7 feb 2015

Brillante analisi di Domenico Cacopardo..

Brillante analisi di Domenico Cacopardo sulla quale non si può che concordare...
Prendendo spunto dal caso greco, Domenico argomenta le perplessità di un sistema che sembra non offrire alternative per una crescita reale dei Paesi aderenti. Appare oggi imperativa, determina e fin troppo determinante... la visione di una economia internazionale europea che costringe le regole degli Stati aderenti: Il continuo controllo sul debito e le direttive sulla stabilità dei Paesi della comunità condizionano a prescindere ogni percorso economico ricercato dai singoli e diversi paesi. Difficilmente, oggi, anche un Paese come il nostro, potrebbe dare sfogo ad una economia più brillante in termini di investimenti e di conseguente economia reale!... 
v.cacopardo


that is the question...
Con drammatica immediatezza Alexis Tsipras, primo ministro greco, e Yanis Varoufakis, suo ministro dell’economia, sbattono il muso contro il muro di Mario Draghi, presidente della Bce, e di Wolfgang Schäuble, ministro delle finanze tedesco.
I rispettivi ragionamenti sono elementari: le misure adottate dal governo di Atene aggravano le condizioni della finanza pubblica e la Banca europea non può più negoziare i titoli di debito delle banche elleniche, sostiene Draghi; siete debitori e noi rifiutiamo di vedervi spendere spensieratamente altri euro, sostiene Schäuble.
Messo in questi termini, tutto viene ridotto all’osso e sottoposto alla logica inoppugnabile di un sistema neoliberista, fondato su una specie di «Gold standard» europeo, cioè l’euro.
Le lezioni della storia nulla hanno insegnato ai governanti dell’Unione europea, diretti da frau Merkel. Nulla il ’29 e il successivo arrivo del nazismo. Nulla le crisi da inflazione degli anni ’70. Rimane il dogma intoccabile di una linea politica e politico-economica che teorizza e applica un impoverimento indefinito di alcuni paesi indebitati, in vista di un lontanissimo riassetto (all’«eurostandard»), contando sul fatto che le popolazioni europee continueranno a votare per questa politica e per la miseria che serpeggia nei loro paesi.
Nessuno ritiene che la vittoria di Siriza in Grecia abbia un reale significato generale. Nessuno pensa alla crescita di Podemos in Spagna (un partito di sinistra) o del Fronte Nazionale in Francia, con l’appendice non irrilevante della Lega in Italia. Nessuno si rende conto che il muro eretto a Francoforte e a Bruxelles può innescare il temuto «Grexit» e la ridiscussione dell’idea d’Europa. Nemmeno l’Europa carolingia, l’asse preferenziale cioè stabilitosi tra la Francia di Mitterand e la Germania di Shmidt e Khol, continuato sino all’arrivo di Sarkozy e delle sue sventatezze, può resistere al vento che spira da Sud-Est, alla luce della crisi profonda che attraversa la Francia, stretta nella irresolubile contraddizione delle esigenze deflazionistiche propugnate a Bruxelles e a Berlino e le necessità di contenere l’impoverimento del Paese che il poco autorevole Hollande non riesce a intepretare e guidare.
In qualche modo, alla svolta politica greca si può applicare la metafora romana dell’attraversamento del Rubicone da parte di Cesare contro il divieto del Senato.
Se la Grecia ha attraversato il Rubicone e non teme le reprimende e gli inviti a tornare nei ranghi, tutto l’assetto dell’«impero» (l’Unione europea) ne risentirà rapidamente.
Anche perché, uno Tsipras può nascere dovunque e contestare il continuo impoverimento in vista di un dopodomani migliore.
La questione è preliminare: «… that is the question …» dice Amleto nel celebre soliloquio, possiamo ripetere noi oggi. Se devi 10.000 euro alla banca e non li hai, hai un problema. Se devi 1o.ooo.ooo e non li hai, il problema è della banca. 

Poiché l’Italia e la Grecia emettono titoli come li emettono tutti gli altri, quando il meccanismo di crescita del Pil si inceppa, le due nazioni non possono procedere con la ricetta precedente l’introduzione dell’euro: stampare moneta&svalutare. L’unica soluzione, immaginata a Bruxelles e a Berlino, è instaurare una politica di austerità: e ciò è accaduto, secondo l’autorevole americano Foreign Affairs, mediante un «constitutional coup d’état», quello che ha portato al potere in Grecia Samaras con la «Troika» (tre funzionari di Bce, Fmi e Unione) e in Italia Monti.

I sacrifici imposti agli italiani sono stati meno duri di quelli che si sono visti ad Atene: la Grecia ha dovuto tagliare stipendi, pensioni e assistenza sanitaria. Ha visto impennarsi gli indici di mortalità, di povertà, di disoccupazione. Tutto in negativo, salvo due stagioni turistiche da record, fertilizzate dal crollo dei prezzi e dalla necessità di incassare gli euro freschi di cui sono stati portatori prevalenti tedeschi, italiani e francesi.
Era immaginabile cosa sarebbe accaduto alla successive elezioni, quando la dura ricetta avrebbe già dispiegato tutti i suoi effetti: nessun povero (la maggioranza) avrebbe votato per confermare la propria povertà. Nessuno si sarebbe sacrificato sino alla fame per non mettere in discussione i soldi dovuti al sistema bancario internazionale, il medesimo che ha causato il disastro del 2008, da cui è risorto con robuste iniezioni di denaro pubblico, di proprietà dei medesimi cittadini impoveriti.
Se c’è qualcuno, a Bruxelles e a Berlino, che intende salvare il progetto europeo e l’euro che ne è il nucleo, questo deve misurarsi con la realtà, e cioè con Siriza e Tsipras per trovare una via d’uscita su ristrutturazione del debito e fine dell’austerità. Sul punto, confermando la propria inconsistente sensibilità internazionale, il «premier» Renzi ha dichiarato il proprio appoggio a Draghi che non ne ha bisogno e non può deflettere dal rigore (nemico anche dell’Italia), tanto da «spingere» Tsipras verso l’apertura di una «querelle» a Bruxelles.
Allo stringere, questo è il problema: gestire la situazione correggendo lo stolido dogma neoliberista con pragmatico realismo. Aprire un varco alla ristrutturazione del debito greco e all’avvio di una reale politica di rilancio.
Altrimenti ci sarà la deflagrazione.
Insomma, se frau Merkel non avrà coraggio e si chiuderà nel proprio legittimo fortino rifiutando di dare vero ossigeno ai greci, i tempi diventeranno più duri e finirà che ognuno andrà per la sua strada, in mezzo a pericoli crescenti, compreso quel confronto militare che nel lontano orizzonte appare e scompare.
Frau Merkel e il suo popolo accetteranno il sacrificio di fare i conti con la realtà di un (o più) «partner» cicala mentitrice e, per evitare guai maggiori, adeguarvisi?
«… that is the question …»
Domenico Cacopardo

