Con
questo interessante articolo, Alessandro Mauceri, pone una sensata
critica alle procedure che non aiutano la Sicilia a beneficiare dei
fondi strutturali europei, unita ad una chiara incapacità di
politici ed amministratori di non saperli gestire . E' vero! “Fondi
inutili, e spesso addirittura dannosi perché alimentano burocrazia,
clientelismo e, a volte, finiscono addirittura nelle mani della
criminalità”...come è senz'altro vero che Il premier Renzi
non
ha avuto niente da dire dopo il taglio dei fondi destinati alla
valorizzazione del patrimonio culturale siciliano.
E' di tutta evidenza la mancanza di idee in proposito da parte di un
sindaco d'Italia che.. fino ad oggi.. ha solo stigmatizzato e messo
in risalto il patrimonio artistico della sua città.
Tuttavia ritengo che non si possa aiutare il patrimonio culturale di una
regione come la Sicilia.. senza occuparsi nel col tempo di una
problematica propedeutica più vasta che..se non risolta.. ne impedire ogni altra valorizzazione: Sono le infrastrutture mancanti
...(strade-autostrade-ferrovie-reti idriche-porti-ponti-dighe-difese
per rischi idreogeologici etc) non certamente promossi al fine di
dare opportunità di arricchimento a partiti o di sviluppo a singole
comunità, ma studiati in funzione di una logica appropriata al fine
di rendere più fruibile e ben visibile lo stesso immenso patrimonio
in tutto il suo insieme nel territorio. Occorre soprattutto metodo
unito ad una sensiibilità culturale che molti politici dimostrano di
non avere.
vincenzo cacopardo
dalla
Voce di newyork riportiamo
“Secondo
alcuni economisti, i fondi europei non vengono spesi perché si
tratta di fondi inutili, e spesso addirittura dannosi perché
alimentano burocrazia, clientelismo e, a volte, finiscono addirittura
nelle mani della criminalità”
Nei
giorni scorsi l'eurodeputato del Movimento 5 Stelle eletto in
Sicilia, Ignazio Corrao, analizzando i dati relativi ai fondi
destinati dall'Europa alla nostra Isola dal Programma Operativo FESR
2014-2020, ha denunciato il taglio di oltre 200 milioni di euro per
il patrimonio culturale siciliano. Eppure, stando a recenti studi, in
Sicilia si troverebbe un quarto di tutto il patrimonio storico
monumentale dell’Italia che, a sua volta vede allocato, sul proprio
territorio, una parte rilevante di tutto il patrimonio culturale
europeo e globale. Ciò nonostante, l’Unione europea non ha tenuto
conto né di questo, né del fatto che il comparto del turismo
culturale è fondamentale per l’economia dell’Isola.
Abbiamo
notato come in regioni come la Sicilia, a fronte di 300 milioni di
euro che potevano essere investiti per cultura e turismo, ne sono
stati programmati solamente 100 milioni” ha detto Corrao. Il motivo
che avrebbe portato l’Unione europea a prendere questa decisione
sarebbe da ricercare nell’incapacità dimostrata dai governanti
siciliani (e nazionali) che, negli anni scorsi, non sono stati in
grado di utilizzare i fondi a loro disposizione.
Un
problema, quello dell’incapacità di politici e amministratori di
gestire i fondi strutturali, che non riguarda solo la Sicilia: solo
lo scorso anno (ma chissà come mai, nella sua lettera
dell’anniversario, Renzi non ne ha parlato), l'Italia è riuscita a
“non spendere” il 66 per cento dei fondi Ue a disposizione,
(4,135 miliardi di euro su 6,223 miliardi). Una performance negativa
che piazza il Belpaese fra i peggiori dell'Unione europea (la
percentuale di fondi non utilizzati è quasi il doppio della media
comunitaria, che è intorno al 34 per cento).
Un’incapacità
che è ormai diventata un’abitudine. Già nel periodo precedente,
la Programmazione dei fondi europei 2007-2013, l’Italia è riuscita
ad utilizzare solo il 58,28 per cento dei fondi a disposizione (poco
più di 16 miliardi di euro su quasi 28 miliardi a disposizione,
secondo uno studio di Repubblica). Il resto, grazie a questo modo di
“governare senza fare”, è tornato a Bruxelles.
