16 ott 2015

Tassa Rai ad incastro: il paese è servito!


La tassa ad incastro che premia i professionisti penalizzando chi vive in soglia di povertà
di vincenzo cacopardo
"La legge di Stabilità contiene molte cose buone", Persistono i tweet del sindaco d'Italia.. per richiamare l'attenzione di quei cittadini sempre attaccati agli strumenti on line... In meno di due ore il Consiglio dei ministri porta avanti la sua legge di Stabilità. Continuano anche gli slogan sulle principali notizie in proposito: l'abolizione delle tasse sulla casa e l'aumento del tetto per l’utilizzo del contante da mille a tremila euro. Inoltre il premier, dimenticando le difficoltà di tanti pensionati e delle famiglie che vivono ai limiti della soglia di sopravvivenza, appioppa ad incastro un canone Rai nella bolletta elettrica.

E qui urge una analisi per mettere un punto chiaro su una questione che in un certo senso colpisce sempre i più deboli . Questioni che il giovane e determinato Premier non guarda mai col dovuto equilibrio e rispetto verso una gran fascia di cittadini che oggi soffre. Una analisi che contraddice in modo evidente gli slogan sull'andamento in diminuzione delle tasse.. portata avanti con la solita ipocrita comunicazione.

Sulla proposta di inserire il Canone Rai in bolletta elettrica (al di là del metodo ancora da chiarire) non si fa che penalizzare tanti poveri pensionati e tutti coloro che vivono ai limiti delle loro possibilità economiche: Se è pur vero che tanti cittadini non pagano un canone Rai (tassa tra l'altro sempre apparsa poco chiara) bisogna considerare che.. sempre più spesso.. non riescono a farlo in considerazione delle loro capacità economiche ormai ridotte al lumicino e non sempre per capriccio. Sono in tantissimi a non poterlo fare.. e non a non volerlo fare! ..Se poi consideriamo che alcune di queste risorse ( che si uniscono alle già proficue risorse provenienti dalla pubblicità) vanno ad arricchire in modo poco equilibrato, a volte persino smodato, i vari Fazio, Vespa ... presentatori di turno, manager e dirigenti, in un contesto televisivo che non pare per nulla accrescere una vera cultura, ma a descrivere.. con la consueta ipocrisia.. un sistema tra rose e fiori, il tutto non può che offrire maggiore rabbia ad una buona fascia di cittadini ormai impediti nel difendere i limiti della propria dignità.
Si arricchiscono sempre di più i vari professionisti televisivi con le lacrime ed il sangue dei tanti cittadini ai limiti di ogni possibilità di sopravvivenza!

Dove sta dunque quell'equità da parte di un governo che si professa di sinistra? Non è difficile comprendere che se da un lato si toglie in modo poco opportuno ed incoerente una tassa sulla prima casa per tutti..dall'altro..si compensa con una tassa (seppur già presente) inserendola volutamente ad incastro in una bolletta elettrica in modo altrettanto lineare.. senza considerare che 100 euro per tanti cittadini che vivono sulla soglia della povertà.. possono considerarsi una immensità . Se poi si pensa a quanto può essere di compagnia una televisione nella casa di un pensionato anziano e che tale imposta può rappresentare una possibilità di arricchimento per pochi attraverso esosi compensi, si comprende quanta poca considerazione vi è nei riguardi di una società civile che mira esclusivamente ai soliti parametri ed alla crescita di un PIL... dimenticando in modo radicale la scompensazione crescente tra ricchezza e povertà. Ma quello che è sempre contato per un governo talmente determinato è un fine che compensi in modo semplicistico e lineare i conti in una realtà economica che non guarda in faccia nessuno.




15 ott 2015

un commento ad una nuova analisi di Domenico Cacopardo sulla nuova riforma Costituzionale

Questa breve analisi di Domenico appare sin troppo riduttiva...
Affermare che la ragione della lotta in favore della riforma sia quella di far cessare un sistema che prevedeva tanti soggetti in campo con cui trattare e negoziare ogni legge, ogni articolo, ogni comma, ogni parola..è il solito espediente sul quale si rifuggiano tutti coloro che osannano una governabilità dall'alto..non procurandosi di trovare altre idee diverse per poterla ottenere e farla funzionare con una logica che parta dal basso. Senza affrontare una diversa ricerca in proposito, ma seguendo l'inesorabile sistema obsoleto che sta mettendo in crisi i principi di una vera democrazia in tutto l'occidente.

I veri ricatti nascono dal compromesso dei due ruoli che danno vita ai soliti conflitti (legislativo-amministrativo) e dalle continue anomalie che si generano di conseguenza. Se il ruolo legislativo seguisse una sua strada separata da ogni condizionamento amministrativo forzato verso i Partiti....la questione sarebbe diversa.

Non è forse un conflitto grande come un casa in un sistema come il nostro.. avere un premier che è contemporaneamante capo supremo di un partito di maggioranza(ottenuta con un ricco premio) in grado di dettare ogni cosa? Ed è proprio da questo tipo di anomalie che tutto nasce..

In realtà lo stesso consigliere Cacopardo risolve il problema nella comune sintesi pragmatica.. premiando un condizionamento posto da un'attività governativa che, per il rispetto che si dovrebbe ad un popolo, non potrebbe nemmeno permettersi di cambiare una parte della Costituzione senza la partecipazione di una “Costituente” più consona e adatta.

Restando nel metodo (poiché nel merito ogni questione sarebbe troppo lunga da osservare con giusta critica) non si può di certo restare contenti di come un governo abbia potuto procedere nel percorso delle riforme costituzionali..con la scusa di un unico motivo di stabilità. Una stabilità fin troppo forzata che non perderà tempo a tornare indietro come un boomerang..attraverso risvolti per adesso poco immaginabili ….Anche Domenico Cacopardo..se pur maestro nella sua scrittura.. affrontando temi che riguardano un cultura politica..sembra non far caso a quei principi seri che accompagnano l' ordinamento..Un ordinamento che.. nella ricerca di ogni governabilità.. non può esimersi dal seguire un processo lineare più democratico.. e non certamente una tetragona prevaricazione dall'alto.