6 feb 2015

La fine di un patto...

di vincenzo cacopardo

E' sicuramente pensabile che Renzi abbia scelto Mattarella per affinità elettive e soprattutto..per calcoli politici. Renzi e Mattarella, l'uno presidente del consiglio e l'altro presidente della Repubblica, vengono fuori da una storia politica che è l’incontro tra la cultura cattolica democratica e quella comunista. 

Renzi oggi, con i poteri inconsueti che usa... attraverso una leadership e un anomalio doppio incarico ( cui nessuno tiene in considerazione)... gode di una assenza totale di concorrenti che ne esaltano fin troppo l'immagine. Quindi l'asturo giovane Premier ha operato una scelta di un Presidente della Repubblica che fu un politico del passato più vicino e conforme alla sua stessa tradizione politica e tutto ciò fa pensare che, in tal modo egli possa perfezionare un eccezionale raggruppamento di potere.

Qualcuno pensa che la rottura del Patto detto del Nazareno sia stata decretata di forza dallo stesso Renzi come un tatticismo per neutralizzare la resistenza minacciosa dei gruppi dissidenti interni al suo Partito. Il sindaco d'Italia, usando ogni mezzo per poter andar dritto per la sua strada, ha scelto di ricompattare il suo Partito per eleggere il successore di Napolitano.. senza esporsi agli attacchi della sinistra interna, ed ha deciso per la strada dell'elezione di un democristiano senza nessun accordo con il partito di Berlusconi.

La domanda scontata di oggi è quella di capire fino a che punto Renzi può adesso sentirsi tranquillo avendo con sé l’opposizione di chi fino ad oggi lo ha appoggiato sulle riforme di importanza istituzionale. Malgrado vi sia chi malignamente pensa che vi possa essere stato un ulteriore accordo sottobanco col Cavaliere e che tutto ciò a cui oggi assistiamo potrebbe essere un teatrino per ingannare volutamente gli assidui spettatori di una politica da gossip, io credo che la scelta operata da Renzi sia stata studiata con l'intuito di chi brama per ottenere i riflettori puntati su di se e con un fine preciso con il quale ha ritenuto di poter trionfare con successo da unico protagonista: Ha usato il partito di Forza Italia.. allettando Silvio Berlusconi riponendogli una certa considerazione e, come fece per Letta, una volta sicuro di avere altre strade aperte a garanzia di un proprio successo, lo ha inesorabilmente isolato...Questo è lo stile del giovane sindaco d'Italia e questo è quello che gli attira il consenso di chi premia la furbizia spettacolare di una politica odierna.

Renzi oggi appare in una botte di ferro, non teme più colpi interni del suo partito ormai privo di ogni altro pensiero al di fuori dal suo...Un partito senza alcuna espressione personale, solo piegato all'evidente forza di chi tende ad infondere un potere di restaurazione al suo interno. Col prossimo arrivo dei deputati di Scelta Civica in adesione al PD..con le esagerate esaltazioni del gruppo di Vendola per la nuova nomina del capo dello Stato..Renzi pare aver spinto il proprio consenso sia verso sinistra che al centro dove permane ancora una linea di comodo di alcune forze di quel centro di Casini che oggi non saprebbe proprio dove configurarsi.

Il famigerato Patto del Nazareno, può quindi dirsi definitivamente defunto, poiché Renzi non ha più alcun bisogno di patti.. avendo raggiunto il suo scopo. Il problema rimane sulle pericolose e semplificate riforme che si continuano ad affrontare col solito determinismo e l'approsimazione tipica di chi sa di essere solo al comando.





