9 apr 2014

"asini e i secchioni" di Domenico Cacopardo



ASINI E SECCHIONI
Si dice che il Signore accechi chi vuol perdere. E che prima o dopo gli errori si paghino. Quelli che sta inanellando il più celebrato premier d’Italia dal 1945 a oggi fanno temere che il conto gli sarà presentato piuttosto presto, investendo in pieno l’azione di governo.
Nonostante ogni buona disposizione verso lo svecchiatore del sistema che ha trasformato in reperti archeologici gran parte dei dirigenti del Pd in carica prima del dicembre 2013, i segnali quotidiani che si susseguono mostrano una inattesa pervicacia sulla via delle scelte che hanno l’inconfondibile crisma della sciocchezza.
Parliamo di palazzo Chigi, cuore e cervello del sistema di governo dell’Italia.
Nella posizione più delicata, quella di sottosegretario e segretario del consiglio dei ministri vediamo Graziano Del Rio endocrinologo, già sindaco di Reggio Emilia. Avrà tutto il fiuto politico possibile, Del Rio, ma non può avere la conoscenza della macchina dello Stato (ben diversa dalla macchinetta reggiana) necessaria per definire i contenuti tecnico-giuridici dei vari provvedimenti di riforma annunciati.
Direte: però si sarà messo vicino dei collaboratori di serie A.
Infatti: il segretario generale delle presidenza del consiglio è l’ex-city-manager di Reggio Emilia. A naso, sembra che prevalgano la familiarità e l’amicizia, sulla competenza e il prestigio. Immaginate questo segretario generale di fronte al capo di gabinetto di Pier Carlo Padoan, Roberto Garofoli, giovane consigliere di Stato di livello A1, un fuoriclasse: quale autorevolezza potrà mai esprimere, quale interpretazione giuridica, quale richiamo giurisprudenziale potrà mai richiamare per convincere Garofoli delle sue tesi, magari collaudate nelle discussioni con l’assessorato alla famiglia di Reggio Emilia.
Il caso fa comprendere come il rifiuto generalizzato dell’apporto dei consiglieri di Stato, l’unico corpo italiano paragonabile agli allievi della francese Ena, è una specie di rivolta dei rimandati a ottobre nei confronti dei promossi, degli asini rispetto ai secchioni, dei geometri (con tutto il rispetto) nei confronti degli ingegneri.
Ora, un osservatore attento, ma pratico del mestiere, si sarà detto: “Vediamo l’ufficio legislativo, la fucina in cui si forgiano le leggi dello Stato”.
Ecco invece che i giornali di ieri raccontano che il prossimo capo sarà Antonella Manzione, già capo della Polizia municipale di Firenze. Con tutto il rispetto, una follia.
L’avessero nominata numero due, in modo da impratichirla, da farle conoscere ambiente e regole, persone e gerarchie (tecnico-scientifiche)? Invece no, numero uno.
Scorrono nella mente i volti dei suoi predecessori, da Patroni Griffi a Nino Freni ad Alfonso Quaranta (poi presidente della Corte costituzionale), e viene da ridere.
Anche perché, accanto a questa squadra di sconosciuti burocrati di paese è schierata una squadra di ministri neofiti, che non hanno idea dei loro compiti e delle loro responsabilità.
La Mogherini, per esempio, che immagina di ridimensionare le retribuzioni degli ambasciatori (sempre gli asini contro i secchioni), senza avere approfondito ruoli, competenze, responsabilità. Senza avere accertato quanti dipendenti (più o meno legati al sindacato) si muovono per il mondo in costose missioni, senza, alcuni, nemmeno conoscere l’inglese?
Come fa a sentenziare che gli ambasciatori guadagnano troppo se non ha cercato di capire quali e quanti siano i punti di spreco nel suo dicastero?

Per carità, di questo passo, l’imperativo diviene categorico:cerchiamoci un ennesimo premier meno provinciale e supponente dell’attuale. Ne avremo bisogno presto.

8 apr 2014

Esempi poco adeguati..su tagli e diversità


di vincenzo cacopardo
Adesso anche la Francia vuole tagliare! Sembra volerlo fare sull'esempio del nostro Paese che sta mettendo sù riforme alquanto affrettate, sostenute esclusivamente dai tagli per il risparmio. La Francia vuole diminuire le sue regioni accorpandole. 
Ogni giorno c’è qualche politico che si alza sostenendo la necessità di semplificare qualcosa che.. in sé..la politica impedisce. Non si scorge mai un percorso più utile per un vero funzionamento delle istituzioni… teso a proteggere la strada di un equilibrio democratico.
Si parla anche dell’esempio della Germania e del suo sistema.. ponendo i suoi Partiti come un vero esempio di durata..e  che a differenza dei nostri, fanno sempre parte delle grandi famiglie politiche europee.
L’esempio con il sistema della Germania con i suoi Lander non può, però, calzare con quello dell’Italia. L'obiettivo dichiarato del federalismo tedesco è garantire sia l'unità verso l'esterno che il rispetto e il mantenimento delle diversità regionali.  Ogni federalismo non può vivere senza una solidarietà e questo è uno dei motivi per cui il federalismo in Germania funziona piuttosto bene ed è accettato da tutti.
Difficile poter mettere in relazione i problemi di una Nazione già federata come la Germania con la nostra: Il suo Governo nazionale garantisce l'omogeneizzazione delle condizioni di vita nelle varie parti del suo territorio. Inoltre..sappiamo bene che.. il sistema di votazione dei tedeschi ha un carattere prettamente proporzionale attraverso una procedura che prevede due votazioni.. ma non è esattamente considerabile come “bicamerale”. In sostanza la determinazione di una governabilità viene stabilita attraverso un percorso di base diverso che, seppur dissimile dal nostro, non è detto possa essere l’esempio di una perfezione.
Vi è di certo..in Germania, una differente cultura della politica e del vivere sociale che aiuta.. riuscendo a procurare una maggiore stabilità…anche perché la popolazione..nella sua vita tra i Lander, riceve un riscontro ed una comunicazione più diretta con la politica per le soluzioni delle proprie esigenze.

Il problema della nostra Nazione rimane ben diverso e non sarà mai paragonabile agli altri.. proprio per questo non necessita solo di tagli, ma di un funzionamento sinergico tra le istituzioni .. in considerazione del fatto che…un’azione diretta dei cittadini con la politica sembra inesistente: Manca la necessaria e fondamentale spinta dal basso, senza la quale non si potrà mai inventare alcuna governabilità…(men che mai stabile!.) se non penalizzando una democrazia.