E' del tutto evidente..malgrado l'astuzia di un premier svelto e determinato, che gli scopi siano stati altri! Sono quelli di incantare il Paese su un certo efficentismo governativo in barba ad ogni argomento sul merito sul quale si è teso meno ad intervenire..in forza del fatto che il cittadino ne rimane meno interessato. Aggiungiamo anche la chiara strategia per non lasciare più spazio a possibili elezioni. Per non parlare poi del combinato disposto che vede un accentramento oltre ogni limite a beneficio dei futuri governi.

In tutta l'attività di riforme di questo governo si ha un'identica impressione..ossia la sensazione che sia stata cambiata in fretta la cornice ad un quadro di valore per cercare di valorizzarlo di più commettendo l'atroce errore che compiono tutti coloro che in modo sbrigativo e spicciolo, presumono di renderlo più bello e guardabile..non comprendendo che è proprio il quadro stesso a dover esser restaurato.

Sul metodo.. è quindi impensabile.. pensare che si possa cambiare in tal modo una parte dell'ordinamento politico. Chi ha avuto la presunzione di poterlo fare..troverà nella sua strada risvolti quasi inaspettati.
vincenzo cacopardo




La riforma del Senato e del titolo V della Costituzione è stata ieri stampata e ha lasciato Palazzo Madama per la Camera dei deputati, dove presto avrà luogo la quarta (e forse ultima) lettura.
La chiusura del dibattito e la votazione finale di martedì 13 sono avvenute in assenza dei senatori di Forza Italia, del Movimento 5 Stelle, della Lega Nord e di altri piccoli gruppi: una sorta di Aventino senza i presupposti drammatici (assassinio di Giacomo Matteotti) dell’Aventino del 1924. In democrazia vige una regola, troppo spesso dimenticata in Italia: chi ha la maggioranza non solo vince, ma ha il dovere di governare.
Ma, all’appuntamento della riforma costituzionale, alcune forze politiche non hanno accettato la regola, tanto da lasciare l’aula dopo la guerriglia che ha caratterizzato tutto il dibattito.
Non entreremo nel merito dei dettagli tecnici della legge, giacché questa è roba da specialisti che non interessa al grande pubblico. Ciò che ci interessa è chiarire qual è il punto nodale e perché esso ha dato origine alla contestazione.
Il sistema uscito dalla Costituente (1946-1947) era parlamentare e bicamerale. Ciò significa che ogni legge, ogni decisione cruciale per il Paese doveva passare al vaglio di entrambi e, se uno modificava qualcosa, si doveva tornare nell’altro ramo del Parlamento finché il testo non avesse conseguito 2 approvazioni identiche.
La prassi che si è andata sviluppando ha consentito alla Democrazia Cristiana di governare con gli alleati (maggioranza parlamentare) con l’intesa non scritta ma osservata di concordare le decisioni più rilevanti con il Partito Comunista e il sindacato.
Il primo vulnus venne tentato con la legge elettorale del 1953 (la cosiddetta legge truffa) che prevedeva un premio di maggioranza per chi avesse ottenuto il 50,01%. Non passò, a conferma che la nostra democrazia aveva natura consociativa.
La questione che i tempi e la governabilità della Repubblica non fossero consoni alle esigenze del mondo contemporaneo, venne posta all’attenzione degli italiani nel 1983, con la presentazione, a Rimini, del cosiddetto Progetto socialista che suggeriva una serie di interventi sul tessuto costituzionale.
La diffidenza della Dc e l’ostilità del Pci impedirono a quelle idee di andare avanti.
Sono trascorsi 32 anni invano, sino a quando, qualche mese fa, il problema è tornato alla ribalta e il governo ha presentato la riforma di cui stiamo ragionando.
Il crisma di essa è la cessazione del bicameralismo perfetto, talché, ad approvazione definitiva (con referendum) il fulcro del sistema legislativo sarà solo la Camera dei deputati con evidenti vantaggi per le decisioni dello Stato.
Ed è proprio qui la ragione della lotta alla riforma: cessa un sistema che prevedeva tanti soggetti in campo con cui trattare e negoziare ogni legge, ogni articolo, ogni comma, ogni parola. Un condizionamento, spesso condito dal ricatto, che non solo rallentava il processo legislativo ma, alla fine, rendeva il prodotto (le leggi) inidoneo a incidere su qualsiasi questione.
Il consociativismo, che subì il primo colpo nel 1994, viene in questo modo definitivamente seppellito dal monocameralismo sostanziale.
Si vedrà, nei prossimi anni, che uso ne farà la politica.
Domenico Cacopardo



14 ott 2015

La vittoria delle anomalie.. limita le riforme

di vincenzo cacopardo
Palazzo Madama da il consenso alla riforma di Matteo Renzi con 179 voti favorevoli, sedici voti contrari, sette astenuti e circa 120 senatori rimasti fuori dall'Aula. Non si può dire che questa sia una grande vittoria anche in considerazione che si votava uno stravolgimento della Carta Costituzionale..comunque, come si era abbondantemente previsto... la sinistra, nonostante i ridicoli capricci dei dissidenti, ha votato compatta anche con l'aiuto dei verdiniani.

La Lega Nord e i Cinque Stelle hanno optato per l’Aventino. Sel ha, invece, deciso di non partecipare al voto restando nell’emiciclo. Forza Italia ha lasciato i banchi dedicati al gruppo e si è riversata nell’emiciclo senza partecipare al voto. Gli unici a restare in Aula e votare contro sono stati gli uomini di Raffaele Fitto.Con un'Aula semivuota si è forzato un processo di vera restaurazione relativa alla seconda parte della Costituzione...Il tutto condito attraverso un dibattito contrapposto e quasi ostile che ha visto sia nella maggioranza..che nella minoranza, lo spostamento dei senatori poco convinti, ma sicuramente attaccati ad una poltrona che finisce col garantir loro almeno altri due anni di ingenti emolumenti.

L'astuto premier ha condizionato la sua battaglia basandosi proprio su questo : era immaginabile per lui pensare che tanti senatori non avrebbero mai lasciato il loro scranno ed avrebbero optato per una loro permanenza al Senato. La minaccia latente era quella di un Renzi pronto ad abbandonare il governo e far cadere la legislatura. Sotto la interpretazione di una fumosa riforma che non pone una vera innovazione al sistema, il sindaco d'Italia, ha giocato la sua partita, ma ha soprattutto messo un punto fermo su ogni possibilità di elezioni per un lungo lasso di tempo. Quello che interessava a Renzi era il fatto di poter procedere nel suo percorso di semplificazione continuando a menarla sull'importanza del cambiamento attraverso le riforme ed evitando il più possibilie un dialogo sul merito di queste. Tutto ciò anche in considerazione degli ultimi sondaggi, che non lo vedono più forte come una volta.. e che potrebbero impedire una sua riaffermazione.

