20 gen 2014

Vecchie logiche e mancato funzionamento della politica

Il precedente post del cugino Cacopardo, inserito nella bacheca del mio Forum, mi spinge ad una nuova analisi  breve, ma approfondita sul mancato funzionamento dell’asseto istituzionale della nostra politica. Quali sono le ragioni di un mancato funzionamento del sistema?..Quali i principali motivi di una sua mancata azione positiva per la costruzione di un vero cambiamento?
Io credo che il problema non sia di natura elettoralistica, né di scelta delle figure!
Uno dei problemi è di ordine rappresentativo e tocca da vicino la base essenziale del nostro ordinamento politico istituzionale, un argomento che riguarda l’assetto della gran parte delle moderne Costituzioni: La divisione dei poteri. 
La tesi di Montescquieu, ancora valida rispetto alle democrazie moderne che operano attraverso “i poteri” dello Stato, nell'odierno bisogno di un percorso di revisione della democrazia, non può più basarsi su una  logica in modo così circoscritto e pragmatico. La prima forma che dovrebbe sparire è proprio l’idea di valutare come “poteri” i compiti della politica (legislativo-esecutivo). L’unico potere potrebbe, in realtà, solo legarsi a quello del cittadino ed alla sua rappresentanza in Parlamento.

Vi è poi un secondo motivo di ordine istituzionale strettamente legato a quello precedente… che riguarda il perenne compromesso che viene a formarsi tra il ruolo delle forze legislative del parlamento con quelle governative. 
Occorre certamente una divisione dei ruoli più netta al fine di tagliare il cordone ombelicale che li lega insieme. Un conflitto che permane costantemente allorquando, gli stessi, eletti in Parlamento, assurgono alla carica di ministri o sottosegretari, assumendo di fatto un ruolo esecutivo che influenza in modo definitivo il lavoro dello stesso gruppo parlamentare di loro riferimento. Anche qui, una certa consociazione trova forza e si alimenta giacché gli interessi sono estremamente forti ed i ruoli politici vengono espressi nella comune casa di un Partito.

Si potrebbe azzardare che tale motivo è di per sè sufficiente ad individuare una ulteriore anomalia anche rispetto ad una Costituzione che, da un lato vorrebbe identificare due poteri con ruoli ben diversi (esecutivo e parlamentare) e dall’altro, non pone sufficienti e chiare limitazioni a questa separazione di compiti, destinando, in modo troppo sintetico, la guida e l’indirizzo della politica dello Stato all’esecutivo.

Infine un terzo e fondamentale argomento di tipo strutturale/organizzativo ed è quello che dovrebbe intuire, con maggior sapienza, chi oggi opera per un sistema che si vorrebbe ad ampio raggio di democrazia: La riforma dei Partiti per una definitiva affermazione dei programmi sulle figure dei leaders. Ogni Partito o movimento sembra succube di un leader o vive col fine di ricercare una figura predominante che possa in qualche modo rappresentare la guida o, persino, il nuovo profeta del momento, quando al contrario, dovrebbe ricercare un programma e seguire questo attraverso un dialogo diretto con i cittadini. Questa è la vera ragione per la quale sono proprio i Partiti a dover essere riformati con un fine preciso di portare avanti le suddette linee di programma senza la deviante figura di leader che può influenzare il percorso di costruzione che necessita essenzialmente di un impegno e di una profonda dialettica con la società civile.
Oggi.. nè Renzi, (malgrado il suo intercalare forbito ricco di espressioni super moderne) ..nè altre forze politiche... riescono a percepire l'importanza di una ricerca verso tali linee di percorso, guardando esclusivamente ad impadronirsi di un potere che altrimenti risulterà sempre effimero ed instabile.
vincenzo cacopardo



L'analisi di Domenico Cacopardo.. con un breve commento

La strada è tutta in salita
di domenico cacopardo
Lasciarsi andare all’entusiasmo per il passo avanti compiuto sabato con l’incontro Renzi-Berlusconi è sbagliato.
Dopo avere tuonato contro D’Alema, origine di tutti i mali del Pd, il neosegretario ne ripercorre la strada, tentando di avviare una stagione di riforme istituzionali in partnership con colui che, dopo la condanna, a Porta a Porta, bollò con un prematuro “Game over”.
Vediamo brevemente qual è l’accordo sulla legge elettorale: un sistema di base proporzionale, corretto da un premio di maggioranza che scatta per chi supera il 35%, conferendogli il 55% dei seggi. Nelle circoscrizioni elettorali, piccole (alla spagnola), saranno presentate liste bloccate di pochi candidati. Gli sbarramenti per l’accesso al Parlamento sono due: il 5% per chi fa parte di una coalizione (‘decesso’ di Sel) e dell’8% per chi si presenta da solo (‘decesso’ del movimento di Monti&c).
Salvo le improbabili sorprese che potrebbero emergere oggi nella direzione del Pd, il sistema immaginato presenta due profili di incostituzionalità. Il primo è la soglia del 35%: è troppo bassa per soddisfare i criteri stabiliti dalla Corte costituzionale. Il secondo è la conferma dell’abolizione del voto di preferenza che espropria l’elettore del diritto di scegliersi il proprio rappresentante.
Il Senato (secondo punto d’accordo) sarà sottoposto a revisione costituzionale, diventando assemblea di rappresentanti delle regioni senza particolari poteri. Non sarebbe meglio abolirlo del tutto, dando dignità costituzionale alla Conferenza Stato-Regioni?
L’ultimo elemento dell’accordo è la riforma del titolo V della Costituzione, quello malamente modificato da Bassanini con pochissimi voti di maggioranza nello spirare della legislatura 1996-2001. Si andrà verso un serio ridimensionamento dei poteri regionali, eliminando ogni potere di interdizione.
È anche continuato l’inutile e controproducente maltrattamento di Enrico Letta, estromesso da ogni discorso sulla trattativa e posposto ad Angelino Alfano, tenuto al corrente in tempo reale.
Si tratti di arroganza e/o di progetto politico, il comportamento di Matteo Renzi è comunque un gratuito schiaffo in faccia al premier. Al momento giusto ne pagherà il prezzo.
Il primo ostacolo sulla sua strada è il Pd. Oggi si verificherà in direzione (un organismo eletto a misura del nuovo segretario) quanto vasto sarà il dissenso, prima di tutto politico, per il recupero alla visibilità istituzionale di un Silvio Berlusconi non più senatore e prossimo alla difficile esperienza dei servizi sociali. Sul merito, la minoranza del suo partito insisterà sul doppio turno (sistema francese) che sembra più lineare e meno incostituzionale del progetto Renzi/Berlusconi.
Per il momento -qualche mese-, non sembra realistica la scissione. Tuttavia, il fronte di fuoco che Renzi intende aprire potrà mettere insieme la massa critica di dissenso necessaria per un divorzio.
L’altra difficoltà è rappresentata da Berlusconi e dal suo furbesco gestire il day by day. Non c’è nessuna garanzia che, al momento opportuno, il cavaliere non si sfili, lasciando il giovane fiorentino con un pugno di mosche in mano.
Infine, ma si tratta del primo dei problemi, ci sono il governo ed Enrico Letta. Non c’è nessuna garanzia che il giorno dopo l’approvazione della nuova legge elettorale, Matteo Renzi & Silvio Berlusconi non stacchino la spina per andare a un confronto elettorale. E ci sono scarse probabilità che il patto di governo in via di gestazione contenga tutte le riforme che Renzi pretende. Né, allo stato, sembra possibile il rimpasto che rilancerebbe il ruolo del presidente del consiglio.
La furbizia di Matteo Renzi (manifestatasi anche nella scelta del negoziatore Roberto D’Alimonte, un costituzionalista molto accreditato al Quirinale) non è sufficiente a definire una prospettiva attendibile. Anche se il passo di sabato è importante, le incognite andranno dissipate una per una: non basterà la parlantina per farlo, ci vorranno idee e intelligenza politica. 