Una nota all’editoriale di Michele Ainis dal corriere della sera del 8 Aprile


I virtuosismi che non servono
di Michele Ainis
s
La nave delle riforme veleggia in mare aperto. Ma il Capo delle Tempeste è al largo del Senato, dove soffiano venti da destra e da sinistra. Da un lato, l’altolà di Forza Italia: meglio abolirlo che farne un ente inutile. Dall’altro, lo stop dei professori: attenti alla deriva autoritaria. Può darsi che queste riserve siano figlie dei calcoli politici, degli egoismi di parte o di partito. Non sarebbe il primo caso. Tuttavia chi tratta gli argomenti altrui partendo dalla malafede del proprio interlocutore, dimostra d’essere a sua volta in malafede. E anche questo è ormai un vizio nazionale. 
Domanda: c’è modo di rispettare le obiezioni senza sfregiare le intenzioni? Quelle del governo, ma altresì degli italiani, che non ne possono più di veti incrociati. E c’è modo di tradurre le riserve in una riserva di consensi, senza abbattere i quattro paletti issati da Renzi? Nell’ordine: no alla fiducia, no al voto sul bilancio, no all’elezione diretta, no all’indennità dei senatori. Risposta: gli strumenti esistono, se i musicisti avranno voglia di suonarli. Se per una volta eseguiranno il medesimo spartito, smentendo l’apologo filmato nel 1979 da Fellini (Prova d’orchestra ). E se ciascuno saprà ascoltare le note degli altri orchestrali, senza eccedere in virtuosismi da solista. 

Ecco, l’ascolto. Non è vero che il nuovo Senato sia poco più d’un soprammobile, come sostiene Forza Italia. È vero tuttavia che fin qui rimane povero di competenze e di funzioni. Partecipa al processo normativo dell’Unione Europea, valuta l’impatto delle politiche pubbliche sul territorio. E vota le leggi costituzionali, soltanto quelle. Sulle altre conserva unicamente i poteri della suocera: consiglia, rimbrotta, sermoneggia. Al contempo perde la titolarità del rapporto fiduciario, e perde quindi il sindacato ispettivo sul governo. Curioso: questa riforma abolisce il Cnel, organo consultivo mai consultato da nessuno; però rischia di sostituirlo con un Senato di superconsulenti.

E la minaccia autoritaria, evocata sulla sponda sinistra del fiume? Esagerata anch’essa. Dopotutto, non c’è alcun intervento sui poteri del premier, che resta un primus inter pares rispetto ai ministri. E se con una mano l’esecutivo incassa il voto a data fissa sui propri disegni di legge, con l’altra rinunzia al dominio illimitato sui decreti legge. È vero, però, che il bicameralismo paritario offre una garanzia, nel bene e nel male. Anche se l’eccesso di garanzie uccide il garantito. Ma quante leggi scellerate avremmo avuto in circolo senza il disco rosso del Senato? A una garanzia in meno, pertanto, ne va affiancata una di più. Da Pericle in poi, la democrazia funziona in questo modo. 

La via d’uscita? Rafforzare il ruolo del Senato come organo di garanzia. Innanzitutto attribuendogli il voto sulle leggi elettorali, che d’altronde sono leggi materialmente costituzionali, nel senso che innervano la Costituzione materiale di un Paese: se decidi sulle seconde, puoi ben decidere pure sulle prime. E inoltre conferendo al Senato un monopolio su tutte le materie che trovano i deputati in conflitto d’interesse, al pari della legge elettorale. Nemo iudex in causa propria , nessuno può giudicare se stesso; meglio perciò rimettere al Senato ogni decisione sulle immunità, sulle cause d’ineleggibilità e d’incompatibilità, sulla verifica dei poteri, sulla misura dell’indennità dovuta ai membri della Camera, o più in generale sul finanziamento alla politica.

Dopo di che non è vietato immaginare ulteriori contrappesi. Per esempio allargando l’accesso alla Consulta anche da parte delle minoranze parlamentari, come succede in Francia. O potenziando il controllo del capo dello Stato sulle leggi: con un secondo rinvio, superabile a maggioranza assoluta. Ma in ultimo i guardiani della legalità costituzionale sono gli stessi cittadini. Siamo noi italiani, che negli anni Venti applaudimmo Mussolini, che negli anni Quaranta andammo sulle montagne per combatterlo. Nessuna norma scritta, nessun marchingegno costituzionale, può sostituirsi al sentimento civile. Ma certo può aiutarlo, può allevarlo. Su questo punto, viceversa, la riforma ospita silenzi imbarazzanti. Niente recall , né referendum propositivo, né corsia preferenziale per le leggi popolari. Dunque una buona riforma per quanto c’è scritto, un po’ meno per quanto non c’è scritto. Si tratta d’aggiungervi ancora qualche parolina.



“Nessuna norma scritta, nessun marchingegno costituzionale, può sostituirsi al sentimento civile” 
E' proprio muovendo da questa frase del professore Ainis che vorrei trarre spunto per una osservazione a questo editoriale. Non credo neanche possano essere poche le paroline da aggiungere per una proposta di riforma che sembra vedere le figure del nuovo Senato non elette dal popolo.
Il professore Ainis, attraverso le note capacità di costituzionalista, per una sua innata competenza, sembra spingersi verso nuove proposte, proponendo di definire meglio l’opera incompleta di una riforma che potrebbe offrire maggior sostanza alle istituzioni politiche. 
Ainis propone l’accesso alla Consulta anche da parte delle minoranze parlamentari… propone di rafforzare il ruolo del Senato come organo di garanzia attribuendogli il voto sulle leggi elettorali, indica un potenziamento del controllo del Capo dello Stato sulle leggi etc....Così dimostrando ulteriormente  quanto incompleta appare la nuova riforma voluta da Renzi che, per un principio essenziale di democrazia e di funzionamento, dovrebbe vedere i componenti di questa Camera come figure elette dal popolo.
Ma le teorie in questo campo potrebbero essere anche altre, come ad esempio... in riferimento al conflitto d’interessi a cui lo stesso Ainis fa riferimento.. e cioè a quel richiamo "nemo iudex" ... che potrebbe valere proprio in riferimento ai compiti spettanti a chi opera per le leggi in perenne conflitto con chi deve poter governare in favore di un utile equilibrio democratico. Perché dunque non dare al Senato un preciso ruolo in campo amministrativo senza che questo venga esercitato dall’altra Camera politica?..E perché non legarlo ad una elezione separata che non veda l’impegno dei Partiti, ma solo quello di figure valutate per precisi meriti e curricula? Separare i due ruoli (Camera politica e Camera amministrativa) con due differenti elezioni, potrebbe essere un passo importante per il funzionamento di un nuovo sistema istituzionale per un cammino più costruttivo in favore di una nuova politica... rendendo più democratico e sicuro lo stesso percorso. 
Tagliare non è tanto necessario.. quanto il saper far funzionare!
vincenzo cacopardo