Il testo adesso passerà alla Camera per la quarta lettura...e si ritornerà col solito ritornello dei dissidenti interni al PD che continueranno ad alzare muri.. per poi adeguarsi in tutto e per tutto al capo supremo del Partito.

Una modifica della seconda parte della Costituzione messa su e guidata da un governo (e non da una costituente voluta dal popolo). Un governo retto da un premier eletto da un Parlamento che la Corte Costituzionale (proprio per restare in tema) ha dichiarato non eleggibile...e che (restando ancora in tema) ha persino eletto alcuni membri di questa.. Non può mancare nell'insieme il fatto non trascurabile di un presidente della Repubblica eletto (sempre da un Parlamento non eleggibile) per volere di un segretario di Partito e nel contempo Premier. Un guazzabuglio di irregolarità non di poco conto che si cerca di nascondere per un unico bisogno di stabilità governativa tenuta insieme da interessi del tutto diversi. Al di là di ogni considerazione nel merito che ho già ampiamente esposto nei miei post precedenti.. non può sfuggire l'evidente alterazione compiuta in un contesto tenuto insieme da una serie di anomalie che pervadono le nostre istituzioni. 

Il potere costituente è un potere che non può appartenere al governo..e più che mai ad un governo che ottiene una maggioranza attraverso un ricco premio!

Non credo possa quindi parlarsi di vittoria..poichè vedremo solo in seguito i risultati di una politica riformista così poco attenta al rispetto delle regole democratiche che mira esclusivamente al pragmatico incedere di una governabilità dall'alto..ed è davvero stupefacente sentir parlare nell'Aula di “una riforma.. anche se non buona..purchè si riformi”. Ciò denota in modo inequivocabile la semplicità e la disinvoltura con la quale sia stata affrontata. Quello che non può digerirsi è l'ipocrisia che regna in tutto un mondo della politica ormai sopraffatto da interessi personali o stupide contrapposizioni che non possono mai recare ad essa alcuna vera funzionalità.











12 ott 2015

Marino... e la nuova contrapposizione che tanto piace al Paese dei pettegolezzi


Chi è con Marino è onesto......

di vincenzo cacopardo
Premetto che non ho alcun atteggiamento politico particolare nei confronti del sindaco dimissionario, ma credo che la cosa più idiota che oggi si possa fare sia quella di paragonare il sindaco Marino al precedente sindaco Alemanno. Se questo raffronto.. da un lato può essere di utilità a tutti i fans scatenati del neo sindaco dimissionario, non rende sicuramente i giusti meriti a chi, come lui, non ha saputo per nulla imporre una vera politica amministrativa in favore della capitale..Atteggiamento goffo ed impacciato di un primo cittadino che ha preteso di ostentare biciclette e contemporaneamente lasciare una città in balia di se stessa.

Ogni affermazione in proposito... in questo strano Paese... tende a catalogare senza scampo...in un quadro antitetico assai tipico. Questo tipo di contrapposizioni sembrano non lasciare al miserevole immaginario collettivo della Nazione alcun altro tipo di idea in proposito: Oggi tutti coloro che manifestano pro sindaco si sentono schierati dal lato dell'onestà.. in opposizione a chi, al contrario, non potrà mai esserlo...Tutto il resto pare avere meno importanza!

Questa storia di metterla sempre sull'onestà.. dimenticando continuamente il bisogno di persone capaci di amministrare..ha veramente stufato! L'onestà non è un merito particolare, ma una logica e pleonastica condizione per chi deve governare! Anche se il chiacchiarato Marino, dopo gli interventi della procura, dovesse risultare moralmente integro, avrà sempre dimostrato di non sapere.. o poter amministrare. Per non parlare delle sue infantili figure sui voltafaccia, sui presunti regali ai cittadini, sulla totale mancanza di sensibilità politica che lo ha portato in giro per il mondo mentre nella sua città incalzava la corruzione ed i continui malfunzionamenti dei servizi.

Tuttavia bisognerebbe smetterla di schierarsi in situazioni simili lasciando che le ragioni della giustizia prevalgano e che tutto possa chiarirsi nel breve tempo, ma quello che non si può sopportare è il fatto di non percepire la mancanza delle competenze su difficilissime amministrazioni affidata a chi ne avrebbe diritto solo perchè si ritiene onesto!

Nessuno sa ancora realmente fino a che punto sia onesto il sindaco chirurgo e.. malgrado le ridicole e cangianti dichiarazioni offerte ai propri cittadini ed altro, quello che oggi conta e si evidenzia è sicuramente il fatto che la città soffre e si appresta ad un Giubileo di grande importanza per il quale non pare per nulla preparata.

Quella amministrativa è una politica che potremmo definire slegata da ogni congettura teorica, ideologica o di interesse di consenso, deve quindi essere valutata per merito e capacità. Il sindaco di Roma Marino (anche qualora risultasse integro e pulito) è l'esempio tipico che dimostra come in politica l'onestà non è sufficiente: Poco importa avere una persona rettamente integra se poi non risulta capace di sostenere con impegno, con controllo e con prevenzione.. l'iter di una amministrazione!

DDL Boschi: quali le conseguenze nei territori regionali?

di vincenzo cacopardo
Il nuovo Senato rappresenterà le istituzioni territoriali, sarà composto da 100 membri e avrà compiti diversi dalla Camera dei deputati. 74 consiglieri regionali, 21 sindaci e 5 senatori di nomina presidenziale e che saranno scelti “in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi”, secondo le modalità che verranno stabilite con una legge che verrà varata entro 6 mesi dall’entrata in vigore della riforma costituzionale. Per l'occasione sono stati cambiati 36 articoli della Costituzione. Le regioni avranno comunque altri 90 giorni di tempo per adeguarsi alla normativa nazionale.