L’analisi di Domenico,  giornalisticamente indirizzata verso le ipotetiche visioni del futuro  del Paese, coglie di fatto le varie problematiche legate fra loro sui possibili futuri scenari politici. Ma nella sostanza pratica … la domanda da porsi è una: Quanto può pagare oggi questa furbizia in politica?
Oggi la politica non necessita di furbizia, ma di veri politici capaci di saperla fare funzionare. Domenico mi solletica proprio sul commentare in proposito al mancato funzionamento.

Io credo che il problema non sia di natura elettoralistica e che non si fondi sul fatto che possa essere meglio un semipresidenzialismo o un bicameralismo..o ancora..un sistema francese..spagnolo o tedesco. Vi sono alcuni argomenti in politica che dovrebbero essere affrontati con priorità… motivi che frenano nel Paese e l’evoluzione stessa di una moderna politica… poiché non permettono di intraprendere un percorso più utile a beneficio di una società che si vuole davvero democratica. 
Per poterli risolvere, non possiamo  appellarci ai furbi e nemmeno agli incompetenti che oggi sembrano infilarsi ovunque. Oggi.. nè Renzi ..nè altre forze politiche riescono a percepire le indispensabili linee di indirizzo di cui il Paese avrebbe bisogno, guardando esclusivamente ad impadronirsi di un potere che in realtà risulterà sempre più effimero ed instabile. Se anche Letta potesse procedere nel suo percorso governativo in questo stato precario, a volte sottomesso a quelli che il cugino Cacopardo definisce come schiaffi da parte del giovane segretario, sarà pur sempre un percorso ostacolato da una naturale instabilità… dovuta all’evidente mancato funzionamento delle logiche di base che si devono alla politica. 
vincenzo cacopardo

19 gen 2014

L'Italia cambia in peggio!...

ISP-ALIANO O ITA-GNOLO...SARA' SEMPRE UN INGANNO.
C’era d’aspettarselo!…Un altro passo avventato di Matteo Renzi!
Non è tanto il fatto che abbia incontrato Berlusconi, che di per sé la dice lunga sulla coerenza del giovane politico toscano, ma per l’intesa avvenuta in favore un sistema elettorale che insiste col premiare un bipolarismo, pur non essendovi più le basi di un duopolio . Era ovvio che i due leaders optassero per favorire la propria immagine ed il loro potere politico attraverso l’uso di sistemi sempre più chiusi alla voce dei piccoli partiti e movimenti che oggi alzano la voce in nome di una integrità morale e di un cambiamento che pretende nuove riforme più innovative ed utili.
Il richiamo al modello spagnolo sembra l’ulteriore farsa per mascherare il vero scopo che è proprio quello di ingabbiare in modo soft una democrazia ed aggirare la sentenza della Consulta. Se poi vogliamo credere che, allargando un premio di maggioranza od uno sbarramento e persino le liste bloccate, ci si possa paragonare ad un modello spagnolo…allora, come qualcuno diceva…anche gli asini volano!.. Piacerebbe anche sapere quale fine potrà fare il Senato…
Iniziare un percorso guardando sempre dall’alto non aiuta nemmeno il più tenace degli arrivisti! Renzi, che di ambizioni ne coltiva tante, mancando di quell’intuito che potrebbe essergli davvero utile, non percepisce l’importanza di un metodo secondo il quale, il primo lavoro di chi.. come lui.. vuole posizionarsi comodamente in una poltrona di comando, dovrebbe mirare a tenerne salde le gambe attraverso una riforma disciplinare dei Partiti che oggi appaiono i peggiori contenitori di idee in favore della politica.

Avremo forse un nuovo modello elettorale? “Ispa-liano” o “Ita-gnolo” farà il pari al Porcellum! E daremo anche una ulteriore opportunità al Cavaliere. In questo drammatico quadro, c’è un Grillo che potrà ridersela e che vedrà salire il proprio consenso!
vincenzo cacopardo

ESTEROFILIA E GLOBALIZZAZIONE…


di vincenzo cacopardo

L’esterofilia e la globalizzazione..quanto possono nuocere alla nostra qualità? Una domanda sulla quale dovremmo immedesimarci con estrema attenzione!.. 

Non v’è dubbio che la globalizzazione abbia influito su un certo appiattimento dell’economia di un paese come il nostro.. che ha dovuto pagarne i conti per via di un meccanico processo di svalutazione del prodotto, finendo col metterci in una ricorrente competizione..persino sleale. In sostanza..se l’Italia, come è sempre risultato evidente..ha posseduto una marcia in più dovuta alla sua innata creatività, l’azione di allargamento del mercato globalizzato, non le ha di certo giovato, poiché ha continuato a spingerla nel gioco perverso di quella produzione tendente a privarla delle sue particolari attitudini.

La natura..il gusto…la sua cucina..il design..la moda e la particola ingegnosità nell’affrontare il progresso, avevano sempre posto il nostro Paese in uno stato di vantaggio rispetto alle altre Nazioni, ma è proprio l’attuale processo di globalizzazione che sembra averlo condannato!.. 
Lo scopo di chi ha a cuore il sostegno di una crescita del nostro mercato dovrebbe essere quello di poter sostenere un percorso di qualità diverso ed unico! L’accostamento a certe scopiazzature, che sembrano persino imposte, seguendo modelli e paradigmi delle altre Nazioni, difficilmente potrà aiutarci per superare una crisi... che non pare essere di solo stampo economico ....ma anche concettuale: Più ci si avvicina ai modelli provenienti dall’esterno, maggiore sarà la perdita dei valori all’interno del nostro Paese..e più difficilmente vi sarà una ricrescita qualitativa.

Il nostro Paese rischia di perdere ogni percezione di quelle caratteristiche che le appartengono di natura, come per quello che riguarda la produzione industriale, anche per la politica ed in tutte le tematiche di tipo sociale, sembra ormai avere la dannosa tendenza a copiare modelli provenienti dall’esterno senza seguire, attraverso le note capacità, quella che è sempre stata per propria natura, la propria creatività....Mai ...come oggi...serve più creatività che certi insensati tecnicismi!
Creare..però.. non significa solo disegnare prototipi innovativi nel campo dell’industria, ma anche riuscire nello studio di un modello sociale e politico che, con la naturale forza delle nostra genialità, potrebbe risultare unico, lungimirante e piu' funzionale che negli altri Paesi. 
Nessuna nostra politica odierna parla, oggi, in termini di qualità e di idee ed anche il nostro sistema economico tende a marciare e vivere cinicamente di riflesso ad un’economia globale forzata da una primaria esigenza di produzione: Un percorso che dovrebbe essere dettato da idee che siano il risultato di una ricerca culturale profonda e poste in proiezione con maggior ottimismo e senza inutili scopiazzature. 