“La
questione dei fondi strutturali europei è lo specchio dei vizi
italiani", ha detto l'economista Giulio Sapelli. Che ha
continuato: “A Bruxelles spesso inviamo personale scelto non per
competenze specifiche, ma per stretta osservanza politica". Un
problema che ha radici anche in Italia: “Per accedere ai fondi
europei - precisa sempre Sapelli - occorrono nelle Regioni
professionisti preparati sul fronte del diritto comunitario e
poliglotti, mentre spesso queste funzioni vengono affidate a
fedelissimi del governante di turno”.
L’Unione
europea ha deciso di tagliare le somme destinate ad una delle voci
più importanti per l’economia siciliana, probabilmente perché
ritiene che i nostri politici e amministratori non saprebbero
utilizzarli. Eppure non più tardi di qualche giorno fa il premier
Renzi, nel vantarsi del suo primo anno di governo, ha detto:
“Sappiamo di avere una questione Mezzogiorno ancora aperta. Al Sud
la ripresa non è ancora arrivata e non sarà qualche decimale di
punto a farci cambiare idea. Ho molta fiducia nella capacità di
alcuni progetti simbolo di trainare la ripresa”. Una ‘ripresa’
che è difficile attuare dopo che, a Novembre, il Comitato
interministeriale per la programmazione economica (Cipe), presieduto
proprio da lui, ha tagliato tutti i fondi destinati a Sicilia e
Calabria per la realizzazione delle grandi opere. E la situazione non
è certo migliorata dopo l’annuncio che sono stati tagliati anche i
fondi strutturali destinati alla cultura in una delle più belle
regioni del Mezzogiorno, la Sicilia.
Né
Renzi, né Crocetta hanno commentato la decisione di Bruxelles.
Eppure è palese che la critica era rivolta a loro, al loro modo di
gestire i fondi comunitari in Sicilia e nel Belpaese. Spiega
Gianfranco Viesti, professore di Economia applicata all'Università
di Bari (e autore di diversi libri sull’argomento): “Le cause
sono diverse: lentezza nelle opere pubbliche, complessità delle
norme, mancata disponibilità del cofinanziamento nazionale, pessima
congiuntura economica. Anche le misure dei ministeri, specie quelle
infrastrutturali, sono in forte ritardo. La lentezza delle Regioni (e
dei Ministeri) nell'emanare i bandi è dovuta in parte alla carenza
di competenze e forse anche alla volontà dei politici ad accentrare
attività di gestione e attuazione delle misure che andrebbero invece
affidate a soggetti specializzati”.
Soldi,
quelli che tornano a Bruxelles, che erano stati strappati dalle
tasche degli italiani. “L'Italia contribuisce al bilancio Europeo -
dice Roberto Perotti, professore di Economia politica alla Bocconi -
in misura maggiore rispetto alle risorse che complessivamente riceve.
La cosa migliore sarebbe rinunciare ai fondi strutturali o a una
buona parte di essi. Risparmieremmo così la nostra quota di
finanziamento dei fondi strutturali, e la quota di cofinanziamento,
che potremmo utilizzare per ridurre le tasse”. Secondo Perotti e
Filippo Teoldi, i fondi non sono stati spesi perché “si tratta di
fondi inutili, e spesso addirittura dannosi perché alimentano
burocrazia, clientelismo e, a volte, finiscono addirittura nelle mani
della criminalità”.
Renzi,
che come ha stabilito la magistratura recentemente, non è un esperto
in materia, tiene in alta considerazione il parere dei “veri
esperti” (come, del resto, tutti i suoi predecessori). Forse per
questo non ha avuto niente da dire dopo il taglio dei fondi destinati
alla valorizzazione del patrimonio culturale siciliano. In compenso,
non soddisfatto dei soldi tolti agli italiani che finiscono a
Bruxelles, ha deciso di contribuire con altri 8 miliardi di euro al
Piano Junker (quello che doveva portare 300 miliardi in Europa, dopo
averli prelevati, però, dalle tasche degli europei). Altri soldi che
dovranno provenire dai risparmi degli italiani. Forse per questo il
premier si è guardato bene dallo spiegare nel dettaglio dove avrebbe
trovato tutti questi soldi: gli 8 miliardi che Renzi ha promesso a
Junker saranno prelevati dai forzieri della Cassa Depositi e Presiti,
la stessa che, casualmente (ma, in questo mondo di politici, niente è
casuale) proprio nei giorni scorsi ha lanciato un’offerta pubblica
di obbligazioni…
Alessandro Mauceri