9 dic 2014

Leader e leadership..la sottile utile differenza

    di vincenzo cacopardo
Se oggi si affronta questo tema è proprio per mettere in evidenza l'errore dei tanti che ancora pensano di poter procedere con questa particolare mentalità: il presupposto di identificarsi nella figura di Leader di un nuovo Partito o Movimento in forza del fatto di ritenere un'organizzazione politica come una sorta di azienda privata..non potrà mai essere efficace nel tempo. Sono ancora in tanti a non accorgersi della naturale contraddittorietà insita in questo modo di affrontare la questione. Oggi.. questo è un argomento molto discusso e la stessa politica delle figure, malgrado il perseverare, dovrà mettere fine ad ogni forma di esaltazione buona solo a costruire miti (una politica con lo scopo del proliferare di proprie egoistiche opportunità) di sicuro non utile alla definizione di una vera democrazia. Non esistendo una verità assoluta sulle soluzioni.. un'organizzazione politica dovrebbe occuparsi principalmente di dirimere e risolvere giorno per giorno attraverso il dialogo e la ricerca col contributo di uno scambio interno. Se è vero che occorre una guida.. è anche vero che leader non si nasce ma si diventa...ed è proprio il modo in cui si diventa a convincere assai meno. Costruire una leaderschip è molto più difficile, ma rende più resistente e compatta l'opera di ogni Partito o Movimento che nasce per ascoltare ed accrescere il dialogo sotto una spinta paritaria di ricerca.  


Una delle tematiche più interessanti di questi anni è quella della posizione dei leaders e cioè su quelle figure a capo di un partito politico, di un'organizzazione, di un'impresa che rappresentando le figure più in vista e più rappresentative e che dovrebbero quindi orientare ogni indirizzo.: Il leader è colui che ha dei seguaci, senza seguaci non ci può essere un leader.. Una concezione naturale che dovrebbe farci porre non poche domande.


L'analisi che più ci interessa è quella dei “leaders politici” in quanto è sicuramente legata allo studio di questo Forum. 
In modo differente... un processo di una leadership consiste in una interazione di coloro che in una struttura occupano la posizione più elevata col resto del gruppo. Una delle caratteristiche fondamentali dei membri di un gruppo di stato elevato è quella di proporre idee ed attività nello stesso gruppo... utilizzando in questo modo dei mezzi per influenzare i membri e modificare il loro comportamento. Ma, dal momento che l'influenza sociale è comunque sempre un processo reciproco, quello che caratterizza il leader è il fatto che può sempre influenzare gli altri nel gruppo più di quanto siano influenzati loro stessi.

Questa considerazione di carattere oggettivo, pur non definendosi del tutto, spinge ad un ulteriore esame sulla sottile differenza tra una strada delineata da una leadership (ossia..non priva di interazione e scambievolezza) e quella imposta da un unica figura di leader che orienta in un unico indirizzo (in modo più assoluto e determinato). 

La determinazione di una guida su un tema di carattere amministrativo potrebbe essere accettata poiché servirebbe a riempire quel vuoto di risolutezza necessario per la definizione e la messa in opera di un progetto. Al contrario..se la natura del progetto esige uno scambio dialettico costruito sulle idee e su motivazioni inerenti la politica (vedasi il lavoro spettante ai Partiti), il dialogo dovrebbe restare fondamentale, poiché quella fermezza potrebbe dirimersi in un determinismo eccessivo... tagliando il fondamentale dibattito interno.

Il mio personale indirizzo su questo tema è risaputo..e cioè che il pensiero politico che dovrebbe nascere nella casa di un Partito in contatto con le esigenze dei cittadini, non potrà mai essere sostenuto da un'unica figura predominante, ma dovrebbe essere il risultato di un dialogo costruito da una serie di figure che unite formeranno una vera e propria leaderschip. ..Insomma un Partito non dovrebbe mai ammettere una figura predominante, né... tale figura..come oggi accade.. potrà mai assumere il doppio ruolo di segretario di un Partito e Premier di una Nazione.

La questione che oggi si pone è proprio quella di credere che unendo la forza di un Partito col comando di un esecutivo del Paese, si riescono a definire meglio i risultati di una governabilità...e questo accade anche perchè si considera la governabilità l'unico scopo necessario e non un fine costruttivo....Ancora peggio, poi, se una figura assume la caratteristica di leader assoluto il cui compito è doppiamente avvalorato dalle cariche (un argomento che attinge da una diversa concezione che appartiene ad altri Paesi, ma che non può collimare con la storia e la cultura politica della nostra Nazione) 

L'errore di non separare i due poteri e distinguerli per ruoli e competenze, non aiuta la funzione della politica e spinge ad esaltare le figure a danno di una efficienza necessaria per la crescita.  

Un commento alle analisi del consigliere Domenico Cacopardo



Se, rinunciando all’abitudine di parlare prima di pensare, Matteo Renzi decidesse di riflettere sul caso Roma (in grave allargamento) si renderebbe conto che c’è una totale insostenibilità del quadro politico esistente e che, quindi, occorre azzerare la giunta comunale e il governo della regione Lazio, strettamente legata alla situazione romana.

Corruzione e criminalità costituiscono un tumore virulento che deve essere asportato senza indugi. Le cellule infette debbono essere rimosse e una decisa chemioterapia deve fare pulizia di quelle vicine, siano o no portatrici del male.

Questo dovrebbe saperlo bene l’attuale sindaco di Roma che è medico.

Su di lui, da qualche anno, ci portiamo dietro una domanda che non ha avuto alcuna plausibile risposta, che non sia vuota retorica di circostanza: «Perché il professor Ignazio Marino si è dimesso dall’incarico di professore di chirurgia presso il Jefferson Medical College di Philadelphia ottenuto nel 2002, per candidarsi con il Pd nelle elezioni del 2006?» Il quesito non concerne il privato di Marino, ma la sua pubblica funzione: infatti, l’idea infantile di un patriottico richiamo al dovere di servire il popolo non è convincente.