Quando si dice che si mette fine al bicameralismo perfetto e cioè che la Camera dei Deputati e Senato della Repubblica avranno composizione e funzioni differenti..si pensa che in tal modo si voglia spingere la politica verso una forma di innovazione più corretta, ma il problema rimane ben diverso quando si pretende di impostare le loro funzioni come una formula pasticciata (invero non del tutto ancora chiara) nell' insieme tra la rappresentanza delle istituzioni nazionali e quelle territoriali.

Inoltre..che vi sia una sola Camera , composta da 630 deputati (numero che poteva anche essere diminuito, vista la inspiegabile notevole differenza tra le due Camere), a cui spetta la titolarità del rapporto di fiducia e la funzione di indirizzo politico, nonché il controllo dell’operato del Governo..potrebbe in sé rappresentare un buon risultato se vi fosse contemporaneamente una legge elettorale che mettesse in chiaro la creazione di questa attraverso un sistema proporzionale. Un sistema che non spingesse verso una determinazione monolitica di un unico Partito privando le stesse istituzioni dei giusti pesi e contrappesi.. Principi..tra l'altro.. essenziali nell'identificazione di un sistema democratico. ….. A sua volta... il nuovo Senato espressione delle istituzioni territoriali...non potrebbe mai esercitare bene il suo ruolo in considerazione del merito espresso dal nuovo disegno di legge: Diciamo.. un ddl ancora da definire nei dettagli, ma che creerà di sicuro conflitti con una politica territoriale già di per sé vincolata a precisi, logistici e persino temporali.. condizionamenti locali.

Si aspettano ancora dei passaggi cruciali in ambedue le Camere per l'approvazione definitiva per poi passare al referendum popolare: Il ddl tocca in breve questi essenziali punti: La durata del mandato, immunità e indennità, l'iter delle leggi, lo stato di guerra, le leggi di iniziativa popolare, i referendum popolari propositivi, il quorum per l'elezione del Presidente della Repubblica, lo statuto delle opposizioni, l'elezione dei giudici Costituzionali, il Titolo V, l' abolizione del Cnel e delle province, il giudizio preventivo sulle leggi elettorali. Questi argomenti dovranno ancora essere meglio definiti e filtrati, ma il gioco sembra ormai essere fatto data la dimostrazione più che chiara che ciò è quello che una mediocre politica, nel bene o nel male, ha dimostrato di volere.

Sarebbe stato più utile partire da un principio di suddivisione dei ruoli..ossia..da una logica che potesse vedere organi parlamentari separati da quelli amministrativi.. per giungere ad una differente funzionalità delle due Camere al fine di dividere i lavori nel merito e nel metodo. La Camera del Senato sarebbe risultata più utile se avesse avuto il fine di portare avanti un ruolo di chiara politica amministrativa seguendo nel metodo anche l'attività delle amministrazioni comunali. Mentre l'attività politica di base, attraverso il ruolo dei Partiti (adeguatamente ridisciplinati) avrebbe potuto seguire la strada di una vera politica Nazionale anche in relazione alla politica regionale territoriale. Il tutto non privo da una valutazione basata su un consenso separato. Una espressione di consenso espressa per merito e per metodo in direzione delle composizioni delle due Assemblee.

Il principio fondamentale dettato dall’esigenza di dividere meglio il ruolo amministrativo da quello della politica di ricerca e parlamentare, ha molta importanza per la nostra particolare Nazione nel suo insieme. Il Paese necessita di un indirizzo chiaro richiesto dai cittadini che vi vivono e vi lavorano e dove gli stessi esprimono una volontà attraverso un voto favorevole in direzione di un programma politico nazionale comune.. pur vivendo in un contesto locale ben diverso. Ma se la visione futura vorrebbe essere quella di una politica nazionale intesa come servizio che impegni il Paese in un unico Stato.. anteposta ad ogni altro principio che regola le leggi ed i rapporti con i territori, si deve pur tener conto delle necessità di un percorso che segua i principi di una cultura locale a protezione dei valori territoriali delle singole Regioni.

In riferimento alle elezioni amministrative, si dovrebbe tenere in considerazione il momento storico in cui si guarda con sempre maggior interesse ad un federalismo diretto verso le Regioni, ma con un occhio particolare ad una indipendenza amministrativa più logistico strutturale che di politica in se. Secondo questa valutazione, le Regioni, hanno ancora necessità di una politica di base locale, poiché si impone per un bisogno legato alla loro storia ed una più diretta protezione delle attività culturali allacciate alla tradizione, quindi anche a protezione di una qualità. A differenza che in campo Nazionale, per le elezioni regionali, si impone un modello diverso..Così come sarebbe più utile favorire maggiore forza alle amministrazioni comunali.

La strada di questo DDL Boschi non sembra guardare al momento storico contraddicendo l'interesse di un federalismo diretto verso le Regioni... e penalizzando di sicuro la forza stessa delle amministrazioni comunali..Quale potrà dunque essere l'effetto di questa riforma su tutto il territorio?





