Il NO è suonato da molti tromboni
È
un NO a un percorso che porta l'Italia fuori dal guado
di
Domenico Cacopardo
La
fragilità del «Sistema Italia» torna a emergere in tutte le sue
insospettabili dimensioni ancora oggi, quando l'ipotesi «Brexit»
(l'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea a seguito del
referendum che si celebrerà il 23 giugno) cresce nell'opinione dei
sondaggisti che danno sempre più vincente –anche se con margini
modesti ma netti- il Sì.
Se
non ci fosse l'ombrello aperto anche su di noi, soprattutto su di
noi, da san Mario Draghi da Francoforte, lo «spread», già
cresciuto sensibilmente, avrebbe raggiunto i livelli che, nel 2011,
spinsero, per l'ardita manovra di Napolitano in accordo con la
Merkel, il governo legittimamente (per vittoria elettorale) in
carica, diretto da Berlusconi, alle dimissioni, consentendo così la
costituzione del governo Monti e tutto ciò che ci è noto, compreso
quel «Fiscal compact», inaccettabile per contenuti, forme e
soprattutto sostenibilità.
Da
qualsiasi punto di vista lo guardiamo, quell'episodio dev'essere
considerato un vero e proprio commissariamento comunitario
dell'Italia operato con forme e contenuti che, formalmente, cioè
ipocritamente, salvaguardavano la sovranità nazionale.
E
la cosa era così nota e considerata ineluttabile da tutti, che i
partiti maggiori e minori presenti in Parlamento votarono senza
battere ciglio le varie norme, anche le più assurde o sbagliate
(vedi Fornero), che il governo Monti proponeva.
Quest'antefatto
fornisce una chiara e logica interpretazione di ciò che è accaduto
dopo. Le elezioni del 2013 con il successo della banda grillina,
l'assenza di una maggioranza, e Napolitano costretto a promuovere
una grande alleanza sinistra-destra per avviarcon il Pd di Bersani
«non sconfitto»e (senza più il ricorso all'elemento estraneo) un
processo di riforma costituzionale e di riforme di struttura, capace
di ricondurre l'Italia nell'alveo del pacchetto di regole e di
modalità di governo della società e dell'economia praticato
nell'Europa comunitaria e, perché no, nel resto del mondo avanzato
(a parte la Cina).
L'inefficienza
ontologica di Enrico Letta costrinse ben presto il presidente della
Repubblica e il neoeletto segretario del partito di maggioranza, a
costituire un nuovo governo, diretto, appunto, da Matteo Renzi e
fondato su una effimera prosecuzione dell'accordo sinistra-destra
(Patto del Nazareno) saltato sulla mina dell'elezione del presidente
della Repubblica, Mattarella.
Se
non abbiamo presenti queste condizioni esogene ed endogene, ci viene
difficile capire il punto cui siamo arrivati, la strada percorsa,
quella da percorrere e le criticità, vaste e irrisolvibili nel
breve, che rendono l'Italia un Paese fragile politicamente,
economicamente e socialmente.
L'inquadramento
del momento che attraversiamo nella vicenda di questi ultimi dieci
anni, ci porta a considerare, quella attuale, la tratta di un lungo
percorso che ci porterà in tempi non lontani a un assetto
politico-legislativo pienamente compatibile con la presenza
nell'Unione. Solo così la questione del debito pubblico può essere
sminata in modo da permettere che il problema sia affrontato in
Italia e a Francoforte con strumenti accettabili e gestibili
nell'ambito del nuovo assetto istituzionale. È fondamentalmente
questa, la ragione per la quale si deve approvare la riforma
costituzionale che abolisce il bicameralismo paralizzante ora in
vigore.
Sembra
che, nell'affrontare la questione (come le altre oggetto di leggi di
riforma), il governo si sia dimenticato di chiarire, ai cittadini
italiani, di essere una formazione transeunte che si inserisce tra il
governo commissariale di Monti, quello senza nerbo né un progetto
coerente (nel senso che abbiamo spiegato) di Enrico Letta, e il
governo del futuro quello che uscirà dalle prossime elezioni, con
premio di maggioranza di lista e ballottaggio. In un contesto nel
quale gli obblighi europei sono forti e condizionanti e che, tutto
sommato, l'attuale elasticità e l'indulgenza di Bruxelles sono
strettamente collegate a questo medesimo governo e a un disegno
riformista ritenuto coerente con le esigenze del Paese e dell'Unione.