Sul punto e su tutto il resto, Matteo Renzi dovrà ottenere risposte precise per sé e per la pubblica opinione​. E comunque, rimossa ogni opacità​, non potrà mantenere la fiducia del suo partito al sindaco di Roma, le cui difficoltà amministrative si erano di recente arricchite del caso «Panda», dai cui contorni emergono dispregio per le regole e ristrettezza di portafoglio, un caso imbarazzante che, in Germania o nel Regno Unito avrebbe imposto immediate dimissioni. Oggi, la situazione ha assunto un dimensione inquietante anche per la donazione elettorale di 30.000 euro da parte di Salvatore Buzzi, presidente della cooperativa 29 giugno, destinataria di cospicui finanziamenti comunali (e oltre). Quindi, sul punto, i casi sono due: -o Marino e i suoi uomini non sapevano chi fosse Buzzi e che cosa facesse la sua cooperativa e in tal caso sono una manica di imbecilli incapaci di gestire il «found raising» di una campagna elettorale; o lo sapevano benissimo e, accettando la donazione, si ripromettevano di ricambiare il beneficio ricevuto. 

In entrambe le ipotesi, Marino non può continuare a sedere sulla poltrona di sindaco di Roma, dopo essersi seduto in quella di senatore della Repubblica. L’annunciata rotazione dei dirigenti comunali è una vera sciocchezza: se tra di essi ci sono dei ladroni il cambiamento di dipartimento o assessorato non ne cambierà le abitudini. E sciocca è l’idea di nominare subito un assessore alla trasparenza. L’unica strada per ottenere chiarezza è quella che abbiamo già invocato: si dispongano accertamenti sugli stati patrimoniali dei dirigenti nel 2000 e nel 2013. 

Emergerebbero matematicamente i casi di investimenti non giustificati dalle retribuzioni dichiarate. 

La palla è a Renzi. Deve, infatti, incaricare subito l’Ispettorato generale di Finanza del ministero dell’economia, l’organo tecnico più qualificato che ci sia nell’apparato statale di effettuare un’analisi delle attività amministrative (suggerisco a Renzi e a Cantone di prendere nota. È, infatti, possibile che non ne conoscano l’esistenza) del comune, della provincia e della regione Lazio per le presidenze che si sono succedute negli ultimi dieci anni almeno. Sia per le gestioni Veltroni e Alemanno che per quelle Gasbarra e Zingaretti (provincia) e Marrazzo («tanto nomini»), Montino, Polverini e Zingaretti medesimo (regione).

Prima che le illazioni divengano una montagna, è nell’interesse di queste persone, presidenti dei tre enti negli ultimi dieci anni, che un organo puntuto e altamente qualificato come l’Igf effettui tutte le verifiche del caso, soprattutto nelle aree (merceologiche?) relative all’attività della banda criminale che spadroneggiava in Campidoglio, a Palazzo Valentini (provincia), forse alla Pisana (regione) e nelle sedi dei partiti. Fra l’altro, non possono essere ignorate le voci romane sull’esistenza di un ben più vasto e lucroso giro corruttivo intorno alle aziende municipalizzate e regionali. 

Infine, caro Matteo Renzi, la presunzione di innocenza vale nelle aule di tribunale non negli uffici politici che si occupano di cosa pubblica. Anche Micaela Campana dovrebbe abbandonare la segreteria del Pd nella quale lei, incautamente, l’ha inserita. E dimettersi dalla Camera dei deputati, nella quale è entrata in quota Bersani.

Sappia, caro Matteo Renzi che lei ha gli strumenti legali per conoscere tutto quello che serve sui suoi collaboratori, anche i più vicini, e sul gruppo dirigente del suo partito. Li usi. 

Sappia che questo tornante della politica (Milano, Venezia, Roma, l’Eni) è grave quanto e più di Tangentopoli. Se lei non è capace o non ha la forza di affrontarlo con decisione realizzando il rinnovamento di cui c’è immediata necessità, nel giro di pochi mesi lei sarà definitivamente affossato. I «tarallucci e vino» non servono. Servirebbe Robespierre. Noi ci accontenteremmo di un giovane «premier» con il coraggio di fare piazza pulita dovunque è necessario o soltanto utile. 

Questo il Paese si aspetta. Non chiacchiere da bar di Rignano sull’Arno, tipo «Che schifo!» Lei è il capo del governo, non altro, vivaddio!

La collera di una Nazione nel disastro economico e sociale merita il rispetto delle regole basilari della democrazia e della Costituzione: chi ha realizzato o mancato di impedire il malgoverno deve essere mandato a casa. 
domenico cacopardo




La analisi di Domenico non smentisce le sue capacità di approfondimento su ogni tema inerente il malcostume e la corruzione. 
Domenico scrive che “Marino e i suoi uomini non sapevano chi fosse Buzzi e che cosa facesse la sua cooperativa e in tal caso sono una manica di imbecilli incapaci di gestire il «found raising» di una campagna elettorale; o lo sapevano benissimo e, accettando la donazione, si ripromettevano di ricambiare il beneficio ricevuto”..Tra le due ipotesi io propendo per la prima..ovvero per la incapacità totale di chi si è seduto in una poltrona difficile per la gestione della capitale non avendo alcuna esperienza nel merito, ma sopratutto... una mancanza totale di capacità politico amministrativa. 

Chi ha assistito all'ascesa politica di Marino non può porsi quella domanda che Domenico sottolinea con chiarezza: «Perché il professor Ignazio Marino si è dimesso dall’incarico di professore di chirurgia presso il Jefferson Medical College di Philadelphia ottenuto nel 2002, per candidarsi con il Pd nelle elezioni del 2006?» In effetti..non può mai essere convincente la sua voglia di prodigarsi in un lavoro politico ostentato come una vera missione. 

La deludente attività svolta fino adesso conferma la sua mediocrità. Ricordiamo lo strafalcione (offerto come immagine di uomo del cambiamento) della inverosimile Cerimonia in Comune del primo cittadino di Roma che ha arbitrariamente inserito nel registro capitolino le 16 coppie che si sono sposate all'estero. Al di là di ogni posizione ideologica rispettabile, l'azione del sindaco Marino è apparsa davvero avventurosa.. oltre che imbarazzante.

Da esperto consigliere di Stato Domenico suggerisce a Renzi, dopo gli ultimi osceni fatti che hanno riguardato la capitale, di incaricare subito l’Ispettorato generale di Finanza del ministero dell’economia, l’organo tecnico più qualificato che ci sia nell’apparato statale di effettuare un’analisi delle attività amministrative. In questa triste storia vengono messe in dubbio tutte le vecchie gestioni dei vari sindaci e dei presidenti di regione.

