21 giu 2014

Riforme costituzionali:...un piatto da cucinare in fretta

di vincenzo cacopardo
E così Matteo Renzi..dietro la faccia della bella ministra Boschi (che sembra continuare a ripetere come una studentessa la lezione sulle riforme) intende procedere verso il suo piano di risanamento dell'attività politica istituzionale. 
Sembra chiaro che il programma del sindaco d'Italia, attraverso i suoi modi stravaganti e determinati, intende raggiungere lo scopo di rendere maggiore forza ad un'attività governativa... aprendogli ancora di più il passo verso una lunga durata: Togliere di mezzo una Camera attraverso una riforma che abolisce una nomina diretta dei cittadini, attuare una legge elettorale con un premio di maggioranza del 17%, gli darebbero ampio spazio e condannerebbero la nostra Repubblica ad un nuovo sistema bipolare che mal potrebbe conciliarsi con le nostre istituzioni.
Molti cittadini restano sordi a tutto ciò... poiché non afferrano la funzione e lo scopo di una vera politica democratica (restano sempre indifferenti per ignoranza, per pigrizia o per quella forma mentale ormai radicata che ha inconsapevolmente limitato ogni loro diritto).

Maria Elena Boschi, la bella ministra, prosegue nell'informazione alla stampa non riuscendo minimamente a percepire i grossi dubbi che potrebbero nascere da un sistema che insiste ad imporre una governabilità dall'alto e che prescinde da una logica veduta di una naturale riforma dei Partiti. Parla quasi mnemonicamente con la sua classica sicumera di riforme semplificative che bloccheranno totalmente il sistema di democrazia del paese, non riuscendo minimamente a sensibilizzarsi su una materia che dovrebbe affrontarsi con estrema delicatezza....Ma è chiaramente Renzi che la guida..badando bene che il suo fresco aplomb giovanile... possa far breccia e convincere un po' tutti.
La frase della Ministra in conferenza stampa "non si cambia partner all'ultimo momento". fa tanto pensare a quella visione ristretta di far politica (tipica del Cavaliere)...se ancora si pensa che tutto possa essere ricondotto a questo tipo di patti. Come si può ancora oggi pensare di trattare simili riforme sul piano di accordi? Una visione tanto limitata... quanto più è legata a patti costringenti da rispettare che delimitano ogni esigenza dinamica che in politica non deve mai mancare....Ed anche in questo caso.. la fretta ricavata dalle promesse fatte dal giovane premier nel recente passato... gioca un ruolo che la sua più giovane Ministra non intende costringere: si facciano quelle riforme “perchè non è pensabile, dopo mesi di lavoro, ricominciare daccapo"....come si trattasse di preparare un piatto di pasta in fretta...badando bene di non farlo scuocere..

Questo deleterio modo di affrontare la politica costruito sulla semplificazione e sulla fretta di queste giovanili figure, mal si concilia con la serietà e la profonda ricerca con la quale si dovrebbe procedere: Il sistema non si cambia con i governi! Chi pretende di far ciò dimostra scarsa attenzione per la politica. Il sistema si cambia dal basso solo attraverso i Partiti e quindi con una vera riforma in loro favore! Non mancano oggi i Partiti, ma quei Partiti disciplinati che possano operare attraverso regole più adatte al fine di portare avanti un'azione popolare più costruttiva e funzionale a beneficio della stessa società.
Lascio quindi che Matteo Renzi ed il suo giovane staff di ministre... continuino ad incantare chi è facile preda delle emozioni e delle facili speranze di poter migliorare la funzione del complesso istituzionale del Paese.



nuovo articolo di Domenico Cacopardo





Non vedenti non sapenti 
di domenico Cacopardo 

Ieri mattina, ho ascoltato, intorno alle 9, una trasmissione di Rai1 dedicata alla riforma della pubblica Amministrazione: intervistati la ministra Marianna Madia, compagna del dottor Gianani, figlio di Felice, gran signore di grande professionalità, mitico direttore generale dell’Abi (vicino a Ugo La Malfa), e il giudice costituzionale Sabino Cassese, sulla cui ben nota competenza non mi soffermo.

Madia ha chiarito le tre nuove ragioni per le quali lei e il governo riusciranno, per la prima volta, a riformare la pubblica Amministrazione: 1) la richiesta che sale dal Paese; 2) Renzi premier; 3) la fine dei gruppi sociali di pressione (riferimento esplicito al sindacato).

La ministra (pro-tempore) ignora che la richiesta di riforma dello Stato sale dal Paese dal 1861, salvo il periodo fascista, nel quale non poteva essere espressa. Ignora, altresì, che il primo ministro non assomma tutte le necessarie attribuzioni istituzionali e che, quindi, può svolgere solo una funzione di impulso. E non sa, infine, che, a parte questa Confindustria, ormai non più interlocutore significativo di qualunque governo​ (per l'assenza della grande industria salvo quella pubblica)​, il sindacato è di certo in difficoltà ma non è domo e non sarà domato né da Matteo Renzi né da lei medesima. Anzi, le contorsioni del disegno di riforma presentato, aprono una prateria di osservazioni e di contestazioni da parte del sindacato e di tutti i gruppi sociali organizzati.

La sensazione che si ha, girando per Roma e incontrando le persone informate, ​è ​di una serie di autobus guidati da non vendenti (con tutto l’affettuoso rispetto e amicizia per la categoria) e da non sapenti. Lo sciocchezzaio quotidiano del personale di governo (renziano) è talmente ingombrante da dover essere liquidato proprio con la parola che lo definisce: uno sciocchezzaio.

