Una
opinione sul nuovo articolo di Domenico Cacopardo
Mi
permetto di sottolineare però, che quando si affronta un'analisi
così attenta bisognerebbe farla a tutto tondo...e cioè porsi altre
domande in proposito..tra le quali: Possiamo davvero fare un esame
equanime dell'andamento economico internazionale che incide in questa
Europa senza prescindere dalla forbice in eccesso avvenuta in certi
Paesi tra ricchezza e povertà? Possiamo continuare ad esporre
analisi fondate su un pragmatico percorso di una economia che propone
solo numeri, ma scontenta almeno il 50 % degli abitanti della sua
comunità?..Possiamo continuare a schiacciare sotto il peso di tutto
ciò ogni progetto di vera democrazia?
Il
problema è proprio questo e cioè che, malgrado la realistica
visione di un sistema economico, quando un popolo va al voto sceglie
strade diverse esponendo esplicitamente un bisogno di aiuto che possa
in qualche modo arginare questo processo economico che non guarda in
faccia altri aspetti che coinvolgono l'umanità. Perciò quando
personaggi come Domenico, (per meriti che di sicuro non possono non
tenersi in considerazione) hanno goduto e traggono benefici da una
vita agiata..difficilmente potranno sentirsi coinvolti ed affrontare
questi problemi con l'occhio di tutta quella parte della popolazione
che stenta a salvaguardare la propria sopravvivenza.
Il
popolo greco ha scelto con libere elezioni sicuramente spinto dal
fervore di un possibile cambiamento in favore di un più equo sistema
sociale. Naturalmente la visione di chi sta fuori e gode di privilegi
(anche legittimi)..non potrà che concedere una valutazione di parte
legata, in modo inconfutabile, al percorso pragmatico di un sistema
economico categorico ..malgrado ogni possibile sentimento obiettivo:
Una visione giusta da un punto di vista ..ma non del tutto completa e
dirimente.
La
crisi greca è di certo molto complessa. Una certa incapacità e i
prestiti azzardati dei governi degli ultimi anni, hanno contribuito a
far andare a rotoli l’economia del paese. Il 90% degli aiuti
ricevuti sono andati subito dopo a banche straniere. Alla
cittadinanza sono rimaste le privatizzazioni, i tagli alle pensioni e
agli stipendi, l’aumento delle tasse. Sappiamo quindi che il debito
non diminuisce ed aumenta in modo incontrollabile povertà con
evidenti stati di ingiustizia.
E questo lo sa bene
la Merkel oltre che Yunker!
Questa
storia (con le responsabilità divise per tutti e su tutti) mi fa
pensare ad un individuo sul ciglio di un burrone che sta per
precipitare e che nell'istante della sua caduta chiede una mano ad un compagno vicino
il quale prontamente risponde esponendogli solo il dito mignolo.
Quello
greco potrebbe essere un disastro di dimensioni storiche, ma proprio
per la forza di continui appelli si possono forzare gli onnipotenti
leader di un'Europa di oggi a pensare di poter dare una svolta in
favore di una conversione del sistema economico europeo. Il
pragmatico realista continuerà a dire che è impossibile... ma la
storia ci insegna che sono proprio coloro che hanno forzato
attraverso le idee ed una visione più lungimirante.. ad aver
cambiato sempre le cose!
Sappiamo
tutti ormai che questa Unione procede senza una strada politica
comune... e mancando questo, finisce col mancare proprio l'equilibrio
necessario per le regole.
vincenzo
cacopardo
Attirati
dal sentore di sangue che s’è sparso su Atene, i piccoli sciacalli
italiani, Vendola e Grillo per la precisione, la stanno raggiungendo
per partecipare al banchetto imminente.
Portano
entrambi (con piccolo seguito di incoscienti corifei) lo squallido
cinismo che li ha condotti a speculare su tutti i guai italiani,
salvo non saperli affrontare com’è stato con il caso Ilva di
Taranto per l’inascoltabile Vendola. Se dovessimo poi basarci
sull’esperienza di Parma, il capoluogo in mano a un’amministrazione
a 5 Stelle, dovremmo compiangere gli abitanti della città emiliana,
lasciati allo sbando in tutti i dossier cruciali, dal teatro Regio,
al Festival Verdi, al crollo del Parma calcio, alla fine della
storica Banca del Monte, all’annunciata chiusura dell’aeroporto
(effetto prevedibile per una città che non ha una manifestazione che
è una che attiri pubblico dal resto d’Europa, pur avendone le
potenzialità), scongiurata per l’atto di responsabilità della
locale Unione industriale che s’impegna a garantire un
finanziamento utile per sopravvivere un anno. Certo ogni botte dà il
vino che ha e il sindaco Pizzarotti gode solo di un vinello leggero,
senza qualità.
