2 mag 2015

La legge “Acerbis”

Si! ..una legge non matura, amara e persino dolorosa..malgrado tanti soloni della politica odierna, privi di contenuti ed idee innovative in proposito..non ne riscontrino le deleterie conseguenze. Per loro la democrazia è solo un optional..e con estremo cinismo... ti continuano a ripetere che la democrazia perfetta non esiste e quindi meglio rassegnarsi... Non esisterà una democrazia perfetta, ma con queste ultime riforme.. sembra proprio essersi seppellito ogni suo valore!

La sensazione è quella che per il nostro Paese vi sia una volontà precisa per un disegno di democrazia di tipo americano...Una democrazia che definirei comoda! Pur non condividendo per niente il modello riguardo ad uno Stato federato che ha sempre basato i suoi principi su un liberismo fin troppo eccessivo, l'America ha sempre dimostrato di restare in sella grazie ad una propria forza economica e principi forti, ma con un suo paradigma democratico che rimane tutt'ora assai discutibile: Un esempio democratico che in sé è spesso un'espressione simulata!

Ma per quanto riguarda il nostro Paese..(cultura ben diversa) vi è una differenza non di poco! Non occorre avere una grande intelligenza per comprendere la macroscopica anomalia che oggi sconvolge tutto l'assetto dei principi democratici di un paese che ha avuto una storia politica come la nostra. E non occorre nemmeno essere dei geni per capire che oggi l'unica ricerca è proiettata verso malformazioni strategiche per rendere a qualsiasi costo forza ad una governabilità..

Non vi può essere, nella storia del nostro Paese, maggiore umiliazione nei riguardi di una democrazia e della stessa Costituzione.. come quella perpetrata dall'attuale governo attraverso la nuova legge elettorale che oggi( trascorsi lunghi decenni e sangue versato..in cui ci si è staccati da una mentalità che osannava figure forti ed un regime caratterizzatosi tanto nazionalista, autoritario e ricco di una ideologia definita nel contempo rivoluzionaria e reazionaria) pare insistere con prepotenza e pervicacia per generare a qualunque costo un comando assoluto. 

Molti politici oggi sorridono quando si accenna al rischio di una deriva autoritaria, ma fatto sta ..che oggi... il combinato tra le leggi costituzionali e quella elettorale..dispone un quadro assai triste... oltre che anomalo... sulle regole di un impianto che non potrebbe mai identificarsi con i valori intrinsechi della democrazia.

Nel passato...il sistema delineato dal disegno di legge Acerbo andava a modificare il sistema proporzionale in vigore da 4 anni, integrandolo con un premio di maggioranza che sarebbe scattato in favore del partito più votato che avesse anche superato il quorum del 25%, aggiudicandogli i 2/3 dei seggi. Il disegno di legge redatto dall'allora sottosegretario alla presidenza del consiglio Giacomo Acerbo, fu approvato il 4 giugno 1923 dal consiglio dei ministri presieduto da Mussolini.
Oggi, col nuovo Italicum.. la soglia è del 40% con un ricco premio di maggioranza e... se la soglia non viene superata, si dispone un possibile ballottagio di lista e non di coalizione ...ma in molti si potrebbero chiedere : e l'altro 60%..che, sebbene frazionato, rappresenta sempre una maggioranza?.. Non è forse grande parte del pensiero dei cittadini?...Non è forse consenso sprecato rimanente inutile se poi al comando vi si pone un governo che detterà per sempre ogni regola? Un governo che da controllato diviene controllore assoluto?


Per un proporzionalista come me c'é solo da inorridire!..Un disegno elettorale simile non potrebbe mai essere digerito, ma fa specie che oggi lo si stia imponendo attraverso una legge elettorale che anche non definendosi “Acerbo”..seppur incidentalmente... ci conduce con amarezza all'aggettivo latino “acerbis”.

28 apr 2015

Osservazioni al nuovo articolo del consigliere Cacopardo sulla nuova legge elettorale

Potrei rispondere a Domenico che la natura del premier si è sempre fondata sul gioco..se poi è anche d'azzardo peggio ancora!
La lettura di questo articolo esposta dal Consigliere Cacopardo centra sicuramente il problema: Credo comunque che il ballottaggio col Movimento 5 stelle consacrerebbe di sicuro la vittoria di Renzi...e questo, in un certo senzo, toglie di torno un altro pericolo..ma il problema rimane alla base.. e cioè sull'impostazione stessa di questa legge elettorale che si presenta come un pasticcio per risolvere “alla buona” il delicato problema di una governabilità sicura..bypassando ogni altro principio di rappresentanza democratica.
Ormai, per chi percepisce l'importanza di una gestione della politica corretta, non vi possono essere dubbi sul fatto che il sindaco d'Italia Premier e segretario di Partito di maggioranza, (praticamente un monarca assoluto in un territorio che ancora ha il coraggio di dichiararsi democratico) vuole mettere fine ad ogni incognita che ostacola il suo percorso semplificativo e pragmatico.
Come già detto ..la sua è una visione limitativa che.. aprioristicamente.. non intende percepire l'importanza di risolvere un problema inerente la governabilità attraverso un più logico percorso di base...secondo un metodo più appropriato legato ai fondamentali principi della nostra cultura: Non vi sono state elezioni..nè sono stati presentati programmi per il voto dei cittadini...i conflitti d'interesse politico sono rimasti..i Partiti restano ancora fondati su una vecchia e deleteria disciplina..un'Aula è in piedi malgrado l'incoerenza di una legge elettorale criticata fortemente dalla Corte...Cosa c'è di nuovo di questa miserevole politica?
Ma la fretta prevale su tutto e nel merito non c'è nemmeno da discutere!
Il sindaco d'Italia deve sicuramente ringraziare l'incoerenza e la mancanza di carattere di tanti esponenti in dissenso con il suo disegno politico che non dimostrano alcuna propria forza se non quella di cedere di fronte alla paura che un governo possa cadere perdendo di conseguenza una comodissima poltrona.
In un sistema presidenziale la governabilità viene definita aliunde...separata da quella parlamentare. Chiaramente noi non siamo in un sistema simile ..ma quello che stupisce è proprio il non sforzarsi apportando idee in direzione di un sistema innovativo che possa meglio appartenerci....Idee tratte da un'esigenza legata alla nostra personale culturale..che possano differenziarci e che imprimino una maggiore funzionalità a tutto il sistema istituzionale.
Mai come in un Parlamento “uno dovrebbe valere uno” (per dirla alla Grillo)... Mai.. in un'Aula dove si discute e ci si scambia attraverso un libero pensiero.. si dovrebbe cedere al compromesso in nome di una governabilità imposta attraverso un'azione ricattatoria di tale evidenza. ..Quello che fa la differenza..dovrebbe essere solo il rispetto per il programma che si deve ai cittadini...Ma nel caso di Renzi, che nemmeno è passato da una elezione politica nazionale..quale sarebbe il programma per il Paese valutato dai cittadini? ..Ma non importa.. poiché Renzi si impone addirittura con una legge elettorale che rappresenta la madre di tutte le regole (condita con un ulteriore stravolgimento della Carta costituzionale) che taglia ogni argomento in discussione..
Si percepiscono pesanti anomalie..o no?
vincenzo cacopardo


Oggi, con il voto sulla costituzionalità, inizia il «rush» finale della nuova legge elettorale, detta «Italicum»: probabilmente dopo alcuni voti di fiducia (del tutto legittimi), la Camera l’approverà in via definitiva. Si concluderà così la madre di tutte le battaglie di Renzi, conferendo a lui, primo nella storia dell’Italia unita, a parte Benito Mussolini, il controllo del Parlamento e, quindi, la possibilità di trasformare rapidamente in legge le decisioni del governo. 
Dopo non ci saranno più alibi o giustificazioni per gli errori né per i ritardi delle riforme, sin qui assai tormentate.Non ci vorrà molto tempo per capire se il nuovo sistema funzionerà, se Renzi continuerà a godere del favore popolare, se l’Italia accetterà un riformismo accelerato che colpirà i gangli di un sistema arretrato e consociativo.

