di domenico Cacopardo
Prima di quanto
ci aspettassimo siamo arrivati al dunque: il previstoscontroLetta-Renzi si è
consumato negli ultimi tre giorni, concludendosi con la più incredibile,
paradossale direzione del Pd (vista anche l’allegria di molti oratori), epigono
dei riti sacrificali della vecchia Democrazia Cristiana.
Il modo con il
quale lo scout giovane sindaco di Firenze ha approcciato il potere ricorda due
personaggi del passato: Amintore Fanfani che, negli anni ’50, conquistò il partito
rimuovendo il gruppo dirigente della DC a partire da Alcide De Gasperi, e
Napoleone Bonaparte, per la fiducia in se stesso e per la capacità di cambiare
di continuo, sul campo di battaglia, le tattiche che conducono alla vittoria.
È da vedere se
questa trionfale discesa a Roma (con l’annuncio di brevi permanenze settimanali
e di una ricandidatura a sindaco della sua città) e il tambureggiante esordio sul
proscenio nazionale siano ‘veragloria’ (come si chiese Manzoni sempre a
proposito di Napoleone).
Insomma,
capiremo presto se si tratta di una Ferrari o di una 500 smarmittata, di quelle
che i meccanici di periferia sapevano truccare bene.
Certo, Enrico
Letta ci ha messo molto del suo. L’abbiamo sostenuto per molti mesi, sino al
grave errore consumato sul caso Cancellieri-Ligresti. Abbiamo apprezzato la
gestione del caso Berlusconi, che ha permesso al governo di uscire senza danni evidenti
dalla suaestromissione dal Senato. Ma,
non appena entrati nel processo di approvazione della legge di stabilità, i limiti
strutturali del governo e la sua incapacità di guidarlo sono emersi in modo netto.
Un’antica consuetudine
di lavoro comune, mi aveva portato a ritenere Letta ‘un politico puro’, votato cioè
più ai disegni che all’amministrazione. Gran parte dei guai del governo Prodi
(2006-2008) derivavano dal fatto che proprio Letta, sottosegretario alla presidenza,
rinunciava a studiare a fondo i dossier, a cercare punti di convergenza e definire
provvedimenti concordati, salvo qualche nodo politico da consiglio dei ministri.
È facile
ricordare i problemi che incontrò il Prodi 2 proprio sul piano dell’azione di
governo, sgangherata e contraddittoria. E i guai del governo Letta sembrano una
fotocopia del passato prodiano.
Abile di fronte
alla politica pura, Letta è caduto sull’azione di governo, anche perché i suoi ministri,
primo fra tutti, Saccomanni, si sono dimostrati incapaci.
Matteo Renzi,
puntando al 2018, ne prenderà il posto con la benedizione
dell’Italia che conta. Non solo i militanti del Pd, carne da cannone per
qualche festa dell’Unità e per le votazioni in quella Corrida che sono le
primarie, non solo l’opinione pubblica più avvertita, ma la finanza,
l’industria, le aziende pubbliche (Renzi ha dichiarato che non è il caso di
privatizzare ulteriormente l’Eni), il sindacato stesso, forse quel che resta della
chiesa italiana, penso agli eredi di Ruini. Sarà probabilmente sostenuto da
Romano Prodi che con lui scorge il Quirinale.
Anche se alcuni
dei nomi che circolano per incarichi ministeriali sembrano inadeguati, non c’è niente
da gufare.
C’è da compiere
un ennesimo atto di fiducia, ben sapendo che se la Ferrari si rivelerà una 500 l’Italia
finirà nelle mani rapaci del duo Grillo&Casaleggio.
Sebbene azzeccata
e divertente la metafora della Ferrari e della 500 di Domenico aiuta ad una riflessione
profonda.. ma può prestarsi a diverse interpretazioni.
Non è certo per
voler gufare, poiché mi rendo conto della gravità della situazione quasi al
collasso. Ma se volessi far riferimento alla gradevole metafora esposta dal
cugino Cacopardo, non potrei esimermi dal ricordare che non può solo essere una
questione di un’auto più veloce e potente… in considerazione del fatto che il pericolo
sta soprattutto nel percorso che rimane non
curato e pieno di pericoli ..la trazzera sfossata di una vecchia Repubblica.. piena di buche che nessuno
prima si è mai occupato di aggiustare ed asfaltare. La vecchia strada di un sistema
dove forse un’auto meno potente, più piccola, non truccata e nemmeno rumorosa, potrebbe muoversi con più cautela avendo più facilità nel suo percorso. La cautela come anche l’umiltà non mi sembrano
proprio le abituali caratteristiche di Matteo Renzi!