11 dic 2015

Nessuna politica preventiva nel cammino di un governo poco avveduto

Quei cittadini raggirati che perdono risparmi e vita.

di vincenzo cacopardo
Ci voleva il suicidio del pensionato di Civitavecchia di 68 anni per porre maggiore attenzione ad un fatto che già da anni persevera in tanti istituti di credito. E' inutile metterla sul piano che molte colpe possano appartenere agli stessi risparmiatori..quando è di tutta evidenza il fatto che siano state proprio le banche a spingere all'acquisto di titoli ed obbligazioni.. senza il quale il rapporto della clientela non avrebbe potuto seguire una strada più comoda. Si parla adesso di "suicidio di Stato" ed il governo viene persino accusato di aver istigato l'anziano a togliersi la vita.

Il fallimento delle quattro banche ormai riportato ad alta voce nella cronaca odierna (Banca Marche, Banca Etruria, Carife e CariChieti) mette in luce una mancanza di deontologia da parte di coloro che le amministravano.. aggravata da una chiara volontà di voler quasi imporre un investimento senza fornire le necessarie spiegazioni su quanto stava avvenendo ai possessori delle cosiddette obbligazioni subordinate. Si contava in modo subdolo e.. forse fraudolento.. sulla scarsa conoscenza degli stessi possessori dei titoli in materia finanziaria.

Mentre da Bruxelles arrivano parole dure dal commissario ai mercati finanziari: «Nel caso delle quattro banche italiane.. ci sono chiare conseguenze per i cittadini che si sono trovati in una situazione in cui gli istituti stavano vendendo prodotti non idonei». ..in tanti si domandano dove stavano Banca d'Italia e Consob..E' mancata una vera vigilanza e molte responsabilità andrebbero ricercate a monte più che a valle. Sono mancate le indispensabili ispezioni che avrebbero fatto emergere casi di mala gestione nelle quattro banche malate, oggi tutte commissariate da Bankitalia. Nel paese dei suggestivi incidenti e delle anomalie come il nostro... tutto sembra possibile! Persino la Banca d'Italia rappresenta oggi un'anomalia: apparentemente a garanzia pubblica.. quando in realtà è composta da una serie di istituti privati che nel passato ne hanno persino ricavato personali interessi .

Oggi il Premier Renzi afferma di lavorare in proposito per risolvere il problema facendo fronte alla indignazione di tutto il Paese. Ma come ormai già comprovato.. in questo Paese si arriva costantemente in ritardo e pare che ogni volta ci voglia il morto per poter procedere. Matteo Renzi insiste a difendere a oltranza il decreto salva banche:"È impossibile per le regole dell'Unione salvare in modo definitivo gli azionisti e obbligazionisti subordinati ma stiamo cercando con grande impegno e tenacia di individuare una soluzione, nei limiti delle regole europee, di avere una forma di ristoro".

Per evitare nuovi problemi in futuro il governo sembra essersi messo al lavoro per aggregare le banche più piccole. Rendiamoci ancora una volta conto di come.. in questo Paese.. non esista una politica preventiva e... se una politica non sa guardare in lungimiranza e prevenire.. non potrà mai essere utile ..Altro che ottimismo dettato costantemente da un premier saccente e poco avveduto! Dove sta l'esperienza di un preparato ministro dell'economia?Dove la logica con la quale il premier sottovaluta il problema.. mettendo in primo piano il prossimo incontro alla Leopolda per continuare con la sua ipocrita comunicazione? 


Non sarebbe strano pensare che l'unico timore adesso.. possa essere quello che, in questa situazione, si avanzino provvedimenti a difesa di una operazione di salvataggio di queste banche..che in qualche modo possa intaccare il già sacrificato  comparto dei pensionati.   

10 dic 2015

L'equilibrio..preziosa strada per una società civile globalizzata

di vincenzo cacopardo
Nel vuoto dei valori quello che si ricerca è l'assoluta concretezza dei principi..Nell'assenza di un credo ciò che primeggia è l'illusione e la presunzione! In ciò pare esservi raccolto il pensiero di una società che procede in un cammino verso un freddo.. impersonale e pericoloso destino: i valori vanno perdendosi laddove le figure assolute si impongono ed incalzano privi di ogni senso morale ed umiltà. Si diventa estremi quando non si percorre la strada della ricerca e dell'equilibrio..esaltando solo principi forti in mancanza di idee.

La via dell'equilibrio sembra essere stata abbandonata da tempo in ogni campo ... persino in quelle logiche economiche che avrebbero dovuto guardare alla salvaguardia di una collettività nel suo insieme senza estremismi di ogni sorta: L'uomo ha creato un'economia il cui prodotto risulta vieppiù superiore alla domanda.. una iperproduzione che ha generato un aumento dei beni senza un riscontro sul reale bisogno ed inoltre.. tenendo sotto freno una più utile crescita reale il cui valore oggi avrebbe assunto un'effettiva spinta per la crescita.

Un dato di fatto è comunque certo: Il nuovo capitalismo globale riesce ormai ad estremizzare i profitti occupando meno capitale umano. Si perde.. quindi.. il peso di una contrattazione sul lavoro e cresce l'emarginazione di massa. Alcuni sociologi teorizzano persino l’avvicinarsi di quell' “era globale” con la fine di ogni Stato nazione e quindi di ogni forma di democrazia.

La politica sterile dei paesi occidentali.. costruita ancora sulle vecchie ideologie di un tempo... la politica internazionale che non ha saputo gestire le differenze tra i diversi paesi... né ha saputo prevedere l'esodo di portata mondiale...un'iperproduzione che ha riempito un mercato occidentale ormai saturo... principi di corruzione ormai degenerati..Tutto ciò fa sì che nel mondo la stessa democrazia perisca sotto una naturale reazione determinata da un assolutismo e da un individualismo.. destinati a vincere su tutto.