Un commento al nuovo articolo di Domenico Cacopardo

INESORABILI CONSEGUENZE

La storia della Repubblica, non si può negarlo, è entrata in una nuova fase. Siamo ancora nel guado, naturalmente, ma molti dei massi che impedivano di procedere sono stati rimossi, a sinistra e a destra.
A sinistra, nel Pd, la «vis» contestativa delle varie minoranze è stata congelata: con la candidatura e l’elezione di Sergio Mattarella, sono finiti i mal di pancia, ma è anche terminata la prospettiva politica dei tanti nani che gonfiavano il petto contro Matteo Renzi. Penso a Civati, a Fassina e ai loro seguaci, più rane da Batracomachia (le rane sono note per il gracidio) che attori politici, anche se da strapazzo. Il vento gonfia le vele di Renzi e lo conduce sulla rotta che ha scelto, quella del rinnovamento, orale e sostanziale, e delle riforme. È possibile che, presto, quella gente torni a mugugnare, ma dovrebbe avere percepito chiaramente che non ha prospettive e che la sponda greca di Siriza è inesistente.
La Bce, sospendendo la negoziazione dei titoli delle banche di quel Paese, ha indicato, senza ombra di equivoci, che non ci sono strade alternative a una ragionevole austerità. A meno che Tsipras non intenda uscire dall’euro e affrontare la difficile navigazione in mare aperto con l’aiuto peloso della Russia di Putin.
Nel giro di boa compiuto con l’elezione di Mattarella, s’è aperto un campo di gara nuovo e inesplorato: la coesistenza con un consapevole tutore della Costituzione, dei suoi valori e delle sue procedure, non condizionato dal para-leninismo di Napolitano che anteponeva il «nobile» fine alle regole. Un tutore che, con garbo e senza tambureggiamenti, incanalerà le iniziative in corso e quelle prossime nei binari della più trasparente correttezza istituzionale.
Passata la sbornia da successo (un successo, l’elezione del presidente, vero e grande), Renzi, la Boschi e Del Rio si renderanno conto che il difficile non sarà rappresentato dalle bizze di Berlusconi, Alfano e minoranze Pd, ma dalla necessità di una rigorosa produzione legislativa, alla quale sono del tutto impreparati per proprie e altrui deficienze.
Non succederà nulla di eclatante, solo un consistente aggiustamento del modo di lavorare, nel quale forme e contenuti avranno il medesimo peso e conteranno di più. A garanzia che ciò che si andrà a decidere sarà meno effimero e dilettantesco di quanto già deciso.
È questo lo specifico contributo che Mattarella al Quirinale darà al Paese.
A destra, il declino prima e l’avvitamento ora della «leadership» Berlusconi sono di tutta evidenza. Il problema c’è sempre stato da quando, nell’autunno del 1993, annunciò la propria discesa in campo, con l’impegno di liberare l’Italia da «lacci e lacciuoli», trasformandola in una democrazia liberale compiuta. Abbiamo visto com’è andata a finire.
Ora, purtroppo, non si scorge all’orizzonte chi possa assumersi l’onere di costruire un partito liberal-conservatore definendo una prospettiva europea ed europeista.
Per il momento, a destra, rimangono protagonisti la Lega di Salvini, capace di convogliare e galvanizzare gran parte dello scontento del Nord (e di altrove), e Grillo coi suoi grillini, alle prese, però con una questione vitale: la specchiata onestà del presidente Mattarella, scelto da questo disprezzatissimo (da loro) Parlamento, è percepita da tutti gli italiani e impedisce i soliti ritornelli nihilisti in cui il Movimento a 5 Stelle s’è specializzato. Li abbiamo visti già e li vediamo i vari yuppini alla Di Maio pronti a fare il passo, l’unico passo cui pensano sin dal giorno dell’adesione al partito: entrare nel sistema e scalarlo come ogni rispettabile carrierista politico di ogni rispettabile paese democratico.
Alfano, suicida politico, non ha alcuna autonomia sostanziale: o si arrende e si allea con il perdente Berlusconi per le elezioni regionali o si arrende e si presenta con Casini, consapevole che sarà difficile ottenere qualche seggio in qualche regione del Sud, di quelle in cui la catena della clientela exdemocristiana funziona ancora. Nel frattempo, la strada obbligata è quella di lavorare lealmente nel governo, con la coscienza che da un momento all’altro può accadere l’evento che metterà fine alla sua carriera politica.
Perciò, Renzi andrà avanti, baldanzoso come sempre, sotto la vigile e ferma attenzione di un garante che non garantirà, come nello scorso anno, solo lui, ma tutti gli italiani.


Sempre lucide le analisi di Domenico Cacopardo che, malgrado la sua approvazione sul metodo delle riforme renziane, pone parecchi dubbi sulla rigorosa futura produzione legislativa, per la quale sottolinea “il Premier ed i componenti del suo governo risultano del tutto impreparati per proprie e altrui deficienze”.

I risultati della politica odierna del nostro Paese si leggeranno fra qualche anno. Nel frattempo una destra si spegne, ma... come tutti possiamo intuire..a volte è quasi naturale scomparire per rinascere più forti ed io credo che il Paese sia destinato ad andare più a destra che a sinistra. Non che ne sia particolarmente contento..ma la storia ce lo ha insegnato ..la destra è spesso vincente nel nostro Paese.. anche perchè nel suo pensiero liberista si racchiude la teoria economica, filosofica e politica che prevede la libera iniziativa e il libero mercato che col valore supremo del denaro, sembra vincere sempre su un'equità sociale. Comunque...quando una posizione politica muore..ne risorge un'altra che potrebbe essere più forte della precedente.