Per quanto riguarda le domande che Domenico pone al premier Renzi..vedendolo ancora come “l'uomo con il coraggio di fare piazza pulita dovunque è necessario o soltanto utile”, vorrei far notare che già da tempo il Premier nella sostanza, ha dimostrato una ipocrisia fuori dal comune, non essendosi occupato seriamente del tema della corruzione e dei conflitti esistenti in seno alle istituzioni, non operando con le necessarie formule preventive. Oltre alla simulazione ha dimostrato una strana abilità nel fuggire da certi temi che appartengono sicuramente ed in modo prioritario alle regole basilari della democrazia e della Costituzione.
Vincenzo cacopardo

8 dic 2014

La posta di Paolo Speciale

L'inesauribile immoralità della politica

Ancora una volta la cronaca giudiziaria domina l'attenzione della pubblica opinione, ponendo in secondo piano la pur sconvolgente ed orribile attuale cronaca nera.

Quando la realtà supera ogni immaginazione, perfino quella dei “nequissimi homines” dell'impero romano, si fondono tra loro - in un miscuglio – sozzura presente anche in molte altre realtà locali - politici, faccendieri,estorsori e delinquenti comuni, ognuno con un ruolo ben definito, in uno dei settori più vulnerabili ad opera del malaffare: quello dell'assistenza ai più deboli (le ruberie sui finanziamenti ai centri per gli immigrati) e, purtroppo, non solo. Il danno morale è abnorme e sconvolgente, perché di fatto distrugge – anche e soprattutto a livello internazionale, dove sino ad oggi la Merkel ci punta il dito contro – l'unica connotazione che sinora ci ha nobilmente distinto e che ha fatto di noi la componente europea che si ispira alla filosofia del “poveri ma belli e buoni”. Sono riusciti a macchiare anche la nobile virtù della caritatevole accoglienza. 

Abbiamo detto macchiare, non togliere di mezzo, grazie a Dio. Ed anche questo scandalo diventa fonte dell'insopportabile,prevedibile, ennesima appropriazione indebita sia del concetto che dello status di esclusiva invocata detenzione della pubblica moralità, in un risibile quanto tragico tentativo di ciascun ex leader in astinenza di popolarità di riprendere qualche voto. Attribuire adesso un provvidenziale ruolo catartico a nuove anticipate elezioni rende ancora più in-credibile la dignità-perduta – di una classe politica in cui diventa sempre più difficile trovare i non affetti dalla corruttela.
Roma caput mundi: anche se in fondo constatiamo che, nel bene e nel male, non siamo unici o primi nel mondo. Almeno in questo.

Orbene allora, perché non pensare aduna riedizione della politica come ad una atipica “professione passionale” a tempo determinato – e quindi in regime di assoluta precarietà - riservata soltanto a coloro che ottengano il necessario consenso elettorale previa adeguata formazione con tanto di verifiche docenziali? Non è pura teoria od illusorio idealismo: quello della pubblica rappresentanza è una delle attività più antiche del mondo perché nasce dalla necessità dell'uomo di relazionarsi con i propri simili. Ed essere destinatario di più o meno plebiscitari consensi risponde pienamente ai princìpi fondanti di ogni sistema democratico evoluto. Tuttavia perché confinare ad attività prettamente convegnistica o di mero approfondimento teorico-filosofico la cosiddetta “formazione politica”? Prescindendo, ovviamente, dai ben noti percorsi universitari, riteniamo utile la – pubblica -statalizzazione di un percorso di studi mirato a correttamente configurare il ruolo di chi è chiamato a rappresentare –pro-tempore – il rappresentato (cittadino), rendendolo adeguatamente edotto in via preventiva sui rischi – di umana,fallibile, storica natura – che attengono all'esercizio di tale compito circa le potenziali e diffuse deviazioni dal giusto operare in favore della collettività.

Una sorta di vaccino, insomma, prevenendo così, anziché cercando di curare, un cancro che disonora la pura scienza politica non banalizzata od impropriamente disprezzata come da troppo tempo avviene.
Paolo Speciale



7 dic 2014

Ruoli appropriati.. ed improprie regie

scrive Domenico Cacopardo

"È inutile nasconderlo: siamo di fronte a due trasformazioni materiali della Costituzione che risultano in competizione fra loro. In passato gli esperti le avrebbero definite «surrettizie», con riferimento al loro imporsi «de facto», senza un disegno dichiarato e approvato dal Parlamento.

Per un verso c’è l’accentuazione (incostituzionale) del carattere «presidenziale» della presidenza della Repubblica, giunta con Napolitano (dopo averlo fatto con Scalfaro) ad assumere tratti che l’avvicinano alla figura della presidenza francese.

Non è solo la scelta di ben tre presidenti del consiglio (ormai ridotti a primi ministri di nomina e tutela presidenziale), ma soprattutto la crescente e determinante influenza del presidente della Repubblica nella individuazione dei ministri (vedi la singolare, inspiegata opposizione di Napolitano alla nomina del magistrato Gratteri a ministro della giustizia), e dei vertici della amministrazione (civile, militare, e in parte giudiziaria). 

L’altra trasformazione consiste nella tendenza di Renzi verso la democrazia plebiscitaria. Forse proprio perché privo di una “legittimazione” elettorale diretta, ha inteso assumere il ruolo di protagonista unico e solitario della scena governativa (contornato da nullità senza autonomia, salvo qualche eccezione), che si collega direttamente all’elettorato tramite l’uso martellante dei media. Il momento che attraversiamo è permanentemente drammatico, il guado del fiume dell’inefficienza, della corruzione e della conservazione politica e sindacale non è nemmeno iniziato: abbiamo appena messo il piede in acqua e ci siamo resi conto che la corrente è gelida e tempestosa. Costringere un Parlamento sostanzialmente delegittimato dalla Corte costituzionale (che ha annullato la legge con la quale è stata celebrata la sua elezione) ad accantonare il lavoro legislativo per occuparsi di un nuovo presidente della Repubblica.. sembra quasi il capriccio senile di un padre della Patria indispettito dalle difficoltà di vedere realizzato il suo proprio disegno di riforme.

