5 ott 2014

i dolori del giovane Renzi

di paolo Speciale

La vicenda politica del nostro premier vede il suo protagonista inquieto e spesso solitario leader di un partito che continuerà ad autodistruggersi sino a quando si ostinerà a considerarlo non già figlio del tempo, quanto anche e soprattutto un male necessario per accumulare voti o, peggio, tessere.
Sarebbe un grossolano errore dimenticare che non è Renzi il primo Presidente del Consiglio incline ad attuare strategie di indirizzo politico di tipo terapeutico ispirate dalla contingente situazione socio-economica e non proprio in linea con datate ideologie di base, parimenti sostenibili – con identica se non maggiore efficacia –comprendendone appieno la naturale storica evoluzione, insieme ai nuovi diritti e valori che ne derivano e che non vanno certo revocati o negati, ma riconosciuti e trattati in maniera diversa, poichè essi stessi sono cambiati.
Giova qui ricordare che già trenta anni fa, solo contro tutti, Bettino Craxi vinse una consultazione referendaria abrogativa del decreto del febbraio del 1984 – detto di San Valentino per il giorno in cui fu emanato – che bloccava la scala mobile e che puntava all'ambizioso obiettivo – poi raggiunto- di ridurre una inflazione che uccideva ogni giorno di più una economia già sul letto di morte.
Le pregiudiziali lotte di classe – da fare ad ogni costo - in tempi di crisi globale nascono dalla irresponsabile consapevolezza di non saper considerare ogni grave recessione alla stregua della “livella” del principe De Curtis, dove a creare la disoccupazione è sia l'imprenditore che non può assumere sia l'operaio che non può lavorare.
Ciò premesso, non credo che la semplice abolizione del famigerato art. 18 possa contribuire ad una presunta “liberalizzazione” del mercato del lavoro con conseguente ripresa della produzione e dell'economia; anzi, poiché non vi attiene proprio, più utile sarebbe intervenire nel testo con emendamenti strutturali che non solo ne estendano l'efficacia a tutti i  lavoratori senza l'incostituzionale differenziazione – generante una inaccettabile diseguaglianza – del numero dell'organico, ma lo rendano finalmente ed inequivocabilmente avulso dalla querelle sul welfare.
E tuttavia questa convinzione non mi impedisce di considerare prioritario il recupero e la giusta valorizzazione dei presupposti fondamentali presenti in ogni rapporto di lavoro, che passa per il superamento una volta per tutte della restrittiva semplicità del principio secondo il quale uno o più licenziamenti possano costituire la chiave di volta per un'azienda che, se già soffre, non attenuerà di certo il proprio malessere mandando a casa le maestranze.
Soltanto pochi, oggi, si rendono conto delle vere priorità: e sono gli stessi che cercano di sfondare i muri di gomma fatti di tesi preconfezionate, spesso collegate ai cosiddetti “poteri forti” di cui colpevolmente i sindacati si sono fatti parte integrante, distruggendo un'immagine dialettica di confronto - che almeno nel 1984 c'era - di cui per prima la storica controparte , cioè il governo, oggi sente più di altri la mancanza.
E sono anche questi i dolori del giovane Renzi.






4 ott 2014

Un dissesto privato..maggiore di quello pubblico

Qualcuno ci descrive il disastro finanziario in questi termini“

di vincenzo cacopardo

QUALCOSA NON FUNZIONA
Cinque fra le maggiori banche americane hanno tutte un’esposizione ai derivati superiore ai 40 trilioni di dollari. Deutsche Bank vanta la maggiore esposizione in derivati di qualunque istituto americano, vale a dire oltre 75 trilioni di dollari (5 volte il Pil europeo e più o meno il Pil del mondo!!) Nel contempo si afferma che questi istituti sono troppo grandi per fallire ma, a differenza di azioni e obbligazioni, i derivati non rappresentano “investimenti” in nulla: sono solo scommesse di carta su ciò che accadrà in futuro. Come un gioco d’azzardo legalizzato e le banche “troppo grandi per fallire” hanno trasformato Wall Street nel maggiore casinò nella storia del pianeta”.