7 apr 2014

Renzi …l’uomo della provvidenza del “prendere o lasciare”



di vincenzo cacopardo 

Renzi afferma di aver “giurato sulla Costituzione e non sui professoroni. Rodotà definisce questi modi di retrogusto amaro asserendo: "Si cancella il Senato, si compone la Camera con un sistema ipermaggioritario ed il sistema delle garanzie salta con un risultato che sarebbe un’alterazione in senso autoritario della logica della Repubblica parlamentare che sta in Costituzione”.
I susseguenti toni ultimativi e minacciosi di Renzi sono una reazione a chi si permette di criticarlo nelle sue manovre. Il sindaco d’Italia cerca di rottamare quel che può, ma non può farlo con la cultura di coloro che lui appella con un certo disprezzo come un manipolo di studiosi della materia”
Sul tema della democrazia, il giovane Premier non vuole perdere tempo né confrontarsi, poiché per lui ciò rappresenta perdita di tempo..tempo che non c’è..Quello di Renzi sembra il mito della velocità..corre verso il futurismo di una politica segmentata e ristretta a pura attività di superficie..ridotta nelle spese ed alquanto generica nei suoi contenuti funzionali…ma cosa sarà mai questa democrazia?
E’ chiaro ( se ancora non si riuscisse a capire) che il sistema che vuole Renzi e che ha ottenuto ormai l’endorsement di una certa politica internazionale, è quello di tagliare con la logica del proporzionale e di costruire un nuovo bipolarismo forzando sull’ipermaggioritario…insomma quello di poter ottenere una governabilità sicura ingabbiando ogni principio di vera rappresentanza democratica…Forse per lui stesso non proprio bello..ma sicuramente utile per potergli regalare anni di governo..E' il solito filone machiavellico del fine che giustifica i mezzi!
Oggi..il suo scambio di vedute si riduce al “prendere o lasciare” come se si fosse in un tavolo da gioco..e persino all’interno del suo ammutolito Partito nessuno osa mettersi in contrasto. Il suo continuare a ripetere “ci metto la faccia” può essere inteso come un ripetitivo slogan, ma viene interpretato dai suoi colleghi di Partito come un minaccioso aut aut…Un Partito ormai ridotto nel più assoluto e disperato silenzio…altro che democratico!
Un altro uomo della provvidenza bussa alla porta della politica della Nazione ed alle sue istituzioni…Il Paese all’arrivo del nuovo Messia si inchina prostrandosi incantato da una comunicazione accattivante..demagogica ed ormai alquanto populista che basa tutto su tagli e riduzioni di spesa, ma che non entra in profondità su ciò che rappresenta un vero funzionamento del sistema. Un sistema che, in realtà, potrebbe diminuire nei costi attraverso uno studio più approfondito che guardi ad un vero funzionamento e che non operi con la fretta e l’impazienza di chi corre con grande ambizione verso la meta calpestando le regole fondamentali della democrazia..Nessuna politica in favore degli incapienti, delle basse retribuzioni dei pensionati, di nuove iniziative per una vera spinta al lavoro....nessuna sulla ricerca..sul mezzogiorno..sull'innovazione in genere..etc
Il cittadino sembra amare le doti sbrigative di quest’uomo ed il sorriso stereotipato del Ministra Boschi che nasconde con una facciata di bell’aspetto le improvvide scelte e le regole dell'unico manovratore. Vedremo presto i risultati…risultati che, anche se resteranno sterili..saranno declamati come gli unici in questi ultimi vent’anni di sofferenza economica…Ma quello che conta..per la politica di Renzi..è una governabilità sicura...tutto il resto è secondario!  



   

6 apr 2014

I tagli e le regole del gioco..


L'ASSORDANTE SILENZIO DEL PD
di Cacopardo vincenzo
Fa tanto pensare l’assoluto silenzio in seno al Partito Democratico.. ormai totalmente sottomesso al pensiero del segretario-Premier Renzi. 
Mentre Gianni Cuperlo suggerisce di andare avanti con le riforme sul Senato, Civati, pur deluso per come opera il suo capo di Partito, sembra non andare oltre ingoiando un ulteriore amaro boccone.. come se gli avessero impartito un ordine perentorio. Nessuno in seno a questo Partito osa contrastare il monarca assoluto nella corsa ad un innaturale percorso di riforme poco democratiche e nemmeno funzionali, ma viste solo in una tanto retorica, quanto populista, logica del risparmio...Eppure questo Partito si definisce Democratico!
Persino Berlusconi..il solidale compagno delle regole..alza la cresta sulla imminente riforma del Senato, valutandola inutile e poco adeguata, spingendosi ad affermare che sarebbe preferibile annullare del tutto questa Camera... Poi torna sui suoi passi..avendo le sue personali gatte da pelare… lasciandolo correre....Sembra  ormai stanco del ventennale contributo in favore di una eguale politica da venditore.
Oggi…Renzi.. fa tanto pensare ad un Forrest Gump italiano che tutti inseguono in una  lunga corsa della quale non riescono a capire lo scopo. Finita la corsa saranno in molti a domandarsi qual è stata la vera ragione di averlo seguito…quale il traguardo?.
Sono in tanti i cittadini che vedono in lui il nuovo salvatore della Patria, come sono in molti a non comprendere le logiche del cambiamento che lui sta effettuando e che si basano soltanto su quel positivismo dei tagli che questa politica si appresta a fare: Fare i tagli porta molto più consenso.. ed assai poco importa come intende condursi il cambiamento! Tutto davvero strano!...Poco interessa a chi ignora quali sono gli importanti meccanismi istituzionali delle Camere …delle Provincie..delle Regioni..di una nuova legge elettorale. In questo campo…duole dirlo..ma l’ignoranza prevale! L’unica cosa che importa sono i tagli…tagli…e solo tagli!
Quando più in là ci si accorgerà che poco sarà cambiato e che aumenterà uno stato confusionale sulle competenze e sulle funzioni, saranno in tanti…(pur continuando a non percepirne una ragione)…a dover valutare nei fatti il risultato del cambiamento  delle istituzioni proposte dall'astuto comunicatore Renzi.
L’ignoranza di chi non percepisce i veri valori di una rappresentanza democratica, troverà ancora una volta chiarezza nel fatto di non essere stato considerato come un vero portatore di un consenso, ma la solita pedina di un gioco di potere che intende costruire regole solo dall’alto.