Sulla questione pubblica Amministrazione diciamo alla Madia (che difficilmente potrà comprendere il ragionamento) che la questione non è organizzativa. Anzi, l’organizzazione è fatto temporaneo e transeunte e, di norma, deve essere costantemente adeguata alle necessità. Sono ininfluenti, rispetto al fenomeno organizzativo, i prepensionamenti (un cambio di rotta che sarà duramente bastonato dall’Unione Europea, ma questo non diciamolo alla ministra) e altre baggianate, tipo la mezza abolizione delle prefetture.

Quello che importa e che deve essere definito (compito al di là delle possibilità dell’attuale governo Renzi) è il prodotto, cioè la qualità e l’intensità dei servizi che uno Stato moderno deve dare ai propri cittadini.
Partendo dalla definizione dell’obiettivo, si può immaginare uno strumento organizzativo (task units) che adegui il complesso dei servizi al cittadino.
Un lavoro di questo genere era ciò che un governo consapevole avrebbe richiesto al Cnel (consiglio nazionale dell’economia e del lavoro) una di quelle istituzioni liquidate con una battuta per totale ignoranza delle sue possibilità di studio ed elaborazione.
C’è molto zeitgeist (spirito del tempo) nel supponente accento di Renzi e del suo giro di fronte alle elite che si sono affermate nel Paese dal 1861 a oggi: professori universitari, consiglieri di Stato, alti dirigenti, professionisti di vaglia vengono guardati con fastidio rifiutando i loro contributi. I nostri non vendenti e non sapenti ignorano che le elite sono la ricchezza di una nazione. 
Già. Dimenticavo. Anche Renzi&suoi considerano la ricchezza il male.
Peccato che, se non si finisce di criminalizzare i ricchi e la ricchezza, il processo di accumulazione (e la redistribuzione) non riprenderà il corso che, fisiologicamente, ha nei paesi sviluppati. 

Ma Deus amentat quos perdere vult. Dimenticavo​ di nuovo​. Difficilmente i nostri scout governativi sanno il latinetto: Iddio acceca coloro che intende perdere.




18 giu 2014

Presidenzialismi, semipresidenzialismi e.. perenni conflitti



LA VERA GARANZIA DI UN PRESIDENTE
di vincenzo cacopardo

E mentre l'opera del teatrino del cavaliere prosegue tra aeroplanini per indurre anziane signore a mangiare e convertendo comunisti....Grillo continua la sua marcia di avvicinamento verso Renzi per la definizione delle importanti riforme.

Grillo.. col suo Movimento.. propone oggi un sistema più aperto per le elezioni politiche e questa iniziativa sembra cogliere il parere di una buona parte della politica odierna, ma in questa sua indicazione manca ciò per il quale lo stesso comico si batte da tempo. La sua buona proposta rimane limitata e circoscritta ad un sistema elettorale i cui ruoli continuano ad operare in conflitto e cioè...malgrado egli abbia sempre sostenuto di voler procedere verso un sistema di migliore democrazia, non sembra accorgersi di alcuni passaggi determinanti che ad elezioni concluse, porteranno inequivocabilmente alla medesima costruzione di enormi compromessi tenuti in piedi proprio dalla mancanza di una più netta divisione dei ruoli (parlamentari-esecutivi). Tutto ciò anche perchè non si vuole prendere in considerazione opportuna una più chiara riforma degli stessi Partiti oggi disciplinata dall'art 49 della Costituzione. Sembra quindi davvero strano che Grillo ed il suo amico Casaleggio ...dileggiando costantemente l'opera dei Partiti, non si accorgano di questa primaria operazione riformatrice... senza la quale tutto il resto è frutto di una logica deleteria conseguenza.

Renzi in un’ ultima intervista sembra aver affrontato il tema del sistema semipresidenzialista, non escludendo il fatto che si possa affrontare l'argomento, ma a condizione che si esamini prima la riforma del Senato. Renzi corre verso la sua strada come uno schiacciasassi non accennando minimamente alla funzionalità delle sue riforme...il suo scopo è principalmente legato a dimostrare la capacità di tagliare ovunque per richiamare consenso.
Il sindaco d'Italia capisce che il tema del presidenzialismo è amato a destra più che a sinistra e che all'interno del suo stesso Partito, ciò potrebbe far nascere ulteriori contrasti per il fatto che si possa offrire troppo spazio alla costruzione di figure sempre più dispotiche. Una paura giustificata per i padri costituenti di quella che doveva rappresentare una repubblica parlamentare. Ma con la realtà attuale...non v'è dubbio...che ogni timore in proposito potrebbe vedersi in modo diverso anche per il fatto che in altre democrazie occidentali...si attuano simili sistemi.

Ma perchè una proposta come quella esposta dallo stesso Berlusconi...sulla nomina diretta di un presidente della Repubblica... deve per forza dare stura ad un percorso semipresidenziale? Perchè mai un presidente eletto direttamente da un popolo.. non potrebbe tenere gli stessi poteri limitati come quelli odierni, operando in più come garante di un sistema elettorale? Chi ci impone che non si possa far funzionare il nostro sistema istituzionale attraverso una maggiore garanzia da parte dell'operato di una presidenza della Repubblica? Nominare un presidente del consiglio attraverso una elezione..come lo vorrebbe il Partito della Meloni... è cosa ben diversa e sovverte il fine di una vera garanzia, poiché, in una Repubblica parlamentare, i poteri di un primo ministro finiscono con l'essere più assoluti e rischiano di prevaricare su quelli di una assemblea parlamentare.