Diventa
difficile, quindi, giustificare con argomenti razionali il voto
contrario nel referendum costituzionale, annunciato con parole
solenni e retoriche da tanti personaggi del passato.
Risulta
parimenti –e peggio- incomprensibile accettare, senza una semplice
contestazione, l'istinto suicida che ha colto molti esponenti della
sinistra storica che si scalmanano a dichiarare che voteranno
grillino. Penso a una persona per bene in particolare, a Vincenzo
Vasile, storico giornalista dell'Unità, personalità del mondo
dell'informazione democratica e antimafia palermitana, uomo senza
macchia e senza paura che, su un social, dichiara di votare la
grillina Virginia Raggi, rifiutando il voto a Roberto Giachetti.
Sembra
che così si dichiari di essere orfani di Berlusconi e del primitivo
gioco dello scontro buoni-cattivi, si immagini di sostituire il
cavaliere con un simil-cavaliere, impersonato da Matteo Renzi,
l'usurpatore dell'ortodossia (quale? Quella comunista, postcomunista,
democristiana?), e si voglia liquidare l'idea, discutibile, ma
attuata, di dotare l'Italia di un partito democratico, cioè moderato
e riformista, capaci di portare a sintesi le esigenze dell'Europa e
della sua economia, e una politica «light» di gestione dei
sacrifici. E che questo sia il «mood» di questo governo, di questa
gestione, lo si può capire solo confrontando le dure ricette attuate
in Portogallo, Spagna, Irlanda e Grecia e le lievi (in termini
comparativi) decisioni italiane in tutti i campi della spesa
pubblica.
La
ragione, ecco, la ragione dovrebbe prevalere. E dovrebbe ricordare a
tutti coloro che hanno raggiunto gli anta che ci sono alcuni
discrimini invalicabili in questa Nazione: uno è quello del
fascismo, anche di ritorno, e l'altro è quello dell'antagonismo
stragista, sempre in agguato. Nei confronti del secondo,
ricordiamolo, il Pci di Berlinguer si assunse l'impegno di difesa
democratica supremo, la delazione: denunciare i compagni collusi. Ci
fosse un'emergenza democratica vera oggi ci sarebbe qualcuno, nella
sinistra storica, capace di rischiare la vita come Rossa per la
difesa della Patria? Questo è il problema esistenziale di tanta
gente che non deve essere abbandonata dalla politica e portata a
contribuire, a destra, al centro e a sinistra, al suo consolidamento
e diffusione.
IL
SI..INVECE..SUONA I TAMBURI DI UNA PIU' COMODA OLIGARCHIA
di vincenzo cacopardo
In
questo articolo Domenico Cacopardo sembra far trasparire una “forma
mentis” bloccata ancora sulla visione di una repubblica del passato
fondata su logiche e paradigmi ormai vecchi. Questa sua analisi.. nella
lettura..appare impedita da un pensiero che
non ci appartiene più..poichè gli errori sono stati tanti e le
conseguenze inevitabili...Primo di tutto l'Unione Europea che è
risultata un sciagura... Su di essa non si può più approfondire
alcun argomento che possa reggere... Giorno
dopo giorno si dimostra quanto questa Unione stia portando
alterazioni ad un sistema internazionale che non riesce a premiare la
sua crescita in un contesto globalizzato e che svantaggia tante Nazioni
che ne fanno parte tra cui la nostra. Questa Europa è la
inspiegabile dimora di Paesi che non trovano una solidale politica a
beneficio della sua stessa Unione..sia in tema economico.. che
politico e sociale.
Domenico sa bene che e' da tempo che si parla della mancanza di una politica internazionale che possa vedere in lungimiranza... attuando meno vincoli e misure restrittive per chi sfora l'impegno alla stabilità. Ci si comincia ad accorgere in gran ritardo di quanto sia in pericolo la nostra economia e quanto insidiose le molteplici reazioni populiste messe in evidenza.. giorno dopo giorno.. nei vari Paesi.