5 apr 2014

Le riforme: come non perdere i principi di una democrazia




UN'ANALISI SULLA PRIORITA' DELLE RIFORME 
di  vincenzo cacopardo

da uno studio di ricerca su governabilità, funzioni,partiti e ruoli

Le riforme del nuovo governo sulle province e sul Senato sostenute con determinazione da Renzi e proposte dietro la dolce facciata della neo Ministra Boschi, sembrano poco convincenti. 
Si è discusso abbondantemente sia sulla minima parte di risparmio ( che sembra apparire come il più importante scopo) sia sulla mancata efficienza di una nuova composizione di un Senato.. poco opportuno.. se non improponibile, quando lo si deve legare alle nuove regole sulle città metropolitane...Per non parlare di una legge elettorale ancora assai discussa e discutibile.
Ciò detto… si potrebbe provare ad individuare alcuni mali di una architettura istituzionale  che non sembra definirsi in modo utile per l’assetto funzionale dell'insieme di tutta l’organizzazione politica. Proviamo a farlo..a differenza di come intende farlo questo governo, tenendo conto del fondamentale principio che dovrebbe legare le regole del percorso ad una democrazia.
Prima di mettere mano a qualsiasi riforma di questo tipo, sembra non ci si voglia accorgere di un aspetto che rappresenta la chiave prioritaria senza la quale non sarà mai possibile condurre adeguati rinnovamenti per le Camere politiche…né per una utile governabilità.. né per ciò che riguarda le amministrazioni locali:

1)La principale riforma dovrebbe proprio riguardare le regole per la disciplina dei Partiti in riferimento all’articolo 49 della Costituzione.  
Dal punto di vista giuridico i Partiti politici in Italia sono organizzazioni private che si configurano come associazioni non riconosciute e godono quindi dell’ampia libertà d’azione che è prevista dal codice civile. La necessità di accordi continui fra Partiti ha però portato alla cosiddetta partitocrazia e cioè all'occupazione di tutti i gangli dell'amministrazione pubblica, con l'inevitabile conseguenza di corruzione, nepotismo, inefficienza, etc.
Quando la Corte nella sua sentenza contro il Porcellum aggiunge e chiarisce “Le disposizioni censurate sono dirette ad agevolare la formazione di una adeguata maggioranza parlamentare, allo scopo di garantire la stabilità del governo del Paese e di rendere più rapido il processo decisionale” non fa che affermare un obiettivo  che definisce legittimo per Costituzione ma, correttamente, non si esprime su un metodo che è.. e resta di natura prettamente politica. 
Il problema, quindi, rimanendo di carattere politico... non può non coinvolgere i Partiti, i quali nella qualità di rappresentanti di un consenso, dovrebbero operare in favore di un funzionale percorso.  
Oggi si pone una seria questione di rappresentanza politica. Il cittadino appare quasi nauseato da chiunque lo rappresenti in Parlamento. L’argomento odierno di principale importanza appare proprio quello della rappresentanza del ruolo dei Partiti che, oggettivamente, non potranno mai essere eliminati per l’importanza del ruolo che assumono, ma che devono sicuramente porsi delle regole più precise sia per la loro specifica funzione che per il loro sostentamento. Ora.. se noi potessimo partire dal basso e regolare i Partiti come vere officine di idee, come veri motori di ricerca per spingere, assecondare, ricercare, interpretare, mediare…cioè.. per svolgere quell’azione induttiva per la determinazione di ogni programma, fornendogli anche una regolamentazione inerente un principio di sostentamento, potremmo dare maggior forza ad ogni altro tipo di riforma più alta riguardante il nuovo assetto delle Camere, dei territori.. e di ogni fine governativo.
Questo è il primo richiamo a chi, come la Ministra Boschi pensa.. con l’innocenza di una scolaretta ed una evidente insensibilità politica… di poter proporre simili riforme partendo dall’alto, battendosi con un sistema che, per quanto vecchio, ha visto fior di costituzionalisti porsi un problema sulla fondamentale “questio” della rappresentanza democratica.

2)Un aspetto importante assume..poi..il conflitto che si genera (proprio per la mancanza su una regolamentazione dei Partiti) tra il potere esecutivo e quello Parlamentare e cioè tra chi amministra o governa e chi e deputato a dover ricercare e mettere in atto le normative (quelle che Renzi definisce sportivamente… le regole del gioco). Il perenne conflitto d’interessi sembra volutamente sottaciuto da una classe politica che ha sempre fatto ben poco in proposito.
La visione odierna è certamente legata ad una condizione che tiene insieme in modo assiomatico i compiti del politico nel suo genere: Una concezione che parte dal principio che chi governa, oltre a decidere, deve essere in grado di definire le normative. Un concetto legato ad una politica determinata nel passato, in cui si aveva una visione alta dei suoi valori, suggerendo costituzionalmente un armonico raccordo tra i due poteri, al fine di una costruzione più utile e corretta. Ma è proprio questa la base di partenza sulla quale si potrebbe porre qualche riserva, poiché non è detto che, oggi, questa procedura possa essere quella giusta per determinare la funzionalità e la concretezza delle proposte.
Nel sistema che ancora oggi si vuole di democrazia, si è ormai creato un anomalo compromesso tra chi governa in contrasto con chi legifera. Tanto estesa questa anomalia, si è arricchita di un conflitto che determina una apparente e, non più realistica organizzazione democratica. La vera democrazia soffre e spinge il cittadino a valutare negativamente la politica idealizzando una  possibilistica visione futura di un sistema più duro e deciso, ma almeno più stabile.  Appare logico, quindi, che a difesa dell’istituzione democratica del Paese, si debba assolutamente limitare il campo dei compromessi, migliorando alcuni principi che partono dallo stesso testo della Costituzione. 
Anche questo è un richiamo a chi ..come Renzi, pensa di poter operare un cambiamento senza almeno limitare un tale conflitto che persevera negli anni ed ormai definitivamente legittimato da una classe politica poco attenta.  