10 ott 2015

Nuovo articolo del consigliere Cacopardo sul caso Marino

Il caso Marino non è chiuso: ne sentiremo ancora parlare per qualche tempo, soprattutto in termini di caso umano. Poi, il professore dovrebbe rinfoderare le velleità politiche e tornare alla scienza, dalla quale proviene e dalla quale si è inopinatamente allontanato.
Le questioni che ha sollevato, nel dimettersi, il sindaco di Roma sono quattro.
La prima consiste nel tentativo di esercitare il vecchio e abusato ricatto morale: «Io sono contro la mafia. Chi mi è nemico è amico della mafia.» Ovviamente, si tratta di un cinico stilema che dovrebbe spingere i critici e gli oppositori nella melma della mafiosità. Dovranno stare attenti i responsabili politici della capitale (compresi i vergini a 5 Stelle) a entrare nella strada scivolosa del distinguere sempre e comunque tra mafiosi e antimafiosi. Roma non è una città mafiosa, anche se il crimine vi si è ampiamente insediato a opera di bande locali e non. È una città con mille problemi derivanti dal passato e dal presente e da una serie di ipocrisie che hanno consentito a gruppi affaristici con connotazioni criminali di prosperare. Una delle prime operazioni da compiere, è quella di scavare nel complesso e articolato mondo della cooperazione che, come abbiamo visto, si è lasciato facilmente infiltrare. E, per la macchina comunale, insistere sino all’esasperazione nell’operazione trasparenza, nella quale va introdotto il confronto patrimoniale dei dirigenti (gli ingiustificati arricchimenti personali e familiari).
La seconda questione sollevata riguarda il rapporto con la maggioranza Pd-Sel, messa sotto accusa, in quanto spettatrice poco attenta e poco impegnata nel sostegno (per la lotta alla mafia) al sindaco e alla sua giunta. Le condizioni politiche per continuare il percorso di cambiamento (antimafioso) sono quindi venute meno.
Anche qui, siamo alle prese con un artificio retorico per scaricare su altri responsabilità e colpe che sono proprie del sindaco. Fra parentesi, ma non tanto, Marino, interrompendo, se l’ha interrotto, l’andazzo paramafioso, ha compiuto solo una parte del proprio dovere, visto che, per la rimozione dei responsabili dei dipartimenti coinvolti nel malaffare, si è dovuto aspettare una fin troppo benevola relazione del prefetto di Roma Franco Gabrielli.
La terza asserzione, connessa alle precedenti, ribadisce il tema del cambiamento. Dice il primo cittadino (ancora in carica): «… ho impostato cambiamenti epocali, ho cambiato un sistema di governo basato sull’acquiescenza alle lobbies, ai poteri anche criminali …» Quindi, coloro che gli hanno voluto imporre le dimissioni sono espressione di quelle lobbies e di quei poteri criminali. Una primitiva concezione duale della società e del mondo: buoni-cattivi, bianco-nero. Un pensare manicheo, utile a un’autoassoluzione più che a un’analisi critica dell’accaduto e dei due anni e mezzo di governo cittadino.
Quarta, ma non ultima, la minaccia di revocare le dimissioni entro 20 giorni.
Anche se tutta la rancorosa (era difficile che non lo fosse) dichiarazione di Ignazio Marino è impostata sul già segnalato contrasto buono (lui medesimo) cattivi (mafiosi e alleati), quest’ultima affermazione ha il senso di una minaccia proprio in stile mafioso. Lo capisce anche un bambino che i 20 giorni, legati alla presenza di numerose agende contenenti la lista dei favori richiestigli e dei nomi dei richiedenti, rappresentano, nelle intenzioni del sindaco, una pistola puntata verso il Pd, in vista di un nebuloso futuro politico.
Proprio per ciò che abbiamo analiticamente esposto, il caso Marino sarà presto chiuso. Con altre ferite. Con altre minacce. Con altre accuse. Ma senza alcuna possibilità di un ritorno all’onore delle cronache politiche.
Restano sul terreno varie vittime, oltre i cittadini romani alle prese con gli aggravati problemi quotidiani, dalla pulizia delle strade, alla viabilità, ai servizi cittadini. La vittima principale si chiama Matteo Orfini. Per ragioni che non sono ancora chiare, scoppiato lo scandalo di Mafia capitale, il giovane poulet di quella che fu la nobile scuola di D’Alema, s’è infilato nella mischia, accettando (o forse rivendicando) la nomina a commissario del suo partito romano, quello in cui era nato e cresciuto politicamente. Sia lui che Matteo Renzi hanno ignorato l’aurea regola di indicare sempre come risanatore di una situazione compromessa un soggetto estraneo al contesto. Cosa che, fisiologicamente, Orfini non era. E Matteo Renzi ha anche ignorato un altro antico, ma sempre attuale adagio: è meglio l’originale che l’imitazione. Ovviamente, non nel senso che D’Alema sarebbe stato un commissario ben più autorevole ed efficace (e lo sarebbe stato) di Orfini, ma nel senso che nella vita vanno preferiti figure e protagonisti, rispetto a copie e figuranti di ben diverso spessore. 
Comunque, la difesa di Marino (brutalmente ingrato) messa in campo da Orfini è ingiustificabile: anche se ragioni politico-elettorali militavano per il sostegno al sindaco, la realtà era sotto gli occhi di tutti e non doveva essere ignorata. Se la chiusura della sua esperienza fosse avvenuta prima, il logoramento sarebbe stato minore e le possibilità di riproporsi più consistenti.
L’altra vittima è il Pd romano. Sarà capace Renzi di rigenerarlo per offrire ai cittadini della capitale una credibile opzione diversa dal Movimento a 5 Stelle?
Il compito è impossibile per le brevità dei tempi. Realisticamente, potrebbe affidarsi all’usato sicuro, cioè a Francesco Rutelli (le ragioni della sua sconfitta nel 2008 andrebbero approfondite), la cui esperienza in Campidoglio è stata esemplare sia per il Giubileo 2000 che per il complesso di opere avviate e realizzate, senza che il vento degli scandali sfiorasse lui e la sua giunta. Sia per l’inaspettata efficienza (relativa) della macchina municipale, mai come allora utilizzabile e presente. Oppure, con un atto di grande coraggio, convergere su un uomo nuovo come Marchini, la cui storia familiare può attirare il voto del Pd oltre che quello delle forze di centro-destra prive di un candidato con possibilità di vittoria. Se Marchini sfondasse con l’appoggio del Pd, si tratterebbe di una mezza vittoria, sempre meglio di una totale sconfitta. Tutto questo, per evitare alla capitale un’esperienza grillina che aggiungerebbe sciagura a sciagure.
Un’ultima considerazione sul sindaco uscente: il complesso di notizie riguardo ai suoi comportamenti e alle sue parole (dagli inviti per il viaggio a Filadelfia, ai munifici mecenati, ai pranzi con esponenti vari, che hanno tutti smentiti), se confermato anche dai riscontri giudiziari sulle spese di rappresentanze, potrebbe delineare il quadro di una mitomania. Sarebbe una patologia, i cui sintomi dovevano essere colti da tempo.

Domenico Cacopardo

9 ott 2015

Marino:Una nota al nuovo articolo di Domenico Cacopardo





Marino si è dimostrato totalmente inadeguato..ma di chi è la colpa maggiore: Sua..o di chi lo ha imposto a presiedere l'amministrazione di una città complessa e difficile come quella di Roma?


Sappiamo ormai tutti che il PD di Renzi, nonostante le evidenti incessanti leggerezze di Marino, abbia dovuto sostenerlo negli ultimi tempi al comando della capitale per un palese motivo. La ragione è quella di nuove elezioni che vedono nei sondaggi il Mov 5Stelle in chiaro vantaggio. 
Renzi non essendo uno sprovveduto ha, in un certo senso, costretto e sacrificato la Capitale lasciandola in mano ad un incapace amministratore. Credo che in questo caso..il machiavellico Premier.. nella faccenda..abbia altrettante responsabilità.. anche se ben nascoste e camuffate.

