di domenico cacopardo
Partiamo da lontano, dalla guerra dei
trent’anni (1618-1648) che sconvolse l’Europa, impegnandola in un modo totale
per l’affermazione di alcune egemonie, prima fra esse quella degli Asburgo
sulla Germania (fallita da Carlo V), quella della Spagna sulla Francia e, a
seguire, sui Paesi Bassi. La pace di Westfalia nel 1648 pose fine al conflitto,
stabilendo un principio di equilibrio al quale avrebbero dovuto adeguarsi le
nazioni del Continente.
La storia di questi tre secoli e mezzo ha
dimostrato che, quando l’equilibrio è turbato, l’Europa è precipita in guerre
disastrose: Luigi XIV, Napoleone, Bismark e la Prussia (premessa della Prima
guerra mondiale), Hitler.
Dopo il 1945, alcuni leaderilluminati, il
francese Schuman, il tedesco Adenauer, il belga Spaak e l’italiano De Gasperi
videro che la ricostruzione e lo sviluppo pacifico avrebbero potuto consolidarsi
con processo unitario verso la federazione europea. Nel 1954 fu tentata la via
della Ced, comunità di difesa, caduta per la feroce opposizione dei comunisti
italiani, per la fragile volontà della Democrazia cristiana, e per la
permanente idea di grandeur francese.
Il passo fondamentale avvenne a
Maastricht, con l’istituzione della moneta unica, l’euro, premessa per l’unione
politica. La concorrente determinazione delle nazioni trovò un decisivo
sostegno nelle necessità della Germania, impegnata nel processo di
riunificazione nazionale.
Poi, un infelice quinquennio di Romano
Prodi, per gli addetti ai lavori un pessimo presidente, determinò l’autolesionistica
apertura dell’Europa a una decina di altre nazioni, determinandone la paralisi
decisionale, oltre a incontrollati flussi migratori.
Questa lunga premessa serve a fare il
punto sull’Unione –e sull’Italia- all’alba del 2014. È evidente l’egemonia
tedesca e la fine dell’Europa equilibrata, la cui necessità era emersa nel 1648
e che è ancora oggi valida. Come sempre, in questi casi, le responsabilità
vanno equamente attribuite. Prima di tutto alla Francia, che da contrappeso e
fattore di equilibrio, s’è giustapposta alla Germania, contando sulla propria
posizione di ‘primo alleato’. Dopo Mitterand, Chirac e Sarkozy (Hollande
inesistente) hanno abbandonato il ruolo storico e si sono adeguati ai voleri
della cancelleria tedesca. Quanto a noi, abbiamo cessato di fare politica
estera nel 1992. Siamo stati in balia di noi stessi e delle tempeste nazionali,
titubanti tra una supina accettazione dei voleri germanici e timidi tentativi
di agganciare la Spagna a un carro che non aveva nessuna chance di partire.
Emblematicoil velleitariotentativo di Prodi di definire un patto di unità
d’azione con il premier iberico Aznar, sdegnosamente respinto dall’interessato.
Imbarazzanti, poi, gli eurocrati alla Mario Monti, asserviti alle decisioni di
burocrazie ottuse e irresponsabili.
Nessuno dei protagonisti della politica
italiana degli ultimi vent’anni s’è mai posto il problema del ruolo e del
futuro dell’Italia nel contesto internazionale e, quindi, si è chiesto su quali
alleanze contare. Unica eccezione Massimo D’Alema che, da presidente del
consiglio, riportò il Paese al centro delle relazioni transatlantiche ed
europee e, da ministro degli esteri, ci consegnò la funzione di pivot nella
stabilizzazione del Sud-Libano.
Oggi l’Europa è in crisi politica, una
crisi profonda, forse irreversibile, determinata dalla conquista egemonica
tedesca che identifica gli interessi dell’Unione con quelli specifici della
Germania. Una situazione che non può durare in un continente squassato dai
movimenti populisti a sfondo fascista che imperversano e crescono ovunque. La
strada tracciata –dell’omologazione sociale ed economica alla potenza
dominante- comporta prezzi che pochi possono pagare. Di certo non l’Italia
costretta dal Fiscal compact ad avere un surplus di 50 miliardi di euro l’anno
per vent’anni a partire dal 2015 (l’impegno suicida fu firmato da un sorridente
Mario Monti).
Nessuna delle ricette messe in campo
funziona e può funzionare: l’austerità uccide la crescita; l’allentamento dei
parametri uccide i mercati finanziari; il fiscal compact uccide gli stati.
Il dilemma è avanti a noi: priorità
all’Unione o all’euro? La scelta che trova sempre maggiori consensi nella
cultura politica europea è: salvare l’Unione. Per farlo, occorre cioè tornare
all’equilibrio continentale ed eliminare l’egemonia di uno Stato.