L’«Italicum» prevede un premio di maggioranza alla lista «vincente». Se questa raggiungerà il 40% dei voti espressi, otterrà 340 seggi, cioè la maggioranza della Camera dei deputati. Ipotizzando un astensionismo del 30%, significa che i 340 seggi rappresenteranno il 28% degli elettori.
Nel caso in cui nessuno raggiunga il 40%, si procederà al ballottaggio tra le due liste più votate.
Si è detto che il meccanismo è ripreso dalla legge 18 novembre 1923, n. 2444, detta «legge Acerbo», con la quale il fascismo ottenne la maggioranza necessaria per instaurare la dittatura.
Essa stabiliva un sistema maggioritario per il quale la lista (nazionale) che avesse ottenuto il 25% dei voti espressi, avrebbe ottenuto i 2/3 dei seggi. Il restante terzo sarebbe stato suddiviso in modo proporzionale. Se nessuno avesse raggiunto il 25% il Parlamento sarebbe stato composto con il medesimo criterio.
La legge Acerbo fu approvata con la proposizione della mozione di fiducia con una maggioranza risicata: 178 a favore 157 contro. 54 gli assenti.
Le somiglianze (tuttavia inquietanti) si fermano qui, anche perché l’introduzione del ballottaggio restituisce al sistema un certo tasso di democraticità rappresentativa.
Critica è la scelta dei capi lista bloccati che sottrae agli elettori il diritto di votare il nome dei propri rappresentanti: una scelta questa da non condannare del tutto visti le deviazioni e gli eccessi del voto di scambio.
Non ci sono certe (ancora) tentazioni autoritarie del «premier» Renzi, anche se la vocazione a «comandare da solo» e a contornarsi di personale inadeguato alle necessità di governo, salvo qualche eccezione, non è rassicurante.
Poiché si legifera non per sé, ma per il Paese, occorre chiedersi cosa accadrebbe se, non raggiungendo nessuna lista il 40%, si andasse al ballottaggio, per esempio, tra il Pd renziano e il Movimento 5 Stelle?
Francamente, pensiamo che l’Italia correrebbe un pericolo mortale, vista la natura del Movimento, privo di garanzie reali di partecipazione e di libertà di dissenso interno, con un «leader» padrone anche dello strumento web e un programma di dissoluzione europea.
Oggi, non sembra uno scenario possibile. Non possiamo sapere, però, in quale temperie si svolgerà il voto, magari sulla spinta di eventi che non immaginiamo, né possiamo contare sulla saggezza degli elettori che, la Storia ci insegna, è tutt’altro che assicurata.
La Patria non è un numero da giocare alla «roulette».
Anche se, sin qui, s’è dimostrato buon giocatore d’azzardo, Matteo Renzi lo ricordi bene.
Domenico Cacopardo

26 apr 2015

Le riforme dannose che sovvertono il funzionamento del sistema

di vincenzo cacopardo

In un articolo di Paolo Bracalini sul Giornale si fa riferimento ai contatti che il politico Renzi (Premier e segretario del Partito di maggioranza) intrattiene con società, figure ed enti che lo sponsorizzano :

Le ramificazioni partono, storicamente, dall'Ente cassa di Firenze (azionista di Intesa San Paolo) la prima banca dove i renziani mettono piede. Con Carrai consigliere e Jacopo Mazzei presidente, entrambi di famiglie importanti e finanziatori di Renzi. Mazzei ora è consigliere di sorveglianza di Intesa San Paolo. Suo cugino è Lorenzo Bini Smaghi, ex Bce, attualmente presidente della banca d'affari francese Société Générale. Poi Davide Serra, capo del fondo Algebris (da cui l'Ente cassa comprò 10 milioni in bond), e poi i banchieri accorsi al matrimonio di Carrai. Tutti i più importanti: Palenzona (Unicredit), Viola (Mps), Gian Maria Gros Pietro e Luciano Nebbia (Intesa San Paolo), Marco Morelli (Merrill Lynch Italia).Ancora più lunga la lista di imprenditori amici, facoltosi sponsor di Renzi grazie ai quali ha raccolto più di 5 milioni di euro di donazioni (tra associazioni e cene di autofinanziamento Pd) in pochi anni.

Già a Firenze Renzi si era costruito una rete ristretta di fedelissimi a cui affidare ruoli nelle partecipate comunali. Da premier la linea non è cambiata. Con l'ultima tornata di nomine nelle società del Tesoro ne sono entrati diversi. In Enel è andato Alberto Bianchi, avvocato di Matteo Renzi nonché il presidente della Fondazione Open che per Renzi raccoglie i fondi da donatori privati. Uno dei quali (con 10mila euro), Fabrizio Landi, ex amministratore delegato di Esaote, azienda leader del biomedicale con sede a Firenze, è finito nel Cda di Finmeccanica. Altro renziano doc è Marco Seracini, uno dei soci fondatori e presidente di un'altra associazione di raccolta fondi per Renzi, NoiLink, che siede ora nel collegio dei sindaci di Eni. Sempre in Eni, ma nel Cda, c'è un'altra conoscenza renziana, Diva Moriani, amministratore della Fondazione Dinamo, presieduta da Vincenzo Manes, imprenditore e generoso finanziatore di Renzi (62mila euro di donazioni), che lo ha fatto nominare nel 2010 in Aeroporti di Firenze. Altri «leopoldini» sono finiti in Eni e Poste, vale a dire rispettivamente Luigi Zingales e Antonio Campo dall'Orto. Mentre a guidare la macchina legislativa di Palazzo Chigi è arrivato l'ex capo dei vigili di Firenze, la fedele renziana Antonella Manzione. 

E per Renzi questo era solo il primo giro di nomine da premier. Quelli romani, noti come «palazzinari», sono da sempre filo-governativi. Il Pd romano, con cui hanno sempre intessuto relazioni, è tenuto a distanza da Renzi, che lo sente estraneo (per ora l'ha commissariato). L'occasione di incontro diretto col segretario è stato a novembre, con la cena di autofinanziamento all'Eur. Lì c'erano (a botte di almeno mille euro a testa) Luca Parnasi, ad del gruppo immobiliare Parsitalia, costruttore del nuovo stadio della Roma, con tutti gli appalti annessi. I fratelli Claudio e Pierluigi Toti, della Toti Invest (si dice interessati a rilevare il Foglio , giornale molto renziano), e poi i Cerasi. Nella cena omologa a Milano, invece, ecco, annunciati ma non pervenuti, i Gavio (autostrade). Poi i costruttori Mattioda, e Manfredi Catella della Hines (immobiliare), padrone di casa della cena milanese. “
Paolo Bracalini

Non vi è nulla di scandaloso ad intrattenere simili contatti.. se non fosse che molti di loro contribuendo al finanziamento delle campagnere lettorali del Premier, non fanno che destare dubbi su quel giusto percorso che, al contrario, dovrebbe seguire la politica. Cosa vi è di diverso in ciò che nel passato ha fatto Craxi col suo Partito, il vecchio PC e tutta la vecchia classe della DC ?..Forse perchè in quel caso vi erano fondi neri?... E chi può affermare che ciò non potrebbe ripetersi?..

Ma..al di là di questo.. sul piano prettamente etico di una politica che si vorrebbe integra e fondata soprattutto su programmi ed idee, tutto ciò risulta poco chiaro..anzi incomprensibile. Si può escludere un “do ut des” ?... E che senso può avere pensare di proiettarsi verso un sistema di finanziamento privato che chiaramente premia chi le risorse le ha.. riconducendo la politica al passato? Ma c'è di più: come si può pensare di fornire risorse finanziarie per la campagna elettorale di un qualunque leader segretario di un Partito che è contemporaneamente Capo del Governo? 