Nella vita politica la parola “democrazia” non può che essere in stretta relazione con la parola “equilibrio” per la determinazione delle scelte armoniche di una società civile. Sono in molti a pensare che lo stesso principio di democrazia ha senso solo se rimane inserito in un contesto globale.. e proprio il modo di governare presuppone l’esistenza di una società civile globale e dei rispettivi rapporti giuridici che devono rimanere validi universalmente...Non si può che essere d'accordo, ma 
solo l'equilibrio potrà salvare i valori di una democrazia globale! 


L’equilibrio è certamente una guida importante per il nostro futuro, un futuro che guardando al progresso, possa riuscire a trovare una via di mediazione tra mercato, produzione, etica, vivere sociale e persino arte e poesia, poiché tutte queste sono esigenze di vita necessarie per qualunque comunità a cui l’essere umano appartiene.



9 dic 2015

C'è chi si dedica seriamente all'integrazione


Il 12 Dicembre, alle ore 16,00, ai Cantieri culturali della Zisa la giornata dell'accoglienza

Dall' Ufficio Speciale Immigrazione della Regione Siciliana, una giornata di apertura verso il difficile percorso dell'integrazione..una giornata dell'accoglienza che viene proposta in due fasi, e che vede nella prima una presenza delle massime autorità regionali ed esperti del settore, ma anche rappresentanti delle varie culture per discutere i temi scottanti dell' immigrazione, al fine di integrare in modo più utile e propositivo nuovi modelli di accoglienza, oltre che la disponibilità ai finanziamenti. Una seconda parte dell'evento prevederà una festa con musiche, danze e degustazione di cibi etnici.


Grazie all'Ufficio Speciale, da poco istituito e diretto da Daniela Segreto, che.. con impegno.. sembra guidare l'organizzazione di un evento più che mai opportuno per l'amministrazione regionale, ci si muove con passo deciso per esaminare in profondità il preoccupante tema dell'immigrazione in un confronto più esteso. Una manifestazione alla quale prenderanno parte altre istituzioni tra cui il Ministero dell'Interno, la Procura Generale della repubblica, lo stesso Assessorato alla Famiglia, l'Amministrazione comunale e quella aeroportuale di Palermo..oltre ad altre personalità esperte del settore.

I temi sociali sono da sempre stati affrontati in modo alquanto trascurabile dalle amministrazioni ..non tanto per l'impegno finanziario sul quale si è persino speculato, quanto per il metodo ed una garanzia organizzativa spesso sottovalutata. Con l'enorme aumento dell'immigrazione si sono subito poste questioni organizzative gigantesche che nel passato non sono state valutate in lungimiranza dal governo nazionale. Ne ha fatto le spese la nostra Regione che di colpo ha dovuto affrontare questo esodo cercando di contenerlo a fatica ed accogliendo, come ha potuto, l'enorme massa di immigrati.


Oggi si pone un indiscutibile problema di integrazione che la dirigenza dell'Ufficio Immigrazione ha sentito di prendere in mano con opportuno senso di responsabilità e immedesimazione.. proponendo la giornata dell'accoglienza. Con ciò l'Ufficio intende far comprendere come il problema dell'accoglienza non può soffermarsi solo a quello fisico ..ma proseguire in quello ancor più difficile di una integrazione che merita un diverso impegno ed un'organizzazione più logica ed intelligente...catturando l'attenzione di quella classe politica che non può più restarne assente.

Queste le parole in proposito pronunciate dall'organizzatrice dell'evento.. dottoressa Segreto -- "La società civile della regione si è sempre distinta per la capacità di accoglienza della moltitudine di immigrati, che di recente è approdata sull'isola. Le continue notizie diffuse dai Tg e dai social media, relative all'attraversamento dei migranti lungo i Balcani, ha fatto sì che si credesse risolta l'emergenza degli sbarchi in sicilia e nessuno ha parlato dei mille approdi di questi ultimissimi giorni a Lampedusa. Ma non solo, la Sicilia è terra di integrazione e multi--cultura da secoli e occorre operare una vera e propria trasformazione delle politiche, che non possono non tener conto delle norme stati in tema di accoglienza e immigrazione, stabilite nel Testo Unico - la legge Bossi-Fini - che è, a mio avviso, da rivedere, anche con l'aiuto delle regioni, come la Sicilia, che sono particolarmente investite dal fenomeno. Ricordiamo che attualmente, su diecimila minori stranieri non accompagnati presenti sull'intero territorio nazionale, 4.700 risiedono in Sicilia.
La qualità della nostra stessa vita, impatta con le contraddizioni create dalle regole imposte da ogni forma di individualismo...La nostra società non è un blocco in cui il singolo ha scarsa importanza, ma esiste essenzialmente nei rapporti tra i singoli ed in ciò deve inquadrarsi il particolare spirito di questo nostro evento. In questo pessimistico quadro che avanza, ogni problematica dell'accoglienza e dell'integrazione deve essere affrontata e vinta attraverso un impegno verso la cultura dell’equilibrio e del metodo di reciprocità.”

vincenzo cacopardo






Il vento francese..di Domenico Cacopardo


Perde l’Europa e la sua classe dirigente, quella che è emersa dopo il 2000, dimostrando una povertà di idee e di visione, quale mai s’era vista dal 1945 a oggi. Perde l’Europa e perde Angela Merkel, con il suo rigore senza speranze, con la Comunità ai suoi piedi; perde l’Europa e perdono i popolari e i socialisti, accomunati nella triste sorte di coloro che non sono riusciti a esprimere né una proposta attraente per il futuro, né un’interpretazione coerente delle esigenze dei popoli. Perde l’Europa dell’ordine sparso, incapace di operare come un unico soggetto in uno dei tanti settori chiave della politica, dell’economia, della difesa. Perde l’Europa dei bombardieri francesi sulla Siria, degli attacchi francesi alla Libia, del disastro mediorientale, innescato da Obama e implementato da Sarkozy e Hollande.