Secondo il New York Times, tali istituti“contano quasi 280.000 miliardi dollari di derivati sui loro libri contabili”, anche se la crisi finanziaria del 2008 ha dimostrato quanto sia pericoloso. Le grandi banche hanno sofisticati modelli che dovrebbero mantenere il sistema stabile e aiutarli a gestire questi rischi. Ma tutti questi modelli sono basati solo su ipotesi ideate da gente come tutti noi.

Nel 2008 l'economia americana era in piena espansione, tutti sembravano essere ricchi, anche se i segnali di pericolo erano dappertutto, vi erano troppi prestiti, investimenti folli, e banche avide, ma poi, quando Lehman Bros cade, il sistema finanziario e l’economia mondiale quasi crollano. Le cause ormai le conosciamo: prestiti sconsiderati e assunzione di rischi eccessivi con una evidente mancanza di trasparenza.

Dopo questa crisi, ed in forza di una evidente esperienza si sarebbe dovuto provvedere, ma secondo alcuni economisti, il problema è diventato molto più grande: il rapporto trimestrale sulle cinque maggiori banche “troppo grandi per fallire” dispongono tutte di oltre 40 trilioni di dollari in esposizione ai derivati.

Queste sembrano essere le cifre di un dissesto..
JPMorgan Chase - Asset complessivi: circa 2,5 trilioni di dollari- Esposizione ai derivati: oltre 67 trilioni di dollari
Citibank- Asset totali: quasi 1,9 trilioni di dollari- Esposizione ai derivati: circa 60 trilioni di dollari
Goldman Sachs- Asset totali: poco meno di un trilione di dollari- Esposizione ai derivati: oltre 54 trilioni di dollari
Bank Of America- Asset totali: 2,1 trilioni di dollari- Esposizione ai derivati: oltre 54 trilioni di dollari
Morgan Stanley- Asset totali: 831 milioni di dollari- Esposizione ai derivati: oltre 44 trilioni di dollari
..E non è certo solo un problema americano!. Secondo l'economista Michael Snyder, ci stiamo pericolosamente avvicinando verso il maggior disastro finanziario nella storia del mondo e nessuno sta facendo nulla per impedirlo.



Non possiamo augurarci che questa nuova bolla scoppi.. poiché colpirebbe chiunque ... l'economia soccomberebbe in modo indescrivibile su un piano globale, ma se pensiamo ai debiti pubblici degli Stati sovrani.. rispetto a tali azzardi continuamente esposti dalle banche private nel mondo, restiamo perplessi ed attoniti, anche in considerazione che il nostro debito appare quasi risibile. 

3 ott 2014

Quel paragone con la Francia...




di vincenzo cacopardo

Nel quadro europeo la Francia di Holland vive oggi pressata da una condizione politica che vede il partito della Marine Le Pen......aumentare nei consensi obbligando lo stesso governo in una posizione meno europeista e più marcatamente indipendentista. L’attuale leader del FN ha caricato l’orientamento antieuropeo del suo linguaggio e della sua strategia politica in nome di un nazionalismo che risponde alle paure prodotte dalla crisi economica e della globalizzazione.

La Francia sembra decisa a violare i patti di Maastricht e nel contempo...ed al contrario.. l'Italia non può che rispettarli: il rinvio del pareggio di bilancio per la Francia è una diretta conseguenza della recessione, mentre per l'Italia il rapporto deficit-Pil è quasi un dovere. Per Bruxelles, una manovra è lecita, l'altra no...perchè le agenzie di rating prevedono che l'economia francese cresca dello 0,9%. mentre il nostro governo, dopo un 2014 con il Pil in recessione a meno 0,3%, prevede un aumento dello 0,6% nel 2015 . Sono comunque ambedue stime approssimative.. ma non prive di supporto. ...