Non si tratta solo di una semplice anomalia, ma di un vero e proprio abuso oggi legalmente riconosciuto da una classe politica incompetente e persino connivente nel gioco dei poteri: Io.. Renzi, capo della maggioranza, vengo finanziato dalle alcune società e contemporaneamente costruisco le norme come Premier ..ponendosi, così.. il palese dubbio che, proprio queste norme, possano venir predisposte a beneficio di chi mi sponsorizza attraverso congrue risorse. 

Ma è proprio il combinato di tutte queste nuove riforme( Una sola Camera- il finanziamento privato - i ruoli politici non separati e compromessi che creano conflitti-una legge elettorale con forte premio di maggioranza- la politica regionale dipendente dal governo centrale..etc ) che dovrebbe far pensare seriamente: Una lunga serie di anomalie che.. messe insieme... forniscono un quadro chiaro di come non vi possa essere nel futuro scampo per un sistema di vera democrazia e di equità sociale. Questo dovrebbe far pensare molto di più che l'argomento pertinente le liste bloccate...che rimane un'altra anomalia del quadro in un sistema che ancora oggi non si occupa dell'indispensabile e primario rinnovamento degli stessi Partiti.


24 apr 2015

il solito pasticcio....una risposta all'articolo di Domenico Cacopardo

Nessun coraggio frutta senza le utili idee...
Non capisco quale sarebbe questo bell'esempio di democrazia..forse quello operato dall'eroe sindaco d'Italia Matteo Renzi (tanto osannato dal cugino Domenico)??.. Se una mancanza di principio democratico esiste ..è proprio quella di cui abusa lui ed il suo governo !!
Per chi usualmente vede la politica come una competizione calcistica (minoranze contro maggioranze) ..la visione resta bloccata dall'aberrante principio di competizione sportiva..e non condotto attraverso una sana percezione politico culturale …..
Qui non si tratta di subire minacce da una minoranza..ma è in ballo un principio democratico che non potrà mai essere valutato in modo semplicistico come una lotta tra una squadra ed un'altra (minoranza e maggioranza). Qui si tratta di voler imporre una regola primaria dalla quale si definisce un percorso che non potrà avere altre strade se non quella di bloccare un corretto uso dei principi democratici.
E' inutile continuare a far finta di non capire.. poiché il sogno di chi vuol governare sembra essere solo quello di inventare un metodo per ingabbiare in qualsiasi modo un sistema di equa rappresentanza democratica. E' inutile anche buttarla sulla solidarietà tra politica, sindacato e cooperatori e la loro connivenza...come non ha senso idolatrare le capacità del sindaco d'Italia che, pur avendo alcune doti comunicative innate, usa ogni mezzo pur di imperare....tranne quello di ricercare un utile fine attraverso i giusti presupposti di una democrazia.
E' stupefacente la nota di Domenico Cacopardo quando, in riferimento alla nuova legge elettorale, sottolinea i tanti personaggi del passato che, nolenti o non nolenti, dovranno piegarsi... Tra questi vi sono alcuni che hanno sicuramente a cuore la difesa dei principi costituzionali. E poi..piegarsi a che?.. Ad una nuova legge elettorale decisa da un governo che determina la sua maggioranza grazie ad un esoso premio avuto per effetto di una legge elettorale passata fortemente contestata dalla Corte costituzionale? ..Una maggioranza guidata da un segretario del partito e Premier nemmeno eletto?..E' vero... la Costituzione ammette che se vi è una maggioranza in Parlamento il presidente della Repubblica può dare l'incarico..Ma siamo certi che questi principi siano chiari e davvero corretti per quanto riguarda le delicate e fondamentali riforme costituzionali?
Anzichè di coraggio... io parlerei di mancanza totale di idee innovative sul tema!..Ci si accoda alle proposte di un Premier.. non accorgendosi minimamente di quanto non vi è nulla di nuovo sul combinato proposto in ambito di riforme costituzionali ed istituzionali. 
Si vive in proposito in un vuoto totale ... senza porsi mai la domanda più logica di come arrivare ad un fine costruttivo cambiando in senso innovativo un percorso politico che necessita seriamente di un corretto funzionamento. L'alternativa rimane solo ancorata ai modelli esterofili delle contraddittorie democrazie degli altri Stati. Quindi non mettendovi mai alcun contenuto personale attraverso una seria ed utile ricerca...
Dovremmo poter dare esempi al mondo dei veri principi di una democrazia (sia per la nostra storia..che per la conseguente cultura) ed invece restiamo appesi a paradigmi vecchi sui quali pensiamo di far crescere nuove formule. In realtà tutto rimane vecchio proprio per una vecchia forma mentis politica bloccata.
Si continua a non dare seguito ad una vera riforma per il rinnovamento dei Partiti e non si pone il serio problema del conflitto tra i ruoli..crescono perciò le anomalie..e dobbiamo persino ringraziare un Premier chiamandolo coraggioso? E' il solito pasticcio.. di chi con furbizia agisce con determinazione, ma senza vere idee!..Con questa operazione si sta aggirando ogni ostacolo e si sta imponendo una politica assoluta ed assolutista..Altro che deriva autoritaria! Definito il nuovo sistema non vi sarà nemmeno bisogno di un Parlamento poiché il suo scopo non avrà più alcun senso..
vincenzo cacopardo




