di domenico Cacopardo
Un lucido cinismo guida la Camusso e Landini nel convocare, a spese del sindacato, la massa di disperati e illusi confluita a Roma, per la manifestazione conclusa in piazza S. Giovanni. Le parole d’ordine iscritte sul palco, sugli striscioni e pronunciate nei discorsi: o impossibili da realizzare o fondate sulla mistificazione dei contenuti del «job act».
Se c’è una speranza, una sola, che il mercato del lavoro si rianimi, insieme all’economia tutta, essa è fondata sull’approvazione di questa fondamentale riforma e dei decreti delegati. Non solo per la visione diversa che reca nel nostro sistema, sin qui anchilosato in settori tra loro separati e diversamente tutelati, ma perché, mediante il superamento dell’art. 18 abolisce un sistema punitivo per il datore di lavoro e, per li rami, del lavoratore.
Il resto (frasi tipo «Più lavoro per tutti» o «Più diritti») appartengono alla più consumata retorica populista che non può avere una possibilità di successo, uno sbocco, alla luce dell’ordinamento europeo sugli aiuti alle imprese e sui bilanci degli stati membri.
Il rischio, nell’evocare la piazza e nel minacciare uno sciopero generale, è solo uno: che il processo di riforma del Paese, coraggiosamente messo in moto da Matteo Renzi, subisca una tragica battura d’arresto.
All’elenco degli irresponsabili nostalgici di un passato morto e sepolto, si iscrivono i vari Bindi, Cuperlo e Civati, che, con la loro presenza alla manifestazione di Roma sperano di ritagliarsi uno spazio politico. La loro massima aspirazione consiste nel riuscire a raccattare i voti necessari per mandare il governo sotto in Senato, bloccando, non il «job act» ormai alla Camera, ma tutto il resto del processo riformista.
La situazione, però, non lascia margini agli epigoni di un passato che ci ha consegnato una Repubblica disastrata, in continuo arretramento dal ’92, quando, la «prima» collassò sotto il colpi degli scandali di Tangentopoli. Non c’è nei dirigenti della Cgil e della sinistra Pd una parola utile a disegnare un futuro coerente con gli impegni comunitari, con la situazione della finanza pubblica e con le attese delle decine di migliaia di giovani che ancora non si sono accodate alle decine di migliaia già a Londra, Berlino o Barcellona.
Ciò che restituirà la fiducia a coloro che possono investire in Italia è che il processo di omologazione dell’Italia all’Europa vada avanti, che le razionalizzazioni (pubblica amministrazione, giustizia, mercato del lavoro, monocameralismo, titolo V della Costituzione) siano attuate, che la moralizzazione mediante la trasparenza abbia successo.
Giustamente, Matteo Renzi, alla Leopolda, ieri, chiudendo i lavori, con un altro discorso di alto livello ha riaffermato la volontà di andare avanti senza tentennamenti o pause. Gli obiettivi di governo saranno perseguiti con forza maggiore, dopo l’esito positivo del confronto di Bruxelles.
Si profila, quindi, un ennesimo «show-down» in cui quella sinistra che si è sempre opposta al vento del cambiamento, quella sinistra che, guidata da un declinante Berlinguer, guerreggiò, perdendo, contro il taglio della scala mobile, quella sinistra arroccatasi nella difesa di un pessimo presente, subirà la nuova lezione della Storia.
Il giudizio proteso in favore del Premier offerto in questo articolo di Domenico Cacopardo potrebbe anche essere legittimo se visto esclusivamente dall'ottica di chi teme che la società ed il Paese possano presto collassare definitivamente.
In parole povere, quello che afferma Domenico Cacopardo...... si racchiude nella proverbiale frase la quale recita che... se non ti bevi questa minestra... ti puoi solo gettare dalla finestra!
Cacopardo scrive ponendo analisi giuste ma fin troppo legate alla visione di un sistema che ormai tende a fare acqua da tutte le parti...e sembra farlo dimenticando l'importanza di un percorso che per Costituzione dovrebbe procedere sui binari di una democrazia corretta..
Sarà che i decreti delegati possano fare parte dei tempi moderni per poter riuscire (come afferma Domenico Cacopardo) a far procedere più speditamente verso il cambiamento..sarà anche che le continue fiducie facciano parte di questo gioco..sarà che tutto ciò che dice Renzi è giusto ed assoluto..ma allora bisognerebbe di conseguenza affermare, senza più ombra di dubbio, che la democrazia è definitivamente morta e che un Parlamento non ha più ragione di esistere!.
Al contrario ...quando si crede di poter prendere per il c...la gente attraverso simulate azioni democratiche, si commette un peccato peggiore che può pagarsi con reazioni più pericolose.
Non è detto che si tratti solo di volere diritti per tutti (che tra l'altro dovrebbero essere riconosciuti), né di volersi unire ad un coro populista di chi approfitta per rovesciare la qualunque, ma se si scrive di una “irresponsabilità”..bisognerebbe quantomeno valutare in modo conforme anche l'operato di chi pretende di operare in un sistema di democrazia ...sovvertendone ogni principio...poichè in tal modo sarebbe fin troppo facile!
Non me ne voglia il cugino che stimo tanto ed apprezzo, ma se un magistrato di Stato della sua esperienza, riesce anche a condividere tali metodi che assai spesso confliggono con i principi cardine della democrazia e con le regole dettate dalla nostra Carta, non potrà mai riuscire a vedere d'accordo chi la pensa come il sottoscritto... o se anche intendesse farlo, come tanti altri, in nome di un esasperato pragmatismo, allora vuol dire che anche i più saggi e preparati sono ormai definitivamente codizionati da tutto il sistema.
Vincenzo cacopardo