Il nostro Paese potrà riuscire a venir fuori dalla odierna sfida dei mercati economici solo attraverso una strada che possa metterlo in giusta competizione con gli altri paesi. Una competizione che oggi si può vincere solo con un percorso basato sulla creativita' anche per quanto riguarda la politica e le sue istituzioni da riformare. L’esterofilia pare averci condizionato ed inglobato.. sembra tanto cresciuta.. quanto più si è andato incontro ad un processo di globalizzazione. Ha danneggiato il nostro modo di pensare e di riflesso continua a deteriorare una nostra innata qualità! 

Se può essere vero che ogni interscambio culturale risulta utile per la stessa interazione fra i Paesi del mondo, non è detto che si debba soggiacere di continuo ai modelli usati nelle altre nazioni che, anche storicamente, potrebbero aver vissuto in un contesto culturale del tutto differente.




La posta di Paolo Speciale

NON SOLO MARKETING di Paolo Speciale


In un tempo di grandi speranze che segue a quello della sparizione di ogni certezza come non guardare con fiducia – si spera ben riposta – ad un concreto accenno di grande intesa per il varo del progetto di una nuova legge elettorale?
La Suprema Corte, nel dichiarare la non conformità alla magna charta del nostro modo- sino all'ultima consultazione efficace– di esercizio della espressione più nobile della democrazia quale è il voto, si era affrettata, in ossequio aduno dei tanti princìpi di “statica garanzia strutturale” presenti nei nostri codici quale la indefettibilità del Parlamento e della funzione legislativa svolta, a dichiarare la legittimità delle Camere fino alla indizione di nuove elezioni. Ma ha anche contestualmente – e perentoriamente – dichiarato, in assenza di futura normazione in materia, la “naturale” legittimità del sistema cosiddetto proporzionale puro, in quanto vessillo basilare della liceità e validità del suffragio popolare.
E' l'evoluzione dei sistemi e il parallelo sviluppo della filosofia della politica che determina la pari legittimità dell'alternativo criterio “maggioritario”, che così si istituzionalizza anche in Europa quale antidoto – come affermato oggi dallo stesso Renzi – avverso la minaccia ricattatoria delle piccole formazioni partitiche che determina la instabilità degli esecutivi.
Renzi non può però permettersi di non comprendere la priorità di avversare anche la pericolosa deriva del leaderismo ammaliatore che tanti danni ha arrecato nell'ultimo ventennio al nostro sistema, contribuendo non poco alla odierna –non edificante - accezione della politica, complice la crisi economica internazionale e gli scandali connessi ad una irresponsabile – e reiterata nel tempo - gestione delle risorse pubbliche, che ha reso ingravescente una collettiva situazione di disagio sinora opportunamente non degenerata.
Il rispetto delle minoranze, prima ancora che delle opposizioni laddove le prime possano costituire forza di maggioranza e le seconde possano essere costituite anche da grandi partiti, va garantito sine die.
Non siamo convinti affatto del princìpio del governo del più forte “tout court”. Siamo convinti sostenitori del princìpio secondo cui vanta piena legittimità di azione un governo che consti di ogni rappresentanza che, unita ad altre in forza della condivisione di un programma di legislatura, sia soggetta all'unica coazione normativa che riteniamo necessaria per la stabilità, quella di non potere ritirare la propria delegazione dall'esecutivo, concorrendo operosamente all'attuazione dell'indirizzo politico scelto, affidando al costante confronto e dialogo ogni diversa interpretazione delle strategie da attuare nella guida di un Paese che ha tanto bisogno della Politica Vera, non del vero marketing.


Quelle che scrive l’amico Paolo sono considerazioni profonde di chi guarda, come me, alla politica nella sua azione primaria. Purtroppo sono davvero pochi i lettori in grado di immedesimarsi su questi specifici argomenti! La maggior parte si occupa di problematiche specifiche: Sanità, scuola, azioni amministrative locali, diritti, territorio, legalità…etc. Non che questi non siano temi necessari ed importanti, ma difficili da risolvere se prima non si identifica un vero funzionamento da cui dipende tutto. Capire in profondità l’importanza propedeutica di un’azione della politica, senza la quale nulla potrà mai risolversi se non si definisce una giusta azione di governabilità stabilita secondo una migliore partecipazione democratica
v.cacopardo



16 gen 2014

Renzi...e i poteri forti..

NEMO PROPHETA IN PATRIA
Chiunque oggi, capace di offrire alla politica innovazione attraverso una migliore funzionalità del sistema con la forza di progetti più utili alle istituzioni…non potrà mai avere spazio per poterli esporre, né la forza dei mezzi adatti che oggi detiene solo chi ha grandi risorse e potere. 
Se oggi Matteo Renzi viene osannato, è solo perché lo vuole un certo potere non visibile.. che promuove le figure e muove le sue marionette in un palcoscenico in cui sembra essere il vero padrone assoluto. E’ del tutto evidente che il personaggio sia stato volutamente pompato! Per i suoi possibili legami con quei poteri  e i suoi interessi per definire meglio la propria forza in seno ai grandi gruppi imprenditoriali del paese.. il giovane politico, pur nell’apparente  immagine del nuovo, sembra adeguarsi e procedere secondo le regole di un vecchio sistema. Renzi… per la sua innovazione.. preferisce guardare al potere e non alla funzionalità di un sistema!
Inutile farsi illusioni!.. . Il giovane politico  è sempre apparso esaltato dai media.. pur nella sua indubbia capacità dialettica che ha finito col convincere anche i suoi diretti sponsor.
La sua entrata in scena è apparsa spinta da una stampa al servizio di quei poteri forti che conducono la regia stessa della grande commedia italiana nel mondo… Una volontà individuata nel contesto di un fenomeno che pare muoversi in ambito internazionale e che determina ogni assetto nel grande scacchiere politico sociale. La prova di tutto ciò sta proprio in una scontata politica ridotta a pura governabilità, condotta con estrema vigore e succube di un nocivo leaderismo che pone le figure al di sopra dei fondamentali programmi, non guardando mai alla base essenziale del rafforzamento di una democrazia.
D’altronde…ogni potere forte.. non può che temere la crescita di una democrazia, non può che ostacolarla, poiché porrebbe problematiche su quegli equilibri sociali che finirebbero con l'impedire la loro forza dominante.
La stampa e i Media, al loro servizio, vivono in questo teatro e collaborano nel plaudire irresponsabilmente, a volte persino ignorando quanto possa nuocere al nostro Paese.. l’inconsistente ascesa di nuove figure a scapito delle necessarie riforme per un funzionamento del sistema istituzionale. Il vero potere resta nell’ombra… nascosto, assecondando una politica di competizione e di scontro.. contribuendo alla esaltazione di autentici scenari amplificati che possano distrarre l’attenzione della popolazione e favorire la più comoda formazione sub culturale di una politica da gossip.

vincenzo cacopardo   

14 gen 2014

La crisi del libero mercato tra ricchezza e povertà



SE LA CORDA SI SPEZZA!!…
di vincenzo cacopardo.