Il coraggio di Matteo Renzi 
di domenico cacopardo
«Non avrà il coraggio», si sono detti gli esponenti delle minoranze Pd in occasione dell’approvazione del «job act». «Non avrà il coraggio», si sono ripetuti prima della riunione della direzione o dei gruppi parlamentari in vista del voto sull’«Italicum», nuova legge elettorale, e prima che rimuovesse tutti i loro rappresentanti (10) dalla commissione Affari costituzionali che nei prossimi giorni l’esaminerà. Invece Matteo Renzi l’ha fatto. È andato avanti e in virtù di voti nel partito e nelle aule ha continuato il suo percorso riformista, senza lasciarsi fuorviare dalle minacciose dichiarazioni dei Cuperlo e dei Fassina e dello statista di Bettola (Piacenza), Pierluigi Bersani, lo scopritore della Boldrini (insieme a Vendola) e di Grasso.
Per ritorsione (una ritorsione schizofrenica), Forza Italia ha deciso di abbandonare i lavori della commissione stessa, quando, al Senato aveva approvato in commissione e in aula il testo ora all’esame della Camera dei deputati.
Non parteciperanno ai lavori nemmeno Lega Nord, Sel (ma esiste ancora?) e Movimento 5 Stelle. Tutti soggetti che danno al Paese un bell’esempio di democrazia: il senso delle loro contestazioni è che la democrazia c’è solo se la maggioranza si piega a loro, minoranza, o se la minoranza è tale da ricattare con successo la maggioranza.
Che i partiti «aventiniani» abbiano scelto la strada della diserzione è un errore comprensibile, visto che con la nuova legge elettorale non piglieranno palla: introdurrà un bipartitismo tendenziale che, nell’attuale situazione, produrrà una Camera composta dai rappresentati di un partito (che dovrebbe essere il Pd) e tanti sparsi gruppetti elettorali. A dire il vero l’ottica bipartitista era gradita a Silvio Berlusconi che si vedeva unico interprete dell’opposizione «di sua maestà», quella opposizione blanda che gli avrebbe permesso di sistemare le proprie cose imprenditoriali, politiche e giudiziarie. Una prospettiva svanita per la sua denuncia del Patto del Nazareno a causa della scelta di Mattarella per la presidenza della Repubblica e per la scomposizione del suo partito diviso in frazioni più o meno vicine o lontane rispetto a Matteo Renzi, tutte decise, nel concreto, a rifiutare la «leadership» dell’«uomo di Arcore».
Nella realtà dei corridoi parlamentari, l’elemento più eclatante è lo sconcerto dei non pochi componenti delle minoranze Pd, più stupiti che indignati. E lo stupore deriva dalla constatazione che quel «fair play» che teneva unita la «ditta» (la definizione che freudianamente Bersani dette del partito, mutuandola dal soggetto tipico dell’attività commerciale, appunto la «ditta») con Renzi non è più valso, perché lui è un «parvenu» estraneo alla storia del Pds e dei Ds, uniti da un collante postideologico e dall’insediamento sociale di cui era espressione. Pensiamo al sindacato, prima di tutto la Cgil, ma non solo, e pensiamo alla cooperazione al suo mondo di affari e alla sua presenza nel territorio. I grandi ipermercati, l’edilizia popolare e convenzionata, gli appalti pubblici. Una macchina che, nel migliore dei casi, creava solidarietà tra politica, sindacato e cooperatori, nel peggiore complicità e connivenza.
In una organizzazione costruita su questi presupposti, c’è una generale convenienza a misurarsi e a confrontarsi all’interno di quel «fair play» che determina i limiti di ogni azione, pena l’emarginazione e la collocazione nella nota categoria degli insani di mente, coloro che non accettano le regole della convenienza.
Renzi ha dimostrato a tutti che sul piano della solidarietà politica o della complicità di cui abbiamo detto, è un alieno che non teme le minacce della minoranza, che sa gestirla conoscendone le debolezze e batterla ogni volta che ciò gli risulta utile.
Ha dalla parte sua il fatto che il mondo –e con esso l’Italia- è cambiato e che quindi gli stilemi, le parole d’ordine di qualche anno fa non funzionano più.
La grande crisi ha messo la gente di fronte a problemi che le parole della minoranza Pd non esorcizzavano, anzi aggravavano con ricette visibilmente fuori dal tempo.
E la grande crisi ha invecchiato d’improvviso e di qualche decennio coloro che sembravano gli interpreti di un’anima di sinistra che non esiste più com’esisteva, se non in esigui gruppi sociali.
La legge elettorale passerà, non ci sono dubbi. E, da qual momento, ogni giorno sarà buono per sciogliere le camere se Renzi lo riterrà e lo vorrà. In tutti i regimi parlamentari, le elezioni vengono stabilite dai governi. In Italia, in modo anomalo, da qualche presidente della Repubblica ai «bordi» della Costituzione.
E, in effetti, Mattarella non potrà rifiutare il suo assenso, se e quando il primo ministro gli sottoporrà il decreto di scioglimento.
Da quel giorno e dalla nuova consultazione elettorale, inizierà la terza Repubblica, volenti o nolenti tanti personaggi del passato. In essa e con essa ci si dovrà misurare.


Una nota di Giulio Ambrosetti sulle autostrade della Sicilia

da La voce di new york
Autostrada Messina-Palermo, ovvero gli sprechi senza fine




"Si parla della frana che ha ‘inghiottito’ il viadotto “Imera” sulla Palermo-Catania. Ma l’autostrada Messina-Palermo non è messa meglio. Quattro anni fa era un delirio con incredibili sperperi di denaro pubblico. E la situazione non sembra cambiata. Anzi..."