Con questo articolo Domenico Cacopardo mette in evidenza l'imperizia, oltre l'ostinato pressappochismo, di un sindaco di Roma assai dedito a spendere in modo irriguardoso attraverso un fondo spese in modo non del tutto corretto..per poi mentire spudoratamente. Ma è l'impudenza..unita alla successiva implicita ammissione, quella che lascia ancora più attoniti.... E' il suo parlare di regalo (rispetto a 20.000 euro che vorrebbe adesso donare alla città) che colpisce rendendolo patetico .. in considerazione del fatto che quelle sono sempre risorse di denaro che appartengono in ogni caso all'amministrazione.

Tutto ciò non fa che dimostrare, oltre alla poca attenzione ed al rispetto che avrebbe dovuto alla sua città..una totale incapacità nella stessa gestione del suo cammino politico amministrativo. Una vicenda oltre che squallida..misera.. di cui tanti nel PD sono responsabili!

vincenzo cacopardo
                                                          


 Scrive Domenico CacopardoEra fatale che la squallida vicenda di Marino, lo scienziato prestato alla politica finisse in malo modo. Solo il provincialismo del gruppo dirigente dei Ds poteva accoglierlo a braccia aperte senza indagare sulle ragioni del suo improvviso abbandono dell’UPMC (University of Pittsburgh Medical Center) e delle altre posizioni che derivavano da tale rapporto. Fassino, allora alla guida dell’exBottegone, non ci ha messo un minuto a inserirlo nelle file di un partito che, un tempo, prima di concedere la tessera di iscrizione a un neofita, ne osservava per mesi comportamenti, ambiente familiare e spirito di servizio.

Invece no. Come nel caso di Abbiamo una banca era il momento di dire Abbiamo uno scienziato.

Eppure, nel giro di qualche mese, le indiscrezioni sulle ragioni reali delle sue dimissioni dall’Ospedale di Pittsburg erano cominciate a circolare. E, nonostante ciò, Marino aveva avuto il coraggio di candidarsi anche alla segreteria dei Ds, all’ultimo congresso prima della nascita del Pd.
Addirittura, Il Foglio nel 2009 (condannato per diffamazione con una sentenza che non mette in discussione il testo della documentazione qui di seguito riportata, ma solo la sua interpretazione) aveva pubblicato la lettera con la quale Pittsburg lo aveva, in sostanza, messo alla porta. Il punto centrale del documento riguarda i rimborsi spese: 
"Come Lei sa, nell’iter ordinario necessario a elaborare le Sue recenti richieste di rimborsi spese, l’UPMC ha scoperto che Lei ha presentato la richiesta di rimborso di determinate spese sia all’UPMC di Pittsburgh sia alla sua filiale italiana. Di conseguenza è stata intrapresa una completa verifica sulle sue richieste di rimborso spese e sui nostri esborsi nei Suoi confronti. Tale verifica è attualmente in corso. Alla data di oggi, riteniamo di aver scoperto una serie di richieste di rimborso spese deliberatamente e intenzionalmente doppia all’UPMC e alla filiale italiana. Fra le altre irregolarità, abbiamo scoperto dozzine di originali duplicati di ricevute con note scritte da Lei a mano. Sebbene le ricevute siano per gli stessi enti, i nomi degli ospiti scritti a mano sulle ricevute presentate a Pittsburgh non sono gli stessi di quelli presentati all’UPMC Italia. Avendo sinora completato soltanto una revisione parziale dell’ultimo anno fiscale, l’UPMC ha scoperto circa 8 mila dollari in richieste doppie di rimborsi spese. Tutte le richieste di rimborso spese doppie, a parte le più recenti, sono state pagate sia dall’UPMC sia dalla filiale."

Marino replicò immediatamente, spiegando che La lettera, secondo il Foglio, contesta alcune irregolarità amministrative, in particolare su rimborsi-spese per circa 5 mila euro, erroneamente presentati. Chiariamo subito un primo aspetto: quella lettera è una normale corrispondenza di fine collaborazione di lavoro. In un contesto come quello statunitense, dove valgono i principi di merito e responsabilità, è normale che i privilegi che si accompagnano ad un incarico cessino al termine dell’incarico stesso, e che questo avvenga anche attraverso comunicazioni formali. Tra l’altro a quella lettera ne è seguita una seconda, firmata dal mio avvocato, che rettifica in maniera sostanziale il contenuto della prima. Quanto alla vicenda dei doppi rimborsi quello che il Foglio non dice è che fui io stesso ad accorgermi di alcune imprecisioni e a comunicarle all’amministrazione.



È evidente un contrasto non marginale tra il testo della lettera e le spiegazioni di Marino. Sosteneva infatti Joffrey Romoff, n. 1 del Centro medico dell’Università di Pittsburg, riteniamo di aver scoperto una serie di richieste di rimborso spese deliberatamente e intenzionalmente doppia all’UPMC e alla filiale italiana.



Le spiegazioni dell’attuale sindaco di Roma, quindi, non spiegano nulla, visto che le affermazioni di Romoff non risultano contestate né in privato né in sede giudiziaria. 

Pittsburg, però, non tace di fronte ai chiarimenti di Marino e invia al Foglio una mail nella quale Paul Wood, Vice President, Public Relations, University of Pittsburgh Medical Center precisa che irregolarità nella gestione finanziaria furono portate alla luce dal servizio di audit di UPMC – e non dal Dr. Marino. 

C’è un altro punto sul quale chi ha una certa dimestichezza con l’ambiente americano (e il suo rigido moralismo professionale) non può convenire con il chirurgo: che la lettera dell’UPMC, sia una normale chiusura di rapporto, nel normale linguaggio in uso al di là dell’Atlantico. Il lunghissimo documento di fine rapporto, contiene un’accusa (sui doppi rimborsi) gravissima e che colpisce la figura professionale del chirurgo.