La società si è ormai formata!.. il problema fondamentale, oggi, è quello di saperla equilibrare! Se questa corda, ormai troppo tesa, si rompe.. anche il beneficio e le ricchezze dei pochi decadranno ed il rischio di una rovina potrà colpire l’intera società nel suo insieme


Ritengo che la peggiore crisi sia quella della totale perdita dei valori! Quando perdiamo il rispetto per il prossimo, il senso di uno Stato, il valore del denaro, quello del lavoro..e persino ogni forma di poesia e la possibilità di sognare…allora perdiamo ogni speranza!  Non volendo pormi col consueto catastrofismo che oggi pervade la gente, posso comunque affermare che.. se una speranza c’è… non può essere affidata nelle mani ambiziose di chi cerca di apparire per assumere ruoli predominanti. 
Il mito e l’idolatria… stanno vincendo sull’umiltà ed il rispetto che si deve ad una comunità.  La società sembra ormai ingrigita da un modo di pensare che ha sporcato ogni contenuto sui valori. 


Così come sembra che il tempo non tenga più conto delle stagioni… passando dal freddo a caldo torrido dello scirocco nello spazio di qualche ora, la vita di relazione tra le persone sembra mutare dall’oggi al domani…le amicizie….i rapporti di lavoro…quelli sociali.. sembrano sempre inaspriti da cambiamenti improvvisi che non riusciamo a comprendere, anche in politica le metamorfosi paiono avvenire con improvvise trasformazioni che non lasciano spazio ad un adeguato percorso  per la ricerca delle soluzioni: Si passa da una scelta ad un’altra.. completamente opposta.

Questi strani fenomeni sembrano essere il sintomo generale di un mondo che ha perso ogni forma di equilibrio…sia per l’ambiente che per la collettività.. e persino per ogni aspetto antropoligico che ci coinvolge. L’essenziale principio dell’equilibrio sembra essersi perso del tutto ed in questa dispersione l’uomo sembra aver inglobato ogni visione…non essendosi accorto dell’importanza di tutto ciò che la natura gli ha donato e che la sua permanenza in terra non ha saputo ben usare e custodire. Oggi quindi…(la stessa natura c’è lo insegna)…non vi è solo un principio di equità e di correttezza da sostenere …quanto quello di ricercare un fondamentale equilibrio come bilanciamento di una convivenza comune per far sì che non si prendano strade strette o larghe…lunghe o corte..che non si ricerchi solo il bianco o il nero…che non si vada incontro a verità assolute…nè ad assurde profezie o profonde incertezze..

Tralasciando una certa retorica filosofica (che non guasta) ma nella quale a volte mi dilungo.. potremmo comunque affermare che la mancanza di un equilibrio, ha sicuramente portato la figura umana a non stabilire più gli indispensabili confini sulle scelte e sulle fondamentali azioni utili per stabilire un sano controllo sulla crescita. Quali sono dunque quei principi di una politica economica che non potranno mai fare crescere la società secondo un modello di equilibrio? Quali le ragioni per le quali si vuole ancora imporre il rigido processo che porta inevitabilmente alla recessione?

La visione neoKeynesiana dell’economia moderna richiama alla determinazione di una politica interventista razionale e quantitativa….Insomma....se per gli economisti classici la disoccupazione viene considerata volontaria e come normale risultato di un insufficiente elasticità dei salari, per Keynes essa deriva da una mancanza effettiva della domanda. Ma poiché la domanda al consumo diminuisce in relazione al reddito, si potrà determinare un aumento dell’occupazione solo con l’aumento degli indispensabili investimenti. Sappiamo  che Keynes concentrò il suo impegno nello studio dell'economia...dalla produzione di beni.. alla domanda ponendo l’attenzione su talune circostanze in cui la stessa domanda aggregata è insufficiente a garantire occupazione. Per Keynes... la necessità è il sostegno pubblico.. senza il quale, vi sarebbe un pesante prezzo da pagare attraverso un aumento  della disoccupazione: Quando la domanda diminuisce, è assai probabile che cali anche la potenzialità di sfruttamento della stessa capacità produttiva. 

Secondo il pensiero del premio Nobel Paul Robin Krugman… l’austerità voluta dai grandi imperi economici ha portato ad un autentico fallimento dei Paesi che l’hanno imposta, ritenendo di poter piegare l'economia alla propria morale. La sua visione teorica si esprime in alcuni modelli commerciali che potrebbero rappresentare validi vantaggi per l’economia dei Paesi, quando non privi di barriere di protezione ben precise: Egli, in proposito, ha specificato l’importanza delle oscillazioni dei tassi di cambio con una forte critica verso le politiche di alcuni governi verso le relative speculazioni di alcuni fondi.
La crisi economica che investe tutto il mondo sembrerebbe generata volutamente da un assurdo sistema che impone alcune regole a protezione dei grandi potentati. Se la ricchezza è mal distribuita, e ciò viene tollerato da tempo attraverso le regole di un impianto edificato attraverso la forza del denaro, questo si deve ad una precisa volontà di alcune influenti lobbyes che la sostengono costantemente continuando a trarne beneficio. Un beneficio dei pochi, i quali dovrebbero anche comprendere che questa corda non potrà esser tirata troppo a lungo.

Il sistema odierno non sembra volersi basare su una economia di equilibrio collettivo, ma sul peso che il denaro può esercitare sul singolo individuo. Ciò ha portato a non individuare il giusto percorso e ad identificare il denaro come un fine e non come il mezzo necessario per la crescita del Welfare. 

In tal senso..è inutile illudersi!...La teoria del libero mercato non potrà più funzionare in rapporto al carico notevole che essa impone ad una società che si vorrebbe più equa!  Se un libero mercato sembra indispensabile per un progresso che voglia basarsi sul merito, sulla qualità e su un essenziale principio di competizione, questi deve per forza far uso di una regolamentazione che renda maggior equilibrio e più stabilità alla società…Non è solo un problema di etica ma anche di sostanza! 

La società si è ormai formata!.. il problema fondamentale, oggi, è quello di saperla equilibrare! Di renderla bilanciata in favore di un benessere collettivo che possa soddisfare le esigenze di tutti senza incidere negativamente sui valori, sui meriti e le capacità. Se questa corda, ormai troppo tesa, si rompe.. anche il beneficio e le ricchezze dei pochi decadranno ed il rischio di una rovina potrà colpire l’intera società nel suo insieme: povertà e ricchezza potrebbero lasciare lo spazio a distruzione, sfiducia e fine di ogni sistema democratico collettivo. 



Coalizioni, stabilità..e inadeguati paragoni


Qualcuno pensa che si possano paragonare le grandi intese operate nel nostro paese con la grande coalizione avvenuta in Germania negli ultimi anni che ..di recente.. ha dato vita al terzo Governo tedesco guidato da Angela Merkel.
L’esempio con il sistema della Germania con i suoi Lander non può mai calzare con quello dell’Italia. L'obiettivo dichiarato del federalismo tedesco è garantire sia l'unità verso l'esterno che il rispetto e il mantenimento delle diversità regionali. I Lander sono stati fondati subito dopo il 45 tenendo in parte conto delle vecchie affinità delle popolazioni e dei confini storici.  Il federalismo non può vivere senza una solidarietà e questo è uno dei motivi per cui il federalismo in Germania funziona piuttosto bene ed è accettato da tutti. Difficile poter mettere in relazione i problemi di una nazione già federata come la Germania con la nostra: Il suo Governo nazionale garantisce l'omogeneizzazione delle condizioni di vita nelle varie parti della Germania. Inoltre il sistema di votazione dei tedeschi ha un carattere prettamente proporzionale attraverso una procedura che prevede due votazioni.. ma non è esattamente considerabile come “bicamerale”. In sostanza la determinazione di una governabilità viene stabilita attraverso un percorso di base diverso che, seppur dissimile dal nostro, non è detto possa essere l’esempio di una perfezione. In Germania vi è di certo una differente cultura della politica e del vivere sociale che riesce a procurare una maggiore stabilità…anche perché la popolazione..nella sua vita tra i Lander, riceve un riscontro di equilibrio ed una comunicazione più diretta con la politica per le soluzioni delle proprie esigenze.
Il problema della nostra Nazione rimane ben diverso e non paragonabile.. in considerazione del fatto che…un’azione diretta dei cittadini con la politica sembra inesistente: Manca la necessaria e fondamentale spinta dal basso, senza la quale non si potrà mai inventare alcuna governabilità…(men che mai stabile!.).