Nella travagliata storia delle autostrade e delle strade siciliane un capitolo a parte merita il Cas, sigla che sta per Consorzio autostrade siciliane. Il Cas vede la luce nel 1997. E’ il frutto del ‘matrimonio’, chiamiamolo così, tra il vecchio Consorzio autostradale Messina-Palermo e il vecchio Consorzio, sempre autostradale, Messina-Catania. Alla costituzione del Cas si arriva per chiudere - o quanto meno per provare a chiudere - una stagione di scandali senza fine con incredibili ruberie. Insomma, il Cas viene costituito per ‘moralizzare’ la gestione di queste due autostrade e per completare l’autostrada Siracusa-Gela. Ma, come vedremo, lo sfascio delle autostrade siciliane aumenterà, alla faccia della ‘moralizzazione’.
Il Cas è concessionario dell’Anas, braccio operativo del Ministero delle Infrastrutture. Il maggiore azionista del Cas è la Regione siciliana autonoma, con il 96 per cento. Il Consorzio autostradale viene istituito, come già ricordato, nel 1997, per gestire l’autostrada Messina-Catania (una delle più frequentate d’Italia, quella, come abbiamo ricordato nella prima puntata del nostro ‘viaggio’ tra strade a autostrade siciliane, dove sparivano i soldi dei pedaggi), per completare e gestire l’autostrada Palermo-Messina e per completare e gestire l’autostrada Siracusa-Gela. Per la cronaca, il programma della progettazione autostradale della Sicilia, che risale agli anni ’50 del secolo passato, prevede la chiusura del periplo autostradale dell’Isola del quale la Siracusa-Gela è il penultimo tratto; l’ultimo tratto - la Gela-Mazara del Vallo - è ancora di là da venire; a queste autostrade si dovrebbero aggiungere alcuni attraversamenti ‘a pettine’: la strada a scorrimento veloce Palermo-Agrigento che è un delirio; la strada a scorrimento veloce Palermo-Sciacca che è un mezzo delirio; e la Nord-Sud, ovvero la Mistretta-Gela, che è una sorta di ‘mammella eterna’, ovvero una strada a scorrimento veloce modello tela di Penelope: finanziamenti senza fine con lavori che vanno avanti da quasi 50 anni.
I dati che ora riporteremo fanno riferimento a un’inchiesta che chi scrive ha firmato nel febbraio del 2011 per I Quaderni de L’Ora. Rispetto a quattro anni fa è cambiato poco o nulla. In ogni caso, si tratta di fatti che indicano lo ‘stile’ con il quale in Sicilia si gestiscono le autostrade. Giusto per raccontare ai lettori - soprattutto ai lettori americani - che la collina che, franando, ha travolto il viadotto “Imera” lungo l’autostrada Palermo-Catania non è una fatalità, ma un fatto che, per le autostrade siciliane, è assolutamente normale.
Cominciamo col dire che il Cas, per le proprie attività, dovrebbe utilizzare risorse finanziarie proprie: gli introiti dei pedaggi e le royalties che derivano dalla concessione di aree di servizio. Soldi che dovrebbero essere impiegati per pagare il proprio personale e per la manutenzione della rete autostradale. Secondo quanto previsto dalla convenzione con l’Anas, la spesa annua per la manutenzione delle autostrade non deve essere inferiore al 35 per cento di quanto ricavato dai pedaggi.
Stando a quello che abbiamo appurato circa quattro anni fa, del periodo che va dal 1997 al 2008, del Cas si sa poco o nulla. Una delle poche cose che abbiamo appurato è l’esistenza, nel febbraio del 2008, di un atto di diffida dell’Anas al Consorzio autostrade siciliane. L’Anas contesta al Cas una serie impressionante di inadempienze: a cominciare da una quasi totale assenza di manutenzione in circa dieci anni! Oggi i giornali scrivono che le strade provinciali della Sicilia sono prive di manutenzione: cosa verissima. Ma il ‘vizio’ di non fare manutenzioni non riguarda solo le strade provinciali, ma anche le super-frequentate autostrade Messina-Catania e Palermo Messina! 
Da quello che ci risulta, l'Anas è tornata alla carica con un'ulteriore diffida al Cas. La storia è sempre la stessa: le manutenzioni che il Consorzio autostrade siciliane effettuerebbe in dosi 'omeopatiche' e, in ogni caso, impiegando molto meno del 35 per cento di quanto ricavato dal pagamento dei pedaggi da parte degli automobilisti.  
Chi si trova, nel 2008, ad affrontare problemi incredibili è Patrizia Valenti. Appena nominata dal governo siciliano ai vertici del Cas, deve subito fronteggiare i rilievi dell’Anas. Oltre alle mancate manutenzioni, il Consorzio non ha effettuato accantonamenti, la contabilità non rispetta la legge e via continuando con irregolarità di tutti i generi e di tutte le specie. Dal 1997 al 2000 c’è il buio. Ma, carte alla mano, l’Anas ha appurato che dal 2000 al 2008 non sono state effettuate le manutenzioni. All’appello mancano circa 84 milioni di euro che avrebbero dovuto essere utilizzati per migliorare la sicurezza delle due autostrade. Soldi finiti chissà dove.
Di fatto, le autostrade Palermo-Messina (quest’ultima, come vedremo, è stata completata, o quasi, nel 2004) e la Messina-Catania risultano abbandonate. Manto stradale e impianti vari lasciano molto a desiderare. Autostrade diventate pericolose per gli ignari automobilisti. Quattro anni fa ci chiedevamo come mai l’Anas avesse impiegato quasi otto anni per contestare al Cas tutte queste inadempienze. Magari ci sono documenti che non conosciamo. Però, quattro anni dopo, osservando l’abbandono dell’autostrada Palermo-Catania gestita dall’Anas, tante cose le inquadriamo in un’altra luce. Della serie, lo sfascio di strade e autostrade, in Sicilia, è pressoché totale.
Citiamo un esempio relativo proprio all'autostrada Palermo-Messina. A parte la mancanza di manutenzione e le tecnologie a fibre ottiche abbandonate, il tratto di tale autostrada che va da Cefalù allo svingolo per Castelbuono pare sia stato realizzato sopra pozzi artesiani. Così ci hanno raccontato gli abitanti della zona che, ovviamente, conoscono l'ambiente in cui vivono. Se la cosa risponde al vero, non sono da escludere, in un futuro non lontano, problemi, anche seri, per questo tratto di autostrada.  
Del 2008 ricordiamo un piano di manutenzione straordinario messo a punto da Patrizia Valenti. Con richiesta di fondi allo Stato e alla Regione. Una richiesta alla quale non risponderanno mai, né lo Stato, né la Regione siciliana. Nonostante i problemi finanziari, gli amministratori del Cas di quegli anni affrontano alcune delle emergenze: vengono avviati i lavori in alcune delle gallerie che erano state abbandonate e dove i mezzi viaggiavano in una sola carreggiata; viene aperto al traffico il tratto di autostrada Noto-Rosolini lungo la Siracusa-Gela (delle vicissitudini di questa terza autostrada parleremo in un'altra puntata del nostro 'viaggio'); viene eliminata la barriera di esazione del Furiano, lungo l’autostrada Palermo-Messina; e vengono messi in sicurezza alcuni tratti autostradali che, come abbiamo già ricordato, erano, di fatto, stati abbandonati per quasi otto anni.
Di sicurezza, nelle autostrade Palermo-Messina e Messina-Catania, dal 2000 ad oggi, non ce n’è stata e non ce n’è ancora molta. In queste due autostrade, dal 2000 al 2008 (ma anche negli anni successivi, anche se con una netta diminuzione), sono avvenuti tanti incidenti. Non sappiamo se gli automobilisti-utenti abbiano adottato contromisure. Ma non è detto che non debbano arrivare, anche se con un po’ di ritardo, pesanti richieste di risarcimento da parte degli stessi cittadini. Vediamo il perché.
Secondo quanto prevede la legge, i pedaggi, nelle autostrade, vanno incrementati solo dopo che le stesse autostrade sono state messe in sicurezza. Non è il caso della Palermo-Messina e della Messina-Catania nelle quali, come già ricordato, dal 2000 al 2008 non sono state effettuate manutenzioni. E infatti - unico caso in Italia! - i pedaggi di queste due autostrade sono rimasti bloccati per quasi un decennio. Qui torniamo agli incidenti. In queste due autostrade, a causa dell’alto numero di sinistri, è avvenuta una cosa per certi versi unica nel suo genere. Se, da un lato, i cittadini non hanno fatto caso all’alto numero di incidenti che avvenivano in quegli anni lungo queste due autostrade, la cosa non è invece sfuggita alle Assicurazioni generali, che nel marzo del 2008 hanno messo la parola “fine” alla polizza assicurativa con il Cas proprio a causa dell’elevato numero di sinistri. Anche in questo caso, si è trattato di un caso piuttosto insolito, forse unico, in tutto il Belpaese. Per capire di quello che stiamo parlando, il contratto assicurativo disdettato dalla Generali era pari a circa 1,3 milioni di euro, mentre il bando di gara per sostituire la compagna assicurativa che si era chiamata fuori era pari a circa 4 milioni di euro!
Nella puntata precedente abbiamo ricordato che, negli anni ’80, ogni finanziamento dello Stato all’autostrada Palermo-Messina scatenava un pandemonio tra Camera e Senato. Questo perché i costi di quest’autostrada, realizzata in massima parte su viadotti e in gallerie, costava una barca di soldi. L’autostrada è stata completata dal governo Berlusconi nel 2004. All’appello mancava il tratto che va da Buonfornello-Cefalù (provincia di Palermo) a Sant’Agata di Militello (provincia di Messina). Quando è stato inaugurato in pompa magna, alla presenza di tante autorità (il centrodestra lo portava come esempio di buona amministrazione: e sulla carta era così, se è vero che i lavori sulla Palermo-Messina duravano da circa 40 anni e non si riuscivano a chiudere), era in funzione anche un sistema di telecontrollo in fibra ottica. La tecnologia in fibra ottica introdotta (unico caso in Sicilia) e, in generale, tutta la Palermo-Messina imponeva un’attenta manutenzione. Che invece non c’è stata.
Oggi che l’autostrada Palermo-Catania è in grande sofferenza (bene che vada le automobili impiegano cinque ore), l’unica arteria autostradale che collega la Sicilia occidentale con la parte orientale dell’Isola è la Palermo-Messina. Ma anche questa è un’autostrada in buona parte mal messa, proprio a causa di una carente manutenzione. E dire che il personale non manca. Conti alla mano, viene fuori che in quest’autostrada il rapporto spese del personale-introiti è il più alto d’Italia (45% rispetto a una media nazionale del 35%). Questo perché nelle autostrade del Cas opera un terzo di esattori in più rispetto ad altre società autostradali italiane.
Un'altra stranezza, chiamiamola così, che va da sempre in scena nella gestione dell’autostrada Palermo-Messina è rappresentata dalla Technital, una società nazionale che in Sicilia è presente dagli anni '70 del secolo passato. Quattro anni fa è venuta fuori un particolare che ha lasciato di stucco. Di solito, le spese per la progettazione e per la direzione dei lavori vengono imputate sulle risorse finanziarie che lo Stato mette in campo per la costruzione delle autostrade. Al Cas, invece, sia la progettazione, sia la direzione dei lavori affidate alla Technital gravano sul bilancio del Consorzio autostradale. 
Questo avviene grazie a una convenzione che risale agli anni ’70 del secolo passato. Convenzione rinnovata nel 1999, prima della costituzione del Cas. Come mai nessuno ha messo in discussione questa convenzione che provoca ingenti esborsi allo stesso Consorzio autostradale? Come mai nessuna autorità ha mai contestato il fatto che lavori pubblici importanti vengono affidati a una società - la già citata Technital - senza il ricorso all’evidenza pubblica? A chiederselo è Patrizia Valenti che in una relazione inviata alla magistratura e alla Corte dei Conti così scriveva: “L’aver scelto di continuare ad affidare la progettazione e la direzione dei lavori a una società non selezionata da procedure di evidenza pubblica ha comportato l’impossibilità di far gravare tali spese sul finanziamento pubblico”.   
Su questa materia - era così quattro anni fa e ci dicono che le cose non sarebbero mutate - si applica, in pratica, la normativa nazionale. Il punto va illustrato meglio, anche a beneficio dei lettori americani. La Sicilia è una Regione autonoma. E ha potestà legislativa anche sui lavori pubblici. Stranamente, per i lavori lungo l’autostrada Palermo-Messina, si applicano le norme nazionali. Contemporaneamente, nelle stesse zone, per altre tipologie di lavori pubblici, si applicano le leggi regionali. E siccome la fantasia giuridica, in Sicilia, non ha limiti né confini, sempre nei lavori di tale autostrada, si bypassano le normative dell’Unione europea!
Altro giro, altra corsa: le aree di servizio. Quattro anni fa abbiamo scoperto che le aree di servizio in quest’autostrada con contratti vigenti erano solo due. In tutti gli altri casi i contratti risultavano scaduti tra il 2001, il 2002 e il 2003. Cosa, questa, che lasciava immaginare un danno erariale, visto che il danno è a carico dell’azionista di maggioranza che è pubblico (la Regione con il 96% circa, come già accennato).
Facciamo un esempio concreto, per illustrare cosa succedeva quattro anni fa. A livello nazionale, con le royalties sui carburanti aggiornate, gli introiti ammontavano a circa 0,70-0,80 centesimi di euro per litro. In Sicilia erano fermi a 0,10 euro per litro. Lo stesso discorso vale per le royalties su ristoro e market. A fronte di un’aliquota nazionale del 19%, quella applicata dal Cas, quattro anni fa, era ferma al 4,5%. Le cose stanno ancora in questi termini? Tutto lascerebbe supporre di sì, se è vero che l’Anas, già da qualche tempo, è tornata a contestare al Cas varie inadempienze.
Veramente incredibile la storia di 12 milioni di euro che sarebbero stati ripianati due volte: la prima vota nel 2005 e, in parte, nel 2006; la seconda volta nel 2007. Ma in quale conto corrente, o in quali conti correnti, siano finiti i 12 milioni di euro ‘ripagati’ nessuno l’ha mai capito. In realtà, Patrizia Valenti ha provato a fare luce sui questi soldi pubblici scomparsi dal Banco di Sicilia. Ha messo per iscritto tutto al governo regionale dell’epoca, alti burocrati della pubblica amministrazione compresi. Ma politici e alti burocrati hanno insabbiato tutto. Nell’estate del 2010 Patrizia Valenti ha provato pure a rivolgersi alla Banca d’Italia. E ha messo a punto una delibera che prevedeva di affidare la gestione di questa vicenda a una società specializzata nella certificazione di bilanci. Ma, di fatto, la sua azione verrà ‘stoppata’ dal governo regionale dell’epoca. Patrizia Valenti verrà ‘silurata’ dal vertice del Cas. E dei 12 milioni ‘spariti’ non si saprà più nulla.
Giulio Ambrosetti