Una domanda quindi nasce spontanea e potrebbe anche risultare ripetitiva se posta dal sottoscritto: Perchè mai il nostro Paese quando affronta simili riforme, non guarda in casa propria.. definendo un modello più adatto e funzionale, ma mira con costante ostinazione verso i modelli esterofili degli altri Paesi? Se si vuole una nomina diretta del Presidente della nostra Repubblica...che ben venga...potrebbe essere una vera garanzia per i cittadini! Ma non è detto che la figura debba per forza avere poteri vicini a quelli governativi e che ciò debba portarci direttamente ad un presidenzialismo.
Perchè mai una elezione diretta non può portare tale figura a quella di garante di un sistema elettorale da cui nasce quel potere parlamentare che rappresenta la principale natura di un sistema democratico?....Insomma, perchè dobbiamo legare una elezione diretta del Capo dello Stato ad un esecutivo... e non più propriamente ad una maggiore assicurazione della formazione delle Camere politiche?



17 giu 2014

Un commento all'analisi di Domenico Cacopardo su "Politica e cambiamento"



Parliamoci chiaro: delle cosiddette riforme a Matteo Renzi non importa nulla. Non importa se il documento presentato dall’inesistente Marianna Madia non riforma alcunché; non importa se la ministra degli esteri («Mogherini, chi?») sia incartata sulla questione Marò che, alla fine si risolverà a danno dei Marò medesimi e dell’immagine dell’Italia dei «Boy-scout»; non gli importa se la legge anticorruzione risulterà inefficace come tutte le leggi adottate sul fronte penale senza affrontare la (più difficile) questione della prevenzione mediante nuove procedure amministrative; non gli importa se il ministro Lupi risponde con l’inazione agli scandali Expo e Mose, senza provvedere, per quest’ultimo, alla «due diligence», al commissariamento del Magistrato alle acque e al commissariamento (proposta) delle aziende del Consorzio Venezia Nuova e di quelle dell’Expo. Hanno operato in modo fraudolento per ottenere e gestire gli appalti, le si lascia continuare per il noto demone-alibi dell’urgenza. 

Non gli importa se la riformetta del lavoro deve essere portata a termine, né se il ministero della difesa è senza direttive né direzione. 

Insomma, gli interessa solo la politica e, quindi, la riforma (ma c’è un’idea vera di riforma?) del Senato, la riforma elettorale (il giorno dopo l’approvazione delle due leggi, condurrà il Paese al voto, c’è da scommetterci) il controllo del partito e dei gruppi parlamentari, le relazioni con Berlusconi, la gamba zoppa da cui ha un incerto appoggio.

Che la sua politicità funzioni, lo dimostra l’ultima evoluzione del duo Grillo&Casaleggio che si sono detti disponibili a confrontarsi sulla legge elettorale: il risultato delle europee e quello delle amministrative li avevano portati all’isolamento, alla chiara sensazione di un futuro marginale. Certo, di errori ne hanno commessi a manciate, scambiando la politica per uno spettacolo mistificatorio e gli italiani per degli immaturi alla mercé di chiunque fosse tanto spregiudicato (come loro) da bersagliarli di propaganda nazistoide. Del resto, l’ultimo, inaudito attacco a Gad Lerner dovrebbe suggerire a Renzi una netta presa di distanze dal piccolo Goebbels e dall’hitlerino ligure. 

Ma la politica che ha in testa il nostro premier ha altre priorità: sa bene che non c’è terreno d’incontro con il Movimento 5 Stelle, ma sa anche che, se rifiutasse l’incontro, darebbe ossigeno al boccheggiante comico politicante. 

Apprestiamoci, dunque, ad assistere a un nuovo spettacolo in streaming, che smentisce di per sé la stupida sceneggiata del confronto Renzi-Grillo («Non ti faccio parlare!» Urlò Beppe quella volta) alla vigilia della composizione del governo e mostra di fronte alla Nazione l’inconsistenza politica e l’insicurezza psicologica dei leader del Movimento.

E apprestiamoci anche ad assistere a una nuova fase dell’evoluzione del Pd. L’elezione di Matteo Orfini alla presidenza del partito, infatti, è un’innovazione totale rispetto al passato. E non (solo) per la giovane età nel neopresidente, ma soprattutto per la sua storia politica tutta trascorsa nella vicinanza culturale, politica e affettiva a Massimo D’Alema, di cui è stato segretario politico dal 2006 al 2008 (governo Prodi2). Una vicinanza che gli ha permesso di metabolizzare i canoni del realismo e del pragmatismo, la migliore eredità di Togliatti, rispetto al cupo integralismo di Berlinguer. Quei canoni che permisero al partito comunista di collaborare col governo Badoglio prima e poi con quello De Gasperi dell’immediato dopoguerra, e di rimanere colonna portante di quella prima Repubblica che ora esecriamo, dimenticandone i frutti positivi.

È, quindi, la Politica, di cui Matteo Renzi si sta mostrando istintivo interprete, che ci permetterà di fare i conti col passato e di perseguire una via di allineamento europeo. Non altro.




Fredda, lucida e fin troppo pragmatica l'analisi del cugino Mimmo..che ostenta un interesse sull'operato del premier Renzi e sulla sua politica. 
Forse!..ma certo la sua non una politica che determina un legame col concetto di vera democrazia ed è sicuramente legata al barroccio di una comunità europea ed ai suoi precisi interessi. Renzi altro non è che un politico costruito su un sistema delle vecchie istituzioni..voluto da chi ancora insiste in un logorato processo che ha continuato a mortificare la democrazia di questo Paese. 

Non me ne vorrà Domenico di queste mie libere interpretazioni sulla figura edificata ad arte con la forza della retorica comunicazione del “venghino...venghino” (molto simile a quella di Berlusconi) che si propone di contrastare un certo populismo con altrettante populistiche scelte che non guardano per niente ad una vera funzionalità di un sistema che si vuole più efficiente e vicino ai cittadini. 