E' vero che anche i francesi stanno iniziando ad entrare in un tunnel accumulando deficit, e quindi debito.. e di conseguenza interessi da pagare. Renzi si fa forte di questo...il rosso francese ha superato i 2 mila miliardi di euro, attestandosi al 97% del Pil e nel 2016 è destinato a toccare quota 98%. Dal 2016, però, secondo i loro piani..col tempo, il debito dovrebbe iniziare a calare.

Sappiamo anche che gli interessi sul debito sono frutto delle valutazione dei mercati sulla credibilità delle diverse economie dell'Eurozona. Il paragone con la Francia, quindi, necessita di una valutazione diversa e cioè di un dato di fatto reale: la Francia pagherà nel 2014 46,65 miliardi di euro di interessi e 44,34 miliardi per il 2015....mentre l'Italia con i suoi quasi 100 miliardi sconta ancora una bassa credibilità sul suo enorme debito. Inoltre i tagli: in Francia valgono 7,7 miliardi, in Italia 4,5.
Sulla nostra spending review pesa anche il fallimento del piano privatizzazioni: per quest'anno si era contato di incassare dalla vendita di asset immobili almeno 10 miliardi e invece ne sono arrivati solo 3. Infine.. la disoccupazione in Francia tocca il 10% ed in Italia il 12, 3%...senza spingerci poi, con evidente imbarazzo, verso l'argomento ormai.. quasi pericoloso... di un Sud praticamente al collasso. ...Pensiamo davvero che questo argomento non è conosciuto e pesato dall'unione Europea? 

Non c'è quindi tanto da sorridere nel Paese..nè si può sperare in un miracolo...poichè il paragone rimane sempre a nostro sfavore..Sembriamo purtroppo attaccati alla scommessa e puntiamo tutti su un cavallo dal nome Renzi..un cavallo che in molti definiscono di razza, ma che sembra nitrire troppo e correre libero nei campi senza un indirizzo preciso...

Interessante nota sulla comunicazione di Gabriele Carbone su “Forbes”

di Gabriele Carbone Digital Strategic Planner
Leggendo ilrapporto dell’ISTAT di luglio 2014 su “Fatturato e ordinativi dell’industria”, emergono una serie di “segni meno” che portano a riflettere:
  • fatturato di maggio 2014 rispetto ad aprile sul mercato estero:-1,9%;
  • nella media degli utlimi tre mesi rispetto ai precedenti:-0,8%;
  • diminuzione degli ordinativi esteri:-4,5%.
Non si può fare a meno di notare che, nonostante tutto questo parlare di internazionalizzazione, l’internazionalizzazione, di fatto, stia calando. La situazione non può altro che essere peggiorata, dopo l’embargo deciso dalla Russia.

Comunicare nella maniera giusta

Non è certo colpa dei siti web delle aziende italiane, se il fatturato estero sia calato. I dati di ISTAT ci offrono però un ottimo spunto di riflessione, un motivo più che valido per domandarci se la nostra azienda stia seguendo i canali giusti per ottenere risultati, se la strategia di comunicazione stia effettivamente supportando i processi di internazionalizzazione, come potrebbe e dovrebbe.
Preparare gli strumenti di comunicazione valutando bene i contenuti, le immagini, l’obiettivo che si vuole raggiungere, è il primo passo imprescindibile per qualunque azienda che vuole internazionalizzarsi”. Massimo Metilli, Agenzia per la Russia
Sono in realtà pochi i punti da seguire per capire come operare nel web 2.0, attivando una strategia che possa concretamente supportare l’azienda nell’approccio di nuovi mercati. Ecco quindi una semplice guida, su come strutturare il proprio sito web, in modo che possa diventare l’hub della comunicazione aziendale, e possa aiutare concretamente le aziende a sviluppare le opportunità offerte dai mercati internazionali.

