di domenico Cacopardo
Come il concittadino
Stenterello, Matteo Renzi è chiacchierone e impulsivo, ma anche ingegnoso e
pronto a schierarsi dalla parte del più debole. Ma, diversamente da
Stenterello, sa essere spietato e teso al proprio successo sostanziale e,
soprattutto, mediatico.
È fortunato, almeno
sino a ora, il premier: la fulminea ascesa alla segreteria del Pd e, subito
dopo, a palazzo Chigi sono state agevolate dal crollo di tutta una classe
dirigente, educata nel vecchio Pci, emersa sulle ceneri della prima Repubblica,
affermatasi nella seconda. Se rivolgiamo serenamente lo sguardo al passato ci
sembra impossibile che persone della modestia di Bersani, Fassino, Nicolais,
Melandri e compagnia bella abbiano potuto assumere responsabilità di primo
piano. E se guardiamo ai tempi più recenti, scopriamo che i rivali di Renzi per
la segreteria sono stati Cuperlo e Civati, di cui s’è ormai persa memoria nei
corridoi degli uffici di via Sant’Andrea delle Fratte, dov’è la sede del Pd.
Ora che è al
governo, Matteo Renzi non ha perso l’abitudine di far politica mediante l’épater le bourgeois, il vecchio e
abusato metodo delle dichiarazioni reboanti, capaci di stupire e carezzare la
pancia della gente, spesso infarcite di smaccata demagogia.
Un mix pericoloso, di cui presto potrebbe
essergli presentato il conto. Il nostro giovanissimo presidente, tuttavia, non
è solo questo. È anche l’interprete più efficace del malessere che percorre la
penisola, della stanchezza per una politica che non ha più nulla da dire (vedi
sopra), dell’indignazione per un sistema corrotto e incapace di portare a
compimento qualsiasi disegno di riforma o di intervento sul territorio. Fallito
per la politica sociale e industriale che ha espresso.
Ed è portatore,
infine, di un progetto europeo alternativo a quello degli attuali responsabili
della politica comunitaria.
Per Renzi (e molti
altri), la politica di austerità ha recato più danni che benefici (salvo la
Germania e alcuni paesi del Nord);le restrizioni alla crescita hanno messo in
discussione l’Europa nel sentiment e
nella ragione dei cittadini del continente; e, per l’Italia, ha significato un
complesso di costi senza ritorni, a cominciare dal contributo al fondo salvastati per finire con le restrizioni
del credito. L’unico assenso all’Unione riguarda la politica delle riforme: ma
non quelle repressive che sono di voga a Bruxelles, ma quelle istituzionali,
premessa obbligata di tutte le altre.
A occhio, anche
sotto questo profilo, il premier sembra fortunato: le elezioni francesi hanno
visto il successo del Front National, FN
diretto da Jean-Marie Le Pen seminando panico tra gli eurocrati e leader come la Merkel; le prossime
elezioni europee vedranno in sostanza uno scontro tra unionisti e separatisti, e
i primi, che vinceranno, non potranno
più dimenticare il disagio generale; la prossima Commissione sarà meno
liberista e germanofila di quella uscente, anche perché per i socialisti si
prevede un buon risultato.
Tutte ragioni queste
che potrebbero aiutare Renzi a imporre a Bruxelles le ragioni dell’Italia, che
sarà presidente dell’Unione dal prossimo 1° luglio.
Insomma, ancora una
volta occorre aspettare: le prospettive, però, possono diventare migliori di
quanto non siano oggi.
Il suo "épater le bourgeois" fa tanto pensare ad
un personaggio che ha dominato in politica negli ultimi vent’anni. Anche lui
usava queste roboanti dichiarazioni e ha riempito il suo periodo con promesse
non mantenute.
Al di là di ciò… per
quanto attiene il risultato della Francia.. non mi sembra che le elezioni diano
tanta ragione ai socialisti. Che la battaglia a livello europeo finirà col dare
ragione agli unionisti, sembra comunque scontato, se pur.. come afferma
giustamente Domenico.. la posizione della Germania dovrà attenuarsi.
Per quanto riguarda
la figura del Premier Renzi, mi trovo perfettamente d’accordo col cugino quando
afferma che la corruzione ed un’evidente mancanza di riforme, hanno ridotto la
politica del nostro Paese in un pesantissimo stato di disagio e di
indignazione. Dunque..la via per Renzi.. dovrebbe essere solo in salita, poiché.. qualunque piccola cosa in positivo facesse, sarebbe vista come
un’eccezione…qualcosa di singolare che nessuno prima è stato capace di fare.
Non si possono
mettere in dubbio le qualità ingegnose di Renzi, né il suo opportunismo... mai la sua
determinazione e la sua innata volontà, ma ciò non basta quando.. una simile
metamorfosi del sistema.. dovrebbe coinvolgere un’intera classe politica in
quella utile dialettica che oggi sembra mancare. Restano assai dubbiose certe
considerazioni di merito circa le trasformazioni istituzionali da lui decise
per opportunità.. (in considerazione del fatto che nessuno in seno al suo
Partito osa opporsi). Trasformazioni storiche di una importanza assoluta che decideranno il futuro
di tutta la struttura politica istituzionale e che, a parer mio, non possono
essere decise così in fretta, in modo assai tagliente e senza il contributo di
tutti. Restano anche implicite altre considerazioni di metodo che, unite a
quelle di merito, danno un quadro di una strada assai lontana da ciò che
dovrebbe rappresentare un vero percorso democratico. Alcune cose gli riusciranno…altre
molto meno..altre per niente.
Vincerà
l’autoritarismo...una certa incantevole comunicazione..ed una evidente
determinazione, ma andremo sempre più allontanandoci da ogni sistema di vera appartenenza
democratica.
V. Cacopardo