Tuttavia, per quanto concerne la Grecia..non possiamo tralasciare la profonda problematica economica finanziaria che potrebbe leggersi in modi differenti.
Pier Luigi Magnaschi su Italia Oggi scrive qualcosa di interessante per rendere più misurata la faccenda ellenica :
È vero però che la Grecia ha sulle spalle un debito insostenibile. Ed è vero che gli interessi e i rimborsi su questo debito sono diventati troppo onerosi. Per uscire dalla strettoia, bisogna ridurre il fardello del debito (allungandone il tempo di restituzione e riducendo gli interessi a carico della Grecia) ma è anche vero, come ha detto il ministro dell’economia tedesco, Wolfgang Schaeuble che «Le cause della crisi rimangono in Grecia ed è qui che esse debbono essere rimosse» mentre è in corso l’aiuto, comunitario da una parte (Bce e Commissione) e internazionale dall’altro (Fmi). La decisione di ieri l’altro di Draghi di «non accettare più i titoli sovrani greci come garanzia in cambio di liquidità» è stata quindi un segnale inequivocabile e chiarificatore.
Il problema Grecia (ma non solo) esiste. Esso può essere affrontato con il concorso di tutti ma anche con l’adesione della Grecia che non può certo essere umiliata ma non può nemmeno fare la voce grossa
Da questo punto di vista la posizione di Renzi è stata molto chiara. Il premier italiano ha infatti detto che la decisione della Bce è stata «una decisione legittima, che mette tutti i soggetti attorno a un tavolo in un confronto diretto e mi auguro positivo». Il premier italiano non si è rifugiato nella
demagogia buonista anche perché sa che l’Italia ha erogato alla Grecia un soccorso di 43 miliardi (ai tempi di Monti) e non sarebbe bello apprendere che, per far contento Tsipras, questo enorme malloppo se ne andasse in fumoAiutati che il ciel ti aiuta», hanno insomma detto alla Grecia i leader dei paesi europei che sono pronti a collaborare ma che chiedono, ad esempio, che la risibile pressione fiscale al 34% sia alzata, nel tempo, almeno di dieci punti, che il piano di privatizzazioni prosegua, che la corruzione venga ridotta, che le assunzioni clientelari cessino e così via..

Io credo che il problema Grecia... per far sì che non possa allargarsi su altri Paesi della Comunità, dovrebbe essere affrontato con estremo equilibrio, poiché rientra in una concezione globale di una strada che l'Europa pare da tempo persegue e cioè quella di mettere alle strette i Paesi che da canto loro non potranno mai avere una via d'uscita (crescita/debito). La mentalità è simile a quella che impongono gli Istituti di credito quando mettono alle strette un imprenditore che, ormai indebitato, potrebbe salvarsi solo finanziando un progetto valido a lungo termine e non offrendo ulteriori linee di credito da restituire in tempi stretti e tassi irragionevoli.
L'equilibrio non spicca certamente in una Comunità europea dove una Troika la fa da padrona e dove tutto si valuta solo in termini di interessi finanziari.

vincenzo cacopardo

5 feb 2015

Due parole su idee e cambiamento...



"Solo chi è tanto pazzo da credere di poter cambiare il mondo..lo cambia veramente!"
Questa frase non è di un letterato..nè di un filosofo o un profondo sociologo, ma appartiene a chi, con l'impegno e le idee.... è riuscito a costruire un impero che ha contribuito a cambiare il mondo: Stewe Jobs.

Nella frase di Jobs vi è inteso un impegno che si sprigiona quasi meccanicamente da parte di chi è portatore di idee e le propone esprimendosi senza condizionamenti tramite una logica. Non è certo l'ambizione o un forte determinismo a creare un giusto mutamento...

Potendo accostarci ad un paragone con chi esercita una politica odierna con l'intenzione di poterne cambiare il verso, potremmo asserire che la qualità delle idee rappresenta la componente essenziale per la garanzia di un vero cambiamento in positivo...Idee che oggi non si vedono o che vengono arginate da un primario desiderio di fretta nel semplificare.
Un cambiamento che si propone di mutare l'assetto sistemico della politica istituzionale attraverso una semplificazione risulta deleterio...se a questa aggiungiamo la fretta, potremo assistere ad una logica reazione che vi potrà essere nel breve futuro.
Seguendo questo filo logico non possiamo non accorgerci di quanto.. in questo campo.. siano importanti la ricerca e le teorie, che aprendo il campo alle idee...seppur contrastanti con una ingiustificata corsa alla premura..possono garantire un percorso migliore e più funzionale.
L’errore che abitualmente si pratica… da parte di tanti che si propongono in politica..è quello di pretendere di poter affrontare un cambiamento senza uno studio di ricerca propedeutico edificato su base teorica: Si procede..così.. costantemente verso la pratica... senza un adeguato percorso di analisi teorica che, partendo da un'idea, individui una strada più logica e meno rischiosa.
Ma l'assunto appare chiaro:.. -Non vi potrà mai essere una pratica.. senza un anteposto studio teorico!... E ciò, per la politica, è uno dei problemi che pone ancora argine alla possibile ricerca di una solida governabilità.
vincenzo cacopardo


Mattarella.. e i tamburi dell'insinuazione

di vincenzo cacopardo

Il proliferare delle tante notizie riguardanti il padre di Sergio Mattarella non rende merito alla Sicilia ed ai siciliani stessi. Il fracasso dei tamburi..alimenta ogni sorta di maldicenza e dopo l'elezione di Sergio Mattarella Capo dello Stato, su network e giornali sembra essersi scatenata una sorta di insinuazione supportata da commenti poco gradevoli oltre che valutati in modo antistorico.

Al di là della dura dichiarazione espressa sul Fatto Quotidiano, più moderata e cauta, esposta da Martelli..concentrata sulla distinzione tra Piersanti Mattarella e Pio La Torre., si ha la sensazione che si voglia in tutti i modi portare discredito alla figura del nuovo Capo dello Stato..senza alcuna motivazione valida...Sicuramente di cattivissimo gusto e non difficile da individuare in un contesto di una politica odierna assai subdola e priva di argomenti validi.

Riccardo Nuti del Movimento 5Stelle ha affermato che: "Lodare Mattarella come antimafia perché il fratello fu ucciso dalla mafia è falso e ipocrita perché allora bisognerebbe dire anche che il padre era vicino alla mafia..ma se è vero che gli errori dei genitori non possono ricadere sui figli, allora non possono essere utilizzate altre vicende dei parenti in base alla propria convenienza.”

Questo commento che potrebbe far discutere..non tiene in considerazione una serie di motivi che riguardano la personalità del presidente Mattarella ed altre considerazioni storiche che dovrebbero essere analizzate in modo diverso. Fare oggi questo tipo di riferimenti ...oltre che un'idiozia, è perfettamente fuori luogo.