E perde la Francia che conosciamo, quella che ha dato opere e artisti di cui andiamo orgogliosi, ma che non ha saputo disinnescare la mina delle banlieue, esplose nel 2005 e mai placate, nelle quali il disagio sociale, privo di ideologia di tipo classico, ha abbracciato quella del terrore islamico. Non un programma efficace per allievare disoccupazione e per combattere i traffici di droga e l’illegalità è stato messo in opera. Solo pannicelli caldi, quelli che, alla lunga, aggravano il male.
La vittoria del Front National di Marine Le Pen non è più un segnale, è una svolta. Occorre prepararsi a fare i conti con il suo populismo e l’ondata che susciterà in tutto il continente.
Presto cambieranno molte cose, anche perché le probabilità che la Le Pen conquisti l’Eliseo sono forti: le elezioni avranno luogo nel 2017, cioè domani. Anche se, a gennaio di quell’anno si sarà insediata a Washington una nuova amministrazione, sarà difficile che si mettano subito in atto nuove strategie internazionali per affrontare il conflitto in corso. Tali da disinnescare il crescente populismo.
E l’imperizia dei vari leader europei non è un buon viatico per la conduzione della guerra in questo anno e mezzo circa che ci rimane davanti.
Ci vorrebbe uno scatto in avanti, sulla strada dell’integrazione in materia di difesa esterna e interna, della politica fiscale e di quella sociale. Non se ne farà nulla.
La crisi dell’Europa è irreversibile: languirà per almeno un decennio tra possibile disfacimento e mera sopravvivenza senza autorevolezza né prestigio.
Questo è accaduto dopo che gli ultimi tre leader europei, Mitterand, Kohl e Craxi hanno lasciato la scena. Anche la scomparsa di Wojtyla ha contribuito alla fine dei punti di riferimenti di fine millennio.

Per l’Italia, che affronterà –salvo imprevisti- le elezioni generali nel 2018, lo scenario si scurisce. Il partner italiano del lepenismo non è Salvini, ma Grillo, se sarà capace di cogliere il senso di ciò che è accaduto oltralpe. Potrebbe innescare un processo che, oltre a investire le prossime elezioni comunali, cambierà le prospettive di quelle politiche, alla luce del disagio permanente del Paese.
E Dio non voglia che, in questo periodo, i terroristi islamici si facciano sentire: tra lo sciocchezzaio di un mondo buonista, votato al suicidio proprio e della Nazione, e parole pesanti che promettessero ordine e sicurezza, non è difficile immaginare quale sarebbe la scelta dell’elettorato.
Anche il Pd renziano finirebbe tra i ferri vecchi delle cose rottamate.
C’è tuttavia una possibilità ancora ed è quella che ha offerto proprio Matteo Renzi, se, superando la stanca di questi tempi, riprendesse il processo riformista, attaccando i centri del parassitismo politico. Ha una carta buona nelle mani, il nostro premier: il non essersi accodato alla furia guerresca che ha invasato i governi europei, dalla Francia alla Germania al Regno Unito.
Una reazione agli attentati di Parigi che, nella sostanza ricorda, la tattica delle forze armate di re Franceschiello. Di fronte a un nemico organizzato e sfuggente, l’ordine del comandante in capo fu: «Facite ammuina!»
Giacché dell’efficacia dell’offensiva aerea è lecito dubitare mentre delle capacità militari dell’Isis no. E la sua presenza in Libia cresce e diventa sempre più minacciosa.

Quali tentacoli dell’idra terrorista saranno tagliati e quanti ne ricresceranno? Siria, Iraq, Yemen, Mali, Libia, Africa subsahariana, Nigeria, in quale di queste guerre l’Occidente deciderà di vincere?
Ecco, la prudenza di Renzi è la carta da spendere in questo difficile momento: che l’Italia non sia scesa in campo ci verrà utile a medio termine. Perché non avremo gettato le nostre risorse militari economiche nella fornace siriana e perché saremo in condizioni di difenderci se fosse necessario. Senza illusioni, giacché se i terroristi vorranno colpirci lo faranno. Ma con fiducia in noi stessi e nella forza armata di cui disponiamo.
Abbiamo quindi davanti due anni e mezzo difficili, nei quali le questioni della sicurezza e della difesa prevarranno sulle altre. E l’onda Le Pen aggredirà il nostro mare trasformando le onde in marosi. Il giovane nocchiero non basterà: per salvare l’Italia ci vorrà senso di responsabilità e della misura. Né ottimismo né pessimismo, solo l’imprescindibile uso della ragione.
Domenico Cacopardo


8 dic 2015

Francia: un voto polivalente dettato dalla paura!

di vincenzo cacopardo

Non si illudano Berlusconi e Salvini per questo successo..tra l'altro aspettato.. del Front National in Francia: Un voto che racchiude una protesta più che una visione ideologica di una Destra: Un popolo che per paura e per l'insuccesso di una sistema che non convince..vota un Partito condotto da una Signora che reclama una politica più muscolosa e decisa, ma anche distinta!.. Che vi siano parecchi consensi in quella direzione che poco hanno a che fare con una Destra.. è certo!

Quel socialismo moderno condotto dalla politica di un'Europa che accorpa un consenso solo per mancanza di alternative più valide ..non sembra più forte come prima e l'avanzamento del contrapposto partito di Destra potrà avere un'esplosione breve in quanto reattiva e suscettibile al momento storico che ci vede in balia di un terrorismo che destabilizza la società occidentale. Ma non vi è dubbio che a ciò dobbiamo aggiungere l'insoddisfazione, (sebbene smorzata dagli efferati avvenimenti) verso una società che procede in processi iniqui che non possono che far aumentare la forza di una gran parte della società antisistemica e di rottura verso i processi vecchi di un modo di far politica insoddisfacente ed antifunzionale oltre che poco democratico. Processi politici che... non a caso... ci hanno portato al punto in cui siamo!