23 apr 2015

Italicum: metodo e merito di una legge istituzionale..


La votazione sulla nuova legge elettorale Italicum, insistentemente voluta dal presidente del Consiglio, impone un'attenta riflessione ...Abbiamo già analizzato in profondità questa proposta di legge traendone delle analisi critiche inerenti alcuni macroscopiche anomalie come il premio di maggioranza ed il combinato della riforma del Senato...nonchè l'avanzamento di un sistema proiettato verso un bipolarismo instabile e, di certo, assai poco democratico. Ma ciò che mi piace sottolineare sono proprio gli aspetti di metodo che difficilmente, nel caso di una legge elettorale, possono ritenersi staccati da una valutazione nel merito.

La Costitutuzione definisce il compito del Parlamento separato nel merito da quello della presidenza della Repubblica: Sappiamo che il presidente della Repubblica promulga le leggi non potendo entrare mai nel merito delle stesse.. se non per casi straordinari che possano mettere in serio rischio la sicurezza della Nazione. .Il compito del capo dello Stato del nostro Paese rimane quindi quello di garantire nel metodo il processo di andamento istituzionale al fine di non contrastare con i principi findamentali della nostra Carta. In poche parole..la Costituzione lascia il parlamento libero di promuovere normative e votare leggi.. affidando al Presidente della Repubblica il compito e la responsabilità di promulgarle dopo un attento sguardo (  nel metodo) evitando in tal modo.. di poter incidere nell'andamento politico parlamentare.

Questo..in modo sintetico.. la differenza dei ruoli posta per ordine costituzionale. .Oggi.. un sopracitato caso “straordinario” di mettere a rischio la sicurezza della Nazione ..sembrerebbe non esistere..ma in realtà una certa deriva autoritaria imposta dal governo pare scorgersi con prepotenza.
Queste, quindi, in modo conciso, le conseguenti domande da porre al Capo dello Stato: La definizione di una nuova legge elettorale.. potrebbe mai restare fuori da una profonda analisi nella valutazione del suo metodo? E..poi..la sicurezza di una Nazione.. che basa il suo assetto istituzionale su un sistema democratico di contrappesi, potrebbe mai non essere messa in crisi da una legge elettorale edificata su un principio tanto assolutista ?

vincenzo cacopardo 

21 apr 2015

La sorprendente incoerenza di Bersani.


di vincenzo cacopardo

Bisogna saper essere coerenti con se stessi prima che col prossimo... soprattuto quando si è un esponente politico.. Quello che più conta è la fedeltà col proprio pensiero!

Quando sento parlare Bersani (figura che ho sempre stimato per la propria integrità morale) non riesco mai a comprendere il senso di ciò che in realtà vorrebbe ..o meglio..non percepisco alcuna coerenza nel suo dialogo: La sua fedeltà al Partito finisce col prevalere sull'armonia dei suoi stessi principi..il chè equivale a descrivere il suo pensiero contraddittorio e persino.. pleonastico, poichè condizionato sotto il peso di una imposizione.

A che vale esprimere il proprio modo di pensare per poi seguire gli ordini di una maggioranza di un partito che impone di pensarla in tutt'altro modo? Quindi o si tace... o meglio, ci si allontana definitivamente da quei principi che non si condividono. Questa regole è fondamentale e legata ad un altro principio che regola i rapporti col proprio elettorato: E' sbagliato dire che non vi è un vincolo di mandato per poi restare soggiogati al volere di un Partito, ma è ancora più sbagliato non pensare che quel che maggiormente conta è mantenere fede ai proprio modo di pensare che rimane il vero vincolo per un politico che ama le proprie idee ed i propri principi per i quali è stato promosso da un elettorato.

L'articolo 67 della Costituzione venne appositamente scritto per fornire ai membri deputati eletti nel Parlamento una propria libertà di espressione....fu concepito per garantire la più assoluta libertà ai membri eletti alla Camera dei deputati ed al Senato della Repubblica. In altre parole, I costituenti, per garantire maggiore democrazia, ritennero opportuno che ogni singolo parlamentare non fosse vincolato da alcun mandato né verso il Partito cui apparteneva quando si era candidato, né verso gli elettori che, votandolo, gli avevano permesso di essere eletto a una delle due Camere. Il vincolo, semmai, avrebbe legato l'eletto agli elettori per una natura di responsabilità politica.

Il principio si fonda sul fatto che i rappresentanti eletti non possono essere i rappresentanti di un distretto particolare, ma della nazione intera e, quindi, non potrebbe essere conferito loro alcun mandato.

Oggi Bersani ed il suo gruppo di dissidenti combattono per un contrasto di principi contro una governabilità parecchio autoritaria, per cui... mai come in questo caso.. il vincolo di mandato dovrebbe intendersi verso la difesa dei valori fondamentali della democrazia e non verso l'assolutismo di un Partito condotto con arroganza da un premier .