Innanzitutto non credo che Sergio Mattarella abbia mai lodato se stesso nella sua lotta contro la criminalità organizzata .. combattendo con essenziale onestà in direzione di una società malata attraverso un'attività politica..senza mai compiacersene. Poi, al di là di ogni malignità, il contesto storico in cui è vissuto ed ha svolto la sua attività di politico il padre Bernardo, non può essere mai messo in relazione..nè può essere valutato con i parametri di oggi, in quanto le attività criminali del passato.. dominanti in un territorio quasi abbandonato da uno Stato..vedevano una politica che per trionfare doveva in qualche modo relazionarsi con tanti personaggi ( per lo più non ancora riconosciuti criminali) per far crescere il territorio e porre argini possibili ad una educazione culturale e sociale. Non è quindi detto che tutti coloro che svolgevano una attività politica nel passato dovessero per forza sporcarsi le mani superando i giusti limiti della legalità...come al contrario oggi (con faciloneria) si tende a voler asserire.

Simili insinuazioni, (tendenti a fare di tutta l'erba un fascio).. vengono puntualmente tirate fuori ad orologeria come illazioni per colpire..o per dare la sensazione di individuare qualcosa di marcio sulle figure che si affermano.. persino quando la personalità è quella moralmente integra di un uomo il nuovo Presidente della Repubblica.  

4 feb 2015

Mattarella e l'impetuoso renzismo


Le riforme...come finirà? di vincenzo cacopardo
Non si possono sottovalutare le anomalie costanti del nostro sistema politico a cui nessuno continua a far caso... come non si può non constatare il processo di semplificazione con il quale Renzi ed il suo governo pensano di poter portare a termine il percorso delle riforme costituzionali ed istituzionali per il cambiamento. Per cui ...la sensazione rimane sempre quella che.. la strada operata dal giovane sindaco d'Italia...potrebbe non rispondere ad un processo di vero mutamento per un miglior funzionamento dell'azione politica istituzionale in favore di una democrazia.

Le disquisizioni del premier... sottolineate da termini come “turbo” uniti alla velleità di arrestare ogni strada ai partiti più piccoli, sono argomenti di un chiaro percorso verso un monolitico bipartitismo. Renzi cammina verso la strada di un Parlamento che possa identificarsi in due soli schieramenti e che possa garantire a priori una governabilità. Se è vero che la politica del nostro Paese esce appena fuori da un sistema di bicameralismo perfetto( che tanto perfetto non lo era più da tempo)..è anche vero che adesso si cerca in tutti i modi di portare avanti un sistema solo attraverso la fretta e con la forza di un cinico pragmatismo che potrebbe rivelarsi ancora più pericoloso.

Negli anni passati..i due poli (destra–sinistra)..hanno continuato a scontrarsi sui diversi principi..alternandosi e contrapponendosi con sempre maggiore forza senza fare esperienza di un periodo storico che aveva visto.. proprio nel trasformismo.. un preciso segnale di avvertimento nei confronti di una politica troppo costretta. Questa lotta alla difesa delle rigide posizioni ha finito col rendere ancora più difficile l’equilibrata ricerca delle riforme. Oggi si parte da riforme sempre più ridotte e semplificative per modellare.. o meglio.. forzare.. un sistema che.. alla sua base..rimarrà sempre rigido ...Un sistema che potrebbe essere destinato ad implodere con danni assai peggiori: La divisione netta di due soli pensieri, senza un adeguato percorso, non può portare alcun beneficio alla indispensabile funzione della politica. Chi vuole imporre questi sistemi semplificativi per ricercare una più comoda governabilità, sembra non considerare assolutamente l’importanza di una azione culturale parallela che, se troppo costretta, finirà sempre col reagire violentemente all’evidente limitazione del pensiero.

Rileggendo la storia politica di questi ultimi vent’anni, non può sfuggire a chiunque l’inconsistenza di una politica nazionale che sembra aver dormito e messo le radici sui palazzi del potere.. senza alcuna vera capacità di intuito lungimirante. Oggi ..invece di provvedervi attraverso una ricerca più appropriata, si stringono i tempi con l'uso improprio di provvedimenti poco funzionali e troppo costringenti.

Passando invece ad oggi: Dopo la figura poco elegante di Alfano, Renzi, da vero politico democristiano, dichiara di aver rispetto per gli alleati, non mancando di puntualizzare di non voler mettere il governo in una discussione tra partiti. Il giovane Premier si dice ambiguamente aperto al confronto con chiunque e di avere il pensiero agli italiani...Si dice fiero di voler tirare dritto per la sua strada e torna a scommettere sulle sue riforme istituzionali...purchè restino quelle sue..

Non volendo descrivere come "arbitro" Il nuovo Presidente Mattarella (evitando il poco gradevole riferimento calcistico che mal si adatta ad una disciplina e alla cultura politica)..e definendolo.. assai meglio.. come una figura di "garante" delle istituzioni..vorrei sperare, dopo il sobrio discorso alla Camera, che il suo sguardo possa essere a difesa degli interessi della base e cioè di una vera democrazia popolare... in favore di quelle formule più equilibrate che possano far crescere la politica verso un futuro sociale più equo e conveniente. 

3 feb 2015

Una nota al nuovo articolo del consigliere Cacopardo

di domenico Cacopardo
Era l’appuntamento cruciale di quest’inizio d’anno, quello dell’elezione del presidente della Repubblica, e Matteo Renzi l’ha superato brillantemente. Sembrava che la coperta fosse troppo corta: il patto del Nazareno era la chiave di volta delle riforme ma apriva alla minoranza del Pd un varco capace di mettere in discussione la «leadership» di Renzi nel governo e nel partito.