Inconsistenti ed inadatti paragoni..
vincenzo cacopardo

Domenico Cacopardo commenta sullo stato del governo

L’inatteso logoramento di Letta di domenico Cacopardo

Obbedienti al principio che un papa si giudica da papa e non da cardinale, abbiamo dato ampio credito a Enrico Letta e al suo governo. Possedeva l’imprinting di Giorgio Napolitano -garanzia di probità e di efficienza- che, di fatto, aveva scelto i componenti della compagine, anche i più sconosciuti.
Del resto, c’era l’anomalia di un Parlamento senza maggioranza e, quindi, la necessità di una coalizione tra avversari di sempre: destra e sinistra. Una novità, coronata da successo in Germania, inedita da noi.
Letta doveva tessere, con pazienza democristiana eintelligenza politica, una tela efficace, conducendo una navigazione cauta verso le mete annunciate: riforme (legge elettorale, interventi sul bicameralismo, finanziamento della politica) prima di tutto; rilancio del lavoro; tagli non lineari delle uscite; legge di stabilità rassicurante per gli italiani e per l’Unione europea. Capitolo speciale l’abolizione dell’Imu, concessa a Berlusconi e al Pdl.
In qualche modo, i primi mesi sono stati spesi in modo coerente con gli annunci iniziali. È vero, l’unica cosa concreta è stata la sospensione del pagamento della rata estiva dell’Imu, ma sul Paese s’era abbattuta, di nuovo, una questione Berlusconi, condannato e interdetto dai pubblici uffici. Con abilità, soprattutto smorzando, Letta aveva tenuto il governo al riparo dalle tensioni, ed era anzi riuscito a conquistare la totale solidarietà dei ministri del centro-destra capeggiati da Alfano, sino a convincerli ad abbandonare il cavaliere e a costituire il Nuovo CentroDestra.
“Ecco”, si diceva nei circoli ben informati della capitale, “Letta marcia verso la ricostituzione di un grande raggruppamento centrale, una specie di Democrazia Cristiana anni 2000 che isolerà le fazioni estreme e ci restituirà la governabilità perduta.”
Poi, nell’autunno, si sono manifestati i primi cicloni: la legge di stabilità e l’arrivo sul proscenio di Matteo Renzi. Ma ciò che ha compromesso la fiducia sul governo, togliendogli credibilità, è stato il percorso parlamentare della legge fondamentale dello Stato, detta, appunto, di stabilità.
Sono emerse le insufficienze di un ministro dell’economia inadatto a qualsiasi ruolo di governo (era stato già scartato quando fu in ballo per la nomina del governatore della Banca d’Italia)e l’assenza di ogni regia della presidenza del consiglio e di chi aveva la responsabilità dei rapporti con il Parlamento, il ministro Franceschini.
Cercando una spiegazione della pessima performance, siamo riandati al passato: così è tornata all’attenzione l’imbarazzante prova del governo Prodi 2 del 2006-2008. Basta sfogliare i giornali del tempo per avere la rappresentazione di gestione sconsiderata, per molti versi simile all’attuale. E, il regista di quel governo, nella posizione di sottosegretario alla presidenza e segretario del consiglio dei ministri, era proprio Enrico Letta. Un ruolo, efficacemente ricoperto in passato da personalità spiccate come Bisaglia, Compagna (Francesco), Amato, Maccanico.
La conclusione è facile: il premier possiede non comuni capacità politiche, ma cade dal punto di vista della pratica di governo, nella quale non esprime una vera leadership.
Il continuo avanti-indietro su tutti i temi dell’agenda parlamentare dimostra, infatti, l’assenza di una direzione sicura e, in particolare, un’incertezza organica che finisce per compromettere ciò che di buono è stato fatto e che è testimoniato dal crollo dello spread sui titoli di Stato.
Il progetto neodemocristiano è morto e Alfano sarà costretto a tornare sotto l’ala di Berlusconi.
E qui viene in ballo il capo del Pd, cui è passata la palla. Anche se sopravviverà ancora per alcuni mesi (superando il difficile scoglio del rimpasto), il governo ha il destino segnato: andrà avanti sino a quando vorrà Renzi che ne definirà l’agenda. Anche se sembra non accorgersene, Letta è commissariato.

A meno che non tiri fuori dal proprio zainetto il carattere che non ha mai mostrato e affronti la battaglia. Una sorpresa non si può escludere.

13 gen 2014

un commento ad una precisa analisi di Alberto Cacopardo

Qualcosa di Massimo e qualcosa di Silvio dietro il velo: Matteo Renzi all’attacco del cielo.
di alberto cacopardo