Strage nel mare nostrum....

Mancata lungimiranza..ed ipocrisia politica

Ha ragione Salvini, (se pur non ne condivida in pieno il pensiero), quando da sempre.. ha messo premura alla ricerca di una soluzione più efficace bloccando sul nascere l'arrivo degli extracomunitari. Sappiamo tutti che il problema rimane immenso, ma è pur vero che il tempo trascorso nell'inerzia o nella soluzione di un Frontex.. risultato poco utile, continua a dare forza al politico della Lega.

La nuova strategia “Triton” in alternativa a “Mare nostrum”, continua a generare incidenti mortali senza sosta e la politica, sia quella nazionale che quella europea, appare inerte di fronte alle catastrofi annunciate ed alla sequela della morie al largo delle coste del nostro Paese. Salvini si sfoga: "Cos'è cambiato a 18 mesi da Lampedusa? - - Servono altri 700 morti per bloccare le partenze? Se le istituzioni Ue hanno un senso ci vuole tanto a organizzare dei blocchi navali e identificare chi è immigrato clandestino e chi è rifugiato? Non so più come dirlo. L'ipocrisia di Renzi e Alfano crea morti".

E' proprio l'ipocrisia il maggior peccato di chi insiste col mostrare retoricamente dolore per queste stragi che non potevano non essere annunciate da un andazzo indolente ed inoperoso di una politica internazionale rimasta lontana da quello che oggi rappresenta uno dei temi più scottanti nel quadro dei paesi del mediterraneo.

Sappiamo bene i limiti di Salvini, ma non v'è dubbio che in questa storia vi abbia letto in lungimiranza trovandomi abbastanza vicino, poichè le vedute in prospettiva dovrebbero sicuramente appartenere ad ogni politica attiva ed efficiente. Certo..le soluzioni non risultano semplici, ma non vi possono essere equivoci sul fatto che il tempo trascorso e la poca importanza messavi, ha contribuito a far degenerare il problema in un dramma.

L'agenzia europea Frontex (per la gestione della cooperazione internazionale alle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea) è un'istituzione che ha lo scopo di coordinare il pattugliamento delle frontiere esterne aeree, marittime e terrestri degli Stati della UE. Un'agenzia che non può mai operare preventivamente per risolvere il vero problema...quando questo alla radice è proprio quello di bloccare sul nascere queste partenze. In ciò non ci si è voluto impegnare con efficacia sul piano internazionale attraverso un coordinamento strategico che potesse mirare ad un'azione politica in complicità con tutti i paesi limitrofi comprese le super potenze degli Stati uniti e della Russia. Nel frangente la nostra Nazione si è mossa, spinta da un particolare senso umano, a protezione delle vite dei tanti emigranti (clandestini o no)...spinta da uno spirito di umanità cristiana che da sempre l'accompagna. Ma la politica, al contrario, ha ricercato come al solito la abituale via più facile dell'accompagnamento nei centri d'accoglienza con rischi e pericoli.. oggi.. sempre più evidenti.
Ma se un politico non è lungimirante ..a cosa serve?..Se non sa leggere in prospettiva.. per ricercare le soluzioni...che utilità rende al paese? In questa circostanza..la politica governativa del Premier è apparsa sempre ipocrita e sprovveduta ..mentre (seppur con parecchie remore sulle idee politiche) il più lungimirante è sembrato prorio Matteo Salvini.

Chiudo con ciò che scrissi in un mio post già nel settembre del 2012:
Gli argomenti politici internazionali di grande attualità nel prossimo futuro saranno quelli legati all’ambiente ed al sovrabbondante numero di immigrati extracomunitari che tenderanno ad invadere con maggior forza i territori dei Paesi economicamente avanzati. Ovviamente i due problemi sono fortemente collegati tra di loro ed al tema di una sicurezza. Tutti sappiamo ormai che il nostro pianeta, oltre a subire un mutamento atmosferico condizionato dal progresso delle civiltà più evolute, deve affrontare questo forzato processo di coabitazione. Sono problemi ormai conosciuti dei quali si discute abbondantemente e che coinvolgono da vicino il nostro Paese, ma anche in questo caso, ogni soluzione rimarrà ancorata a scelte di natura politica. Non valutati con attenzione nel passato ed adesso moltiplicati e sempre più difficili da risolvere, questi problemi, oggi quasi insormontabili, vedranno un mondo politico doversi esprimere in termini sempre più severi.”

post correlato: LO stato e gli effetti sociali della modernizzazione

17 apr 2015

A proposito di equità e pensioni...

Scrive Domenico Cacopardo su “Italia Oggi”

"Diamo pochi numeri riassuntivi. Riguardano il 2012, dato che il successivamente s’è verificato un balletto dei numeri nel quale è difficile orientarsi: il risultato è quello voluto per impedire che i cittadini, pensionati e non, si facciano due conti.

Insomma, nel 2012, la spesa per pensioni ‘pure’ è ammontata a 211 miliardi. Per pensioni assistenziali s’è speso 100 miliardi. I contributi incassati dall’Inps arrivano a 190 miliardi. Quindi, il buco relativo alla gestione delle pensioni ‘pure’ è di euro 21 miliardi. Va considerato, però, che i pensionati ‘puri’ pagano 42,9+ 3 miliardi di imposte (Irpef). Perciò, in realtà, la gestione delle pensioni ‘pure’ presenta un avanzo di 25,19 miliardi di euro.

Inoltre, tutti i documenti, nazionali e comunitari, che disegnano gli scenari –a legislazione vigente-, indicano che nel 2015 la spesa per pensioni ha raggiunto il picco e già dal 2016 comincerà a calare.

La situazione generale mette in rilievo che ci sono circa 100 miliardi di pensioni assistenziali pagati con la fiscalità ordinaria. Cioè, c’è il trasferimento di 100 miliardi dalle tasche dei contribuenti nelle tasche dei titolari di pensione sociale. A questa operazione, si deve aggiungere la somma che lo Stato trasferisce all’Inps per integrare le gestioni in deficit, quelle cioè che con i contributi versati non riescono a pagare le pensioni. 

Ecco, allora, che l’Inps fa filtrare l’idea di intervenire sulle pensioni di coloro la cui pensione è calcolata col sistema contributivo e che risultano già penalizzati, in quanto non viene loro erogato ciò cui avrebbero diritto in base ai contributi versati. 

Tra questi, magistrati e «gran comis» andati in pensione, rispettivamente, a 75 e a 70 anni. Con grande ipocrisia, il Corriere della sera, a firma Domenico Comegna, scrive, a proposito di coloro che sono andati in pensione a 70 e dopo «cui è stato permesso restare in servizio … anche superati i 40 anni massimi di anzianità».

In realtà, nulla è stato «permesso». Con un’altra operazione terroristica sulla gestione delle pensioni, lo Stato italiano ha prolungato l’età di servizio sino ai limiti qui indicati, promettendo proprio un ricorso al sistema di calcolo «misto», retributivo-contributivo, e ha ottenuto che tanti manager e tanti magistrati rimanessero in servizio a «lavorare», dando un significativo contributo di capacità ed esperienza al funzionamento della macchina pubblica. Tra i «tardopensionati» si contano presidenti di Cassazione e di altre corti, procuratori generali, insomma, l’ossatura di una organizzazione che, al di là di ogni polemica, ha «retto» la cosa pubblica. Va anche ricordato che tutta la gestione delle pensioni pubbliche è documentata dagli anni ’80, non prima visto che non c’era evidenza di specifiche necessità contabili.

Perciò, immaginare un’altra operazione di taglio pensionistico che incida su coloro la cui situazione contributiva determinerebbe pensioni superiori a quelle che ricevono, è pura follia demagogica. Anche perché si tratta di un numero ristretto di persone, ultrasettantenni che, alla luce degli indici di mortalità, non incideranno a lungo sulla contabilità Inps."