Poco importa agli stessi cittadini, che oggi soffrono, sapere se tale personaggio sia stato nella segreteria di una più nobile figura come quella di D'Alema ed ancora più sorprende il voler continuare a paragonare Grillo ad un nazista spietato...quando ormai sappiamo che di errori ne ha fatti tanti, ma che grazie al suo movimento si è contribuito fortemente nella strada di un cambiamento più deciso. L'aggressività con la quale si contrasta l'opera, se pur sbilenca e demagogica, di Grillo, non rende merito ad un percorso della politica moderna che.. grazie al servizio del comico... ha tirato fuori una buona parte del marcio che in questo Paese ancora rimane. 

Anch'io ho sempre contestato a lui ed al suo movimento l'assurdo procedere di un percorso di democrazia diretta a dir poco..inverosimile in un paese con oltre 60milioni di abitanti, metto ancora in dubbio la scelta dei suoi parlamentari attraverso un sistema a dir poco ridicolo, come spesso lo ho paragonato ad una figura donchisciottesca che combatte una lotta impari contro un sistema integrato dove è più facile soccombere se ci si espone con i sistemi virtuali dei computers, ma dobbiamo dare atto che, al di là delle sue frasi fin troppo colorite e cariche di astio verso alcuni politici che hanno esagerato, la sua carica emotiva ha svegliato una buona parte dei cittadini..mettendola a conoscenza di un sistema del quale si è rimasti fin troppo tempo succubi ed in silenzio.... E vogliamo anche parlare del suo... se pur inconsapevole , ma sicuramente utile servizio per arginare la violenza che si sarebbe potuta scatenare in questi ultimi anni attraverso atti estremi di terrorismo?

Il pragmatismo endemico e caratteristico di molte figure predominanti che hanno vissuto inserite in questo sistema ...danneggia ogni possibile processo di rinnovamento ...se non si guarda in lungimiranza il sistema esploderà ...in modo automatico. E' inutile cercare di difendere un sistema che si è sviluppato nel marcio tra burocrazia ed anomalie continue che hanno penalizzato fin troppo quello che oggi si insiste col sostenere “democratico”. Lo stesso Papa Francesco, con la sua usuale umiltà e nobiltà d'animo, lo ha più volte sottolineato!...

Chiudo senza alcuna pretesa di asserire una qualsiasi verità, ma con una percezione che è del tutto individuale.. affermando ancora una volta che Matteo Renzi non rappresenta il nuovo... se non nell'arte di una comunicazione più stimolante, ma pur sempre ipocrita, di chi con altrettanta ambizione, pretende di ergersi a nuovo profeta di una politica ormai appartenente ad un passato...

Se avesse un nobile percorso da voler perseguire...non agirebbe con tale sicurezza ed ostinata determinazione...D'altronde anche Domenico in questo scritto, quasi contraddicendosi, sostiene il completo disinteresse di Renzi.
vincenzo cacopardo

Il "caos creativo" di Domenico Cacopardo



di domenico Cacopardo
Le difficoltà in cui ci dibattiamo da almeno sei anni non sono miracolosamente risolte. Anzi, la sensazione è che, insieme a un quadro politico più chiaro e più coerente, si sia impadronito del governo del Paese il caos, un caos creativo intendiamoci, ma pur sempre un caos.

Non c’è un settore in cui un disegno efficace sia emerso: le riforme sembrano collage di idee incapaci di cogliere i punti fondamentali della crisi.

Prendiamo la riforma della pubblica Amministrazione, affidata alla Marianna Madia, un nessuno con nessuna esperienza, tranne quella maturata nella legislatura compiuta per miracolo ricevuto da Valter Veltroni. 

Intendiamoci subito: chi conosce le aziende private, sa come si procede quando è ora di cambiare tutto per essere al passo con i tempi. Si abbandonano al loro destino le unità esistenti, e si creano task force di gente capace di usare nuove tecnologie, avviando un nuovo modo di produrre. Per lo Stato, la ricetta è analoga: i pannicelli caldi servono a poco. Occorrerebbe costruire un’Amministrazione che si muova per obiettivi e che li individui affidandoli a squadre di tecnici e funzionari addestrati alle nuove necessità. Solo dopo che la non breve fase di avviamento di un simile sistema sarà completata, avremo una burocrazia adeguata dalle performances misurabili e, soprattutto rilevabili dagli stessi cittadini. Tanti specie di Duc parmigiani (a 360°) dovrebbero popolare il Paese.

Ovviamente, il progetto Madia non prevede nulla di tutto ciò. Sfogliamolo: “Staffetta generazionale”. Viene eliminata cioè la possibilità che i dipendenti pubblici presentino domanda per rimanere in servizio due anni in più. “Ridotti i permessi sindacali”: l’immenso monte ore destinato all’attività sindacale viene ridotto, senza alcuna concreta possibilità di utilizzare efficacemente il personale ‘di ritorno’. “Sforbiciata per le prefetture”. Un’altra delle misure alla “Coraggio con prudenza”. Se le prefetture servono, occorre lasciarle e potenziarle rendendole il fulcro della pubblica Amministrazione periferica. Se non servono, è meglio abolirle tout court (vedi pasticcio Senato). “Part time” prima della pensione. È chiaro di che si tratta: di una nuova riduzione dell’età pensionabile alla faccia di tutti i discorsi (europei) sull’equilibrio dei conti previdenziali. Infine la chicca più gustosa: “I direttori delle Asl scelti fuori dalla politica”, mediante il sistema della presentazione di candidatura con curriculum. Viene da ridere: chi valuterà i curricula? Tanti piccoli marziani ingaggiati all’uopo? E, in Emilia-Romagna, nella regione più pervasiva d’Italia, chi lo farà?