Ma tant’è. Fra poche settimane la Repubblica ballerà sull’orlo del precipizio, tra le parole festose e incoscienti del «premier» e la ricerca di un ruolo purchessia dei gruppi e dei groppuscoli creatisi in un anno e mezzo di anarchia parlamentare. 
Un Gentiloni. Un Franceschini. Una Finocchiaro. Presidenti di sistema, più che protagonisti. Non c’è altro da inventarci. 

Se Renzi lo capirà, avremo fatto un vero passo in avanti." 

Domenico Cacopardo




Non so se in realtà si tratti solo del fatto che Renzi lo capisca o no.. e se verranno fatti veri passi in avanti in tal senso... 
Il carattere «presidenziale» della Repubblica, sottolineato da Domenico circa l'assunzione di un ruolo forte promosso dalla figura di Napolitano, pone sicuramente delle domande che non potrebbero sottacersi. Renzi sembra aver già affrontato il tema di un sistema semipresidenzialista, non escludendo il fatto che si possa affrontare l'argomento, ma a condizione che si esamini prima la riforma del Senato.
Il sindaco d'Italia capisce che il tema del presidenzialismo è amato a destra più che a sinistra e che all'interno del suo stesso Partito.. ciò.. potrebbe far nascere ulteriori contrasti per il fatto che si possa offrire troppo spazio alla costruzione di figure sempre più dispotiche. Una paura già contrastata dai i padri costituenti di quella che doveva rappresentare una repubblica parlamentare. Ma con la realtà attuale...non v'è dubbio...che ogni timore in proposito potrebbe vedersi in modo diverso anche per il fatto che in altre democrazie occidentali...si attuano simili sistemi.

Ma perchè una proposta come questa... esposta dallo stesso Berlusconi...sulla nomina diretta di un presidente della Repubblica... deve per forza dare stura ad un percorso semipresidenziale? Perchè mai un presidente eletto direttamente da un popolo.. non potrebbe tenere gli stessi poteri limitati come quelli odierni, operando in più come garante di un sistema elettorale? Chi ci impone che non si possa far funzionare il nostro sistema istituzionale attraverso una maggiore garanzia da parte dell'operato di una presidenza della Repubblica?

Nominare un presidente del consiglio attraverso una elezione... è cosa ben diversa e sovverte il fine di una vera garanzia, poiché, in una Repubblica parlamentare, i poteri di un primo ministro finiscono con l'essere più assoluti e rischiano di prevaricare su quelli di una assemblea parlamentare.

Una domanda quindi nasce spontanea e potrebbe anche risultare ripetitiva se posta dal sottoscritto: Perchè mai il nostro Paese quando affronta simili riforme, non guarda in casa propria.. nel senso di studiare e definire un modello più adatto e funzionale?

Se si vuole una nomina diretta del Presidente della nostra Repubblica... ben venga. Potrebbe essere una vera garanzia per i cittadini! Ma non è detto che la figura debba per forza avere poteri vicini a quelli governativi e che ciò debba portarci direttamente ad un presidenzialismo.
....Insomma, perchè dobbiamo legare una elezione diretta del Capo dello Stato ad un esecutivo... e non propriamente ad una più sicura e garantita formazione delle Camere politiche?
vincenzo cacopardo












6 dic 2014

Due parole sul recente articolo di Domenico Cacopardo


ROMA LADRONA E..CONTORNI di domenico Cacopardo
Lo stupore speso a piene mani dai media per quanto emerge dall’inchiesta «Mafia capitale» mostra ancora una volta -e se ce ne fosse stato bisogno- l’ipocrisia che da decenni governa la democrazia italiana.

Una ipocrisia che ha toccato l’acme con la cosiddetta «Questione morale» di Enrico Berlinguer (mentre Longo, «leader» storico del Pci spiegava a Cervetti, appena nominato amministratore del partito che tutti sapevano tutto sui flussi finanziari russi, giacché il cambia valute era lo stesso per tutti i partiti) e con la vicenda giudiziaria chiamata «Mani pulite», che sceverò con attenzione tra le mani sporche, che risultarono essere quelle degli esponenti di Dc e Psi, di rado di altri. 

Era di comune conoscenza a Napoli (anni ’80) che i lavori di ricostruzione –sindaco Valente, Pci- erano decisi da una comitato di rappresentanti dei partiti del cosiddetto arco costituzionale. E che la ricostruzione aveva ampiamente beneficiato le casse dei partiti e di qualche dirigente politico.

Ora, il marcio che emerge a Roma è tanto grave perché riguarda in modo orizzontale il sistema politico e in modo verticale la cooperazione e l’assistenza all’immigrazione, due settori che non abbiamo mai mancato di segnalare come critici all’attenzione dei lettori di ItaliaOggi.

Poiché un sistema criminale come quello di «Mafia capitale» non si costruisce in un giorno, ma in decenni, tornano alla memoria le parole che Bettino Craxi pronunciò alla Camera il 3 luglio 1992, in piena Tangentopoli. A memoria qualcosa del genere: «Non nascondersi dietro nobili e altisonanti parole di circostanza che molto spesso e in certi casi hanno tutto il sapore della menzogna. Si è diffusa nel Paese, nella vita delle istituzioni e delle pubbliche amministrazioni una rete di corruttele grandi e piccole che segnalano uno stato di crescente degrado della vita pubblica … i partiti sono ricorsi e ricorrono all’uso di risorse aggiuntive in forma irregolare od illegale. Se gran parte di questa materia deve essere considerata materia puramente criminale allora gran parte del sistema è un sistema criminale. Non credo che ci sia nessuno in quest’aula, responsabile politico … che possa alzarsi e pronunciare un giuramento in senso contrario a quanto affermo …»

Discende quindi dalle deviazioni del sistema dei partiti della Prima repubblica e si aggiorna agli schieramenti della Seconda una schiera di malfattori (con esponenti della criminalità comune storica) che ha governato, sino a ieri, gli appalti romani. Di certo del comune e delle società pubbliche che a esso fanno capo. Forse della provincia e della regione. 

I prossimi giorni ci diranno di più. Quello che è da subito in prima linea è il discusso sindaco di Roma che dallo scandalo trova una limitata e provvisoria legittimazione subordinata alle decisioni che prenderà e alla loro attuazione.

L’altra questione altrettanto grave è che il «racket» e la corruzione hanno riguardato l’ampia area dell’assistenza sociale, il mondo delle cooperative e delle Onlus-Ong che sull’assistenza ha lucrato appalti senza gara, ricavi senza tasse, sperperi senza controlli.