La lettura approssimativa di Berlusconi su “un vento che in Europa sta cambiando”, non è avveduta, rimane debole.. e dimostra anche la monotona uniformità sulla quale procede questo scontro di contrapposizioni costruito su ideologie stantie e poco utili..sulle quali si crede ancora di poter far forza. Sembra che il poderoso numero di consensi verso il Mov 5Stelle non abbia ancora aperto le menti di tanti politici come Berlusconi e Renzi che pongono ancora la loro figura al centro della politica, non dimostrando una vera innovazione verso il cambiamento.

L'esaltazione di Salvini.. supportata da questa vittoria della bionda Le Pen.. spinge il leader della Lega.. alla solita e monotona critica contro l'aumento dell'immigrazione..in favore di una legittima difesa..ed a sottolineare in modo alquanto cinico l'importanza di porre meno regole idiote da parte di un'Europa troppo permissiva sui fondamentali principi di convivenza.

L'imperterrito Berlusconi..infine..nonostante un passato politico turbolento, pare ancora intenzionato a prendere in mano la situazione ed a lenire i malumori emersi negli ultimi giorni..e lo fa nominando ancora figure che appartengono ad un passato politico che invero andrebbe cancellato. Dopo l'insuccesso dei socialisti in Francia..si pensa subito e solo alle alleanze.. dimenticando ogni principio verso i programmi: Di già Forza Italia, Lega e Fratelli d'Italia, pensano di poter avere tutte le carte in regola per vincere le elezioni amministrative della prossima primavera e quelle politiche del 2018. Questa politica sembra guardare in lungimiranza solo l' interesse personale di Partito.. non avendo idee programmatiche diverse e di più interesse per il Paese!


In questo fermento post voto francese ...una cosa sembra certa: Il voto francese è di sicuro un voto dettato dalla paura ..è un voto polivalente..mentre la vittoria del Front National è il raccolto di una chiara crisi organica del socialismo europeo, ma è anche un voto antisistema.

7 dic 2015

Lo scontato successo del Front National... nel vecchio paradigma politico che non costruisce innovazione.


di vincenzo cacopardo
Come in Italia anche in Francia sembra avanzare un terzo incomodo: E' il partito della Le Pen che alle regionali riesce a posizionarsi in quota 29%...grazie ai tanti voti degli antisistemici. Primo partito con sei regioni conquistate su dieci. La sinistra socialista di Hollande cede non avendo percepito un reale problema di integrazione e mettendo in atto reazioni scomposte tardive e più rischiose.

Era scontato il successo della signora di destra dopo i recenti fatti di Parigi malgrado le mosse isteriche di Hollande che ..per dimostrare di avere i muscoli..si è mosso con il solito metodo dei bombardamenti..non domostrando vere capacità diplomatiche. Ciò dimostra come il Presidente Hollande abbia sempre avuto una scarsa capacità di condurre verso un futuro di pace e tranquillità una Nazione che.. al contrario.. ha sempre dimostrato impegno particolare verso l'integrazione. Un partito... quello della LePen.. identificabile in una posizione ideologica ..ma di sicuro di rottura verso il sistema. Non si può infatti nascondere quanti consensi siano arrivati al suo Partito dai tanti cittadini insoddisfatti dal prvalere delle istituzioni. 


Un voto chiaramente di reazione che dimostra l'esasperazione dei francesi ..ma anche il netto fallimento di un Presidente che non ha saputo condurre la sua Nazione attraverso una strategia politica internazionale più utile... Pare tra l'altro che i socialisti abbiano annunciato che si ritireranno dal secondo turno nelle regioni poiché non avrebbero alcuna possibilità di vittoria. In questo modo potrebbero sperare, anche se malvolentieri, che i loro elettori possano spingersi a votare i repubblicani ed in tal modo contenere l'ascesa del Front National.



Sul trionfo del Front National.. che diventa il primo partito in Francia....seguono i Rèpublicains di Nicolas Sarkozy con il 26,20% e i socialisti di François Hollande con il 23,20%. Verdi al 6,60%, Front de Gauche al 4%.In tutte le regioni si andrà comunque al balottaggio: secondo il sistema elettorale francese, infatti, al secondo turno andranno le liste che hanno ottenuto più del 10% dei voti nella prima tornata elettorale.

Non si tratta solo di populismo ..Bisogna che ci si renda conto come le vecchie contrapposizioni ideologiche Destra -Sinistra non possono più reggere il confronto con una società che vorrebbe muoversi ormai in un mondo diverso..Un sistema che richiede altre idee.. ben diverse dal vecchio paradigma... e che sollecita una nuova visione che tanta politica ancora non percepisce. Medesima realtà che persiste nel nostro Paese e per la quale non ci si muove in proposito per una ricerca su base teorica che potrebbe aprire ad una visione più lungimirante e funzionale del modo di far politica. In Francia tutto ciò viene messo in evidenza proprio per il sistema semi Presidenziale che esalta la figura dominante ancora più che da noi..ponendo maggiori difficoltà ad un naturale percorso di democrazia e magnificando una governabilità priva di una vera forza alla base.

Sembra ormai logico che.. più un sistema si sottomette ai diritti di una democrazia ...più si allenta una certa fiducia e si subiscono atti o manifestazioni che mettono in crisi la sua sicurezza. Di conseguenza..in reazione.. si tende a frenare il principio democratico..cedendo ad un più assoluto principio in favore di una sicurezza: Come un elastico che prima o dopo ..tirato da un lato o dall'altro.. si spezza. E così appare come logica conseguenza il partito di rottura definito oggi “populista”..( da noi Mov 5Stelle, in Spagna Podemos... e così via..) Ancora non ci si rende conto di quanto poco possono rendere queste formule politiche costruite sullo sterile paradigma che non faranno che alternare una destra ed una sinistra in un gioco continuo e sperpero di tempo in cui proliferano politici privi di una vera visione più avveduta e carichi di una poco utile demagogia governativa che non fa che arrestare un possibile diverso sistema che potrebbe costruirsi più funzionale e privo di contraddizioni. 
Manca proprio quella creatività politica oggi ostacolata da una visone fin troppo tangibile di un pragmatico realismo che non aiuta!