1. Anche i professionisti usano lo smartphone
Visionando le statistiche dei siti web, è facile notare come il 50% degli accessi arrivi ormai da dispositivi mobili, smartphone (iPhone) in testa. Oggi è possibile predisporre il proprio sito web in modo che, non solo sia ottimizzato per la lettura su smartphone e tablet, ma possa eventualmente fornire contenuti o funzionalità specifiche a seconda del dispositivo.
Parola chiave: responsività
Il primo passo, pare scontato, è proprio quello di rendere fruibili i propri contenti, permettendo agli utenti del sito web (potenziali clienti) di approfondire, in qualsiasi momento e tramite qualsiasi dispositivo, le informazioni relative all’azienda.
 2. Localizzare, localizzare, localizzare
Ancora troppe aziende sono convinte che il sito web italiano sia più che sufficiente per presentarsi al mondo; altre si limitano a fare il minimo indispensabile, traducendo i contenuti in inglese.
Approcciare i mercati internazionali, significa presentare il proprio prodotto/servizio a Paesi che possono essere anche molto differenti dal nostro, per lingua, per cultura, per il modo di pensare e interpretare la comunicazione.
Tradurre i contenuti non è più sufficiente
E’ fondamentale comunicare avendo cura di comprendere il Paese a cui ci si rivolge, affidarsi a copywriter madrelingua che possano rivedere, in parte o completamente, i contenuti aziendali, per adattarli alla lingua ed alla cultura del target.

 3. Il sito come vero hub di contenuti
Qualche azienda ha capito che i Social Media possono supportare i processi in internazionalizzazione, diffondere il brand nei Paesi obiettivo, portare traffico al sito web.
Il cimitero dei contenuti
Il problema che spesso ci si trova ad affrontare, è che il tipico sito web delle aziende italiane è composto solamente dalle pagine: “chi siamo”, “cosa facciamo”, “contattaci”; le eventuali pagine “news” o “blog” sono tipicamente aggiornate ogni due anni, se va bene.
L’utente, potenziale cliente, che segue un’azienda su Twitter, Facebook o Linkedin, deve poter approfondire gli argomenti trattati, non essere veicolato ad un sito web che assomiglia ad un cimitero di contenuti.
Saper selezionare i punti di forza che contraddistinguono la propria azienda e i propri prodotti/servizi, è diventato fondamentale per le imprese italiane, che forti del concetto di “Made in Italy”, spesso dimenticano come la globalizzazione abbia portato i competitor internazionali a migliorare le produzioni per rimanere sui mercati; comunicare quindi nel modo migliore ciò che riteniamo strategico e vincente, può sicuramente fare la differenza. Vale la pena rivedere la struttura, l’albero e i contenuti del proprio sito web aziendale, magari pensare ad un blog, sempre che si sia in grado di mantenerlo aggiornato.


breve nota alla nuova analisi del consigliere Cacopardo sull'attività governativa..

Sembra che sia in corso un paradossale e tragico gioco di «Mosca cieca» che coinvolge il governo e, in particolare, Matteo Renzi. Corre con gli occhi bendati, agitando le mani per acchiappare uno dei mille fantasmi che si agitano nelle sale del palazzo. I fantasmi sono i problemi accumulati negli anni e che ora pretendono una immediata soluzione. Certo, il giovanotto non ha alcuna esperienza e non sa quello che alcuni uomini di Stato che hanno governato il Paese sapevano benissimo: non sono le emergenze che debbono dettarti l’agenda, ma sei tu a stabilirla, affrontando un problema per volta secondo la priorità che tu stesso stabilisci.

La gioventù, però, ha anche il pregio di permettere a chi ne ha le capacità di imparare rapidamente e, forse, questo è il caso nostro anche se, in verità, non è proprio chiaro se Renzi abbia voglia di riflettere e imparare. Vista anche la resa (direzione Pd) sui licenziamenti disciplinari (art. 18).

La legge di stabilità 2014, al netto di nuovi tagli e nuove tasse dovrebbe prevedere un disavanzo del 3%. In soldoni una cifra tra i 23 e i 26 miliardi di euro. Rispetto al montante della spesa pubblica (830 miliardi, più o meno) quisquilie. Se, però, in questa legge saranno inseriti nuovi capitoli di spesa (estensione degli 80 euro mensili, ipotesi di sussidio generalizzato ai non occupati) sarà necessaria la manovra la cui imminenza è stata negata da Graziano Delrio. 