Mentre una persona equilibrata, esperta e serena come il procuratore della Repubblica Giuseppe Pignatone continua a dirigere le attività investigative e istruttorie, e i soliti sciacalli, in questo momento impersonati, senza credibilità, dalla compagnia di giro denominata Movimento 5 Stelle, tentano di utilizzare a propri fini lo scandalo, quello che serve è la rimozione totale delle dirigenze dei partiti coinvolti, il riesame di tutte le posizioni dirigenziali nel comune di Roma, nella provincia e nella regione. 

Per la prima volta potrebbe essere utilizzato un metodo quasi infallibile: l’analisi delle variazioni patrimoniali di coloro che assolvono a responsabilità amministrative. Da essa potranno emergere tutte le anomalie derivanti dai ricavi illeciti, cioè dalla corruzione.

La gravità del caso, potrebbe indurre i cauti ispettori del fisco e della Guardia di finanza su questa strada innovativa.

E farebbe bene il governo a introdurre, oltre alle invenzioni inefficaci della Madia, una norma che, a tappeto, faccia emergere le variazioni patrimoniali di politici, di dirigenti dello Stato e di magistrati. Così non solo si potrebbero evidenziare i casi critici, ma si potrebbe introdurre un deterrente idoneo a scoraggiare corrotti e corruttori. 

Il dottor Cantone, commissario anticorruzione, che spesso evochiamo, può sperimentare l’efficacia della proposta.




Chiamarlo “degrado della vita pubblica” sembra persino un eufemismo.. data la portata ed il peso di una corruzione legata all'assistenza sociale..alla immigrazione e ai campi zingari. Profitti usurpati...appalti senza gare... nessuna tassa..ma sul controllo ci sarebbe tanto da dire.

In tanti continuano a domandarsi: ma possibile che nessuno sapesse? Che nessuno sentisse? E mai possibile che uno Stato come il nostro..ne rimane sempre assente? Possibilile che solo grazie alle azioni di una magistratura.. possano venire a galla simili atti indecenti? Tanta di questa gente ha continuato per anni ad agire a viso scoperto in beffa ai cittadini i quali non si sentiranno nemmeno più indotti a pagare tasse per la paura che ormai non pare esservi alcun controllo a loro difesa. 

Scrive bene Domenico: “Se gran parte di questa materia deve essere considerata materia puramente criminale allora gran parte del sistema è un sistema criminale”.

E sembra anche che sia davvero difficile poterne uscire..se non attraverso un cambiamento che non è certo quello guidato dalla linea politica del sindaco d'Italia: Perchè mai Renzi non si è dato inizio ad una riforma sulla corruzione? Come.. nemmeno.. a quella sul conflitto d'interessi? 

Più che le variazioni patrimoniali di coloro che assolvono a responsabilità amministrative..ci vorrebbero leggi e controlli per preventivare il malaffare. Nel nostro Paese non esiste mai una prevenzione... sia che si tratti di disatri naturali e rischi idrogeologici..o che si tratti di corruzione. Forse... sarebbe più utile un dicastero che si occupi di prevenzione pei i rischi di ogni natura.

Quanto alla politica ed all'etica che dovrebbe riguardarla..sappiamo ormai da tempo quante figure vi operino dentro a fini di interessi e lucro personale..Sempre più difficile pensare di non mettere mano ad un rinnovamento disciplinare dei Partiti e di regolarne i giusti finanziamenti pubblici! 

vincenzo cacopardo

5 dic 2014

“Ad impossibilia nemo tenetur”

di vincenzo cacopardo

Il folto gruppo di parlamentari sembra tanto interessato a distinguersi come un attento “ragioniere del condominio parlamentare” o meglio... sembra essere come una di quelle cameriere che.. in modo assai cavilloso, si prodiga alla pulizia estrema di un oggetto…trascurando l’aspetto generale della pulizia della intera camera da sistemare.
Un’ossessiva ed angosciosa ricerca di fare le pulci ai conti della politica che, se pur giusta ed opportuna, viene tanto esagerata da enfatizzarne l’aspetto..occultando una certa incapacità nel riuscire a fare altro. Figure queste.. che, come già scritto…potremmo definire come “nuovi arrivati” i quali.. poi…come messo in evidenza in questi giorni, di fronte ai benefici personali, finiscono sempre col trovare l’occasione per cambiare atteggiamento in proprio favore.”

Questo quanto scrissi su un mio post il 14 Maggio 2013 intitolato “la politica inconsistente dei "nuovi arrivati"

...Le pulci hanno continuato a farle i “parvenù” della politica odierna.. in seno al proprio movimento, non riuscendo ad occuparsi di altro ed il fallimento dell'operazione assai enfatizzata da Grillo in questi anni.. pare ormai perdere di ogni valore. Lo sfaldamento del gruppo dei parlamentari del M5Stelle sembra prendere corpo in un terreno politico in cui è sempre più importante accaparrarsi deputati e senatori in vista della nuova legge elettorale, ma anche per la prossima nomina della presidenza della Repubblica.

Da tempo si è discusso di questo Movimento che, malgrado l'importanza non sottaciuta di una sua posizione antisistemica di rottura che sarebbe potuta rivelarsi costruttiva, ed invece ..mai concretizzatasi in iniziative ed idee veramente innovative a favore di una nuova politica, ha finito con l'essere rappresentata unicamente dalla voce populista di un excomico leader.. improvvisatosi politico.

Certamente... non può far piacere aver visto nascere un simile Movimento di rottura in un contesto in cui una certa vecchia politica costruita sulla scaltrezza, l'inganno ed il malcostume, è cresciuta libera e con protervia sulle spalle di un Paese al quale è stato imposto ogni sorta di sacrificio...ma non ci si poteva attendere altro da chi ha sempre e stupidamente preteso di costruire virtualmente un movimento ed una demagogica democrazia diretta che prevalentemente dovrebbe basarsi sul dialogo e la conoscenza.

Ad impossibilia nemo tenetur: Nessuno può mai giustificare la mancata realizzazione di un simile impegno assunto da Grillo, dovuta a cause di forza maggiore che in sé apparivano già scontate.