L'idea del baratto amministrativo


E' di sicuro una buona idea quella in fase di esperimento in qualche comune del Nord. Un baratto amministrativo che riguarda i comuni che vantano crediti dai propri cittadini.

Con una cifra minima di 1500 euro ed una massima da stabilire ..chiunque.. non in regola con le tasse comunali ed impossibilitato al pagamento poiché privo di lavoro e risorse, potrebbe riscattare il suo debito attraverso un baratto con l'amministrazione creditrice.. lavorando in favore della stessa. Naturalmente il lavoro dovrebbe essere individuato anche in direzione delle opportune competenze, forse escludendo i pensionati anziani.. ed eseguito in base agli impegni che potrebbero vedere il lavorare moroso distribuirsi le ore di lavoro nel tempo prefissato da un negoziato con l'amministrazione..fino all'estinzione del debito.

Al di là di come possa individuarsi il costo del lavoro e di come si potrebbe impostare nei termini migliori la prestazione, idee simili sembrano ragionevoli e sicuramente più logiche al fine di evitare le lunghe procedure esecutive, spesso anche inutili, di una giustizia decisamente impotente con chi non possiede alcunchè.

Con la formula del baratto.. le amministrazioni..senza alcuna possibilità di poter sortire successo sulle procedure per la riscossione dei debiti dovuti da quei cittadini oggi impossibilitati al pagamento dei tributi, potrebbero ricevere in cambio una prestazione favorendo i servizi per la citt, contribuendo..nel contempo.. a pungolare l'operatività stessa di coloro che il lavoro lo hanno già.

Ecco le buone idee di cui si avrebbe bisogno! Una idea che potrebbe portarne altre in proposito e sulle quali si dovrebbe lavorare con più impegno e logica.
vincenzo cacopardo

6 dic 2015

Renzi: Equilibrato all'estero, carente all'interno

di vincenzo cacopardo
Comprensibile...persino equilibrato e saggio.. il suo atteggiamento politico per quanto riguarda la politica Estera!

Il Premier Renzi lo specifica con questa frase "Noi dobbiamo annientare i terroristi, non accontentare i commentatori e la cosa di cui non abbiamo bisogno è un moltiplicarsi di reazioni spot senza sguardo strategico.” e poi.."Tutto possiamo permetterci tranne che una Libia bis. Davanti a Daesh e tutte le forme di terrorismo noi siamo pronti, anche militarmente. Se ci sarà una strategia chiara ci saremo".

In realtà non gli si può dar torto poiché è stato già dimostrato abbondantemente come questa strategia di stermino attraverso i bombardamenti non potrà che portare maggiore odio e non servirà a contribuire ad una soluzione che deve potersi affrontare con la logica di una strategia politica ed una linea diplomatica più attenta e studiata.

La stessa cosa non può dirsi quando si affrontano i temi dell'economia locale interna al Paese. Facile difendere l'operato della BCE di Draghi che col suo "Quantitative easing" sostiene oggi il peso di una economia europea già da parecchio in crisi. Sostiene soprattutto la nostra economia da una totale mancanza di idee di innovazione e da un piano strategico per la crescita del Mezzogiorno.

Le continue esternazioni comunicative del sindaco d'Italia, sempre più eclatanti e per certi versi più esplosive delle stesse deflagrazioni provocate dai terroristi, lasciano continui dubbi, poiché declamate con estremo vigore e non egualmente realizzate in favore di una reale crescita: Le sue trovate si fermano ai continui bonus e le solite partite degli 80 euro mensili. E' la solita comunicazione ad effetto che poi in effetti non produce risultati validi che il Paese attende da molto tempo. Riguardo alla crescita interna, il premier ribadisce il +0,8% di Pil stimato dall’Istat nella legge di stabilità (tutto ancora da vedere) Per Renzi l’Italia è forte ed il salto di qualità è in arrivo ..con la solita furbizia comunicativa fa riferimento all’immenso patrimonio del risparmio privato ed in misura minore, a quello degli investimenti pubblici.

Sembrano le solite cantilene da menestrello.. quelle di un Premier che.. pur dimostrando equilibrio nella politica estera, persevera in una politica interna vecchia, senza misura.. e piena di difformità... Le sue riforme ..inoltre..non premiano per nulla un rafforzamento della democrazia.

Quanto si tocca l'argomento del doppio incarico di premier e segretario del Pd.. (che in realtà appare una delle più grandi anomalie di un Paese che continua a non percepirne la gravità), Renzi si rifugia come consuetudine nelle solite frasi esterofile.. inseguendo le più comode visioni di altri paesi che vivono una differente realtà politica. La frase scontata è sempre la stessa : "ovunque il capo del principale partito è anche leader del governo". Il premier..(ed anche altri) pare dimenticare lo stato istituzionale e l'ordinamento di una Nazione come la nostra dove sono imperano i soliti conflitti e le abnormi anomalie che ne contrastano ogni possibile innovazione..

5 dic 2015

Una nota alla cronaca di Giulio Ambrosetti sull'Autonomia siciliana

Questa interessante cronaca che espone Giulio Ambrosetti affronta un'analisi sul difficile percorso di una Regione che, malgrado la forza di uno Statuto Autonomo, non ha saputo gestire una politica in favore del proprio sviluppo. Sarebbe opportuno anche mettere in evidenza la differenza tra un'Autonomia e un'Indipendenza, poichè sembrano essere in tanti i cittadini che, nella confusione, non ne hanno ancora ben percepito la differenza. E' chiaro che se si resta nel campo dell'autonomia si rimane in un ambito di regole in favore della Regione che lo mantiene. Ma rimane davvero impensabile poter proiettarsi oggi in direzione di una indipendenza in un momento storico come quello odierno.