Matteo Renzi, nel rito tribale andato in scena nella direzione del Pd, ha ipotizzato, per il sussidio di cui sopra, uno stanziamento di euro 1,5 miliardi. Diviso i 3.750.000 non occupati, sarebbero euro 400 l’anno. Quindi una sciocchezza. Per fare qualcosa in questo campo, tipo 400 euro al mese, la somma necessaria sarebbe di 18 miliardi di euro.

Non solo, in base alle previsioni macroeconomiche, va valutata la caduta del gettito fiscale e parafiscale, con conseguenze imprevedibili per il bilancio 2015.

L’unico varco che si può conquistare a Bruxelles potrebbe essere il rinvio del pareggio di bilancio al 2017. Non è facile crederci, data la situazione nazionale.

Ci sarebbero state tante partite da giocare visto il semestre italiano (ormai verso la fine): per esempio il «dumping» fiscale all’interno dell’Unione. Sono di questi giorni, i rilievi dell’Unione alle aliquote offerte da Olanda, Lussemburgo e Irlanda. Tutto gettito sottratto agli altri stati a dispetto del «Fiscal compact» che imponeva l’armonizzazione delle politiche fiscali. 

Il nostro primo ministro avrebbe dovuto porre la questione in termini ultimativi, giovandosi proprio del provvisorio ruolo che esercita. 

C’è poi il peso accresciuto del debito pubblico. A fine anno tra il 137% e il 138% del Pil. 

C’è qualcuno, in Italia, a Francoforte o a New York che pensa che l’Italia possa adempiere all’impegno del «Fiscal compact» e abbassare il debito (lo stock) di 50 miliardi l’anno?

E, un giorno, restituire i 2.400 miliardi che deve agli investitori, prevalentemente nazionali?

A Palazzo Chigi nessuno si pone le due questioni strategiche per il futuro. Imperversa il riformismo verbale. Una disciplina in cui gli specialisti italiani della ginnastica orale eccellono nel mondo.



Pur nel rispetto..li abbiamo già appellati debuttanti allo sbaraglio ..a prescindere dalle difficoltà inerenti lo stato economico finanziario di un paese..ormai decotto.

Commuove la loro voglia di fare, ma fa rabbrividire di più la sconsiderata fiducia in se stessi.. molto simile ad un'ambizione che li divora di giorno in giorno. Chiaramente i numeri sono disastrosi pur volendoli nascondere.. velandoli con la solita ipocrita verbale loquacità del sindaco d'Italia. 

Sembra perciò chiaro che continuando così... o si sfora il parametro del 3%..( con una prevedibile ricaduta sul debito) o si abbattono drasticamente i costi della spesa pubblica.. rischiando di porre una ulteriore buona parte dei cittadini in strada senza lavoro. 

Quello che che appare certo è un prossimo aumento dell'IVA che aggiusterà sul momento qualsiasi bilancio di uno Stato ormai economicamente a pezzi. L'aumento IVA è sempre stato risolutivo per i conti pubblici, ma penalizzerà pesantemente i consumi. 

Si corre sempre su strade che non fanno intravedere alcuna crescita e lo stesso premier si rende responsabile di una mancanza della stessa.. poiché le sue strade si muovono verso regole che non promuovono sviluppo e che propongono regole non adatte. Per crescere occorrono le idee oltre che le risorse... e le idee di Renzi appaiono poco costruttive e spesso dettate da una esterofilia poco convincente. Come si fa...ad esempio.. a non sfruttare un patrimonio del sud offrendogli infrastrutture per porlo come volano di crescita dell'intero Paese? 

Ha ragione Domenico “Imperversa il riformismo verbale. Una disciplina in cui gli specialisti italiani della ginnastica orale eccellono nel mondo”......ma ormai non sembra esservi più tempo..Renzi si è perso in chiacchiere inutili e percorsi errati, non rottamando alcunchè.
vincenzo cacopardo




una chiosa sulle "cicale italiane e quelle francesi" di domenico Cacopardo



LE CICALE ITALIANE E QUELLE FRANCESI
La tentazione di Renzi sembra quella di accodarsi alla Francia nel chiedere flessibilità per il bilancio 2015 e seguenti. Una tentazione diabolica per un cattolico praticante (sempre Renzi) che si batte il petto tutte le domeniche.