Azione comunicativa..socializzazione e ricerca delle regole.

di vincenzo cacopardo
Il filosofo..storico e sociologo Jürgen Habermas nei suoi scritti che occupano una posizione centrale sulle tematiche e le scienze sociali, pone le analisi delle società industriali nel neocapitalismo maturo; il ruolo delle istituzioni in una nuova prospettiva in relazione alla crisi di legittimità che mina alla base tutte le democrazie contemporanee ed i relativi meccanismi che determinano i consensi.

La sua elaborazione filosofica... lo ha visto impegnato in una ermeneutica relativa alla critica del metodo del conoscere oggettivamente. Uno studio che lo ha guidato verso un bisogno della reale edificazione di una nuova ragione comunicativa che egli ritiene possa liberare l'umanità dal principio di autorità. Egli considera che solo il modello conoscitivo tra i soggetti possa andare al di là dell' irreale paradigma della soggettività.

Sembra difficile...ma è più semplice di quanto non sembri... In sostanza il filosofo, recependo la caratteristica di "partecipazione" propone le linee fondamentali di una teoria discorsiva della morale e della politica: Il discorso pubblico si pone come modello di un agire comunicativo che si oppone all'agire strumentale. L'agire strumentale sembra organizzato dalle logiche della tecnica e del dominio, mentre quello comunicativo... indica la possibilità di un'unione sociale non coercitiva, basata sul criterio di riconoscimento tra i soggetti ed orientato verso l'intesa.

Già nel passato Georg Simmel, spiega la realtà sociale, non intesa come realtà autonoma rispetto agli individui, né come somma di individui. Simmel affermava che l’attenzione è sempre attratta, non tanto dalla società come situazione comune, quanto piuttosto da ciò che differenzia gli individui l’uno dall’altro. La solidarietà, la sottomissione, la superiorità, la concorrenza, sono tutte forme di sociazione che noi possiamo  riscontrare prescindendo dal loro realizzarsi in unità sociali concrete e specifiche.

La teoria di Habermas.. contiene una logica dei livelli di sviluppo dell'umanità.. Tanto più il "sistema" si forma differenziando se stesso e aumentando la propria complessità, tanto più gli uomini introietteranno le imposizioni sociali come ingiunzioni autonome individuali.
Nel suo saggio sulla “Teoria dell'agire comunicativo”, Habermas pone la comunicazione come un modello dell'azione sociale in cui l'opinione pubblica.. viene considerata elemento fondamentale per la legittimazione di ogni stato democratico. Pur riconoscendone l'importanza in relazione alle istituzioni, il filosofo ritiene che tutto dipenda principalmente dalla struttura comunicativa che si stabilisce: Pone quindi un dubbio su una certa "razionalità discorsiva" che, fondandosi sul sistema comunicativo, favorisce la formazione di una volontà collettiva alla partecipazione democratica.
Il suo ricorso alla razionalità conferma innanzitutto che ogni problema ha per centro la ragione, dal momento che ogni soluzione viene data e valutata esclusivamente in termini razionali: Parlare di razionalità significa prendere in considerazione un'agire, ed è solo grazie alla esatta conoscenza di questa... che è possibile stabilire i criteri di valutazione e i livelli di criticabilità delle azioni.

Ma perché la società odierna non appare pienamente razionale?..Perché la ragione non coincide spesso con una certa realtà? 

La razionalità su cui è basata la società contemporanea non è accettabile...perché in essa le persone non sono fini in sé, ma risultano solo strumenti e mezzi utilizzati per finalità tecniche ed economiche. L’agire strumentale è quello del sistema, di quell'impianto economico ed amministrativo che forma il nostro vivere associato, ma che...nel contempo... impedisce la formazione di una configurazione razionale più libera ed indipendente..che aiuta una certa emancipazione.

Questo è uno degli argomenti più interessanti del pensiero di una certa scuola filosofica..Quella che potremmo definire “ teoria del fine e del mezzo”.. sul quale si possono individuare ulteriori spunti per un dialogo che pur nascendo in uno schema filosofico... finisce con l'innestarsi quasi naturalmente in un concetto sociologico di grande rilievo. L'importanza di una emancipazione sociale viene posta come un determinante percorso senza il quale non sarà mai possibile crescere. Il richiamo ad una certa comunicazione deve farci riflettere, ma non è l'unico sul quale meditare. 

Vi sono ulteriori spunti sui quali porsi domande che trovano in un contesto di socializzazione motivi profondi in una certa etica dei rapporti umani.. Pensare ad esempio che per quanto riguarda il merito non vi possano essere regole...sarebbe come tollerare che solo gli intelligenti ed i più colti.. hanno diritto ad una vita migliore. Ma sappiamo che una buona parte degli intelligenti sono anche astuti e si sentono di poter imporre ciò che vogliono a coloro che peccano di capacità intellettive similari (Una certa comunicazione ne é l'esempio poiché, oggi, viene manovrata intenzionalmente con estrema furbizia). La vera intelligenza dovrebbe basarsi su altri principi....principi che vedono in un simile naturale vantaggio l'importanza di unirvi quell'essenziale umiltà che dovrebbe spingere a vedere con maggior rispetto il rapporto col prossimo. Insomma....esser capaci di percepire che il vantaggio della propria intelligenza si basa su un confronto con il prossimo e quindi.. quando si intuisce tale vantaggio...non ci si può esimere dal riflettere che, se non vi fosse chi è meno intelligente, il più intelligente non potrebbe mai emergere.

Quest'ultima breve analisi..che, per certi lati, si lega alla “teoria dell'agire comunicativo”  in sé risulta essenziale e propedeutica per sottolineare l'aspetto antropologico dell'uomo soggetto a vivere e relazionarsi in una società dove i rapporti sembrano basarsi su una gara al successo, mettendo in evidenza un aspetto che non può negarsi proprio per il fatto che si è voluta lasciare troppo libera e con poche regole la costruzione di una società dove prevale costantemente una certa competizione sfrenata. Se mettiamo in relazione la teoria del merito.. aprendo un ragionamento che coinvolge la sfera sociale e la relativa integrazione tra gli uomini ed i popoli, ci accorgiamo che anche essa pone dei limiti e spinge a porsi una serie di domande. Come nell'intelligenza... anche per la capacità di inventiva..vi sono uomini avvantaggiati da una travolgente genialità rispetto ad altri...ma anche in questo caso.. non potrebbero emergere.. se non ve ne fossero altri al confronto non arricchiti da questo dono naturale...