-L'indipendenza e la situazione in cui un un Popolo non è più sottomesso all'autorità di un altro: Il territorio che diventa indipendente è libero da qualsiasi vincolo o peso preesistente prima dell'indipendenza... L'indipendenza si identifica quindi in un'emancipazione da un potere altrui.
-L'Autonomia invece, è quella situazione in cui continuano ad esistere alcuni vincoli istituzionali tra i territori ed i popoli: Il potere assoluto lo mantiene sempre lo Stato su una Regione, sebbene nel caso della presenza di uno Statuto.. vi sono delle regole che per determinate competenze variano rendendo le decisioni autonome.
Non vì è dubbio che nello Statuto siciliano vi siano i presupposti per poter rendere più autonome alcune decisioni in favore del proprio territorio di competenza...e questo non è poco..se non fosse che negli anni passati non vi è stata una politica capace di sostenerlo in favore di una politica più efficiente e lungimirante. Se avessimo davvero conquistato una indipendenza, con i risultati di una politica agli occhi di tutti, oggi saremmo ancora più in default e..probabilmente tagliati fuori da ogni altra possibilità di sviluppo...diversamente se avessimo condotto con sapienza una Autonomia con equilibrio e spirito costruttivo attraverso ciò che uno Statuto ci ha sempre offerto.

L'opportuna premessa non intende sminuire la puntuale cronistoria di Ambrosetti che rispecchia in pieno il modo quasi leggero con cui si affronta tutt'oggi l'argomento: Un'Autonomia è sostenibile..una indipendenza resta quasi impossibile !

Al di là dei nomi che Giulio sottolinea con evidenza, quello che al sottoscritto preme chiarire.. è il fatto che in un territorio come il nostro... ricco di valori naturali straordinari.. non si dovrebbe nemmeno porre il dubbio dell'importanza di avere avuto uno Statuto Autonomo con in quale si sarebbe potuto procedere in favore di quei pricipi più consoni per la salvaguardia e la promozione degli stessi...Qualunque politica governativa ha mancato nel suo ruolo di portatrice di idee attraverso l'uso di uno strumento che avrebbe reso facile la strada di uno sviluppo sicuramente più logico e congenito.
Vincenzo cacopardo