Comunque, siamo nel caos creativo. Nonostante tutto, l’istinto politico di Matteo Renzi (il suo, solo il suo) riesce a mantenere una rotta tutta politica verso il cambiamento strutturale della nostra democrazia, da trasformare in una macchina istituzionale esente dai vecchi poteri di ricatto sindacali e di groppuscoli organizzati, capace di individuare una maggioranza e di lasciarla governare. Un assetto che dovrebbe moralizzare i costumi nazionali, in un’alternanza virtuosa tra partiti e proposte di governo, senza compromissioni sottobanco.

I piccoli ministri passeranno. La trasformazione, se ci sarà, rimarrà a lungo.



16 giu 2014

Una nota sulla recente posta di Paolo Speciale

L'ARTE DEL CONFRONTO di Paolo Speciale
La vicenda Mineo nel PD a maggioranza renziana induce ad una riflessione più approfondita sulle più o meno opportune forme dialettiche del confronto tra diverse correnti di pensiero all'interno di un partito che con l'aggettivo“democratico” ha costituito il suo completo epiteto.
Maggioranza e primato di essa sono l'essenza ed al tempo stesso la legittimazione dell'esercizio del potere politico.
In filosofia politica prioritaria è la costante ricerca, di matrice aristotelica, dei mezzi più idonei, costituenti la forma di governo, per la migliore amministrazione della “polis”.
Ma come conciliare il frequente conflitto tra le singole libertà di coscienza con la più vasta identificazione ideologica di base che può culminare nella assunzione di responsabilità di gestione all'interno di una imponente formazione politica (40,8 per cento docet)?
Riferendosi al comune sentire e quindi in presenza di accertata ed indubitabile obiettività, occorre innanzitutto operare una salutare distinzione tra mero protagonismo finalizzato alla presunta facile acquisizione di una maggiore visibilità nell'ambito del contro-correntismo ad ogni costo e tra la moderata manifestazione di un pensiero le cui ragioni siano fatte valere nelle sedi istituzionali adeguate.
Ora, Mineo ed i suoi seguaci hanno diffuso, loro malgrado, una sì bella lezione di esemplare democrazia: epperò hanno anche perso una grande occasione per instaurare quell'ottimale e più trasparente contraddittorio che attiene esclusivamente al partito e non alla commissione parlamentare affari costituzionali.
Se è vero che ciascuna commissione sia un mini-parlamento – e lo vediamo allorquando alcune disposizioni legislative in alcune di esse vengono licenziate e poste in esecuzione prescindendo dall'aula -, altrettanto innegabile è però anche la evidente inopportunità di trasferire in un ambito comunque ristretto come una commissione – con la potenziale mortificazione del ruolo ricoperto da ciascun membro – qualcosa che deve essere propriamente ascritto al dibattito interno del Partito Democratico e che, proprio per questa sua caratteristica, dovrebbe essere legittimamente rivendicato davanti a tutta l'aula, dove il trionfo di ogni soggettività è diritto inalienabile ad unico e maggiore titolo.
La cosiddetta “rimozione” di Mineo operata dal premier in tal senso, anche se criticabile per gli aspetti e per gli effetti contingenti ad essa connessi, è mera e non allarmante conseguenza della constatazione di una biasimevole incultura politico-costituzionale ancora più sorprendente perché riferita ad un noto ex-giornalista e commentatore politico.
Nel percorso riformatore di una legge costituzionale quale è quella elettorale non può esserci adeguato spazio, pur prevedendo il rispetto delle minoranze, per la minoranza di una maggioranza, né possibilità di esercizio della funzione di indirizzo politico, tipica di altri organi istituzionali che Renzi, nella qualità di capo dell'esecutivo, si è naturalmente avocato.




Quello che Paolo.. con sicura conoscenza afferma...potrebbe essere giusto se nella realtà nel PD  vi fosse oggi davvero un contraddittorio...Io penso che il vero protagonismo oggi lo abbia espresso con troppa sicumera lo stesso Segretario di Partito che... divenuto  in fretta sindaco d'Italia, ha finito con l'agire con altrettanta fretta e determinazione.
Quando Paolo, con tutto il rispetto, accenna che:.. in filosofia politica è prioritaria la costante ricerca, di matrice aristotelica, dei mezzi più idonei, costituenti la forma di governo, per la migliore amministrazione della “polis”.... non fa che ridurre a pura teoria didattica una faccenda non proprio attinente al caso (e soprattutto non solo amministrativa). Nella fattispecie il problema nasce alla fonte e cioè..dal fatto che Matteo Renzi ha ormai deciso il suo percorso in modo perentorio (altro che democratico). Questa è anche una delle ragioni per la quale ritengo sia necessario separare un ruolo di Partito da una gestione governativa che, se troppo determinata, finisce col condizionare ogni sana dialettica.
Se il senatore Mineo ha apostrofato erroneamente il Premier paragonandolo ad una figura autistica, seppur scusandosi....ha scioccamente offerto al furbo Renzi una ulteriore occasione di sfruttare quel termine a suo beneficio.. Errori perennemente commessi da chi affronta i temi della politica con troppa enfasi e senza riflettere...Ma nella sostanza io credo che una buona parte di questo Partito si senta fortemente penalizzata dall'incedere pressante e troppo assoluto del suo segretario.
Bisogna anche tenere conto del fatto che quel docet del 40,8 per cento...sottolineato da Paolo (espresso con le elezioni europee) equivale in sostanza ad un 20% per via del fatto che il 50% di coloro che avevano diritto al voto non è andato a votare.... E noi possiamo davvero affidare il futuro della nostra politica... costruito attraverso le nuove riforme... ad un governo che potrebbe detenere meno di un quarto dei consensi?..Non sembra più giusto ed appropriato che tale discussione possa avere un dibattito più vasto e profondo al di fuori di una specifica competenza governativa,?
vincenzo cacopardo

VIA ALLORO: IL PERCORSO PIU' ANTICO DELLA VECCHIA PALERMO



Esaltare il suo percorso artistico attraverso un innovativo e funzionale completamento


di vincenzo cacopardo

E' tra le strade più vecchie di Palermo e la prima direttrice naturale che dal mare portava fino al cuore della vecchia città. Un percorso da piazza della Kalza verso il centro tra chiese e monumenti. Una strada che andrebbe riqualificata e rimessa in luce dall'Amministrazione della città.