3)Determinata una vera riforma sui Partiti attraverso una regolamentazione che li obblighi ad un contatto più diretto con i cittadini al fine di indurli ad un dialogo di scambio per il riscontro dei programmi. Limitato il perenne conflitto tra chi legifera e chi amministra e governa, anche i nodi del titolo quinto verrebbero pian piano dipanati attraverso una attenta ricerca in riferimento alle elezioni amministrative e le posizioni politiche locali.
La ricerca dovrebbe tenere in considerazione il momento storico in cui si guarda con sempre maggior interesse ad un federalismo diretto verso le Regioni, ma con un occhio particolare ad una indipendenza amministrativa più logistico strutturale che politica in se.  Forse le Regioni, hanno ancora necessità di una politica di base territoriale, poiché si impone per un bisogno legato alla loro storia ed una più diretta protezione delle attività culturali allacciate alla tradizione, quindi anche a protezione di una loro qualità. Di contro le amministrazioni comunali potrebbero non sostenere alcuna espressione consiliare di supporto, per altro onerosa: le città tendono ad esprimere un voto più per un programma di funzionamento strutturale e di propria evoluzione che di vero stampo politico. Tuttavia una indispensabile politica di controllo territoriale e di indirizzo potrebbe essere condotta da un consiglio regionale (Una idea di ricerca che potrebbe vedere uno studio per un federalismo politico istituzionale tenuto dai consigli regionali ed un federalismo amministrativo condotto dai Comuni con elezioni differenziate. Ambedue collegate alle rispettive Aule nazionali).
A differenza che nel passato, in cui i Comuni tendevano a chiudersi in se stessi e non guardavano ad uno sviluppo in relazione agli altri Comuni del territorio ed in cui esigeva una particolare politica cittadina, le necessità odierne di una città guardano verso il futuro tendendo a muoversi solo in direzione di un programma amministrativo per la creazione di strutture adatte ed infrastrutture necessarie per offrire più efficienza e migliori servizi ai cittadini.

4)Ci si approccia di conseguenza al fine di una governabilità più corretta. In riferimento alle sopracitate riforme conseguenti ad un bisogno strutturale definito alla base, si determinano le fondamenta su cui poter edificare una più adatta e sicura formazione governativa. Infatti...definite le regole dei Partiti, delimitati i compiti dei politici, composta l’attività politica dei territori, si potrebbe operare meglio in direzione di una legge elettorale che non dovrà più sostenersi con larghe soglie di sbarramento, nè con irregolari premi di maggioranza, poichè.. persino le posizioni contrapposte in termini ideologici non avrebbero senso, ma un percorso che può costruirsi su opportune logiche di funzionamento di un sistema che attraverso una induzione.. deduca i veri bisogni dei cittadini.. rendendo loro la politica più vicina.
Il metodo assai “tranchant”  usato da Renzi per le riforme, se anche promosso dal sorriso stereotipato della bella ministra Boschi, appare un modo grossolano di muoversi.. in un contesto in cui valori fondamentali vengono sottovalutati in favore di una qualunque vendita al risparmio. La ricerca in proposito è fondamentale poiché non esiste in questo campo una verità esclusiva, ma la necessità di muoversi attraverso studi che guardino con logica ad un meccanismo che aiuti la crescita di un sistema più utile.. senza perdere i principi che possano legarlo ad una democrazia.
Una ricerca che necessita di studi più profondi con la partecipazione di chi ne condivide alcuni importanti aspetti. 

   



2 apr 2014

Quei sondaggi poco convincenti




di vincenzo cacopardo

Attraverso un assurdo sondaggio si sta cercando di far intendere ai cittadini che il consenso verso  il progetto di Renzi è prevalente. Ma se osserviamo attentamente come viene posta la domanda, ci accorgiamo subito dove sta la bufala. Se la domanda viene fatta in favore di un cambiamento guidato in senso generico… non può che portare consensi favorevoli, come favorevole fu la risposta verso un cambiamento proposto da Grillo.
Sono sondaggi che non entrano mai nel merito specifico e quindi risultano fin troppo indefiniti e complessivamente sembrano raccogliere il favore degli elettori, non portando un vero riscontro utile. Il 72% si dice favorevole all’abolizione del Senato così come lo vedono, ma tanti di costoro non hanno una vera conoscenza dei compiti delle istituzioni. Anche per quanto riguarda la riforma della legge elettorale  i giudizi restano sicuramente condizionati da una mancata conoscenza della materia. Tutte finiscono con l’essere ritenute buone riforme dall’intervistato che in alcuni casi non sembra nemmeno a conoscenza  dei nuovi termini del cambiamento da dover ricostruire.
Quando si domanda ad un cittadino di chiudere con un bicameralismo, la risposta… sia per la rabbia dovuta alla politica inefficiente e corrotta degli untimi anni…. sia per una sorta di ignoranza delle logiche istituzionali, non potrà che essere favorevole: La loro attenzione si incentra sulla smisurata cifra che percepiscono i parlamentari comparata ai risultati. Qualunque figura politica si proponga per qualcosa di simile.. non potrà che trovare consensi, sia che si chiami Renzi… Grillo o Berlusconi..
Se si vuole un sondaggio serio bisognerebbe chiedere ai cittadini se si ha contezza del significato della parola democrazia e.. di giudicare se è giusto che un programma deve essere dettato dall'alto.. tendendo ad escludere ogni dialogo con loro stessi.