Spostandoci infine alla materia economica..sappiamo che la ricchezza e mal distribuita e che ugualmente esistono i più ricchi... poiché aumentano i poveri. Un dato sembra prendere il sopravvento ed è quello che determina in modo assoluto la ricchezza di pochi a danno della povertà dei molti. Anche qui una domanda dovrebbe porsi. 

La “Teoria dell'agire comunicativo” di Habermas rimane un'ottima base di partenza sulla quale poter innestare ulteriori temi che colgono gli aspetti antropologici dello studio comunicativo per l'importanza di una sana interazione in seno alla nostra società. Ma con l'enorme sovrappopolazione in crescita dal dopoguerra ad oggi... si è arrivati ad un punto in cui nuove regole risultano più che necessarie se proposte in favore di una necessaria politica della socializzazione.



4 dic 2014

nuovo articolo di domenico Cacopardo


                                                        LO SCEMO DEL VILLAGGIO
Di questi tempi essere scemi non è condizione indispensabile per fare politica, ma aiuta molto. Co​sì​ è stato raccontato, soprattutto negli Stati Uniti, ​i​l privilegio del mediocre, di colui che, non avendo idee né spiccata personalità, alla fine risulta il preferito da un elettorato che non cerca un governante ma un suo simil​e.

Da noi, è evidente, in questo senso, la testimonianza del Movimento 5 Stelle che ha portato in Parlamento gente che della mediocrità è l’espressione più autentica. Ma non sono da meno gli altri partiti, a cominciare dal Pd.

Non parliamo del presidente del consiglio anche se comincia a mostrare la corda dei suoi limiti, interni e internazionali. La chiamata di Andrea Guerra è un fatto positivo. Ma solo gli appuntamenti delle prossime settimane ci diranno quale sia la vera caratura di Renzi e, soprattutto, se sia capace di arrestare la marcia di avvicinamento all’Argentina, di cui ogni giorno si scorgono i preoccupanti sintomi. 

Certo la colpa non è di Renzi, visto il contributo determinante di gente come Berlusconi e Prodi e ora Camusso e Landini.

Ma che, nonostante tutto, essere, politicamente, scemi vada di moda lo dimostrano gli episodi di queste ultime ore.

Il presidente della Regione Toscana Rossi (uno di quelli che non si era accorto di nulla quando Mussari imperava nella sua Toscana) si è fatto fotografare con una famiglia rom. È poi risultato che la stessa vivrebbe in un appartamento fornitole e pagatole da una Onlus, con soldi ricevuti dalla regione medesima di Rossi (quindi dai contribuenti italiani) e che i piccoli di famiglia sarebbero stati ripetutamente colti nell’esercizio dell’accattonaggio. Sono portato a credere che queste notizie siano vere, conoscendo molti casi simili. 

In una Nazione regolata dalla legge (anche in Italia) i genitori di tale progenie sarebbero privati (dal giudice) della patria potestà e processati per sfruttamento di minori. In un Paese mite come l’Italia, il maresciallo comandante della stazione dei Carabinieri di Campo de’ Fiori, a Roma, vede continuamente ricomparire e tornare a delinquere i piccoli rom fermati per l’assalto di squadra agli anziani che fanno la spesa nel mercato e riportati nei campi dove vivono i genitori.

Prima di celebrare questa mitezza sarebbe il caso di ascoltare cos’hanno da dire in proposito i derubati e gli assaltati. 

Non c’è nessuna intenzione razzista in queste constatazioni: la realtà va vista per quello che è, non con gli occhi molto interessati dei cosiddetti operatori (più o meno umanitari).

Rossi, presidente della Toscana, si bea in questo genere di compagnia foraggiata per lo più da gente che non è suo elettore. E mostra un razzismo subliminale, comportandosi come gli esploratori ottocenteschi Livingstone e Stanley che, a loro volta, si beavano di mostrarsi in compagnia dei «selvaggi» dell’Africa nera.

Quanto a sciocchezza, non è da meno il sottosegretario Faraone che, dopo una breve eclissi per qualche notizia paragiudiziaria proveniente da Palermo, è stato catapultato al ministero della pubblica istruzione: qui ha trovato modo di celebrare l’elogio dell’occupazione delle scuole medie superiori e degli studenti che le occupano.

Ignora proprio questo Faraone che in tutto il mondo l’insegnamento si sta facendo più duro e più serio e che una delle componenti del nostro disastro è l’insufficienza del sistema scolastico (fatto più per gli insegnanti che per gli scolari) a confronto con la concorrenza europea ed extraeuropea. Si faccia redigere (senza spendere i soldi di un viaggio e utilizzando quelli, troppi, che vengono erogati al nostro personale all’estero) un rapporto sulla pubblica istruzione dal nostro ambasciatore in Polonia, per esempio.

Apprenderà, se ne sarà capace, come funziona un sistema scolastico dei nostri giorni votato a rendere i giovani di quel Paese capaci di competere con tedeschi, indiani, cinesi, russi e americani. E si renderà conto che è meglio tacere e passare per insensibili che parlare e passare per cretini.

Domenico Cacopardo




3 dic 2014

una nota al nuovo articolo di D.Cacopardo


L'ULTIMO REGALINO di domenico Cacopardo
Come il lupo che perde il pelo, ma non il vizio, «in articulo mortis» (in senso politico, s’intende), Giorgio Napolitano intenderebbe manovrare governo e Parlamento per ottenere l’elezione del candidato preferito alla propria successione. Si tratta di Giuliano Amato (76) attualmente giudice costituzionale (di nomina presidenziale) dopo essere stato: consigliere giuridico di Antonio Giolitti, ministro del bilancio, consigliere di Bettino Craxi al ritorno da un periodo di insegnamento alla Georgetown University (gesuiti) di Washington, deputato, sottosegretario alla presidenza del consiglio di Craxi, ministro del tesoro (Goria e De Mita), presidente del consiglio (1992-1993), ministro delle riforme istituzionali e, poi, ministro del tesoro (D’Alema) e presidente del consiglio. È stato presidente dell’Antitrust e dell’Aspen Institute. 

Il più «insider» (prima e seconda Repubblica) di tutti i possibili candidati. Il contrario di ciò che s’intende per rinnovamento da quando mondo è mondo.