Adesso che Renzi è finalmente riuscito nell’impresa, così tenacemente perseguita, di conquistare la guida del più grande partito italiano, tutti sembrano aspettarsi da quest’uomo una svolta finalmente decisiva, qualcosa di radicalmente nuovo.
Ora, non c’è dubbio che per quanto riguarda il Pd e le sue dinamiche interne, Renzi rappresenti davvero qualcosa di nuovo: è riuscito nella durissima impresa di accantonare un nucleo dirigente che certamente meritava di essere messo da parte. Si direbbe che abbia realizzato il sogno di Nanni Moretti a Piazza Navona, quando disse che l’unica speranza era liberarsi una volta per tutte da quei signori. Ma porterà davvero qualcosa di migliore?
Nel gran frastuono che ha accompagnato il cambiamento, sembra quasi che ci si sia dimenticati delle vere ragioni per cui quel nucleo dirigente aveva suscitato un così profondo malcontento nell’elettorato del Pd e del centro-sinistra. L’essenza di quel malcontento dipendeva tutta da questioni di orientamento politico, non certo dall’età anagrafica 
L’idea che in politica o sulla scena pubblica l’età avanzata sia di per sé un difetto è semplicemente ridicola. Basti pensare alla ventata di aria fresca che portò al Quirinale il vecchio Sandro Pertini, o a quella che ha portato in Vaticano il settantasettenne Jorge Mario Bergoglio, o al successo in California del settantacinquenne Jerry Brown, o all’ondata di indignato entusiasmo che suscitò fra i giovani tre anni fa il pamphlet dell’ultranovantenne Stéphan Hessel. E se c’è qualcosa di veramente nuovo (nel bene e nel male) nella politica italiana, questo è Grillo, che non è esattamente un fanciullino.
L’età non c’entra: se quei signori ci disturbavano tanto, era per tutt’altre ragioni. Soprattutto tre. Innanzitutto l’ottenebrata debolezza della loro reazione all’attacco di Silvio Berlusconi, la loro incapacità di comprendere il carattere radicalmente eversivo della sua costruzione politica, quello che uomini di ben altra stoffa, per esempio Norberto Bobbio, avevano così lucidamente interpretato fin dai primi anni Novanta. La pervicace insistenza con cui quei signori hanno dipinto Berlusconi come l’esponente di un normalissimo centro-destra “moderato”, anziché come l’estremista autoritario e facinoroso che era ed è tuttora, è stata forse la più grave delle loro responsabilità. Ma non certo l’unica.
La seconda ragione per cui chi ha occhi per vedere ha sempre diffidato di quella dirigenza è stata la sua supina accettazione di tutti i dogmi del pensiero unico neoliberista in economia. Sotto la loro guida, quello che era il centro-sinistra è diventato, quello sì, un centro-destra moderato, pronto ad accettare tutti i diktat provenienti da Bruxelles o da Washington, tutto quel colossale insieme di provvedimenti che hanno stravolto l’assetto dei sistemi economico-politici d’Europa e di buona parte del mondo, aprendo la strada alla grande recessione di cui soffriamo e soffriremo a lungo i dolorosi effetti. E lo hanno fatto senza avere la capacità di approfittare di questi cambiamenti per liberare il paese dal gravame dei vecchi vizi che lo distinguono dal resto d’Europa, evasione, furbismo, clientelismo e corruzione.
La terza ragione per cui quei signori non ci piacevano era la loro politica estera. Anziché fare dell’Italia quel che vorrebbe la sua vocazione naturale e costituzionale, una grande forza di pace che, ripudiando radicalmente il ricorso alla forza, eserciti la sua influenza per mediare i conflitti, comporre i dissidi e promuovere riconciliazione, ne hanno fatto, soprattutto dal Kossovo in poi, la parodia di una micropotenza militare, sempre pronta a mostrare muscoli inesistenti e ad aggregarsi al carro del presunto vincitore.
Ora, c’è forse da credere che Matteo Renzi, col suo attacco al cielo, possa portare un vero cambiamento su questi tre piani?
Di politica estera si è sempre occupato ben poco, tutto preso com’è sempre stato dai sinuosi giochi interni della scena politica italiana, a livello locale o nazionale. Quello che di sicuro ha capito bene è l’eterna, granitica norma di chiunque voglia accedere al potere in Italia: non bisogna inimicarsi gli americani. E in questo, di sicuro, c’è ben poco di nuovo.
Ma veniamo alla politica economica. C’è da uscire dalla crisi. Cos’ha da dire Renzi in proposito? Ecco cosa ha da dire, cito dal suo sito ufficiale: “Usciremo dalla crisi solo se metteremo finalmente mano alle riforme strutturali di cui tutti parlano da decenni e che invece stiamo ancora aspettando.” Una frase così dice tutto. Le riforme strutturali di cui tutti parlano da decenni. Quali? Quelle alla Tony Blair e alla Margaret Thatcher, evidentemente. Perché non so di quali altre riforme strutturali si sia parlato tutto questo tempo. E di quelle, veramente, ne abbiamo avute fin troppe, in Italia e in mezzo mondo. Non solo: sono proprio quelle che hanno causato i formidabili squilibri nella distribuzione della ricchezza che sono all’origine della crisi che stiamo vivendo e di cui il bravo Renzi sembra preoccuparsi ben poco, esattamente come i suoi predecessori. Il suo Jobs Act avrà forse qualche merito, se ce ne vedono persino quei biechi sovversivi di Maurizio Landini e Susanna Camusso, ma certamente, per esempio, non ha il merito di ammettere un fatto molto semplice, riconosciuto ormai da tutti i più avveduti economisti, a partire da Joseph Stiglitz: ciò che sta strangolando le imprese e l’economia del paese è il vuoto di domanda. Il vero problema non è il credito o il costo del lavoro, è che non si riesce a vendere quello che si è capaci di produrre. E questo è dovuto sì alle politiche di austerità, ma è dovuto soprattutto, a questo punto, ai bassi salari e alla concentrazione della ricchezza. Non è soltanto una questione di “cuneo fiscale”. E’ una questione di distribuzione del reddito.  Finché non si riconosce questa elementare verità, non si esce dal solco del pensiero unico, come, in buona sostanza, non ne esce l’intero Jobs Act. Su questo piano, Renzi non si allontana per nulla, almeno per ora, dalle logiche dei suoi predecessori. Ci mette solo, forse, un pizzichino in più di fantasia. Ma di quella era già maestro Silvio Berlusconi, e con quali risultati lo si è visto.
Ma c’è un altro colpo d’ala nel pensiero economico renziano. Basta con l’austerity. Pochi se ne ricordano, ma questo è proprio quello che aveva proclamato a gran voce Mario Monti, subito dopo la sua famosa manovra. E lo aveva detto battendo il pugno sul tavolo in Europa. Adesso Renzi ci aggiunge una preziosa precisazione: si tratta di “superare il tre per cento”, cioè il famoso vincolo di Maastricht al disavanzo in percentuale sul Pil. Proprio quello che il temibile Olli Rehn ci aveva sonoramente intimato di non fare, appena qualche settimana fa.
E’ una mossa ardita, senza dubbio. Non si sa bene come si concili con il concetto che “sacrosanto è lo sforzo alla riduzione del debito”, che si ricava sempre dal suo sito ufficiale. Ma non è questo il punto. Il punto è che una mossa del genere non è solo una sfida aperta alla Germania, ai falchi della Bundesbank e di tutto il nord Europa, al trattato di Maastricht e alla nostra Costituzione appena malauguratamente modificata per impedire simili audacie: è soprattutto una sfida ai potentati dei mercati finanziari. Per poter lanciare una sfida simile bisognerebbe innanzitutto invocare quella profonda riforma del loro assetto che impedisca a quei potentati di dettare legge ai governi nazionali. Ma di questo, nei discorsi di Renzi, neppure l’ombra più vaga. In assenza di questo coraggio, l’audacia di Matteo Renzi in questa materia ricorda soltanto l’avventatezza di Silvio Berlusconi esattamente nello stesso senso. E con quali risultati lo si è visto.
E veniamo al terzo punto. Berlusconi, appunto. L’atteggiamento complessivo di Renzi nei suoi confronti ricalca esattamente quello dei suoi predecessori. Ma forse in peggio, perché non so quale dei signori della vecchia nomenclatura avesse, per esempio, la faccia tosta di intrattenere rapporti così cordiali con un maestro d’inganni e di frodi come Denis Nardini. Matteo Renzi ha di Berlusconi esattamente lo stesso concetto di D’Alema. Non quell’estremista autoritario e obliquamente facinoroso che è ed è sempre stato, ma un degno avversario da “battere politicamente”, con cui va benissimo contrattare e concordare le regole del gioco, oggi la legge elettorale, ieri la riforma della Costituzione. Andare a concordare la legge elettorale con un simile figuro, appena condannato in via definitiva per delitti contro lo stato, cioè contro tutti noi, è veramente un’idea inconcepibile. Ma c’è poco da stupirsene: siamo esattamente nella logica dei suoi predecessori. Infatti, a quanto pare, la cosa non ha destato nessuno scandalo, solo sottili analisi politiche sulle segrete intenzioni dell’ex-rottamatore.
Ma veniamo a concludere. Per quanto detto fin qui, in Renzi non abbiamo trovato proprio nulla di nuovo. L’essenza della sua linea politica non è altro che un travestimento del vecchio pensiero del vecchio centro-sinistra.
Ma qualcosa di nuovo, ovviamente, c’è. Innanzitutto quel carisma che era sempre mancato ai suoi predecessori. La capacità di affascinare, di trasmettere entusiasmo, di trascinare gli animi. E’ una qualità tutt’altro che secondaria e superflua. Il problema è a quali fini la si mette a frutto. In più, Renzi ha dimostrato finora un notevole intuito politico. La capacità di cogliere i temi che di volta in volta gli possono portare consenso, di capire da quali parti questo consenso può arrivare. Di cogliere i punti deboli dell’avversario di turno. E così via. Tutte qualità preziose in politica. Il problema è a quali fini si mettono a frutto.
Renzi ha qualcosa di D’Alema e qualcosa di Berlusconi. E qualcosa non ha di tutt’e due. Di D’Alema non ha l’antipatia e il profondo grigiore, di Berlusconi non ha lo sprezzo della legalità e le televisioni. In comune con D’Alema ha la mancanza di una visione del mondo, di un’idea nobile e alta della società che vogliamo costruire. Come D’Alema, non ha una fede e non ha un ideale, ha soprattutto il proposito di esercitare il potere. In comune con Berlusconi, oltre al carisma, ha il proposito di un sistema politico a modello paterno, l’uomo solo al comando. Renzi è tutto per l’elezione diretta di questo e quello (perfino del presidente della commissione europea, un’idea degna di un Grillo). Il capo investito del consenso popolare che esercita il potere nel modo più pieno possibile. Anche questo concetto, peraltro, è tutt’altro che nuovo, risale a Cromwell e a Bonaparte, con tutto quello che c’è stato in mezzo.
A differenza di Berlusconi, tuttavia, Renzi si gioca tutto alle prossime elezioni, quando verranno. Se le perde è finito, è naufragato il suo attacco al cielo.
Ebbene, staremo a vedere. Ci auguriamo che non le perda, perché tutto il resto sarebbe peggio. Ma soprattutto che, se le vince, si dimostri migliore di quel che ci è apparso finora.