Via Alloro è l'asse viario esistente già nel 1200 e ritenuto antecedente a quello del Cassaro, che nel passato la vide come una direttrice viaria primaria verso monte. La via prende il nome da un antico giardino, da tempo ristrutturato: Il giardino dell'Alloro con un grande albero di alloro di ragguardevole dimensioni ormai nei secoli abbattuto.

Oggi purtroppo gli eleganti palazzi che vi si affacciavano sono stati distrutti o restano molto rovinati. Ma da tempo non vi è mai stata una volontà di voler riqualificare meglio tale luogo allo scopo di farlo rivivere anche in senso commerciale, ponendo l'attenzione del suo percorso artistico attraverso il completamento di una particolare strada ricca di botteghe artistiche ed artigianali..che sfocia in Piazza Aragona e prosegue per via Sant'Anna.

La zona della Kalza, nella quale è inclusa via Alloro, si estende fino a corso Vittorio Emanuele e piazza Magione ed accoglie molti tra monumenti più interessanti della città. Tra questi ricordiamo i più importanti, quali il Palazzo Abatellis (sede della Galleria Regionale). Lo Spasimo(particolare complesso suggestivo) la Chiesa della Magione(una delle più antiche della città)..Oratori ed altro.

Nel suo percorso in salita verso il centro si incontrano altri meravigliosi palazzi alcuni dei quali ristrutturati ed altri al contrario no..come Palazzo Castel di Mirto Bonagia (crollato rovinosamente nel 1982) che rimane fra le testimonianze più significative dell'architettura siciliana del XVIII secolo. Nel 1750 Nicolò Palma rinnovò il prospetto lungo via Alloro

Una costruzione del tutto ristrutturata è, invece.. quella di Palazzo Sambuca. La costruzione del palazzo, nella configurazione attuale, è fatta risalire al 1778 anno in cui la famiglia Bologna ingloba nella propria dimora la casa dei Saladino, anche questi esponenti della nobiltà palermitana. In questa radicale modifica, viene inglobata la Torre Maniace del 1039 che sorgeva presso la porta Policii. L'edificio prospetta su tre vie con facciate stilisticamente diverse tra loro.

Vi è poi il Palazzo Diana di Cefalà che si trova di fronte Palazzo Bonagia e rimane anch'esso sottoposto a continue cure. Oggi le sue bifore ancora, in parte schermate e non messe in luce dai spessori di intonaco per la sicurezza, sono ben note. Appartenne alla famiglia Diana e ingloba la fabbrica architettonica trecentesca che venne eretta nel tempo in cui una ristretta cerchia di famiglie aristocratiche, tra cui quelle dei Chiaramonte e degli Sclafani, esercitava il controllo politico locale. A partire dal terzo trentennio del XIV secolo, grazie alla relativa stabilità politica dovuta alla famiglia Chiaramonte, sorsero edifici civili e residenze urbane e furono restaurate le antiche mura musulmane.


Era il tempo di una magnifica Palermo costituita in cinque grandi quartieri, (oggi quattro integrati e collegati tra loro). Sebbene il periodo fosse caratterizzato da rivolte e carestie rimase esaltato dalla presenza di grandi geni dell’arte come Pietro Novelli, Filippo Paladini, Gaspare Vazzano, i Serpotta e artisti del tempo che creavano veri e propri capolavori.

14 giu 2014

RESISTENZA E SEMPLIFICAZIONE DI UN PREMIER



di vincenzo cacopardo
Il Premier Renzi critica un po' nauseato una parte del suo Partito che sembra privilegiare una democrazia rappresentata dalla minoranza. Renzi afferma ciò... dopo gli ultimi avvenimenti che hanno visto la quasi epurazione di alcuni membri del Partito non d'accordo col metodo imposto dalla sua maggioranza interna.
Io credo che il problema dovrebbe valutarsi in modo diverso e meno semplificativo valutando differentemente i compiti di un Partito dove il dialogo con la minoranza è necessario, non per chiuderle definitivamente la bocca, ma per ricercare insieme le scelte attraverso uno scambio più che necessario. Se il sindaco d'Italia avesse voluto agire in solitario nella sua assoluta determinazione, avrebbe dovuto scegliere ancor prima di staccarsi dal suo vecchio Partito.... affrontando una nuova realtà partitica con le figure che lo avrebbero più volentieri seguito nel suo nuovo progetto. In realtà.. Renzi.. assumendo di colpo un ruolo di Premier, si trova a dover fare i conti col suo stesso Partito, in seno al quale non si è veramente profuso in un'azione di dialogo profondo per un progetto, finendo quasi per imporlo.
Sui suoi progetti oggi dichiara:  o così...o me ne vado!
La sua visione di Partito è quindi molto simile a quella di una società per azioni dove la maggioranza, anche se di uno, conta per vincere sul progetto, ma mentre nelle aziende... in discussione vi sono scelte relative ad un prodotto (ai suoi costi, al marketing, alla pubblicità) per quanto riguarda un progetto politico.. le problematiche restano molto più complesse, poiché attinenti al percorso di una società, ad una cultura politica che coinvolge le istituzioni nel suo complesso..che non è un complesso semplice e non può definirsi attraverso una rigida determinazione o convenienza, ma resta articolato da una costituzione che mette in primo piano l'importanza di poter procedere per una democrazia rappresentativa che necessita di un dialogo.
In un Partito sarebbe troppo banale porre delle scelte e metterle ai voti senza un preciso e dettagliato dialogo al suo interno.
Questa è anche una ragione che mette in evidenza ancora una volta, la necessità di disciplinare l'azione dei Partiti...affidando al loro interno il progetto attraverso un dialogo continuo con i cittadini (veri ideatori di un programma progettuale) separando il loro ruolo induttivo dalle scelte di governo, le quali non potranno mai essere dirette su riforme costituzionali di tale importanza.
I riformatori dovrebbero trarre spunto da questi ultimi avvenimenti per dettare con più logica una differenza tra i compiti spettanti a chi governa, separati dai ruoli riguardanti la costruzione delle riforme necessarie, individuando quelle anomalie che determinano i continui conflitti.
Andando poi nel merito:...se Renzi deve correre per via delle tante problematiche irrisolte nel passato.. non è detto possa farlo senza un logico scambio all'interno del suo Partito, né sperando di tagliare le istituzioni ed i relativi costi... non tenendo conto del funzionamento dell'intero sistema istituzionale che... nel suo iter... merita rispetto e prerogative di efficienza.