Poiché la politica è una scienza esatta e solo pochi, tra essi il «premier», riescono a interpretarne correttamente tutte le regole, compresi teoremi e postulati, era evidente che per risolvere il problema della presidenza della Repubblica era, prima di tutto, necessario ricompattare il Pd, la base di partenza per la conquista e la gestione del potere. Quindi, bando alle pregiudiziali e candidatura di Mattarella con cui sono state tappate tante bocche emittenti aria, ma purtuttavia capaci di esprimere un voto in Parlamento.
Si dice il «metodo». Certo, il metodo. Ma se l’unico candidato possibile, gradito al Pd, destra, centro e sinistre, non piace al cavaliere? E perché?
E il perché che chiarisce il no di Berlusconi: s’era illuso, l’excavaliere che, dentro il metodo della condivisione, ci potesse essere una enfatica conferma del Patto del Nazareno con la concessione di una specie di veto nei confronti di chi non gli fosse gradito. Se, però si interrogano in «camera caritatis» le persone capaci di intendere, di volere e di capire, gente alla Verdini e alla Letta, si capirebbe subito che nel Patto non c’era niente di simile e che l’idea di Berlusconi era solo un’illusione, alimentata dai soliti adulatori, da coloro ch’erano interessati a ritagliarsi uno spazio purchessia e da coloro che non capivano i termini del problema.
Come sempre è prevalsa una mezza via, la scheda bianca, che non ha impedito a un numero importante (almeno 39) di grandi elettori di Forza Italia di smarcarsi e di votare Mattarella.
Quello che è incomprensibile è il cammino di Alfano.
Ma come, l’excavaliere è in vita (politica) per la respirazione artificiale che gli pratica un giorno sì e uno no Matteo Renzi e tu ti sposti verso di lui, sperando in un abbraccio che non ti può dare nulla, non ti può promettere nulla, non ti può garantire quello che vuoi cioè la sopravvivenza (politica)?
E poi, quando Berlusconi si infila nel «cul de sac» del no (paradossale la telefonata a Mattarella «La stimo, l’apprezzo, ma non posso votarla per il metodo», un altro, ennesimo autogol), tu, Alfano lo segui, dimenticando di essere il ministro dell’interno di questo governo il cui presidente si chiama Renzi, il regista cioè dell’elezione?
E non si capisce nemmeno Sacconi, un politico di grande esperienza che ancora sabato mattina si poneva di traverso, come si trattasse di una ripicca (sempre il metodo) di fronte alla chiara, indiscutibile vittoria del candidato.
Certo tra alcuni socialisti e Mattarella non corre buon sangue e diciamo il perché senza giri di parole o ipocrisie. La questione risale alla candidatura di Claudio Martelli come capolista del partito socialista in Sicilia. L’alleanza con Pannella e le promesse in materia di rigore carcerario, si trasformarono in una specie di plebiscito di voti in suo favore. Voti mafiosi di sicuro, come in odore di mafia erano alcuni dei dirigenti locali del Psi. «I voti si contano e non si odorano» era il ritornello di quei giorni.
Un’operazione riscattata poi dalla chiamata a Roma di Falcone, dall’aggravamento del carcere duro per i mafiosi e dal contrastato progetto di una procura nazionale antimafia (la ragione questa, molto probabilmente, dell’assassinio del candidato più forte, Giovanni Falcone, e della strage dei suoi accompagnatori, a cominciare dalla moglie).
Così Lima tradì gli impegni e fu alla mercé della vendetta dei sanguinari capi bastone e si accentuò quella separazione, quel contrasto tra Stato e mafia, inutilmente messo in discussione ai nostri giorni. E sbaglia, per ignoranza di fatti e circostanze, Stefania Craxi accusando Mattarella, l’uomo del rinnovamento politico, di pregiudiziale antisocialismo. L’antisocialismo di Mattarella riguardava quel ceto contiguo con i Ciancimino e i Lima che portava sì voti al partito, ma quattrini e potere nelle proprie tasche. Mattarella è stato il protagonista della rigenerazione della Democrazia Cristiana siciliana, dalla segreteria regionale di Campione alla presidenza dello stesso di un governo di centro-sinistra non sospettabile di contiguità.
In Sicilia, in particolare in Sicilia, alle sigle non corrispondono sempre comportamenti coerenti. E questa frammistione ha riguardato, a parte i repubblicani, notoriamente succubi di ambienti mafiosi, democristiani socialisti e comunisti. A proposito di questi ultimi, Roma fu costretta a mandare La Torre a Palermo per mettere ordine nei rapporti tra partito e cooperative e tra queste e sistema di imprese mafiose. Una presenza e un’azione, quella di La Torre che gli costò la vita.
Ma con i rancori, sbagliati, non si costruisce il futuro. Ed è di futuro che abbiamo bisogno.
Un breve bilancio. Renzi ha vinto, ma deve guardarsi dalla risacca dei suoi stessi sodali interni. Non hanno rinfoderato le armi, anzi, si sentono vincitori e sono prodighi di dichiarazioni bellicose sui vari dossier in movimento tra Camera e Senato.
Berlusconi deve ragionare, come sa fare nei momenti migliori: per sopravvivere, dopo la sconfitta e il crollo di «leadership», deve sperare nella risurrezione del Nazareno (il patto).
Alfano, e con lui Sacconi, debbono regolare gli orologi sul 2015 e operare perché i tre anni di legislatura che abbiamo davanti siano spesi per consolidare il processo riformista e l’area centrale (questa è geografia) della politica italiana.
Quell’area di cui c’è assoluta necessità perché gli estremismi siano contenuti e battuti ancora una volta come serve alla Nazione.