Post scriptum. Non si può tacere della gloriosa battaglia sui “costi della politica”, l’emblema del “nuovo” portato da Renzi. Ha già ottenuto, pressappoco, l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. E’ una cosa che, insieme alla famosa riduzione degli stipendi dei parlamentari, sta tanto a cuore a tantissimi italiani. I quali però non sembrano rendersi conto che le due cose messe insieme pesano per una frazione irrisoria della nostra spesa pubblica, molto meno di un centesimo. Pesano molto di più le tangenti e gli appalti truccati, che non hanno nulla a che fare col finanziamento pubblico, la cui abolizione, semmai, rischia di farli crescere a dismisura. Come non sembrano rendersi conto, quegli indignati italiani, che l’alternativa al finanziamento pubblico è semplicemente il finanziamento privato, che garantisce un enorme leva ai potentati economici che hanno i mezzi per condizionare i politici. Diciamo che si tratta di una misura per lo meno discutibile. Rientrano nel medesimo filone l’abolizione del senato elettivo e la riduzione del numero dei parlamentari, due cose non irragionevoli, ma che di per sé non garantiscono proprio nulla di radicalmente nuovo, checché ne pensi Napolitano. Quanto all’altra gloriosa battaglia, quella sulla legge elettorale, Renzi ha forse il merito di aver imposto finalmente una conclusione di quell’epopea. Ma c’è da temere che non sia delle migliori. Propone il “sindaco d’Italia” e il suo esatto contrario, il Mattarellum aggiustato, insieme al sistema spagnolo riveduto e peggiorato, il contrario di tutt’e due. L’unica cosa che hanno in comune è che Renzi può vincere con tutti e tre, o almeno così crede lui. Ma questa è un’altra storia, su cui speriamo di ritornare.





Una analisi più che dettagliata che mi vede perfettamente d’accordo col cugino Alberto, il quale.. ancora una volta con puntiglio.. riesce a porre in discussione le problematiche del nostro Paese attraverso una  lucida critica su alcune figure politiche oggi alla ribalta.

Più che giusta la sua osservazione sull’età avanzata.. oggi valutata solo negativamente. Qualora si pensasse che un vero cambiamento dovesse seguire per l’esclusiva via di una freschezza generazionale, si farebbe un grossolano errore e si indicherebbero strade errate. Appropriata anche la visione sui poteri occulti e sui potentati economici che giocano oggi una parte determinante sull’assetto dell’economia mondiale e che hanno sicuramente favorito la strada della grande recessione di cui soffriamo e soffriremo a lungo. Non può inoltre sfuggire il tono indignato con cui Alberto fa riferimento al gravame dei vecchi vizi che  distinguono il nostro Paese dal resto d’Europa: evasione, furbismo, clientelismo e corruzione.
In riferimento al giovane politico Renzi.. non riesco, però, bene a comprendere.. come si concilia e dove può risiedere un intuito politico …quando i risultati, come afferma lo stesso cugino, potranno difficilmente sortire un fine positivo.. insomma ..cosa ce ne facciamo del carisma e della capacità di un uomo politico che si dimostra capace di catturare consenso.. quando, questo, può servire solo a trascinare emotivamente gli animi..Anzi si potrebbe anche andare verso un peggioramento della difficile situazione.. se si gioca ad ingannare chi è ormai stanco di essere preso in giro. ..Sappiamo bene quanta  gente vi sia nel nostro Paese, priva di una conoscenza specifica sui temi sociali e gli argomenti della politica, che continua a votare per immagine..facendosi ammaliare dalle capacità dialettiche e di comunicazione dei tanti che, avendola studiana nel senso più deleterio, continuano a vendere fumo!
Dice bene Alberto quando definisce quello di Renzi come un attacco al cielo..aggiungo io: un innalzarsi verso l’onnipotenza con la forza di una ambizione che sembra toccarsi con mano.. dimostrata dal suo modo, spesso incoerente, di muoversi nelle diverse direzioni. Promuovendosi in un dialogo con tutte le forze politiche, ma non assumendo posizioni precise e determinate…Rimanendo spesso nel vago!
Per quanto concerne il suo Post scriptum.. non posso non sottacere la stupida retorica con la quale oggi la politica vorrebbe cancellare di colpo un finanziamento pubblico ai Partiti, senza prima proporre un piano di riforma di questi contenitori di consensi, riflettendo con maggior equilibrio su una ricerca appropriata che possa regolamentare tali finanziamenti... oltre a diminuirli. Diversa e più giusta sarebbe una veloce e fattibile riforma concernente la riduzione dell’onorario reso ai parlamentari.

Ringrazio comunque Alberto per avermi dato la possibilità di poter dialogare attraverso un suo post che arricchisce di più la bacheca del mio Forum. 
vincenzo cacopardo  

12 gen 2014

Logiche, compromessi e convenienze...

  

di vincenzo cacopardo

Il tema della "legalità" mi sollecita ad una riflessione profonda, dato che... dandosi per scontato che ne esiste un pricipio.. non è detto che non vi possano essere casi in cui riesce veramente difficile tenerne conto, quando si soggiace a condizioni di difficile interpretazione. Vi sono ragioni per cui, oggi, un cittadino onesto che volesse proporsi in politica, in un tale sistema, riuscirebbe con estrema difficoltà a venirne fuori pulito.