13 giu 2014

Burrasche nel Partito del Premier Renzi


LA VISIONE RISTRETTA E POPULISTA DI UNA POLITICA DEL “FARE” OFFUSCA L'IMPORTANTE ESIGENZA DI UNA FUNZIONALITA'
di vincenzo cacopardo

Di ritorno dalla Cina, il sindaco d'Italia, con la complicità della fedele e obbediente ministra Boschi, alza la voce epurando i due membri commissari Mineo e Chiti.. rei di non condividere il suo piano sulla riforma del Senato che deve a tutti i costi seguire un assoluto iter. Sembra che adesso, in quattordici, si apprestino a scendere dal carro del vincitore delle ultime elezioni. Mentre la ministra Boschi annuncia disinvoltamente, ma con estrema enfasi... di andare avanti sulle riforme perché è il popolo a chiederlo, in seno al Pd, sembra esservi molto disagio dovuto alle continue decisioni che provengono dall'alto. Era prevedibile che ciò avrebbe portato reazioni, poiché il troppo decisionismo di Renzi ha arrecato un naturale effetto causato dalla mancanza di uno scambio necessario. ...Adesso cominciano a venir fuori le prime truppe a difesa di tale determinazione, ma saranno solo i prodromi di un modo di far politica troppo assolutista che poco sembra condividersi all'interno di un partito come il PD...e che rischia di apparire sempre più simile a quello del Cavaliere.

Quando penso a Matteo Renzi, al di là della speranza che egli può esprimere..alla quale tutti sembriamo aggrapparci, mi viene da pensare a quei palloncini che si gonfiano con il gas. Si gonfiano...si gonfiano..fino a quando non esplodono..o finiscono col volare alti e sparire.... Una visione che si adatta a chi si riempie la bocca di tante proposte...esponendosi senza un minimo di timore riguardo agli immensi problemi esistenti. Questa visione è suffragata dalla estrema ambizione e dalla ostinata determinazione che il Premier cova...ma anche dal cinico pragmatismo dei molti che ormai pensano che, non essendovi altre strade, bisogna riporre su questa figura...comunicativamente capace di attrarre l'attenzione, l'avvenire del nostro Paese. 

Si sa ormai cosa si possa pensare di una simile comunicazione, come del resto ho specificato diverse volte gli assurdi propositi di affidare ad un'unica personalità politica il futuro della Nazione, ma il mio giudizio, (che sicuramente poco conta) va oltre... spingendosi in una visione che non condivide né il metodo ..nè il merito di molte delle sue scelte.

La questione, seppur delicata e ricca di argomenti, potrebbe affrontarsi così: Il sindaco d'Italia si muove per riaffermare il sistema rigido bipolare..al fine di poter rendere forza ad un'attività governativa, ritenendo essenziale dirigere un esecutivo senza gli orpelli di un qualunque intervento parlamentare.... o meglio la sua visione è quella di ridimensionare l'attività parlamentare col rischio di ingabbiarla in due monolitiche squadre (secondo la sua ristretta visione calcistica)...un parlamento che resterebbe più facilmente succube delle pretese ordinate dall'alto. (questa è anche la ragione per la quale si esprime parlando di “regole del gioco”). ...Come se la politica, che deve dirigersi attraverso una profonda cultura, fondasse le sue regole su un gioco...

Il suo paradigma è quasi assoluto ed è figlio di una concezione non proprio moderna della politica, in quanto nei fatti.. si è ormai dimostrata l'importanza primaria di modelli innovativi di maggior funzionalità per rendere più forza di base democratica alla stessa governabilità.... Insomma, il pensiero di Renzi appartiene a quella categoria di uomini che pongono la priorità assoluta di un governo attraverso l'esigenza di poterlo determinare attraverso due formazioni politiche che (come in una partita sportiva) si battono affinchè uno dei due, vincendo, assuma il comando. Non avendo altre capacità di inventiva e di ricerca edificate sulle idee, si adatta ad una visione alquanto tradizionale che pone la governabilità al centro di una ambizione senza rendergli alcuna forza alla base. 

Una visione, a parer mio troppo ristretta, poiché, (al di là di ogni paradossale premio di maggioranza) se chi prevale... vincesse con un piccolo scarto di percentuale in più..il restante perdente, pur rappresentando una enorme parte del consenso del Paese, resterebbe isolato e non avrebbe più alcuna ragione nemmeno di restare presente in un Parlamento..perdendo ogni possibilità di imporre le proprie idee ed il proprio pensiero. Questo.. nei fatti e con la normativa esistente non lascerebbe, (come del resto ultimamente non ha mai lasciato) alcuna possibilità di operare attraverso la dinamica politica che in un certo senso... nel passato vi era. 