Veniamo alla Roma disgraziata di questi giorni (garantita da un assessore alla legalità, il magistrato Alfonso Sabella) (quanti guai produce all’ordine giudiziario quest’andare e venire da incarichi politici, foglia di fico delle amministrazioni!): la dichiarazione del sindaco di restituire alle casse comunali 20.000 euro di spese di rappresentanza da lui sostenute è un ennesimo pasticciato passo falso, forse obbligato dalla realtà reale, quella che conosce solo lui. Purtroppo non estingue il reato eventualmente commesso (art. 640 codice penale, truffa, aggravata dall’essere stata eventualmente messa in atto nei confronti dello Stato) e costituisce un’implicita ammissione di colpa o di errore o di leggerezza amministrativa. 

Dopo alcuni mesi di follie, il Pd romano, il cui commissario, Matteo Orfini, è sprofondato nella melma(dovrebbe chiarire bene il perché di questo sostegno usque ad finem del chirurgo), non può passare la mano al Pd nazionale e deve risolvere il problema, a costo di perdere il comune. Roma è al capolinea. 

Matteo Renzi l’ha capito benissimo e ha posto l’ultimatum: dimissioni del sindaco e/o degli assessori e dei consiglieri comunali del Pd.
La giornata di ieri è andata avanti in modo convulso, sino alla convocazione dei consiglieri comunali nella sede nazionale del Pd. 
Prima, tutti gli assessori si sono presentati dal sindaco per invitarlo a un atto di responsabilità. 
Poi, d’improvviso, poco prima delle 20, le dimissioni di Marino chiudono una vicenda disgraziata per Roma e per l’Italia.
Non c’erano alternative alle dimissioni subito e al commissariamento e alla fine la ragione ha prevalso. 

Ora, al di là di ogni questione procedurale, sono in primo piano l’oggi e il futuro immediato (un Giubileo e un irrecuperabile ritardo nella gestione delle poche opere necessarie per realizzarlo): si è atteso troppo (debolezza di Renzi verso un Orfini soverchiato dalla situazione), e non si può aspettare oltre.

Ps: purtroppo sono mesi che ItaliaOggi, in modo oggettivo e sereno, sostiene la tesi della necessità dell’uscita di scena di Ignazio Marino, per il bene di Roma e del Paese.
Domenico Cacopardo

8 ott 2015

la rischiosa strada del "credere di sapere"

A volte..quando ascolto alcune figure del Governo presieduto da Renzi..mi vengono in mente le parole di Oscar Wilde quando riteneva alcune persone “capaci di parlare del niente.. proprio per il fatto che è ciò di cui conoscono tutto”...

Se oggi Matteo Renzi viene osannato, è solo perché lo vuole un certo potere non visibile.. che promuove le figure e muove le sue marionette in un palcoscenico in cui sembra essere il vero padrone assoluto. E’ del tutto evidente che il personaggio sia stato volutamente pompato! Per i suoi possibili legami con quei poteri e i suoi interessi per definire meglio la propria forza in seno ai grandi gruppi imprenditoriali del paese.. Il giovane politico, pur nell’apparente immagine del nuovo, sembra adeguarsi e procedere secondo le regole di un vecchio sistema.

Renzi… per la sua innovazione.. preferisce guardare al potere e non alla funzionalità di un sistema! Con furbizia e ambiguità, continua a metterla sul piano del “si o del no” senza tener conto del merito stesso delle riforme. Persevera sul definire gufo chi non la pensa come lui.. Tende a costruire una falsa contrapposizione tra chi le riforme le vuole e chi no, tralasciando il fondamentale aspetto inerente le stesse... volendo fare apparire chi non è d'accordo col le sue riforme.. alla stregua di chi non vuole un cambiamento... Ha sempre agito così.. con quella determinazione di chi è consapevole che con questa strategia potrà uscirne vincente: Approfondire meno...contrapporsi con forza.. per ottenere di più! 

Vi è poi un altro scopo da non sottovalutare..e cioè quello di dover tenere impegnata una gran massa di cittadini su questo gioco al fine di distrarla da questioni sociali più impellenti e poterla far sfogare tra urla ed offese..che al contrario, se spinte in altre direzioni, potrebbero riaccendere attenzioni e nuocere assai di più.

Per far questo il Premier Renzi, come volesse apparire paladino e vero restauratore del processo istituzionale del nostro Paese, opera attraverso tagli e soppressioni... senza mirare principalmente ai risultati qualitativi che dovrebbero trovare riscontri su una vera funzionalità del sistema: Taglia una Camera (senza in realtà fornire un vero reale progetto alla sua funzione).. si muove per una legge elettorale del tutto priva di fondamenti relativi ai principi di una democrazia (con ricchi premi di maggioranza e soglie limitate)...non si adopera per una principale riforma verso i Partiti, etc... il tutto condito da una operazione di restauro populista attraverso tagli qui e là..un po' ovunque, al fine di accogliere su di se un consenso..forte della percezione che.. in tanti oggi... ignorano la reale visione del complicato meccanismo politico istituzionale.

L'interesse.. quindi.. è soprattutto quello di distrarre...di non far pensare oltre il dovuto...di far sfogare attraverso il gioco di una palla in rete..per evitare che ci si possa impegnare con più attenzione in temi sociali molto più profondi, delicati e di interesse ad un'esistenza in comune. Credo che la domanda più chiara e semplice da rivolgere oggi ai cittadini dovrebbe essere questa: - Vogliamo vivere in un regime democratico parlamentare con interminabili discussioni che definiscono comunque una libertà sulle idee cercando di promuovere un cambiamento atto a migliorarne la funzionalità... o preferiamo quel decisionismo governativo scevro da ogni dialogo parlamentare e ristretto nelle idee?...Per farla breve un regime assoluto che prevarichi ogni dibattito in seno alle forze politiche. Teoricamente basterebbe porre questo quesito attraverso un referendum per chiudere ogni storia!..Ma la faccenda è assai più complessa, poiché per rispondere ad una tale domanda.. occorrerebbe da parte del popolo.. una preparazione sulla politica e sulle istituzioni che molti non hanno...una conoscenza cui molti non sembrano interessarsi.

Se Berlusconi è stato l’emblema di chi ha preteso di governare senza aver intuito l’importanza di una azione proveniente dal basso…Renzi, per il suo forte carattere ambizioso ed arrivista, potrebbe rappresentare la figura politica tendente ad avvalorare un identico concetto di governabilità stabilità dall’alto.. sostenuta dalla forza del suo "credere di sapere". Un inaccettabile percorso di governabilità che non potrà mai portare frutti validi e duraturi finchè una nuova politica costruttiva non metterà radici spingendoci verso un più illuminato concetto di funzionalità.