Malgrado gli enormi sforzi e le grandi sofferenze sopportate dai cittadini del nostro Paese..sembra che sia veramente impossibile ridurre il debito.. soprattutto in mancanza di una crescita del PIL che proprio per via di certe direttive europee si impongono... e fino a quando la crescita del Pil rimane vicina allo zero o di poco maggiore.. i tassi di disoccupazione saranno destinati a rimanere altissimi. Inoltre la politica del premier Renzi (per lo più imposta dalla stessa Europa)..malgrado la concitata comunicazione....non è riuscita a definire una vera via strategica operando con manovre a debito di convenienza elettoralistica e senza idee innovative sul lavoro più adatte e consone al nostro naturale sviluppo. Tutto ciò persino tenendo conto delle operazioni messe in atto da Draghi col QE.
Nella
sua esplicita analisi storica della politica degli ultimi anni Domenico dimentica di indicare la lunga serie di anomalie condotte
persino da Napolitano su ordine di una comunità europea sorda ad
ogni sensibilità di un Paese che ha dovuto ottemperare a sacrifici
enormi e che ha visto nell'Unione perdere ogni suo principio di
qualità e di equità sociale. Le anomalie hanno di conseguenza
continuato a generare conflitti sui quali si è imbastita la sottile
tela delle riforme ideate da Renzi e la sua squadra alquanto
inidonea.
Si
può essere d'accordo con l'articolo di Domenico Cacopardo ..ma non
si può non accorgersi di come tutto questo abbia potuto generare
disgusto e mancanza totale di riguardo verso una politica che per
salvaguardare un principio di governabilità ha dovuto sacrificare il
più importante principio democratico di una repubblica che rimane
parlamentare. Anche se l'insieme
non portasse alla (più volte declamata) “deriva autoritaria”,
lascia intravvedere irrisolto il problema di un equilibrato
funzionamento dell'ordinamento istituzionale in una società che si
dichiara ancora democratica.
Uno
dei dubbi che si rileva in questa riforma pasticciata è il fatto che
non ci si sia impegnati a fondo a guardare con più attenzione in
direzione di un logico funzionamento che ogni sistema democratico
dovrebbe tenere in considerazione e cioè: Che
in democrazia tutto deve nascere dal basso confluendo verso l'alto
(Cittadini-Partiti-Parlamento-Governo)..Una considerazione che
dovrebbe vedere nei programmi e nei Partiti che li supportano.. una
base di partenza sulla quale muoversi
in direzione di una governabilità di funzione e non di scopo
personale. Ciò significava avviarsi in prima battuta su una
prudente ed avveduta riforma sui Partiti...rendendoli più partecipi
e responsabilizzati ( finanche non legati ad interessi sull'
amministrativo) Quindi, in
realtà, non è proprio la riforma (assai poco convincente e
pasticciata) che non convince, quanto il mancato indirizzo verso
un vero funzionamento democratico..Un indirizzo che non si è voluto
ricercare in modo più equilibrato e confacente alla natura politica
del nostro Paese. E' mancato il vero obiettivo.. sia per la smisurata
fretta..che per la supponenza imposta.
Affermare
che il NO al referendum è un percorso che porta l'Italia fuori dal
guado non è per nulla esatto ed è persino forviante se non si entra
nel merito delle riforme volute da Renzi per mano della Boschi. Di fatto si è proceduto persino nel metodo in modo anomalo e
discutibile... Con tutto il rispetto per chi la
pensa per il SI.. che ha tutto il diritto di esprimersi come vuole,
le circostanze per la quali si muove un fronte dei NO è supportato,
oltre che da una considerazione di metodo assai imbarazzante
(mancanza di una Costituente)..anche da quella di una assenza verso
nuove idee in proposito: Come se avessimo perso il treno adatto per
raggiungere quel traguardo tanto agognato...La prova di tutto ciò
sta proprio nelle parole dei tanti politici che propongono quel SI e
che oggi insistono con la retorica frase : “meglio
questo che nulla”! Una frase che
la dice lunga sulla superficialità con la quale si pensa di poter
riformare una Costituzione.
Continuare
a prendersela col Movimento 5Stelle..sminuendo ogni suo lavoro per
cercare di salvaguardare i diritti ed i valori di una società non
può aiutare (anche se in loro possono evidenziarsi difetti di vario
genere)..Ma ha forse dimostrato la politica delle recenti figure del PD o PDL di
saper cambiare e di amministrare con senno ed equilibrio? Ogni
cambiamento merita rispetto.. e di sicuro Renzi al suo Paese, dati i
risultati ottenuti.. non ne ha certo portato!