1 apr 2014

Le insensate perplessità sul pensiero di Zagrebelsky

QUELL'ECCENTRICA ARCHITETTURA POLITICA
di vincenzo cacopardo

L’architettura politica non è dissimile da quei principi  che regolano le strutture di sostegno per le costruzioni. Come per ogni fabbricato…occorre perciò crearvi opportune fondamenta…
Le perplessità di uomini come Zagrebelsky in merito ad una politica che pretende di far partire dall’alto ogni progetto non occupandosi della base.. non può essere identificata come pretestuosa o singolare. 
Non si tratta di volere o non volere cambiare un modo di far politica, ma di come si intende cambiare e cosa si intende per nuovo cambiamento…o, se per fare ciò, si vuole costringere  e mortificare una democrazia. Non di essere costituzionalisti pro o contro un progetto di riforma, ma di operare al fine di rendere valore ad una democrazia che deve reggersi sulla rappresentanza… altrimenti non può identificarsi in essa.
La costante retorica contro il pensiero di alcuni intellettuali che cercano di difendere una logica democratica e che con disprezzo vengono definiti come il cancro di un sistema politico liberale, risulta inconsistente e non può rendere vantaggi al nostro Paese...poichè nessuna politica fino ad oggi si è mai protesa verso un progetto di ricerca diversa..più innovativa.. che partendo dal basso.. difenda le regole di una democrazia e nel contempo imprima forza e sostegno ad ogni governabilità. Inoltre… costruire il nostro sistema sulla base di modelli esterofili non deve significare essere nel giusto… perché non è detto che altri sistemi, pur nella loro efficienza, esprimano un vero principio democratico..come non è detto che possano essere compatibili con una cultura storico politica e territoriale come la nostra.

Rendere la democrazia più efficiente tramite una manipolazione della stessa, come intendono oggi alcuni giovani politici non vuol dire migliorarla…La democrazia non è manipolabile a beneficio di una governabilità, ma al contrario, è indicativa per la definizione di uno stesso governo.   

Alcune osservazioni del Consigliere Domenico Cacopardo

Si scorge il temporale....
di domenico Cacopardo
Mentre si scorge il temporale, laggiù, nell’area occupata da alcuni stizzosi vegliardi, ossequiati per il loro decadente e ottuso estremismo, e dai loro cinici utilizzatori, occupiamoci del presente e delle esigenze di trasparenza e spending review, affidata a un incolpevole exfunzionario del Fondo monetario internazionale, Cottarelli. Anche lui (vedi Bondi), del tutto fuori posto nella complessità dell’amministrazione, come dimostrano le sue improcedibili proposte. Le più efficaci consistono nell’ennesima riproduzione dei tagli lineari, come quelli alle pensioni al di sopra della soglia di 3.000 euro (in busta-paga circa 1.800).
Probabilmente, la misura più efficace –e personale- sarebbe di procedere al ricalcolo di tutto il monte pensionistico su basi contributive, in modo da individuare il gap–se c’è- tra esse e l’erogato su base retributiva o mista. Con l’informatizzazione dell’Inps, da tempo completata, non dovrebbe essere così difficile capire di che cifre parliamo.
Torniamo alla trasparenza. Ci sono due dossier che meriterebbero un serio approfondimento: la variante di valico Bologna-Firenze e il Mose, il sistema di paratie mobili in ultimazione nella laguna di Venezia.
Entrambi di competenza del ministro Lupi.
Il primo è il frutto avvelenato della incredibile stagione di privatizzazioni del trio Prodi-Draghi-Ciampi. Una stagione che, un giorno, sarà esaminata dagli storici dell’economia provocando l’estromissione dei tre dal Pantheon della Repubblica e da quello del Pd in particolare.
Orbene, la Società autostrade dell’Iri-gallina dalle uova d’oro-, venne ceduta, regista Giancarlo Elia Valori, al gruppo Benetton che si finanziò ricorrendo al credito. Dopo la vendita di Autostrade, i vari ministri dei lavori pubblici concessero aumenti di tariffe vincolati all’esecuzione di lavori. Il principale, la variante di valico.
Sono passati almeno quindici anni da quando il processo di costruzione è stato avviato e della variante non si parla più. Rimangono le chiacchiere su un presunto eccesso di dividendi agli azionisti (di Autostrade), per aiutarli a restituire i quattrini presi a prestito.
Ora, siamo nel 2014, un qualche avanzamento è percepibile da chi percorre il vecchio tracciato, ma manca una parola chiara: quando sarà terminata e aperta al traffico la nuova Bologna-Firenze? Quanto è costata? Senza tali informazioni, si consolida la sgradevole sensazione di opacità.
Veniamo a Venezia. Sono passati trent’anni dalla costituzione del Consorzio Venezia Nuova. Nel frattempo, il Magistrato alle acque è stato svuotato di competenze e di impiegati, tanto che si dice che il personale che serve è fornito proprio dal Consorzio: i controllori sono stipendiati dal controllato. Il pasticcio è chiaro.
Ora, in queste settimane, le carte sono all’esame della Procura della Repubblica di Venezia. Ma il ministro avrebbe tanto da fare di suo, su questo tema.
Prima di tutto, i finanziamenti stabiliti dai vari governi di destra, di centro e di sinistra non sono stati preceduti da una due diligence sui prezzi praticati dal Consorzio. Probabilmente, ciò non è avvenuto perché sarebbero emersi dati preoccupanti.
A parte le progettazioni, eseguite (con costi non verificati in concorrenza) a Verona e a Milano, non a Venezia come da accordi consortili ufficiali (stabiliti, a suo tempo, con il Magistrato, con la Regione e il Comune), restano in piedi dubbi fondamentali: l’ora di ingegneria ha avuto un costo nella media? Il chilo di cemento, esposto allo Stato, aveva un prezzo di mercato? Sono di mercato i prezzi di tutte le parti (scomposte) delle forniture?
Non sarebbe ora che l’on. Lupi decidesse di esaminare il fiume di denaro già erogato e procedesse a una spietata analisi, appunto, dei prezzi pagati da Pantalone e, quindi, da tutti noi?
Quali remore ci sono per predisporre un documento utile agli italiani, alla Procura della Repubblica e ai veneziani?


Non sarebbe questa una spending review giusta, mirata, capace di far saltare fuori gli sprechi del passato e di impedirne nel futuro?