Una analisi convincente e  più che condivisibile quella che Domenico affronta con grande intuito e consapevolezza dei fatti.
Al di là della ridicola figura di Alfano che, senza ombra di dubbio, ha dimostrato di non avere quel giusto carattere politico e di essere fin troppo legato ai ricordi del suo vecchio Partito, quello di cui non riesco ad essere convinto è l'atteggiamento da parte dei dissidenti all'interno del PD..i quali, seppur contenti del prestigioso nome di Mattarella, hanno davanti sempre una serie di normative istituzionali e costituzionali da portare avanti delle quali... fino al giorno prima..non erano per nulla convinti.

La domanda è quindi quella di capire fino a che punto questa base di dissidenti potrà continuare l'opera di rinnovamento delle riforme poichè...ormai appagata in parte dalla nomina di un presidente della Repubblica ben visto...potrebbero aver perso ogni considerazione del proprio pensiero. Insomma...le riforme sono una cosa, l'elezione di un Capo dello Stato un'altra.

Vi è poi una domanda da porsi sulla quale è difficile poter rispondere..e cioè perchè mai Renzi, seppur astutamente, abbia tirato fuori una figura come Mattarella che in qualità di giudice della Corte Costituzionale, potrebbe opporsi su parecchi punti circa le ultime riforme costituzionali e la particolare legge elettorale proposta. Un punto che collima con il tradimento sull'implicito percorso portato avanti fino al giorno prima con Berlusconi ed il patto del Nazareno. Credo che sull'indirizzo di questa nomina una grossa parte l'abbia svolta lo stesso Napolitano in dialogo col giovane Premier...

Renzi ha preferito ricompattare le truppe del suo Partito?..Certo, ma a che prezzo? Comunque prima di cantare vittoria da un lato o da un altro... sarebbe preferibile attendere un riscontro nel breve futuro...In tutta questa storia vi sono alcune cose da comprendere a fondo. E' comunque chiaro che un Premier che assume contemporaneamente la carica di segretario del partito, oltre che l'evidente (ma costantemente sottovalutato) conflitto, non poteva che stravincere su questa elezione...Lo stesso sarebbe successo ..se al contrario ..fosse stato Berlusconi a comandare una destra con un'ampia maggioranza in qualità di Premier.

Con le anomalie continue di questo Paese si riescono a costruire leggende ed esaltazioni che in realtà dovrebbero magnificarsi meno.

Dobbiamo.. quindi.. pensare che l'ala dei dissidenti in seno al partito del Premier soggiacerà per il solo fatto che si sia nominata una buona figura di garante delle Istituzioni? Il mio sentore adesso è quello di una percezione di disagio da parte di NCD.. che non tarderà a rispondere destabilizzando il quadro politico. ..Una logica reazione dopo il contenimento verso una prassi politica deontologica che ha coinvolto in pieno il ministro degli Interni..ma che ha inciso negativamente sul suo Partito.
vincenzo cacopardo

2 feb 2015

Tra enfasi di capolavori ..si sottovalutano le anomalie


di vincenzo cacopardo
Pur riconoscendone il merito per la scelta sicuramente migliore rispetto alle altre sul nome di Mattarella..in merito ad una elezione che ha visto il plauso di una enorme parte del Paese, non può non mettersi in evidenza il fatto che non può trattarsi di una vera vittoria da parte di Renzi.
Era evidente che qualunque nome che riuscisse a mettere pace all'interno del suo Partito sarebbe stato gradito e la sua ambigua posizione di segretario di partito, contemporanea alla assai conflittuale posizione di capo del Governo, non poteva che tradursi in una vittoria...
Ogni enfasi sul possibile capolavoro operato da Renzi appare.. dunque.. forzata.

Non possiamo ancora esser certi che il nuovo Presidente della Repubblica, fino ad ieri membro della Consulta, opererà in modo intransigente verso le riforme... ponendo paletti al percorso di un premier tanto determinato e semplificativo... o se, invece, assumerà una posizione politica più sottomessa adeguandosi ad un sistema che pare procedere verso riforme costruite esclusivamente da precisa forza governativa ...Certo è che le riforme volute da Renzi sembrano dettare una linea assoluta a beneficio di una governabilità che sottometterà qualunque azione parlamentare più democratica...Nel senso che il Parlamento finirà col non contare più nulla...

Se è vero che una classe politica poco attenta..non pone mai dubbi sul perenne conflitto che genera anomalie al sistema originato dalla doppia carica di un segretario di partito legato alle funzioni di capo dell'esecutivo ...è anche vero che chi è stato un giudice costituzionale.. non può che avere una visione più profonda delle riforme (costituzionali ed istituzionali) che l'attuale governo si è apprestato a mettere in atto anche attraverso continue fiducie.

Se la politica di oggi si muove solo per la spettacolarità o per argomentazioni che alimentano un certo gossip.. allora possiamo continuare a riempire media e giornali con notizie prive di un vero fondamento logico, ma se dobbiamo ...come dovremmo, immedesimarci  con maggior attenzione su argomentazioni più profonde che riguardano un certo funzionamento della politica e le istituzioni, allora possiamo scorgere questa lunga serie di anomalie come una barriera continua che pone argine ad ogni processo di vera costruzione funzionale del sistema.

Le incertezza sul percorso oggi riguardano la figura di Renzi, ma potrebbero concernere l'attività politica di chiunque altro pretendesse di poter attuare riforme che riguardano il futuro di un processo democratico, attraverso questi enormi compromessi e senza prima aver provveduto ad una vera riforma che riguarda i diversi ruoli della politica e la disciplina dei Partiti.     

31 gen 2015

Una macroscopica anomalia...

di vincenzo cacopardo
E' straordinario il fatto che non si metta in evidenza la grande anomalia (di cui la politica del nostro Paese è sempre più colma) sui fatti riguardanti persino la nuova nomina del Capo dello Stato.

