, il problema è tutto di
carattere politico e a parer mio coinvolge il tema dei Partiti, i quali nella
qualità di rappresentanti di un consenso, dovrebbero impedire tale percorso.
L’intera architettura dell’ordinamento costituzionale vigente
si fonda sulla rappresentanza democratica. Il riferimento ad un’architettura,
pone chiaro che senza le adeguate fondamenta di tale rappresentanza, l’intero
impalcato istituzionale verrebbe compromesso: Si rischia di vanificare
ogni positivo risultato e… dopo
aver sacrificato la rappresentatività in modo anomalo, si compromette ogni
tentativo della formazione di una governabilità stabile.
A tal proposito, la Corte, con altrettanta coerenza,
sottolinea anche il rispetto per una soglia minima che, se troppo bassa, limita
una più equa rappresentatività della sovranità popolare. Inoltre censura le
norme che privano l’elettore del diritto di scegliere i propri rappresentanti, affermando
che in tal modo si esclude ogni facoltà dell’elettore di incidere sull’elezione.
La posizione della Corte è quella giusta di chi fa fede al contesto
costituzionale esistente relativo ai Partiti, al contrario di chi deve guardare
in lungimiranza e con il senso della ricerca alla politica di innovazione.
Ora.. se per certi versi.. questo può essere giusto, su un
piano prettamente logistico, potrebbe risultare un nascondersi dietro la
classica foglia di fico…Senza le comuni ed usuali ipocrisie…possiamo affermare
che.. se un qualsiasi cittadino volesse iscriversi ad un Partito con l’idea di
voler candidarsi, sia che vi sia o no un voto di preferenza, si imbatterebbe
contro gli ostacoli posti dalla dirigenza dello stesso Partito e…dovrebbe
sostenere costi elevati per la sua campagna. Costi che.. se affrontati nella
comune casa di un Partito.. potrebbero dagli maggiore possibilità.
Oggi... questo.. mette in evidenza una contraddizione che scaturisce da
un lato..dal voler offrire una maggiore rappresentanza attraverso un sistema
proporzionale aperto … e dall’altro non
pone i mezzi e le normative necessarie per far si che ci si possa esprimere
liberamente relegando il consenso nella casa comune di un Partito.
Ma se un Partito deve esprimere un programma e.. chi intende
candidarsi non può che appoggiarlo, quale senso può avere una preferenza,
quando quello che fa fede è lo stesso programma?..Si valuta di più un programma
o una persona? Ma come si può valutare
una figura politica..prescindendo dai contenuti stessi del programma del
Partito?
Questo problema delle preferenze, di fondamentale importanza,
mette in luce tanti aspetti contrastanti e l’organizzazione stessa dei Partiti,
i quali andrebbero di certo riformati.. ancora prima della stessa legge
elettorale. Non v’è dubbio che i Partiti
non possono sostituirsi al corpo elettorale ed è quindi di prevalente
opportunità disciplinarne le funzioni, lavorando sulla riforma del’art. 49
della Costituzione al fine di favorire l’effettiva partecipazione dei
cittadini alla vita politica e poter dare sostegno ad una vera democrazia.
La riforma dell’articolo 49..potrebbe aiutare la ricerca di
una legge elettorale migliore.. la quale non potrà mai sbrogliare i molteplici
problemi. Una riforma che rappresenterebbe quella base fondamentale dell’architettura
istituzionale, senza la quale.. non vi potrà mai essere un solido appoggio per
una democrazia.