"Prendiamo ad esempio un professionista affermato competente in diritto, laureato con pieni voti, moralmente integro, una cattedra universitaria ed un particolare curriculum ottenuto grazie ad una serie di esperienze anche nel campo privato. Mario Bianchi…una figura di poco più di 40 anni è molto conosciuto ed apprezzato nella sua città e sembra adatto a poter rappresentare la comunità al Parlamento Nazionale. 

La  carriera di avvocato procede a gonfie vele …ma la curiosità e l’ambizione sono tali.. da non poter rinunziare ad un’offerta pervenutagli da un Partito (Poco importa la sua visione ideologica quando questa viene chiaramente offuscata da un particolare desiderio di affermazione)…Ancora meno importa chi frequenta il suddetto Partito.. quando, le necessità che  si propone, se pur pletoriche, sono quelle di portare avanti lavoro e benessere per la società civile ed un successo per lui stesso.

In sostanza Mario Bianchi è una persona per bene, attratto dall’impegno sociale, ma che poco conosce del mondo della politica. Tutto fa.. quindi… presagire che tale personaggio potrà offrire trasparenza, un utile servizio ai cittadini ed al Partito che, non a caso, lo ha proposto per rinforzare la propria  immagine.
L’ingegner Rossi, anche lui ben conosciuto ed apprezzato, per via della sua impresa che distribuisce lavoro ad una buona parte della comunità, è persino insignito del titolo onorifico di Cavaliere del lavoro ma, per via della odierna crisi..non naviga in buone acque. 
Nel tempo.. si scopre che Bianchi ha ottenuto un bel po’ di voti grazie all’intervento dell’ingegner Rossi, in cambio di piccoli favori di ordine burocratico. Favori richiesti al momento della campagna elettorale da chi… avendo una grossa impresa ed una posizione di favore in seno alla società, si preoccupa in tutti i modi risolvere i necessari problemi aziendali e di non creare disoccupazione. 
Le preferenze attribuite per volere del Rossi, vedranno il personaggio politico Bianchi, legato ad una sorta di restituzione di favori..tanto piccoli ed innocui.. da figurare all’occhio della gente.. come normali atti a vantaggio di una impresa che crescendo… porta avanti un sostanziale sviluppo nella piccola comunità.
Passati i consueti anni della legislatura…a nuove elezioni, la stessa personalità politica, sempre più favorita dalla forza del consenso di chi lo ha agevolato…con un’ulteriore campagna elettorale, sale in una posizione governativa nella qualità di sottosegretario.
In realtà …al di là dei primi piccoli favori richiesti per far sì che l’impresa del sign Rossi potesse non avere intralci burocratici nell’attività… si è già instaurato un legame tale…da mettere… il portatore dei consensi, nella posizione di voler pretendere sempre di più da parte di chi ha potuto aiutare attraverso i voti assicurandogli un posto governativo. In più, l’ingegner Rossi potrebbe anche essere vessato da qualche richiesta di “pizzo” da parte della malavita locale. 
Ma adesso che l’On. Mario Bianchi è in una posizione amministrativa e quindi, si avvale di un forte potere governativo, l’ingegner Rossi, cerca di trarre maggior  vantaggio.. spingendo la personalità politica fino ad un suo intervento per la determinazione di una grossa commessa pubblica.
Si è ormai saldata..quasi naturalmente..un’unione che tende a sostenersi attraverso l’illegalità..così forte…da compromettere l’attività politica dell’On Bianchi, il quale non volendo sottostare, decide di venirne fuori dando le proprie dimissioni e dimettendosi dal suo incarico governativo. Ma non è detto che gli venga consentito dall’ingegner Rossi, il quale potrebbe anche ricattarlo per i piccoli ileeciti commessi precedentemente, diffidandolo dall’esonerarsi... Atti che, costruiti e gonfiati ad arte, potrebbero definitivamente, coinvolgere il politico in uno scandalo rinviandolo a giudizio…….. Ogni difesa, in una simile posizione, non può che essere vista da qualunque magistrato contro il politico coinvolto ed ha favore di un’impresa che distribuisce lavoro a tante famiglie."

Questo esempio dovrebbe far pensare quanto sia importante poter dividere i ruoli e le carriere politiche tanto da non permettere a chi opera per una politica di ricerca dei programmi e delle normative (ossia di appartenenza ai Partiti) di non doversi compromettere con il ruolo governativo ( o amministrativo)
Se l’On Bianchi  non potesse assumere, per tutti gli anni del suo mandato, alcuna carica governativa, non potrebbe nemmeno rendere alcun favore in termini di azione concreta amministrativa/esecutiva a vantaggio dell’ingegner Rossi, poiché potrà occuparsi, all'interno del suo Partito, solo di politica di base per il programma e di ricerca per le soluzioni, senza alcuna possibilità di assumere potere esecutivo; Se, quindi, l’ingegner Rossi vorrà esprimere un consenso…potrà farlo solo e soltanto perché convinto della politica di idee programmatiche esposta dal Partito di Bianchi. Al contrario, ogni componente dell’Organo governativo…non dovrebbe avere alcun legame con i Partiti ed il programma voluto dai cittadini (con le conseguenti normative)… ma dovrà essere eletto separatamente per capacità  e  meriti sostenuti nel relativo curriculum.  

   
Oggi, nel nostro Paese, il sistema parte dal basso verso l’alto, ritorna in basso filtrando tra due Camere per pura ratificazione e senza un vero funzionamento democratico escludendo ogni vero diritto di partecipazione del cittadino sul reale programma. Un domani potrebbe partire dal basso ed arrivare in alto in due diverse fasi elettorali ( legislativa di ricerca - amministrativa di governo). Un esecutivo potrà amministrare in modo pratico, fattivo e funzionale mentre un’altra azione costruttiva potrà salire  verso l’alto in modo dinamico con un indirizzo politico di merito spinto dalle continue proposte dei legislatori in contatto con le "officine di ricerca dei Partiti" in dialogo con i cittadini. 
Potrà essere la vera politica a guidare il Governo attraverso una decisa spinta costruttiva. Uno studio potrebbe vestire la struttura già esistente delle due Camere, ma apparire demagogico se non legato ad un vero cambiamento di alcune parti del testo della Costituzione. Fondamentale resta comunque il dato che nessuna personalità possa mai rivestire simultaneamente i diversi ruoli politici (parlamentari e/o amministrativi.)

Più che uno studio vorrebbe essere una ricerca sulla quale impostare un percorso. Una strada che vorrebbe costruirsi attraverso l’uso di appositi “piani programma” per la definizione di un percorso che possa rendere più stabilità al Governo senza intaccare la guida Parlamentare sulla quale si fonda il principio della nostra Repubblica. Uno studio per la ricerca di una politica funzionale per ruoli e (forse) anche per carriere. Si tenderebbe.. così.. a superare il vecchio imbarazzante percorso ideologico destra-sinistra che impedisce a priori un fattivo processo di costruzione del programma, il quale, al contrario, dovrà essere concordato prima con i cittadini. 

Ma nulla potrà’ essere definito se non in dialogo e con la partecipazione di chi aspira associarsi ad un principio di vera innovazione del sistema istituzionale. Sembra quindi ovvio ed opportuno chiarire che qualunque cambiamento non potrebbe sortire alcun successo se non studiato nel dettaglio ed operato con un percorso che possa individuare precise fasi di necessità ma anche chiari e possibili piani di fattibilità.