Al di là della figura indiscutibilmente valida e stimata di Sergio Mattarella, sicuramente più adatto delle tante figure proposte, quello che non si riesce a comprendere è il silenzio di una classe politica così poco attenta agli evidenti conflitti. Una classe politica che nei tanti talk televisivi non mette mai in evidenza questa incongruenza all'attenzione dei cittadini.

Chi è più dentro nei temi della politica non può sottolineare il grande conflitto oggi esistente riguardo alla figura di Matteo Renzi..contemporaneamente segretario del Partito di maggioranza e presidente di un Esecutivo.

Ci troviamo in un caso particolare in cui un presidente della Repubblica che di norma nomina un presidente del Consiglio..si trova di fatto ad essere nominato, in modo anomalo dallo stesso. Ciò accade anche perchè essendosi dimesso Napolitano..il caso vuole che debba nominarsi un nuovo Capo dello Stato.

Se sull'esigenza di una nuova nomina non ci piove.... rimane davvero anomalo il processo di investitura voluto da un presidente del Consiglio contemporaneamente segretario assoluto di un Partito di maggioranza (che oggi gode di un alto premio) il quale, nella stessa qualità di segretario, guida di logica una attività anche parlamentare, finendo con l'imporre una figura..oltre che tutto il resto.
La enorme anomalia si riduce sicuramente in un conflitto con la carica di capo dell'Esecutivo. Conflitto di interessi che pare non sorprendere alcun politico. Una anomalia del sistema che non vi sarebbe se per logica i due ruoli fossero separati.


Ciò non rimane circoscritto alla sola figura di Renzi, ma coinvolge tutte le personalità politiche che pretendono di poter assumere i due ruoli come fosse una prassi normale che non influenza un percorso istituzionale, ma... in realtà   rimane frutto di una forma mentis distorta della politica che incide con preoccupazione ponendo una seria riflessione della stessa Corte Costituzionale. 

Mattarella ..figura di equilibrio che potrebbe ridurre patti ed accentramenti


di vincenzo cacopardo

Ormai l'elezione di Sergio Mattarella a Presidente della Repubblica sembra essere in dirittura d'arrivo. Malgrado gli assurdi tentennamenti del partito di Alfano e le ingiustificate esitazioni (promosse esclusivamente da giochi di bassa politica) basate su un presunto metodo, la candidatura del giudice Mattarella..troverà un consenso molto più alto del previsto..superiore ai seicento voti.

La figura è decisamente migliore e più adatta delle tante che in questi giorni si sono proposte.

Uomo assai discreto, un po' introverso, e sicuramente adeguato nella parte di Capo di Stato.. poichè ha esercitato il ruolo di membro della Consulta e quindi preparato nella funzione di difesa degli interessi della Costituzione. Mattarella, che ho anche avuto modo di conoscere, è stato professore di diritto Parlamentare presso l'Università di Palermo. Mai come oggi occorre qualcuno che difenda i valori di una democrazia attraverso un particolare equilibrio.

Sergio Mattarella è figlio di Bernardo, politico democristiano più volte ministro tra gli anni 50 e anni '60, e fratello minore di Piersanti, che nel 1980 fu assassinato mentre era presidente della Regione Siciliana. Vicino per tradizione familiare alla corrente morotea della Democrazia Cristiana, fu eletto alla Camera dei Deputati nella circoscrizione della Sicilia Occidentale. Rieletto alla Camera nel 1987si mantenne vicino alle correnti di sinistra del partito ed in particolare al segretario De Mita. Nello stesso anno fu nominato ministro dei rapporti con il Parlamento nel governo Goria e confermato nell'incarico nel 1988 con ilgoverno De Mita. Nel 1989, con la formazione del governo Andreotti fu nominato ministro della Pubblica Istruzione. Si dimise dall'incarico il 27 luglio 1990, insieme ad altri ministri della corrente di sinistra della DC, per protestare contro la fiduciaposta dal governo sul disegno di legge Mammìdi riassetto del sistema radiotelevisivo. Motivo per il quale Berlusconi sembra non volerlo votare.
Il 22 aprile 2009 è stato eletto dalla Camera dei Deputati componente del Consiglio di presidenza della giustizia. Il 5 ottobre 2011 ilParlamento in seduta comune lo ha eletto giudice della Corte Costituzionale ed alla quarta votazione con 572 voti, uno più del quorum richiesto. Sergio Mattarella fu anche relatore delle leggi di riforma del sistema elettorale della Camera e del Senato che, recependo l'esito del referendum del 1993, introducevano una preponderante componente maggioritaria. La legge Mattarella, alla quale il politologo Giovanni Sartori diede l'appellativo di Mattarellum, fu impiegata per le elezioni politiche del 94, del 96 e del 2001.

Alla fine il presidente del Consiglio Renzi ha preferito mantenere compatto il Partito democratico. Ha così resistito alla tentazione di estendere oltre le riforme istituzionali e la legge elettorale, per giunta già in tasca e a cui manca solo l’ultimo passaggio alla Camera dove i numeri della maggioranza non preoccupano. Certo.. risulta strana e poco comprensibile questa candidatura da parte di Renzi, sia per la sostenibilità del famigerato patto del Nazareno...sia nell'ambito il lavoro di accentratore svolto fino ad adesso dal sindaco d'Italia che potrebbe vedere lo stesso Mattarella, mettere in dubbio alcuni percorsi poco utili e chiari.


La speranza è quella che il nuovo Presidente possa indirizzare meglio le riforme difendendo i valori principali di una democrazia proprio perchè nella qualità di ex membro della Corte Costituzionale, potrebbe avere una visione d'insieme meno politica o di parte ...restituendo al Paese i fondamentali principi di una sovranità popolare.