Proviamo, tra cronaca e storia, a ricostruire, per sommi capi, i tanti tentativi di rilanciare l’Autonomia siciliana. Dal ‘Milazzismo’ a Piersanti Mattarella. Dalle intuizioni di Rino Nicolosi al trasformismo di Raffaele Lombardo. Un racconto che arriva fino ai nostri giorni. Con la facoltà di Giurisprudenza di Palermo fucina di tanti leader, da Sergio D’Antoni a Vito Riggio, da Luigi Cocilovo a Leoluca Orlando
Sulla rete, in queste ore, si discute, e molto, della spaccatura avvenuta in Sicilia Nazione. Sulla vicenda sono già intervenuto dando ragione al professore Massimo Costa. Torno sull’argomento per porre alcune domande al variegato (e complicato) mondo dell’autonomismo e dell’indipendentismo siciliano. Sono domande che ruotano tra i miei pensieri da molto tempo. Oggi ne parlo a ruota libera.
Conosco il professore Costa da tanti anni. Per la precisione, dal 1996, quando il professore Andrea Piraino, docente di Diritto Costituzionale all’Università di Palermo, esponente di punta del libero pensiero dei cattolici impegnati nel sociale, praticamente in quasi-solitudine, ha posto il tema del rilancio dell’Autonomia siciliana e, in generale, della questione siciliana. Di quegli anni ricordo il tentativo di valorizzare il pensiero sturziano, coniugandolo con i bisogni di una Sicilia già allora in affanno.
Mi piace ricordare il professore Piraino perché, nella sua idea di rilancio dell’Autonomia siciliana e, in generale, della questione siciliana – ripeto: anno di grazia 1996 – c’erano tanti temi che, da ragazzino, sentivo enunciare da mio padre: erano i temi legati all’esperienza di Piersanti Mattarella presidente della Regione: riforma della pubblica amministrazione, ‘trasparenza amministrativa’, lotta senza quartiere alla mafia e alla mentalità mafiosa con i fatti e non con le chiacchiere e gli affari (legge antiracket, con annessi business, e gestione truffaldina dei beni sequestrati alla mafia).
In quell’anno ebbi modo di lavorare insieme ad alcune persone che conoscevo e stimavo (per esempio, Beppe De Santis, ‘funambolico’ e vulcanico ex sindacalista della Cgil, genio e sregolatezza e comunque ‘inafferrabile’ per definizione: infatti è ‘sparito’). Tra le tante persone conosciute ricordo anche il professore Costa, che forse non faceva parte del gruppo messo su dal professore Piraino.
Il professore Costa l’ho incontrato un altro paio di volte. Nei primi anni del 2000, quando iniziava la sua azione ‘pastorale’ di autonomista. E poi quando si è candidato alle elezioni comunali di Palermo. Lo seguo da allora con interesse. Ed è sempre stato in prima fila in difesa dell’Autonomia.
L’esperienza di Raffaele Lombardo – iniziata nella prima metà del 2000 – sembrava un fatto politico interessante. Nuovo, no. Chi segue la politica regionale (nel mio caso la seguo per lavoro dal 1985 e anche da appassionato di storia dell’Autonomia) sa che ci sono stati tanti tentativi di rilanciare l’Autonomia siciliana. Il più serio di tutti è stato quello messo in atto da Giuseppe Alessi, il primo presidente della Regione, all’indomani della ‘famigerata’ sentenza della Corte Costituzionale – se non ricordo male, correva l’anno 1957 – che ‘assorbiva’ le competenze per l’Alta Corte per la Sicilia.
Una sentenza abusiva, italiana, da Promessi sposi con un finale scritto male, che toglieva alla nostra Regione la possibilità di difendersi.
Alessi diceva che l’Alta Corte per la Sicilia era stata sepolta viva”, perché lo Stato non ha mai avuto il coraggio di abrogarla con una legge costituzionale. Grazie a Franco Nicastro – parlo del giornalista e storico dell’Autonomia siciliana, tra i principali protagonisti diSicilia domani, periodico che è andato in stampa negli anni ’60 e ’70 del secolo passato – persona che vedo poco, verso la quale nutro tantissima stima, ho potuto leggere nelle edizioni di Sala d’Ercole di quegli anni, quello che, sulla ‘sepoltura’ dell’Alta Corte, scriveva il professore Giuseppe Montalbano, giurista, all’epoca esponente di spicco del Pci.
Ma la cosa più intelligente provò a farla Giuseppe Alessi, che spedì in Baviera un suo amico. L’ex presidente della Regione, dopo la discutibile sentenza della Corte Costituzionale, aveva capito che, senza l’Alta Corte, l’Autonomia siciliana era finita in un binario morto. Da qui l’idea di costituire una Dc siciliana federata alla Democrazia Cristiana nazionale. Don Luigi Sturzo, che allora era ancora in vita (sarebbe venuto a mancare qualche anno dopo) era d’accordo? Non lo sapremo mai con certezza.
In ogni caso, l’idea di una DC siciliana federata allo Scudocrociato nazionale venne intercettata dai ‘capi’ romani di questo partito. Sembra – così mi hanno raccontato – da Andreotti, che con la Sicilia ha sempre avuto un rapporto particolare, ancor prima che Salvo Lima, dopo essere stato messo alla porta dalla corrente di Giovanni Gioia, approdasse nella sua corrente. Ai ‘numi tutelari’ romani della DC l’idea ‘antiascarismo’ di Alessi non andava a genio, vuoi perché i democristiani siciliani, a Piazza del Gesù, li volevano ‘ascari’, vuoi perché temevano di non poter controllare Alessi, che in quanto fondatore della DC e figura autorevole assai, non prendeva ordini da nessuno. Così i ‘capi’ di quello che allora era partito di maggioranza decisero di ‘promuovere e rimuovere’ Alessi: l’avrebbero candidato ‘a vita’ nel collegio senatoriale di Caltagirone-Gela, cioè nel collegio più sicuro d’Italia. E così fu.
Un altro politico che ha giocato la carta del rilancio dell’Autonomia, appena un anno dopo l’abolizione dell’Alta Corte, è stato un altro democristiano: Silvio Milazzo. Più furbo che politicamente intelligente, Milazzo è stati il protagonista di una stagione politica al chiaroscuro passata alla storia come ‘Milazzismo’. Un’eterogenea alleanza tra un ‘pezzo’ di DC, monarchici, fascisti, socialisti e comunisti contro la DC ufficiale. Un’operazione ‘benedetta’ anche da don Luigi Sturzo contro Amintore Fanfani, che all’epoca dei fatti ricopriva la carica di segretario nazionale della DC, Presidente del Consiglio e Ministro degli Esteri. In pratica, Fanfani era quello che oggi è Renzi (che oggi è un po’ più forte, in proporzione, perché ha dietro la Germania della signora Merkel, mentre Fanfani, in quanto sostenitore dell’allora presidente dell’ENI, Enrico Mattei, aveva contro mezzo mondo, americani, francesi e ‘Sette sorelle’ in testa: queste ultime erano le multinazionali del petrolio) e mezza DC lo voleva a tutti i costi ‘sbarellare’.
L’operazione riuscì, solo che in Sicilia Milazzo decise di continuare l’avventura, strumentalizzato dal Pci di Emanuele Macaluso e dall’avvocato Vito Guarrasi, una coppia che godeva dell’appoggio del ‘Migliore’, al secolo Palmiro Togliatti, segretario nazionale del Pci. Quest’ultimo, con l’operazione Milazzo – che nella seconda parte era mediata dalla mafia – s’illudeva di rompere l’unità politica dei cattolici. L’operazione Milazzo, è noto, finì male per Milazzo e bene per i personaggi che avevano voluto il secondo e il terzo governo Milazzo: ci riferiamo a Nino e Ignazio Salvo, che durante il ‘milazzismo’ acquisirono il controllo delle esattorie siciliane, e a un gruppo di imprenditori catanesi che, trent’anni dopo, sarebbero passati alla storia come ‘I Cavalieri’ dell’Apocalisse’, ovvero i notiCavalieri del Lavoro di Catania.