Nel passato la formazione di un governo avveniva in sede parlamentare attraverso formule proporzionali ed in base ai programmi dei vari partiti che lo generavano. Di colpo con l 'ideazione un po' avventata del nostro bipolarismo, per una esigenza di stringere e dare maggior forza ad una attività governativa, si è come preteso di costruire un governo al di fuori, in ragione prioritaria e con programmi aleatori. Ma se nel passato, si generavano instabilità poco sane e non vi è mai stato posto un rimedio attraverso formule mirate per sostenere con maggior forza l'attività governativa, non è detto che ..oggi..col rigido sistema bipolare, si possa dar rimedio senza rendere ulteriori problematiche al logico percorso politico istituzionale.

Per far questo il Premier Renzi, come volesse apparire paladino e vero restauratore del processo istituzionale del nostro Paese, opera attraverso tagli e soppressioni... senza mirare principalmente ai risultati qualitativi che dovrebbero trovare riscontri su una vera funzionalità del sistema: Taglia una Camera (senza in realtà fornire un vero reale progetto alla sua funzione).. si muove per una legge elettorale del tutto priva di fondamenti relativi ai principi di una democrazia (con ricchi premi di maggioranza e soglie limitate)...non si adopera per una principale riforma verso i Partiti, etc... il tutto condito da una operazione di restauro populista attraverso tagli qui e là..un po' ovunque, al fine di accogliere su di se un consenso..forte della percezione che.. in tanti oggi... ignorano la reale visione del complicato meccanismo politico istituzionale.

12 giu 2014

Una nota del consigliere Cacopardo sul CSM


Il caso Procura della Repubblica di Milano, sollevato da un ricorso del procuratore aggiunto Alfredo Robledo avverso le decisioni organizzative e preprocessuali del procuratore capo Edmondo Bruti Liberati, inizia a essere dipanato. Il barocco Consiglio superiore della Magistratura, nella sua 7^ commissione competente sulle questioni organizzative, ha, infatti, adottato una prima determinazione che dovrebbe investire delle questioni sollevate i titolari dell’azione disciplinare: cioè il ministro della Giustizia e il procuratore generale della Cassazione.

Non avevamo torto, qualche giorno fa nel considerare manifestazione di debolezza il documento di appoggio a Bruti Liberati, firmato da tutti i magistrati della Procura, tranne, il capo, Robledo e la dottoressa Bocassini: di debolezza e di uno stile da Soviet leninista, fortunatamente in ribasso, il cui riflesso più evidente era una sorta di minaccia nei confronti dell’istruttoria in corso nel Consiglio superiore della Magistratura.

La settima commissione, alla fine, ha deciso a maggioranza dando torto a entrambi i contendenti: Bruti Liberati non avrebbe aggiornato i criteri di assegnazione dei fascicoli; non motivato alcune scelte; commesso un errore affidando alla Bocassini il processo Ruby senza adottare un formale motivato provvedimento. Insomma, rilievi –come si dice- di rito e di merito, in particolare quelli che riguardano i criteri di assegnazione dei fascicoli.

Quanto a Robledo, avrebbe rischiato di violare la riservatezza dell’inchiesta Expo (un’osservazione particolarmente lieve, visto che un conto è violare il segreto d’ufficio, un altro è rischiare di violare, senza, però, concretamente farlo), avrebbe sbagliato nel rilevare una sovrapposizione di indagini e, poi, nel duplicare l’attività della Polizia giudiziaria (in questo caso la Guardia di Finanza).

Emerge di nuovo, in modo pur ovattato, un problema che ha travagliato varie procure, compresa quella cruciale di Palermo (a scapito di Giovanni Falcone): il possibile conflitto tra definizione di criteri meccanici di assegnazione dei fascicoli e rapporto fiduciario tra aggiunti, sostituti e capo dell’ufficio.

Il meccanismo immaginato negli anni ’80 da alcune correnti della magistratura (in primis Magistratura democratica) prevedeva la spoliazione di ogni possibilità discrezionale (del capo) nell’assegnazione dei fascicoli e, quindi, una sorta di rotazione di inquirenti, mitigata dall’introduzione delle competenze funzionali (reati finanziari, contro la pubblica amministrazione, terrorismo e così via).

L’idea che i giudici e i pubblici ministeri siano tutti uguali, che avanzino solo per anzianità, e che abbiamo il medesimo trattamento, s’è nella pratica rivelata profondamente errata, visti i tanti inconvenienti prodotti. Non è infatti detto che un magistrato pozzo di scienza giuridica possieda capacità investigative o organizzative e che possa espletare, quindi, le sue funzioni con la medesima efficacia di un collega meno pozzo di scienza, ma dotato di tecnica e istinto investigativi.

Nella querelle occorrerebbe trovare un reale contemperamento che valorizzi le capacità di giudizio e di direzione dei procuratori capi (valutati, per la funzione, proprio dal Csm), consentendo loro, nel rispetto dei colleghi subordinati, di scegliere, per la trattazione di processi delicati, quelli che ritengono più idonei. C’è da aggiungere che così la responsabilità del procuratore capo avrebbe la possibilità di esprimersi pienamente. Solo l’eventuale abuso di una simile facoltà dovrebbe essere censurato.

Intanto, la palla è passata alla 5^ commissione che si occupa delle promozioni, cioè della nomina dei capi degli uffici. Delle sue decisioni oramai prossime, ci occuperemo quando avremo la possibilità di prenderne visione integrale.
domenico Cacopardo