Puntualmente..
il consigliere Cacopardo, trova modo e motivi per affrontare una
questione che.. già da tempo.. si sarebbe dovuta esaminare con
prudenza.. non esponendo figure compromesse ad
una candidatura
Se
nella fattispecie il reato è davvero lieve (sempre che di reato
possa parlarsi) è anche vero che tutti i parlamentari nel passato
hanno votato detta legge Severino che, nel bene o nel male, intendeva
porre precisi limiti anche alla presentazione delle figure politiche:
Una
normativa che traeva il suo presupposto dagli allarmanti studi
compiuti dall'UE e dall'OCSE in materia di corruzione e che dettava
nuove cause ostative alle candidature negli enti locali e nuovi casi
di decadenza o sospensione dalla carica. Un decreto legislativo
recante un testo unico della normativa in materia di incandidabilità
a tutte le cariche pubbliche elettive.
Non
era difficile, in Campania, tagliare questo nodo.. invece di imporre
forzatamente Vincenzo De Luca alla presidenza della regione Campania,
il quale non potrà insediarsi a causa della stessa legge. E'
vero!..De Luca è stato condannato solo in primo grado per abuso
d'ufficio... ma la cosa per la legge Severino provoca la sospensione
immediata dall’incarico.
In questi giorni si è molto discusso su
come debba applicarsi la legge nel caso di un amministratore eletto
ma non ancora insediato. Raffaele
Cantone sostiene che De Luca dovrà avere per legge almeno il tempo di
formare la giunta e nominare un vice-presidente a cui affidare
l’incarico, in attesa del processo di appello del suo caso. Ma la
domanda naturale è quella di chiedersi se la legge Severino debba
essere interpretata come decadenza dall’incarico (come avvenuto in
simili altri casi) ..sia che intervenga la Corte Costituzionale ..sia
la stessa Avvocatura di Stato.
Al
di là delle innate capacità di Raffaele Cantone, magistrato e
presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, secondo cui la
legge Severino nel caso di De Luca agisce come una “sospensione”
e non come una “decadenza”, resta davvero incomprensibile il
fatto di come sia stata posta con ostinazione tale candidatura per una
chiara volontà di opporsi ai limiti di una normativa in realtà
voluta e votata dalla stramaggioranza della politica.
Qualcuno
afferma che De Luca possa insediarsi, nominare la giunta e solo dopo
essere sospeso per gli effetti della legge Severino: a quel punto la
guida della Regione sarebbe assicurata dal vicepresidente scelto
dallo stesso De Luca. Tutto ciò era sicuramente noto al premier
Renzi che ha optato per una più sicura vittoria della regione.. non
preoccupandosi di fomentare critiche e parecchi dubbi.
Dimenticandosi, nella qualità di falso rottamatore, il principio
delle “regole” di cui tanto si riempe la bocca.
Più
che una anomalia quello che salta agli occhi in un fatto come ciò
definisca una certa prepotenza da parte della politica di fare e
disfare a piacimento e convenienza. Nella fattispecie... è inutile
tergiversare: O si cambia la legge Severino o non si presentano tali
candidati!
La
Corte costituzionale ci dice : “È
indubbio che la sospensione obbligatoria...integri gli estremi di un
vero e proprio impedimento del Presidente che gli preclude
l’esercizio delle attribuzioni connesse alla carica… con
conseguente impossibilità di compiere qualunque atto”.
Come è indubbio che nel recente passato i provvedimenti assunti
dallo stesso premier Renzi in applicazione della legge Severino,
hanno rispettato questi principi: Un esempio per tutti rimane il caso
di un amministratore regionale coinvolto nello scandalo Mose, dove
Palazzo Chigi ha dato atto che la interdizione retroagisce al momento
in cui la incompatibilità si è determinata.
Il
caso Campania si è rivelato un gran pasticcio istituzionale. Quello
che stupisce non può essere il lieve reato in questione, quanto
l'impudenza di dover prendersi gioco di una legge che, nel bene o nel
male, è stata votata quasi all'unanimità da forze politiche che
oggi sembrano trovare mille pretesti per non attuarla.
Vincenzo
cacopardo
Si sta
facendo strada una valutazione puntuale delle discutibili norme
introdotte dall’avvocato Severino durante la sua discutibile
«performance» al ministero della giustizia.