Per completezza di cronaca va detto che i deputati dell’Msi parteciparono solo al primo governo Milazzo (l’unica cosa da salvare di quest’esperienza); mentre nei due successivi governi Milazzo, condizionati dalla mafia, si chiamarono fuori, lasciando il campo ai monarchici, a qualche socialista ‘inciucione’ e, soprattutto, al Pci di Macaluso, ma non al Pci di Girolamo Li Causi e di Pio La Torre, che erano contrari all’operazione Milazzo e, soprattutto, al secondo e al terzo governo Milazzo, governi condizionati dai mafiosi.
Negli anni successivi non sono mancati i tentativi di rilanciare l’Autonomia siciliana. Ma l’unica esperienza seria è quella diPiersanti Mattarella. Che si è conclusa in modo tragico. Nelle sue memorie, l’onorevole Salvatore Natoli, figura storica del Partito repubblicano italiano in Sicilia, assessore del governo Mattarella, tra i tanti particolari, ricorda che il presidente della Regione, nelle ultime settimane del 1979 (Mattarella verrà trucidato il 6 Gennaio del 1980 a Palermo), si era recato più volte a Roma. Anche allora – e questo me lo confermava mio padre che le cose della DC siciliana la conosceva bene – si vociferava di un nuovo soggetto politico d’ispirazione cattolica. Difficile, oggi, appurare altri particolari di questa storia. Ma un fatto è certo: Piersanti Mattarella era perfettamente cosciente dei problemi del suo partito in Sicilia e sapeva – ad esempio – che Vito Cincimino (che non era solo il responsabile per gli enti locali della Dc di Palermo, ma era anche ‘altro’, molto ‘altro’) non era un estimatore della sua azione politica e dell’azione politica di Calogero Mannino e di Rosario Nicoletti, per citare altri due dirigenti di primo piano della DC siciliana di quegli anni.
Negli anni ’80 c’è un timido tentativo di rilancio dell’Autonomia. Ci prova l’allora deputato regionale Leopoldo Pullara, in rottura con il suo partito (il Pri), dando vita al Movimento di azione per l’Autonomia. Ma è un’operazione ‘pilotata’ a metà dal Pci siciliano retto in quegli anni da Luigi Colaianni. Risultato: un fallimento.
Un rilancio dell’Autonomia lo si ha con la presidenza di Rino Nicolosi. Che paga a caro prezzo il tentativo di liberarsi dalla stretta ‘consociativa’ dell’Assemblea regionale siciliana, permeata da regolamenti cervellotici e truffaldini che invadevano l’azione del governo (come le nomine dell’esecutivo che debbono passare dal vaglio delle commissioni legislative: cosa ancora in parte in atto). Su alcune cose Nicolosi è un innovativo e un sincero autonomista, in altre cose gioca in retroguardia: chi scrive, nel 1989, gli chiese: “Presidente, perché avete abbandonato l’articolo 38 dello Statuto?”. Risposta: “Se metto in mezzo l’articolo 38 il mio partito, a Roma, mi blocca una parte dei fondi della legge 64. Non ci conviene”.
Il presidente parlava della legge nazionale n. 64 del 1986, forse il più importante intervento straordinario in favore del Sud messo in campo dallo Stato: 120 mila miliardi di vecchie lire che, per i tre quarti, finiranno in opere pubbliche mediate da grandi aziende del Nord Italia e dalle mafie, mentre il restante quarto di questo fondi, negli anni subito successivi a Tangentopoli, verrà utilizzato per lo stabilimento Fiat nel Basento, in Basilicata.
Che non è mai stato innamorato del’Autonomia siciliana, pur essendo un docente universitario di Diritto pubblico regionale, èLeoluca Orlando. Nemmeno per un momento, negli anni della Rete, Orlando si occuperà di Sicilia e di Autonomia. Verrà eletto all’Ars nel 1991. Ma resterà in Assemblea pochi mesi. Nel 1992 verrà eletto al Parlamento nazionale. Di lui e del suo disinteresse vero i temi dell’Autonomia si ricorderanno, forse ‘inconsciamente’, i siciliani, che nel 2001 gli preferiranno Totò Cuffaro.
Gli anni ’90, per l’Autonomia siciliana, sono un disastro. Si salva solo la già citata esperienza del professore Piraino. Il 2000, invece, è il decennio della rinascita e della caduta. C’è l’esperienza dei tanti movimenti autonomisti e indipendentisti che tornano a prendere piede. Forse è a questi movimenti che s’ispira Raffaele Lombardo, quando, a metà del 2000, lascia l’UDC per fondare il Movimento per l’Autonomia. Esperienza politica, quella di Lombardo, che inizia bene, prosegue male e finisce peggio, tra clientelismo becero e, soprattutto, malgoverno. Non possiamo non ricordare una Finanziaria regionale – assessore all’Economia era Gaetano Armao – con oltre 80 norme impugnate. Un disastro politico. Un ‘raro’ esempio di norme raffazzonate-contrattate tra Aula e corridoi. Da dimenticare.
In tutti questi anni abbiamo visto il professore Massimo Costa darsi un gran da fare. Unica figura che riesce quanto meno discutere con i protagonisti delle infinite sigle dell’Autonomismo e dell’Indipendentismo siciliano. Detto questo, siamo rimasti stupiti quando abbiamo visto il professore Costa in coppia con Armao. E restavamo basiti nel vedere Armao che diventava il ‘leader’, con il professore Costa messo un po’ in ombra.
Lo possiamo dire? Ci sembrava una storia già vista. Ma possibile che ogni cosa politica made in Palermo debba nascere dalla facoltà di Giurisprudenza del capoluogo siciliano? Abbiamo iniziato con Lauro Chiazzese. La Cisl ha preso da questa facoltà Sergio D’Antoni, Vito Riggio e Luigi Cocilovo. Per non parlare del già citato Leoluca Orlando che calca la scena politica dal 1985. E prima di lui c’è Sergio Mattarella – docente di Diritto parlamentare sempre in questa facoltà – in politica dal 1981 e oggi Presidente della Repubblica. Ora si era presentato Armao – altro docente di questa facoltà – in versione autonomista-indipendentista.
Ragazzi, basta! Basta con questa facoltà di Giurisprudenza di Palermo! Anche perché, a parte Cocilovo – di certo il meno dannoso di questa ‘nidiata’ – non è che questi personaggi abbiano fatto crescere la nostra sempre più disastrata Isola. Se in Sicilia siamo dove siamo – e siamo messi male, no? – con rispetto parlando, il ‘merito’ è anche loro. Orlando, che da trent’anni ‘strumintia’ al Comune di Palermo, dopo averci regalato migliaia di precari, pur di far partire tre diseconomiche linee di Tram ci vorrebbe appioppare le ZTL. Sempre per la cronaca, Orlando e Riggio (che ormai vola alto, visto che è eterno presidente dell’ENAC) hanno regalato all’Assemblea regionale siciliana i già citati regolamenti consociativi dell’Ars (in quegli anni Piersanti Mattarella non poteva seguire tutto: e queste cose oscene – vere e proprie ‘teratologie’, in bilico tra Diritto & Parlamento blocca-governi – debbono essergli sfuggite). Mentre Sergio Mattarella, se debbo essere sincero, non mi ha mai fatto sognare.
Insomma almeno l’Indipendentismo facciamolo in modo diverso!
Giulio Ambrosetti