Al di là di ogni ipocrisia..quello che Domenico Cacopardo, pare non volere riconoscere.. è il momento storico in cui si vive..con tanta popolazione ormai ridotta sul lastrico da un'esigenza economica imposta da una unione europea alquanto fredda e distaccata che, per tramite dell'attuale governo, continua ad imporre sacrifici. 
Vi è tanta gente che non potrà ma pensare di soppravvivere con una pensione di 450 euro mensili ..quando al contrario vi sono quelle categorie privilegiate che hanno pensioni superiori ai 10.000 euro e che non vengono mai sensibilizzate in proposito, ponendosi con l'unico pricipio personale dei propri contributi versati con un sistema diverso ed in un periodo in cui la nostra Nazione viaggiava ad un ritmo diverso.. 

Mi piacerebbe mettere a confronto lo stato di un operaio o di un lavoratore autonomo con l'esempio fatto da Domenico a proprosito dei tanti manager ed i tanti magistrati rimasti in servizio a «lavorare» rendendo un servizio alla macchina pubblica: Ma quale lavoratore oggi potrebbe restare in servizio oltre una certa età (seppure con un calcolo pensionistico a sistema misto).. se non appartenesse ad una categoria privilegiata?...Gli operai o i tanti lavoratori autonomi..non hanno forse contribuito a reggere l'ossatura di una organizzazione della cosa pubblica?..O lo hanno fatto solo i magistrati, i manager, i presidenti di Cassazione.. o i tanti politici?.. 

Sappiamo tutti che le casse dell'Inps fanno acqua..soprattutto per colpa di tanta politica che non ha saputo guidare il controllo dell'istituto, come sappiamo che per quanto riguarda gli esodati si sono creati grossi problemi ad una categoria di cittadini..con una vile ed ignobile manovra..non degna di uno Stato democratico.

Come ci si può meravigliare di voler cercare di dare una... se pur sensibile.. svolta equilibriatrice a quei principi che dovrebbero regolare la sicurezza economica di tutti i cittadini..se non operando per risolvere un evidente divario? Un divario al quale.. il pensionato ricco, non potrebbe restare estraneo.. contribuendovi solo con quanche centinaio di euro: Due o trecento euro sono nulla per chi ne riceve diecimila , ma sono tanti per chi ne riceve appena cinquecento..
vincenzo cacopardo







16 apr 2015

un nuovo articolo di Domenico Cacopardo

Un disastro annunciato
di domenico cacopardo
Immaginate che il Corpo dei vigili del Fuoco non riesca a spegnere tutti gli incendi che si sviluppano in Italia e che il governo e il Parlamento decidano che quelli di piccola entità siano lasciati a se stessi. Naturalmente, dai piccoli incendi si svilupperanno incendi più gravi e diffusi, tali da mettere in discussione centri abitati e attività commerciali.
«Una ipotesi paradossale», penserete.
Invece non è così: quello che è accaduto con la depenalizzazione di reati «tenui» è qualcosa di simile, pur rimanendo sul tappeto una differenza sostanziale. Per gli incendi, i cittadini hanno il diritto e, in qualche caso, il dovere di intervenire, senza attendere l’arrivo delle autobotti. Per i reati, gli interessati non possono intervenire, pena vedersi perseguiti per reati non tenui, di reazione a reati tenui. Secondo logica, se lo Stato si ritira dalle strade, abdica ai suoi doveri in materia di sicurezza pubblica per venire incontro alle esigenze di una corporazione rivelatasi incapace di offrire i servizi richiesti dalla popolazione (di «servire» come dovrebbe il popolo, nel cui nome adotta le sue decisioni), dovrebbe al contempo allargare le maglie della legittima difesa e dell’autorizzazione al porto di armi per difesa personale.
Certo, una follia, come s’è dimostrato con il caso del tribunale di Milano e con le altre decine di casi di aggressioni a impiegati comunali, a operatori delle Asl, ad addetti di Equitalia, accaduti dal 1° gennaio 2015, ma dimenticati dalla stampa nazionale. Se a essi si fosse porta un po’ di doverosa attenzione, probabilmente, qualche procuratore generale avrebbe deciso di imporre regole più stringenti in materia di controllo degli accessi ai tribunali.
Ma la questione, come avevamo promesso, non può essere abbandonata, giacché, spulciando l’elenco infinito dei reati non punibili se «tenui», ne vengono fuori di belle o, se preferite, di incredibili.
In realtà, quello che metteremo in rilievo è che, profittando del decreto delegato, il governo-legislatore s’è ampiamente occupato dei reati in cui incorrono frequentemente i politici, trasferendoli nella categoria dei «tenuibili», a condizione che in pochi giorni la parte lesa non si opponga all’archiviazione.
Cominciamo con l’abuso d’ufficio, che è una infrazione tipica del pubblico ufficiale. È certamente vero che, dopo i precedenti interventi legislativi, questo reato è residuale, nel senso che viene utilizzato dall’autorità giudiziaria quando non si riesce a invocare la corruzione o la concussione. Ma è altrettanto vero che, iscrivendolo alla categoria «attenuata», si concede ai pubblici ufficiali e soprattutto ai pubblici amministratori una sanatoria forte e generale su una materia che li ha tanto «disturbati» in passato. Se pensiamo al caso dell’exsindaco di Salerno, ora candidato alla presidenza della regione Campania, Vincenzo De Luca (che su queste colonne abbiamo difeso con convinzione), probabilmente, con le nuove norme, non ci sarebbe nemmeno stato il processo che l’ha condannato proprio per abuso. Fra l’altro la schizofrenia imperante fa coesistere il reato «depenalizzato» con l’obbligo di sospensione dai pubblici uffici, introdotto dalla nota Paola Severino, disastrosamente passata dagli uffici di via Arenula (ministero della giustizia).
C’è poi la falsità materiale del pubblico ufficiale, art. 477 del codice penale: «Il pubblico ufficiale, che, nell’esercizio delle sue funzioni, contraffà o altera certificati o autorizzazioni amministrative, ovvero, mediante contraffazione o alterazione, fa apparire adempiute le condizioni richiesta per la loro validità, è punito …»
Tralasciando l’uso demenziale delle virgole, rimane il fatto che si tratta di un contesto molto delicato che può incidere sulle situazioni soggettive. Sento l’osservazione: «Ma il cittadino se ne accorge facilmente …» Ma se pensate che una certificazione alterata può consentire a una ditta in odore di mafia, di partecipare a un appalto e di vincerlo, vi renderete conto che non si tratta di un «reatino da due soldi».
Aggiungiamo la frode nelle pubbliche forniture, l’omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale (che magari avrebbe da denunciare tante illegalità del suo capo, assessore o sindaco o presidente di regione), la rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio e di segreti inerenti ad un procedimento penale (casi questi tipici degli operatori di giustizia mai perseguiti), il rifiuto e l’omissione di atti d’ufficio e il traffico di influenze illecite (introdotto per consegnare ai magistrati un’arma nei confronti di coloro che concorrono a elezioni). Si delinea, quindi, un quadro di interventi rivolti al «palazzo», sui quali andrebbero disposti approfondimenti e, se possibili, valutazioni critiche.
La cosa che più impressiona, a questo punto, è il fragoroso silenzio della stampa nazionale e dei media, tutti rivolti al pettegolezzo spicciolo, al «colore» degli avvenimenti politici quotidiani, mai a un’analisi puntuale delle invenzioni di quella politica di cui è tributaria, in quanto suo costante megafono.

Certo, ognuno lavora secondo scienza e coscienza. Ma è evidente che la coscienza è un concetto elastico che, nel nostro Paese, confina con la complicità.