Il nuovo monarca di una politica in decadenza


di vincenzo cacopardo

Ormai Matteo Renzi  può muoversi con estrema libertà impartendo le sue disposizioni assolute nel difficile percorso delle riforme. Nessuno può più ostacolarlo, nessuno può permettersi di contrastarlo in qualunque decisione. Non lo fa Berlusconi perché non ha alcuna necessità di cambiare le cose  (anche in considerazione che per alcune trasformazioni avrà sempre bisogno di lui, potendone ricavare vantaggi)….Non lo fa Alfano che ha solo interesse a reggere le sorti di un neonato partito attaccato al potere nelle istituzioni… non lo fa il partito stesso di Renzi.. dove nessuno osa mettersi contro.. avendo il segretario stesso, posto un aut-aut chiaro che ne condiziona ogni orientamento critico. 
Immaginiamoci cosa accadrebbe se all’interno del suo partito.. una corrente, che mal lo sopporta, dovesse togliergli l’appoggio: Chi potrebbe assumersi la responsabilità di una fuoriuscita di Renzi  di fronte ad un opinione pubblica?. Chi potrebbe andare contro un simile venditore di sogni  dopo i lunghi anni di una politica dormiente inattiva?
I suoi sono ormai solo diktat! Ancor più contrastanti se consideriamo che la sua crescita nel governo del Paese non è mai stata suffragata da un voto….
Da buon e scaltro venditore, il furbo monarca, sa di avere questo vantaggio che gli permette di superare con tranquillità ogni diatriba fuori ed all’interno del suo partito…offrendogli, peraltro, quella sembianza serena che in molti, data l’estrema difficoltà del compito, non riescono ancora a comprendere. 
Il suo modo un po’ sfacciato di affrontare le riforme piace al popolo che non desidera approfondire alcuna tematica di rispetto verso le logiche di una democrazia ormai ampiamente superate nel metodo e persino nel merito: Poco importa purchè una figura decisionista riesca a mettere ordine nella politica sporca ed incapace di questi anni!
Il Paese è a terrà!…si urla. Almeno vi è una persona determinata che vuole tagliare gli sperperi e gli alti costi della politica!..Questa è la frase più comune in questi giorni… D’altronde si sa che.. quando un sistema e le sue istituzioni non funzionano, si allarga la forma mentis di quel comune pragmatismo che giunge fino ai confini di una esasperata fermezza.  
Ma le riforme attraverso i tagli secchi e decisi della politica indicata da chi impera, non è detto che nel tempo possano portare quei riscontri positivi soprattutto in termini di fattiva funzionalità. La grande fretta, i tagli secchi ed una approssimativo riscontro con la pratica, potrebbero arrecare ulteriori danni… oggi forse meno visibili... Da' tanto l'impressione di un voler sfoltire un campo pieno di sterpaglie ed erbacce, ma di non capire bene come renderlo produttivo in mancanza  di una necessaria scelta della semina. 


Quello che si percepisce bene.. è il vuoto di un Partito come il PD che pare totalmente asservito al volere di chi, nel bene o nel male, si propone come un vero monarca.. non avvantaggiando alcun dialogo positivo per il futuro percorso delle regole. 

la posta di Paolo Speciale

SENATUS POPULUSQUE RENTIANUS
di paolo Speciale

Concreto e sostanziale abbattimento dell'eccessiva e farraginosa tempistica delle procedure burocratiche proprie di uno stato sociale che però va mantenuto, perchè al momento irrinunciabile: questa la filosofia renziana che oggi, stante il rigido cronoprogramma autoimposto, si vuole trasformare in atto compiuto.
Cosicchè la prima delle riforme, sinora prudenzialmente solo dibattute in sede extraparlamentare in forza della loro potenziale natura destabilizzante, riguarda proprio il nuovo ruolo da attribuire ad una istituzione – il Senato - nata storicamente come sede della saggezza legiferante per eccellenza, l'assemblea che deve operare quel bilanciante “raffreddamento” delle intemperanze – non solo riformiste - mai meditate abbastanza.
Non si tratta di sconvolgere il bicameralismo perfetto, ma di razionalizzarne – in termini di efficacia - la veste operativa, non depauperando la funzione di Palazzo Madama, che anzi nella nuova dimensione diventerebbe complemento essenziale di Montecitorio.
E di questo Matteo Renzi deve fare i conti anche con il suo stesso “popolo”.
Si è parlato semplicisticamente di abolizione della caratteristica “elettiva” del nuovo Senato: eppure sarebbe costituito in grandissima parte da eletti presso le autonomie locali ed è innegabile quanto ciò possa incidere sulla nascita di una nuova e più alta qualità del rapporto tra rappresentante e rappresentato. Gli eletti nei vecchi collegi, sinora dimostratisi insufficienti strumenti di manifestazione delle esigenze locali e territoriali a livello centrale, sarebbero sostituiti direttamente dagli amministratori periferici stessi i quali, senza alcuna indennità diversa da quella erogata dall'ente locale rappresentato, sarebbero forse anche meno esposti al fenomeno del voto di scambio e ad una certa diffusa ed impropria dipendenza gerarchico-partitica che il sistema dei privilegi romani nel tempo ha consolidato.
La funzione legislativa ordinaria rimarrebbe prerogativa esclusiva della Camera dei Deputati, mentre al Senato la stessa sarebbe sostituita da una funzione - sinora propria delle commissioni – di elaborazione propositiva con cogenza, presso Montecitorio, di esame e di espressione di parere verso i testi redatti entro tempi ristretti.
Ancora: Palazzo Madama manterrebbe la funzione legislativa costituzionale, e quindi rimarrebbe attore determinante in ogni ulteriore processo di revisione della magna charta, oltre a rimanere titolare della stabile attribuzione di altre non meno importanti funzioni presenti nel processo legislativo.
Le riforme del sistema, si sa, riguardano tutti perchè modificano spesso anche le regole del gioco.
Tutti, tranne le più alte cariche dello Stato, che dello stesso sistema, anche se modificato dal Parlamento sovrano nella sua collegialità, devono essere, nella qualità, solo garanti e non critici commentatori. Pena il rischio di perdere autorevolezza e prestigio, oggi quanto mai importanti, se non confusi con i privilegi.