È come recarsi alle corse dei cavalli e puntare sul perdente. 

Una follia.

Quando è cominciata l’avventura presidenziale di Renzi, l’abbiamo scritto con insistenza: era necessario creare un fronte dei paesi per i quali necessitano misure speciali di sostegno, in modo che la Merxel e l’Europa fossero costretti a trattare. Invece no. A Bruxelles il nostro «boy-scout» s’è pavoneggiato di un’intesa, tutta da verificare, con la cancelliera tedesca e ha inciso come può incidere un piccolo moscerino sulla pelle di un cavallo da tiro.

Quando s’è trattato di discutere gli incarichi nella Commissione si è autolimitato designando l’inesistente Mogherini che, in quanto tale, è stata accettata dopo qualche piccolo mal di pancia.

Se Moscovici, commissario francese agli affari economici, mette le mani avanti evocando le difficoltà che incontrerà sul dossier francese, figuriamoci la nostra commissaria (alta) alla politica estera e di sicurezza.

Dobbiamo confessare che, leggendo i triboli della Francia, abbiamo pensato ai risolini a proposito dell’Italia (dell’Italia, non di Berlusconi) del duo Sarkozy-Merkel in una famosa conferenza stampa e non ci siamo dispiaciuti delle difficoltà transalpine. 

Si tratta di «mal italiano», cioè dell’assenza delle riforme liberamente convenute in sede europea con l’approvazione del «Fiscal compact» e delle conseguenti direttive.

La cura francese aggraverà la malattia, visto che si pensa di combattere la recessione con deficit ben al di fuori del 3% tabellare. 

Ecco, l’inesperienza e la supponenza potrebbero condurre Matteo Renzi sulla strada del disastro. Il sistema di dichiarare «fatte» le riforme approvate, anche in semplice cartellina, dal consiglio dei ministri è ormai al capolinea. La legge di stabilità metterà una parola definitiva, almeno per il 2015, alle evoluzioni verbali del nostro «premier»: certo, nell’attuale situazione, sarà difficile che l’Unione nomini tre commissari (la Troika) per governare il risanamento delle finanze pubbliche italiane e per aggredire il debito pubblico. La soluzione che sembra consolidarsi nei corridoi di Palazzo Berlaymont (sede dell’UE), in vista dell’insediamento della nuova commissione, consiste in un cronoprogramma vincolante di riforme (definite nei loro contenuti minimi, in modo che il teatrino dell’art. 18 non possa più ripetersi). Rispetto a esso, il governo e il Parlamento italiani hanno solo il compito di procedere con rapidità effettiva, trasformando in modo sostanziale la struttura socio-economica della Nazione. Il mercato «tout-court», cioè la concorrenza vera, le strutture pubbliche, protette e deficitarie, il welfare, la sanità, l’idrovora regioni. Insomma un’azione seria condotta a tamburo battente, pena, appunto, il ricorso ai commissari.

Saranno capaci questo governo e questo Parlamento di affrontare e vincere la sfida? C’è da dubitarne, visto il livello e, soprattutto, i condizionamenti di un passato che non ci si decide a seppellire.

La verità vera è che, comunque, fra breve il passo cambierà. Resta da capire chi sarà protagonista del cambiamento, dato che le cicale politiche italiane risultano, sin qui, incapaci di trasformarsi in formiche.



E' proprio l’inesperienza mista con la supponenza, come giustamente scrive Domenico, che potrebbero condurre Matteo Renzi sulla strada del disastro.... 