La politica non muove più passi in avanti proprio per la mancanza di una ricerca di vera innovazione... un percorso che possa veramente essere utile al funzionamento delle stesse istituzioni. Nei talk televisivi non si fa che sentire la solita cantilena sui tagli e sui costi, ma in concreto nessun politico riesce ad esprimere una nuova visione della politica attraverso una forma mentis rivoluzionaria attraverso la ricerca di nuove formule, lasciando le istituzioni in continue controproducenti anomalie.
vincenzo cacopardo

7 ott 2015

La riforma costituzionale e l'esempio di DeGasperi


L'esempio di De Gasperi inconciliabile con la irriverente determinazione odierna
di vincenzo cacopardo

Non potrebbe mai esserci la desiderata collaborazione ed il rispetto dovuto in una fase di riforma della Costituzione come quella di oggi voluta esclusivamente da un Premier altero.. nemmeno votato alle elezioni politiche. Poco o niente può valere il fatto di riconoscere che.. al momento.. non si intravede alcun altro politico capace di imporsi con tale determinazione e fermezza..non lontana da un'arroganza. Bisognerebbe prendere esempio da politici come De Gasperi, per riconoscere la grande percezione su temi tanto delicati...quanto circondati da conflitti e possibili anomalie: Ricordiamoci che.. esaurita la fase preparatoria, De Gasperi partiva con un’Assemblea Costituente nella quale la sua DC aveva la maggioranza relativa dei seggi (207), ma rimaneva indietro di 12 unità rispetto al blocco socialcomunista (219 deputati).

Certo i tempi sono molto cambiati... ma è lo spirito della Costituzione che non può che rimanere lo stesso di quello che animò i padri costituenti..e cioè quello che vede nei valori comuni della nostra società (una società sicuramente cresciuta) un punto di incontro dal quale non ci si può estraniare. Valori che impongono chiari principi ed un rispetto sia nel metodo che nel merito. 

Nel merito: De Gasperi, senza essere un giurista.. nè un costituzionalista, aveva comunque idee molto chiare di politica costituzionale, e soprattutto la dura esperienza dal primo dopoguerra alla sconfitta del fascismo e del nazismo, lo avevano convinto che presupposto indeclinabile della ricostruzione italiana era, nelle nuove leggi fondamentali, l’instaurazione di una democrazia fondata sulla libertà, bene supremo. Inoltre la democrazia rappresentativa, espressa dal suffragio universale, fondata sull’eguaglianza dei diritti e dei doveri, doveva essere animata dallo spirito di fraternità. Si doveva affermare anche la netta distinzione dei poteri dello Stato, efficace garanzia della libertà politica.

Nel metodo: De Gasperi, allora Presidente del Consiglio per tutta la durata dell’Assemblea costituente, apparve come estraniato dal lavoro di formazione del testo costituzionale, tanto che l’on. Palmiro Togliatti ebbe poi a sottolineare, ma a torto, una sorta di indifferenza di De Gasperi per i problemi costituzionali. In realtà, l’allora Presidente del Consiglio scelse di proposito una linea di non interferenza governativa nell'elaborazione della nuova Costituzione, con un riguardo giustificato anche dall’eterogeneità delle componenti partitiche dell’esecutivo. Questo scrupolo di non mescolare attività di governo ed attività costituente si rivelò particolarmente avveduto dopo la svolta del maggio 1947, realizzata con l’avvento del Ministero De Gasperi-Einaudi, per meglio affermare la distinzione dei due livelli di azione dell’Assemblea, garantendo la continuità di clima collaborativo nella fase conclusiva del lavoro delicato offerto in favore della nuova Costituzione.

Tutto ciò che oggi possiamo esser sicuri di non vedere e che... per l'arroganza di un premier.. trascina il dibattito politico di una riforma di particolare riguardo..come quella costituzionale.. in un orribile spettacolo.   

Demagogia e populismo governativo.


di vincenzo cacopardo
Se tutto ciò che esprime il movimento 5 Stelle, la lega di Salvini..ed altri giovani movimenti..viene oggi identificato come demagogico e populista, non può di certo sfuggire quanta demagogia e populismo dall'alto viene espressa nelle riforme del Governo del sindaco d'Italia Renzi.

Quando si parla di demagogia e populismo si tende quasi a far credere che siano atteggiamenti dispregiativi ideologici provenienti unicamente dal basso ..ossia espressi dai sentimenti del popolo ..dalle piazze e da quei cittadini che non si sentono protetti e che reagiscono di impulso. Tuttavia la demagogia.. (termine di origine greca composto di demos, “popolo", e agein, "trascinare") indica un comportamento che, attraverso false promesse.. vicine ai desideri del popolo, mira ad accaparrarsi il suo favore. Ma è proprio il politico demagogo che fa leva sui bisogni sociali latenti, alimentando paure nei confronti dell'avversario politico e confondendo quindi il popolo. Dunque la demagogia resta una condotta proveniente sempre dall'alto.

A sua volta.. il populismo..rimane un atteggiamento ideologico, culturale e politico che, sulla base di principi e programmi ispirati al socialismo, esalta in modo demagogico e velleitario il popolo come depositario di valori totalmente positivi. Il suo significato viene spesso confuso con quello di demagogia.. Nel nostro Paese il populismo è stato usato come accezione negativa nei confronti del fascismo e di vari movimenti leaderistici, spesso affini alla destra, ma anche al centro-sinistra. Il populismo, che può spesso rivelarsi autoritario, è anch'esso sempre condotto e diretto dall'alto.

Ora..quando certi movimenti politici non facenti parte dell'asse governativo, si esprimono in favore del popolo (e cioè dal basso).. vengono subito etichettati come populisti nel senso più dispregiativo. Quando ,al contrario, è il governo ad esprimersi in termini demagogici.. tanto da risultare più populista di altri, il tutto viene celato da un bisogno di determinazione(dall'alto) quasi giustificato.
Guardando alle riforme costituzionali che si stanno discutendo relative al Senato combinate con la legge elettorale, si ha la netta percezione di quanta demagogia dall'alto vi sia espressa nel contenuto di queste e come questa sia condotta con la forza di un determinismo molto simile a quell'autoritarismo tendente ad accattivarsi il favore del popolo.