Ma ora il
volo di Vendola e Grillo ad Atene ha tutte le connotazioni della
speculazione spicciola, tutta rivolta al «mercato» interno, quello
che interessa, visto che è percorso da sani e doverosi rifiuti per i
metodi di una politica troppo disinvolta, sempre alle prese con
l’ultimo scandalo, si tratti di Roma (dove con un fuor d’opera
inaspettato, il procuratore Pignatone si esibisce in «endorsement»
in favore del traballante sindaco Marino, e, indirettamente, contro
il presidente del consiglio Renzi che intenderebbe cambiare verso
alla capitale), della Calabria o della Sicilia o delle medesime
divagazioni lombarde di Maroni, alle prese con i viaggi, mancati o
reali, di alcune amiche e, in quanto tali, collaboratrici.
Eccitata
spesso da un’informazione coprofaga, volta sempre ad esaltare gli
aspetti scandalistici degli eventi, mai a riportarli alle loro
dimensioni reali, la pubblica opinione si rivolge a coloro che
animano una protesta totale, populistica, senza costrutto reale sui
termini delle questioni politiche con le quali ci confrontiamo.
Basti
pensare alla scuola e all’indegna (e incredibile) gazzarra
scatenata in Senato da quei personaggi in cerca di autore che sono i
senatori grillini, arrivati a picchi demagogici mai ascoltati in una
sede parlamentare. La «morte» della scuola, la peggiore riforma mai
immaginata, tutti slogan che affondano le proprie ragioni nelle
manifestazioni corporative di una classe insegnante che rifiuta il
confronto competitivo e un giudizio professionale, che insomma
intende proseguire in un andazzo che fa classificare pessimamente
l’insegnamento italiano nei documenti Ocse. Nessun interesse ai
termini del problema, alle necessità dei giovani,
all’imprescindibile collegamento con l’impresa, con la
possibilità di acquisire contributi dal mondo dell’economia. Solo
l’esaltazione dei peggiori sentimenti, dei peggiori ragionamenti,
delle peggiori pulsioni in circolazione nel bel Paese.
Ora i due
sono in Grecia. Se avessero un barlume di onestà nelle loro
insondabili coscienze, si renderebbero conto di trovarsi di fronte a
una tragedia nazionale che investe il Paese della cultura classica,
la fonte delle civiltà occidentale (ma che lo dico a fare,
l’orizzonte di Grillo è quello dell’animatore spompato di uno
squallido cabaret; quello di Vendola di un politico tramontato alla
ricerca di nuovi stimoli per sopravvivere), per colpe variamente
distribuite, una delle quali si staglia su tutte le altre, europee e
non: l’avere la Grecia dimenticato i fondamentali di un’economia,
indebitandola al di là del sostenibile, sino a oggi, giorno in cui
la situazione è già di grave irresolubile «default».
Nessuno che
pensi che se la Grecia fosse graziata, il meccanismo degli aiuti
mondiali che fa capo al Fondo monetario internazionale salterebbe in
aria. Il paradigma del Fondo è: ti finanzio, ma ti impegni non solo
a restituire quanto ti do, ma altresì ad adottare misure economiche
che ti mettano in condizioni di restituire e, soprattutto, di
crescere. Il vecchio: «Aiutati che il ciel ti aiuta.»
Invece no.
La Grecia ha abboccato alle esche di Syriza e del suo leader Tsipras
e li ha votati per un programma che, allo stringere, è il «Non ti
pago», dell’indimenticato Totò. Un comico.
Comunque
vadano il referendum (anche che sembra che il vento stia cambiando
verso il sì) e il dopo referendum ci mostreranno i termini di una
tragedia: o una svalutazione spaventosa, il crollo dell’economia e
della società greca o un programma di riforme che lacereranno le
carni dei cittadini, per dare alla nazione un futuro compatibile con
le regole dell’ordine pubblico economico internazionale. Anche gli
scenari di politica estera che si profilano per il caso di vittoria
del no (come l’avvicinamento alla Russia e alla Cina con la
creazione di un’«enclave»), l’insediarsi cioè di potenze del
fronte antioccidentale nella cruciale penisola balcanica, debbono
spaventare, visto che avvicinano le possibilità che le
contraddizioni del mondo sfocino in un vero e proprio conflitto dai
termini confusi, naturalmente, non nucleare, nel quale tutti saranno
contro tutti.
È
questo che vogliamo? L’Europa delle piccole rissose nazioni di
pochi decenni fa, incapaci di scegliere un percorso comune,
un’integrazione politica reale, una forza autonoma nel palcoscenico
mondiale?
No. Non è
possibile. E, ormai, è troppo tardi. L’Unione europea è andata
troppo avanti e le ragioni dello stare insieme prevalgono sulle
spinte centrifughe. E non è immaginabile nemmeno una secessione che
sarebbe solo altrimenti cruenta rispetto a quella americana.
Comunque
vada, gli sconfitti sono già identificati: i populisti greci e i
piccoli sciacalli italiani.
Domenico
Cacopardo