Il suo sproloquiare in inglese dinanzi all'Europa sulle riforme..dichiarandole come fatte ed invece tutte ancora da attuare e definire, commuove... e mette anche tanta tristezza ai tanti che vivono dentro le istituzioni dell'economia e della politica, poiché lo fa apparire sempre più un millantatore che persevera nel vendere ancora fumo al paese ed all'Europa. Siamo al massimo dell' ipocrisia politica..dove tutto rimane ingannevole ed ogni strategia si costruisce senza alcun ritegno. 
L'apparenza è sempre stato il suo forte, le chiacchiere aumentano e, malgrado il suo inglese particolare (più ostentato che conosciuto) il sindaco d'Italia, col suo fare da accentratore, rischia di portare il Paese al baratro. (Renzi dovrebbe almeno immedesimarsi nell'esprimersi con maggior impegno e dedizione nella propria lingua anche in zona Europea.. imponendola come nobile ed antica valenza di un Paese..in cui la propria storia e la cultura.. ancora contano).

Infine, dopo così tanto tempo, rimane quasi superflua la domanda se riuscirà a farcela...almenochè non gli diano la possibilità di sforare i parametri del 3%..In tal caso..molte delle cicale ritorneranno e lo sproloquiare del Premier aumenterà. 
vincenzo cacopardo







2 ott 2014

Una nota al nuovo appunto di Domenico Cacopardo


Probabilmente Adam Smith approverebbe l’idea di smobilizzare una parte del Tfr, restituendolo in busta paga ai lavoratori cui compete. Si tratterebbe, infatti, di un fatto coerente con l’Illuminismo settecentesco e con la dottrina liberale che considera l’uomo (libero) degno di fiducia, molto più che lo Stato.

Le osservazioni che si leggono in giro (l’accantonamento in vista di spese importanti a fine lavoro o il definitivo crollo della previdenza integrativa) rientrano nel pensiero dominante, che incrocia la dottrina sociale (soccorrevole) della Chiesa al credo comunista dello Stato ‘governatore’ degli uomini, e non convincono. 

Ogni operazione messa in piedi sulla via della liberazione dell’individuo è eticamente superiore ed economicamente opportuna.

Tuttavia, «hic et nunc» (qui e ora), l’uso del Tfr suggerisce una constatazione e apre un problema. La prima è che, viste le difficoltà di trovare quattrini nel bilancio dello Stato, è facile governare con i soldi degli altri. Il problema è che l’accantonamento del Tfr è una risorsa aziendale, l’unica rimasta a causa di un erario dedito al saccheggio dei profitti generati da ciò che resta dell’economia privata. E questo non è un frutto di un destino avverso che ci perseguita da almeno vent’anni. È il frutto avvelenato (il maggiore protagonista Vincenzo Visco, inventore dell’Irap) della convinzione che il cittadino è un incapace incosciente, pericoloso evasore che occorre porre sotto stretto controllo (fiscale) in modo che non abbia i mai i quattrini per vivere la vita che preferisce. L’ideale, il massimo della felicità per i sadici che propugnano l​a posizione è il cittadino dipendente dello Stato, seguito e diretto dalla nascita alla morte. L’esempio più evidente l’Unione sovietica.

In Italia, gran parte del personale politico (quasi tutto d’accatto, nel senso che è composto da gente che non ha saputo affrontare ed esercitare una qualsiasi attività lavorativa), anche di centro-destra, visti i risultati, non s’è reso conto che il capitalismo ha vinto e governa il mondo. E che alle sue regole occorre adeguarsi. 

E non pare proprio che il nostro giovane presidente del consiglio ​sappia bene cos'è successo: basti il fatto che cita, nel suo Pantheon personale, gente come La Pira e don Milani che rappresentano la negazione della contemporaneità.

Quindi, ordinando alle imprese di erogare, in busta paga, una parte del Tfr, si costringe il sistema produttivo a privarsi di risorse reali o di accantonamenti virtuali che non possono essere utilizzati senza «svaccare» conti economici, investimenti per ricerche, riserve fisiologiche.

Certo, quest’operazione non è farina del sacco di Renzi, ma dovrebbe discendere dal suo «staff» di consulenti. Sarà bene che ci si pensi su in modo approfondito, tralasciando il contributo di organizzazioni virtuali come la Confindustria, per puntare sulle opinioni del mondo finanziario, a partire proprio da Mario Draghi, che, il «premier» ha difficoltà ad accettare come riferimento, visto il gap culturale e, in sostanza, politico.