Altrimenti, l’inarrestabile Germania finirà
per distruggere l’Europa.L’ha già tentato neglidue ultimi conflitti.
Giorgio Napolitano, che è uomo più
concreto di quando si immagini, abbandoni la retorica europeistica e affronti,
finalmente, la realtà dei fatti.Senza idee né peso il fiorentino neo leader dei
Pd, la partita cade nelle mani di Enrico Letta: oggi dunque, il premier Letta deve
assumere su se stesso la questione e non recedere da una via di difesa
dell’Italia e dell’Unione europea. Essere un nuovo De Gasperi, non un cedevole
Quisling italiano. Costi quel che costi. Qualche veto italiano può correggere
la rotta. O fermare la nave prima che il ciclone l’investa.
Condivisibile come sempre questo
pensiero del cugino Domenico Cacopardo. Da quando iniziai a scrivere in questo
Blog, mi sono ripetuto centinaia di volte sul tema dell’equilibrio.
Per la
verità la mia prima pagina “About” propone l’immagine di una bilancia
(aequus-libra) ossia lo strumento che simboleggia il
bilanciamento come principio astratto essenziale….come simbolo sul
quale si dovrebbe lavorare e sul quale si pone ogni possibile futuro della
società politica mondiale.
Nella vita politica la parola“democrazia” è in
stretta connessione con la parola“equilibrio” per la determinazione delle scelte
di una vera società civile, nell’azione politica, risulta essenziale per la
ricerca delle formule da adattare a qualsiasi riforma. Il principio dell’equilibrio è sicuramente valido in ogni campo, ma rimane
particolarmente fondamentale per ciò che riguarda la creazione di quelle
riforme che rappresentano la base fondamentale del percorso di ogni politica...Nella
giustizia, pare essere una esigenza, peraltro contraddistinta da una
emblematica bilancia in perfetta simmetria, un baluardo da proteggere ad
ogni costo,mentre in politica, sembra assumere un aspetto di minore importanza.
Come si fa dunque a non
intuire l’importante costruzione di una vera innovazione del sistema politico
senza un preciso uso dell’equilibrio! La mitizzazione delle figure, una
certa politica servile, la mancanza delle idee ed un dialogo scomposto basato
sulle accentuate contrapposizioni...hanno ridotto il dialogo della politica ad una
dialettica che non lascia intravedere alcun senso dell’equilibrio per la
definizione delle scelte che, oggi, appaiono condotte solo attraverso le cattive abitudini "del troppo o del nulla”...."dell'assai
o del poco".
Fatta questa premessa e guardando alla formazione dell’Europa, ogni critica
espressa dal cugino Cacopardo è esatta. Tuttavia sembra
ormai chiaro che il nostro Paese avrebbe dovuto entrarvi con una diversa
valutazione dell'euro in rapporto alla lira
e sicuramente con un impegno verso la nostra economia definito da accordi più
studiati e precisi.. al fine di non sottoporci ad una concorrenza che ancora ci
penalizza in modo illogico. Chi pensa che l’Italia odierna possa venir fuori
da un contesto economico e politico Europeo...non fa che illudersi, poiché
ormai siamo del tutto integrati col sistema Europa! Ma la Comunità
internazionale dovrebbe servirci per sostenere uno sviluppo più equilibrato e
sicuro nel nostro stesso territorio.
La
domanda odierna… assai usata da chi sostiene un certo populismo.. è quella di
non riuscire a comprendere.. perché mai abbiamo dovuto pagare un conto così
salato per sentirci Europei.. non ricevendone in cambio una vera utilità…E’ un
interrogativo logico che si può spiegare principalmente per via di quegli
errori commessi in entrata…ma che potrà trovare quanto prima una risposta se
anche la politica del nostro Paese riuscirà veramente a cambiare. Io credo
che il risultato di questa nostra integrazione si vedrà nel lungo tempo e potrà
essere un risultato di migliore qualità solo se la nostra politica verrà
riformata e se sarà capace di proteggere la cultura e le variopinte bellezze del
nostro Paese.
La
lotta oggi è durissima e sembra quasi insormontabile lasciando intravvedere..
quasi..un disegno voluto dai potentati e da certe lobbyes…che sembrano favorire
un percorso di sofferenza e di ristrettezza dell’economia, al fine di una voluta
eliminazione dei ceti più deboli. Un atroce disegno forse costruito ad arte per
via della sempre più grande sovrappopolazione che invade il mondo.. Se così fosse…sarebbe un disegno spaventoso
che potrebbe vedere persino la Germania in testa.. ad assecondarlo!
Certo
questa egemonia del paese più forte a cui fa riferimento il cugino Domenico.. messa in relazione ad una precisa
mancanza di equilibrio nell’opera di costruzione di una unità europea, non può
che farci riflettere su una condotta che
potrebbe figurarsi quasi diabolica oltre che anticostruttiva.
vincenzo cacopardo