RIFORME? SI, GRAZIE
Diversi
autorevoli editorialisti dei principali quotidiani sottolineano in questi
giorni la necessità di passare alla fase “esecutiva” delle famigerate riforme.
Riforme
che difficilmente non riguarderanno la struttura costituzionale e che quindi
necessiteranno di doppia deliberazione, specialmente per quanto riferibile al
sistema giudiziario.
A
questo proposito, dice Piero Ostellino dalle colonne del “Corriere della Sera”
che la degenerazione di un sistema istituzionale reso di fatto anacronistico e
desueto ha trasformato il Parlamento in organo mero esecutore delle sentenze
della magistratura. Un Parlamento addirittura “terrorizzato”da un potere
giudiziario sempre più prorompente dal 1992 in poi ,che determinò addirittura
la impulsiva ed affrettata populistica –seppure fittizia – abolizione della
immunità parlamentare.
Dunque
una magistratura social-comunista contro il (libero) liberalismo attribuito
prima di altri ai politici, nella misura in cui questi ultimi, con l'avvento
del berlusconesimo, (eviteremo qui infatti il suffisso “ismo” per non incorrere
in svariate ed errate interpretazioni sulle nostre posizioni), coincisero
sensibilmente.
Una miscela esplosiva che ha infiammato sinora un improprio
dibattito politico tra:
§ -una
sinistra che ha accolto nella sua ala più centrista tanti ex democristiani, a
corto di idee e quindi non competitiva, che ha trovato un insperato alleato
nell'esercizio dell'azione penale-giudiziaria di una magistratura più o meno
consapevole di operare sconvenientemente nella sfera dei consensi creando non
solo di fatto – come è puntualmente avvenuto – un vero e proprio partito;
§ -una destra già debole e praticamente fusasi con il
berlusconesimo - salvo il tentativo di resistenza finiana molto tardivo e
quindi punito dagli elettori- anch'essa recettrice di tanti ex democristiani e
che, con il Cavaliere “dux” nel senso proprio del termine “condottiero”, ha
fatto essa stessa uso dell'azione giudiziaria persecutrice elemento portante
della propria ideologia;
§ -un centro che stenta a ritrovare la propria identità,
penalizzato da un elettorato troppo attento alla spettacolarità di Renzi o di
Berlusconi, ridotto indegnamente ad opera di leaders dall'opportunismo
prevalente a ruota del carro dei più forti, rimasto solo a reclamare un utile
ritorno ad un sistema proporzionale troppo presto demonizzato da un bipolarismo
populista ed esterofobo.
Sono le anomalie che hanno caratterizzato gli ultimi vent'anni
della storia d'Italia e dalla quale ormai da troppo tempo diciamo un “basta”
che però“non basta” più.
Dicemmo
già in precedenti considerazioni condivise che è tempo di osare, è tempo di
approfittare del particolare momento di crisi per alzare la testa in Europa,
per avviare un concreto e scadenzato percorso parlamentare di riforme
istituzionali nei settori economico, giudiziario ed elettorale, anche facendo a
meno di un moderatismo che ha già esaurito, in questa fase, il proprio
importante ruolo come in ogni democrazia degna di questo nome.
Un
amico con cui spesso mi confronto mi ribadiva qualche giorno fa la necessità di
rinunciare per sempre alla anacronistica distinzione geografica delle aree
degli emicicli parlamentari e che anche parlare di “centro”o di naturale
periodica ri-convergenza verso di esso significhi legittimare ancora la
presenza di una destra e di una sinistra.
L'esecutivo
Letta a nostro avviso e di fatto oggi, dopo una opportuna verifica parlamentare,
può e deve osare di non perdere più tempo, prima di tutto perchè è praticamente
un monocolore, poi anche perchè è la prova vivente del naturale ritorno al
proporzionale, quale espressione che riteniamo di maggiore rispetto delle
minoranze, laddove si possa intervenire modificando quelle caratteristiche che
in passato ne hanno determinato l'unico limite tangibile, la instabilità degli
esecutivi.