La
«cacciarella» alle streghe imbastita dal vicepresidente della
Camera, Luigi Di Maio (studente fuori corso nell’Università di
Napoli, trasferito da Grillo alla Camera dei deputati e, quindi, alla
vicepresidenza) deve arrestarsi di fronte alle fondate osservazioni
del commissario anticorruzione Raffaele Cantone, uno che
nell’Università di Napoli s’è laureato e che ha vinto un
difficile concorso in magistratura, e del procuratore della
Repubblica di Salerno Corrado Lembo (anche lui laureato e vincitore
di concorso).
Convengono
entrambi in una critica specifica alla Severino, a proposito della
sospensione dell’exsindaco (sospeso) di Salerno, Vincenzo De Luca,
appena eletto presidente della regione Campania: in sostanza, dicono
i due alti magistrati di riconosciuta esperienza, nessuno può essere
sospeso da una carica che non (ancora) ricopre.
Il clamore,
quindi, suscitato dall’elezione, dalla proclamazione e
dall’imminente insediamento deve placarsi in attesa che De Luca,
integrato nell’incarico, costituisca la giunta e inizi l’attività
amministrativa.
I richiami
dei concorrenti, primo fra tutti, Stefano Caldoro, ma anche, nel
solito modo scomposto e rumoroso, dei 5 Stelle, non riescono a
scalfire le esigenze formali e sostanziali che la situazione
legislativa impone senza incertezze.
Il medesimo
argomento elettorale dell’inidoneità di De Luca alla candidatura
(con il corollario dell’esternazione della Bindi in versione
giacobina) viene meno: tutti hanno saputo che, una volta eletto e
insediato nella presidenza, De Luca avrebbe subito una sospensione la
cui sussistenza e durata sarebbe stata oggetto di uno specifico
procedimento giudiziario.
Nonostante
questo impedimento (non immediato) De Luca è stato votato da
elettori pienamente consapevoli, tanto da vincere le elezioni. Un
risultato derivante certo dagli eccellenti risultati ottenuti durante
la sindacatura salernitana, ma anche per l’accentuata simpatia che
gli ha procurato l’uscita di Rosy Bindi.
Ora,
nell’ordine, ci saranno la ricognizione dell’avvenuta elezione,
l’insediamento e la nomina di una giunta con l’indicazione di un
vicepresidente. Subito dopo, il presidente del consiglio, cui compete
l’onere della sospensione, assumerà il relativo provvedimento. De
Luca farà un passo indietro lasciando l’onere di governare al suo
vicepresidente e si rivolgerà all’autorità giudiziaria ordinaria,
secondo la decisione della Corte di cassazione che ha escluso la
competenza dei Tar.
C’è una
ragione precisa e incontestabile nella scelta della Cassazione: gli
effetti di una sentenza debbono rimanere nell’orbita dell’autorità
che l’ha comminata, anche se gli stessi si sono sostanziati in un
atto amministrativo.
Questo
fa emergere con chiarezza l’errore della Severino (peraltro,
avvocato di chiara fama) e, soprattutto del Parlamento che ha
approvato le norme: il compito di stabilire in ogni caso specifico le
cosiddette pene accessorie spetta al giudice giudicante e solo a lui,
che deve vigilare sulla loro attuazione, secondo i principi generali
dell’ordinamento.
L’avere
immaginato un meccanismo «juke box» per le stesse, introducendo un
discutibile (e, probabilmente, incostituzionale) automatismo tra
accertamento del reato e sospensione, può solo rispondere a una
esigenza di popolarità politica, inconcepibile per un ministro
«tecnico» di un governo «tecnico».
Ovviamente,
la questione non rimarrà tal quale è, anche perché manca qualsiasi
graduazione della pena accessoria, vigente anche per un reato
residuale e minore come l’abuso d’ufficio.
Nel caso De
Luca, una questione terminologica («project manager» invece di
«coordinatore di progetto», insieme a un compenso nient’affatto
faraonico) che difficilmente supererà il vaglio delle corti
superiori.
Gli
agitatori della pubblica opinione dovrebbero essere più cauti,
giacché a furia di agitarsi anche contro i mulini a vento saranno
credibili come gli urlatori di «Al lupo, al lupo!»
Domenico
Cacopardo