31 mar 2014

un commento alle nuove considerazioni di Domenico Cacopardo

Stenterello alla corte del Gran Khan
di domenico Cacopardo


Come il concittadino Stenterello, Matteo Renzi è chiacchierone e impulsivo, ma anche ingegnoso e pronto a schierarsi dalla parte del più debole. Ma, diversamente da Stenterello, sa essere spietato e teso al proprio successo sostanziale e, soprattutto, mediatico.
È fortunato, almeno sino a ora, il premier: la fulminea ascesa alla segreteria del Pd e, subito dopo, a palazzo Chigi sono state agevolate dal crollo di tutta una classe dirigente, educata nel vecchio Pci, emersa sulle ceneri della prima Repubblica, affermatasi nella seconda. Se rivolgiamo serenamente lo sguardo al passato ci sembra impossibile che persone della modestia di Bersani, Fassino, Nicolais, Melandri e compagnia bella abbiano potuto assumere responsabilità di primo piano. E se guardiamo ai tempi più recenti, scopriamo che i rivali di Renzi per la segreteria sono stati Cuperlo e Civati, di cui s’è ormai persa memoria nei corridoi degli uffici di via Sant’Andrea delle Fratte, dov’è la sede del Pd.
Ora che è al governo, Matteo Renzi non ha perso l’abitudine di far politica mediante l’épater le bourgeois, il vecchio e abusato metodo delle dichiarazioni reboanti, capaci di stupire e carezzare la pancia della gente, spesso infarcite di smaccata demagogia.
Un mix pericoloso, di cui presto potrebbe essergli presentato il conto. Il nostro giovanissimo presidente, tuttavia, non è solo questo. È anche l’interprete più efficace del malessere che percorre la penisola, della stanchezza per una politica che non ha più nulla da dire (vedi sopra), dell’indignazione per un sistema corrotto e incapace di portare a compimento qualsiasi disegno di riforma o di intervento sul territorio. Fallito per la politica sociale e industriale che ha espresso.
Ed è portatore, infine, di un progetto europeo alternativo a quello degli attuali responsabili della politica comunitaria.
Per Renzi (e molti altri), la politica di austerità ha recato più danni che benefici (salvo la Germania e alcuni paesi del Nord);le restrizioni alla crescita hanno messo in discussione l’Europa nel sentiment e nella ragione dei cittadini del continente; e, per l’Italia, ha significato un complesso di costi senza ritorni, a cominciare dal contributo al fondo salvastati per finire con le restrizioni del credito. L’unico assenso all’Unione riguarda la politica delle riforme: ma non quelle repressive che sono di voga a Bruxelles, ma quelle istituzionali, premessa obbligata di tutte le altre.
A occhio, anche sotto questo profilo, il premier sembra fortunato: le elezioni francesi hanno visto il successo del Front National, FN diretto da Jean-Marie Le Pen seminando panico tra gli eurocrati e leader come la Merkel; le prossime elezioni europee vedranno in sostanza uno scontro tra unionisti e separatisti, e i primi, che vinceranno, non potranno più dimenticare il disagio generale; la prossima Commissione sarà meno liberista e germanofila di quella uscente, anche perché per i socialisti si prevede un buon risultato.
Tutte ragioni queste che potrebbero aiutare Renzi a imporre a Bruxelles le ragioni dell’Italia, che sarà presidente dell’Unione dal prossimo 1° luglio.
Insomma, ancora una volta occorre aspettare: le prospettive, però, possono diventare migliori di quanto non siano oggi.


Il suo "épater le bourgeois" fa tanto pensare ad un personaggio che ha dominato in politica negli ultimi vent’anni. Anche lui usava queste roboanti dichiarazioni e ha riempito il suo periodo con promesse non mantenute.
Al di là di ciò… per quanto attiene il risultato della Francia.. non mi sembra che le elezioni diano tanta ragione ai socialisti. Che la battaglia a livello europeo finirà col dare ragione agli unionisti, sembra comunque scontato, se pur.. come afferma giustamente Domenico.. la posizione della Germania dovrà attenuarsi.
Per quanto riguarda la figura del Premier Renzi, mi trovo perfettamente d’accordo col cugino quando afferma che la corruzione ed un’evidente mancanza di riforme, hanno ridotto la politica del nostro Paese in un pesantissimo stato di disagio e di indignazione. Dunque..la via per Renzi.. dovrebbe essere solo in salita, poiché.. qualunque piccola cosa in positivo facesse, sarebbe vista come un’eccezione…qualcosa di singolare che nessuno prima è stato capace di fare.
Non si possono mettere in dubbio le qualità ingegnose di Renzi, né il suo opportunismo... mai la sua determinazione e la sua innata volontà, ma ciò non basta quando.. una simile metamorfosi del sistema.. dovrebbe coinvolgere un’intera classe politica in quella utile dialettica che oggi sembra mancare. Restano assai dubbiose certe considerazioni di merito circa le trasformazioni istituzionali da lui decise per opportunità.. (in considerazione del fatto che nessuno in seno al suo Partito osa opporsi). Trasformazioni storiche di una  importanza assoluta che decideranno il futuro di tutta la struttura politica istituzionale e che, a parer mio, non possono essere decise così in fretta, in modo assai tagliente e senza il contributo di tutti. Restano anche implicite altre considerazioni di metodo che, unite a quelle di merito, danno un quadro di una strada assai lontana da ciò che dovrebbe rappresentare un vero percorso democratico. Alcune cose gli riusciranno…altre molto meno..altre per niente.
Vincerà l’autoritarismo...una certa incantevole comunicazione..ed una evidente determinazione, ma andremo sempre più allontanandoci da ogni sistema di vera appartenenza democratica. 
V. Cacopardo

29 mar 2014

Boschi…la neoministra che fa comodo a Renzi


di vincenzo cacopardo
Quando sento parlare la neoministra Maria Elena Boschi ho come l’impressione di ascoltare una scolaretta che ripete a memoria i suoi compiti. 

Sicuramente bella e spesso sorridente... capace di attrarre col suo particolare sguardo incantato fin troppo sdolcinato (così bene interpretato da chi recentemente l'ha imitata). Nei suoi dialoghi tutto scorre mieloso… finendo col diventare scontato e tedioso: La ministra sembra ripetere mnemonicamente una lezione impartita da qualche altro al punto di non lasciare mai intravvedere un sua personale critica, una sua valutazione.. un esame corrispondente alla sua individuale logica…insomma..nulla che possa personalizzarla.
Malgrado la sua consapevolezza dichiarata sulle responsabilità che l’aspettano, non sembra incantare per i concetti che esprime… concetti nei quali non è presente un personale pensiero se non dettato o suggerito da fuori. Conclude ogni sua intervista col solito sorriso dopo aver ripetuto il compito come fosse davanti ad una commissione di esami di maturità o una tesi di laurea. Nel suo caso l’esame ripetuto alla lettera.. è quello dettato dal suo presidente in persona ossia Matteo Renzi…ed a ciò che lui le ha impartito.. la ministra pare non aggiungere mai nulla di più.
Se non dobbiamo considerarla per il suo dolce aspetto, ma sul piano politico…restiamo impressionati da una chiara mancanza di personalità di pensiero in un dialogo che pare esprimersi in modo simile ad un allieva che reitera pedissequamente un insegnamento.


E’ chiaro quindi che tutto ciò fa comodo ad un astuto Matteo Renzi che, in tal modo, può gestire con indubbia libertà ogni suo progetto di riforme.