Tuttavia, occorre riconoscergli un servizio dello Stato senza ombre speciali, salvo l’assenza di uno specifico spessore e di una specifica tenuta ogni volta che il termometro della temperatura politica è salito di qualche grado. Di fronte alla fermezza usata dopo il crollo della lira (Ciampi governatore della Banca d’Italia, estate 1992, che sbaglia clamorosamente impegnandosi in una insostenibile difesa del cambio) con un pacchetto di misure economico-finanziarie che impedirono il default dello Stato, ci sono state tante altre circostanze in cui, il cedimento è stata la cifra specifica della sua azione di governo. Pensiamo al valore emblematico di quanto accaduto col decreto Conso, ritirato per le pressioni di Scalfaro, intimidito dalla squadra di Borrelli, della sua fuga dal Psi, che avrebbe potuto ‘salvare’, dell’incredibile adesione al movimento di Mario Segni (Il patto per l’Italia) e di alcune indecisioni e incertezze di difficile apprezzamento che nell’azione quotidiana ha manifestato.

Non c’è, però, dubbio che il successo della presidenza Craxi è in gran parte dovuto alla sua sagacia giuridica che implementava e realizzava il senso politico del «premier».

Con Craxi, è stato colui che ha approfondito il «dossier» Sme/Prodi-De Benedetti, definendo i contenuti legali della presa di posizione che impedì che la vendita (per 350 miliardi di lire) dell’importantissima finanziaria Iri, per la quale il Comitato per la politica industriale (CIPI) aveva stanziato i soldi necessari al risanamento stabilendo, per dopo, una vendita ‘spezzettata’.

Come vicepresidente della convenzione incaricata di scrivere la nuova Costituzione europea (poi bocciata e mai entrata in vigore) ha contribuito a definire un documento di compromesso che, comunque, avrebbe rappresentato un passo avanti nel processo di integrazione.

Fa però male, molto male, Napolitano a sponsorizzare l’elezione di un successore. Se lo può permettere per la fragilità politica e culturale dell’attuale primo ministro, cui, però, non difettano senso politico e capacità di manovra.

C’è da dire infine che Amato è il candidato preferito da Silvio Berlusconi, sia per antiche frequentazioni e benefici (nelle vicende dell’introduzione delle televisioni private giocò un ruolo cruciale) sia per l’attesa di un atteggiamento mite. Nel senso che, se ci fosse uno spiraglio per una grazia, Berlusconi può ritenere che Amato lo coglierà. 

Con il solito, insopprimibile autolesionismo, l’excavaliere ha annunciato di candidarlo alla presidenza: il modo migliore per comprometterne il successo e, quindi, ogni speranza di ‘graziosa catarsi’.

Per il momento la candidatura non è sfumata, viste anche le corazzate che la sostengono.

Non si può dimenticare, perà, il voltafaccia di Amato sul decreto Conso e tante altre occasioni perdute, anche sulla questione Craxi, abbandonato e dimenticato senza una lacrima o, almeno, una parola di rimpianto e di solidarietà.

Così va il mondo. Almeno il mondo in cui si sono affermati e sono cresciuti gli Amato.



Un curriculum di tutto rispetto, ma anche.. come sostiene Domenico, il più «insider» di tutti i possibili candidati. 

Il riferimento al decreto Conso..non è, tra l'altro, di poco conto, in un contesto in cui si tratta della nomina istituzionale più importante della nostra Nazione. 

Per intendersi..la storia si inquadra così: 
Conso..già presidente della Corte Costituzionale diviene membro dell'esecutivo nel governo Amato nella qualità di ministro della giustizia. Il 5 marzo 1993.. il Governo, su proposta dello stesso ministro... vara un decreto che depenalizza il finanziamento illecito ai partiti definito un vero "colpo di spugna". Il decreto, che recepisce un testo già discusso e approvato dalla commissione affari costituzionali del Senato, conteneva un controverso articolo che dava alla legge un valore retroattivo, e quindi comprendendo anche gli inquisiti di mani pulite. Il presidente della Repubblica,Oscar Luigi Scalfaro, non firmò il decreto e il provvedimento venne così ritirato.
Tale decreto-legge fu denominato "decreto Conso" dal nome del ministro della giustizia proponente, ma, tutt'oggi non tutti sono propensi a credere che sia stato il frutto della sua unica mente. Il presidente del consiglio dei ministri dell'epoca, Amato, durante la riunione del governo, fu molto criticato per essere stato prono alle indicazioni del Quirinale, il quale per la prima volta s'ingeriva così pesantemente nella redazione di un testo di competenza del governo. 
Ecco perché Conso offrì immediatamente le dimissioni e all'indomani della scelta di Scalfaro non firmò il decreto, dettato dalle esigenze sopravvenute in seguito alla protesta dei magistrati della procura di Milano. Consapevoli della sua totale estraneità alla vicenda, sia Amato che Scalfaro... lo scagionarono agli occhi dell'opinione pubblica.

Amato governò nel periodo buio in cui venne posto il tema del 41bis come trattativa Stato -mafia. Di lui ricordiamo anche la manovra dei novantamila miliardi: una legge finanziaria tra tagli e tasse con la quale si raschiò il fondo del barile, prelevando forzatamente i contributi dai conti correnti dei cittadini ed iniziando la svendita delle imprese e dei beni pubblici, reclamata da un certo capitalismo nazionale. In quel periodo il bersaglio preferito erano proprio i socialisti di cui anche Amato ne faceve parte. Lo stesso Martelli..compagno di partito ed exministro della giustizia, non pare un suo convinto estimatore. 

L'arte del professor “sottile”, così definito anche per la sottigliezza estrema con la quale si è sempre mosso in politica, è conosciuta dai tanti che hanno operato in politica negli anni passati. La sua figura.. ormai chiacchierata...fu fortemente condizionata dall’allora capo dello Stato Scalfaro..

L'aspetto più inquietante di questa figura ..che tanto pare esser desiderata alla carica della presidenza della Repubblica.. è una certa ambiguità. La doppiezza di chi, con estrema furbizia, ha saputo sempre scaricarsi da ogni responsabilità attraverso una dialettica tanto acuta e sottile..quanto astuta e costruita ad arte. 
vincenzo cacopardo