Il semestre italiano di presidenza dell’Unione entra nella fase conclusiva senza fatti o iniziative degne d’essere ricordate, a parte la riunione dei ministri della cultura a Torino, promossa dal nostro Franceschini. Né per i prossimi mesi si vedono proposte degne di catalizzare l’attenzione dei nostri «partner». 

Non è però il momento della rassegnazione. È il momento di agitare le acque rilanciando una posizione italiana sulle sanzioni alla Russia, sui problemi energetici, sul «dumping» fiscale, sul programma di infrastrutture europee, immaginato negli anni ’80 da Delors e mai attuato.

Se la fiducia è una componente essenziale della guerra alla recessione, è il momento di sollecitarla, con decise iniziative in Europa, a Bruxelles, a Berlino e a Francoforte.

E se il bottiglione (non fiasco) Renzi contiene vino buono, è il momento di versarlo.



A parte la divertente battuta sul bottiglione... vorrei accompagnare l'articolo del cugino Cacopardo con una nota riguardante il TFR in busta paga..Una semplice domanda che in sé è anche una constatazione logica che si fanno tutti coloro che oggi non hanno lavoro: Ma perchè Renzi continua a favorire chi un lavoro lo ha già? ...Ovviamente perchè è la strada più facile, ma anche perchè è furbo e talmente sistemico da voler mantenere i consensi di tutta quella classe lavoratrice subordinata in gran parte alle pubbliche amministrazioni.

Si..è vero, come asserisce Domenico vi è un problema di risorse che verrebbero a mancare alle aziende ...ma non può solo essere quello il problema e quando si tocca il tema del lavoro.. bisognerebbe immedesimarsi con maggior impegno sulla mancanza di una crescita e sulla disperazione di chi il lavoro lo cerca e non lo ha. 

Il sindaco d'Italia continua imperterrito a seguire metodi di regolamentazione e ricerca di risorse per chi un lavoro lo ha già e questo è veramente imperdonabile oltre che la dimostrazione di una mancanza di sensibilità per la dignità stessa di tutti coloro che, secondo queste logiche, lavoro non potranno mai averne.
Vincenzo cacopardo




Lealtà e libero pensiero politico..

DICOTOMIE e  DIALETTICA”

Cosa vuol dire la frase di Bersani «Non mancherà la lealtà verso il partito e il governo» in un contesto in cui la politica dovrebbe vedere una fedeltà come espressione nei confronti di una società che ti ha votato? Una società che considera la correttezza di un politico, sicuramente non come un atto di lealtà leonina verso un governo che si muove con proposte che poi non si condividono.


Slitta ogni discussione sulla riforma del lavoro di Renzi (il job act), e le votazioni si spostano ad ottobre inoltrato...mentre Bersani stigmatizza il suo”saremo leali”.

Delle due una: o sei d'accordo con la riforma o no! Il non siamo d'accordo... "Saremo leali"..suona invece, come la più grande delle ipocrisie di una politica non corretta.Le votazioni sulle nuove regole del lavoro dovrebbero vedere la fine entro il 16 ottobre e, per grazia ricevuta, l’obiettivo dovrebbe essere raggiunto senza incappare in clamorosi intoppi. Le rassicurazioni dell’ex segretario del Pd, Pierluigi Bersani, malgrado le pesanti critiche sulla riforma proposta dal segretario Premier, suonano come un incoraggiamento ed aprono la strada a Renzi, anche se con qualche piccola variante.


Ma la domanda è sempre la stessa, una domanda che fa meditare: Che senso può avere rassicurare un progetto di riforma..quando non lo si condivide, solo per un atto di lealtà nei confronti di un governo. Alla stregua di ciò e per paradosso, il governo potrebbe, per assurdo, proporre una pena di morte e chi non è d'accordo con la proposta, per motivi di lealtà ... ritiene costringersi ad assecondarla per devozione e fedeltà...Questa visione della politica nella sua doppiezza può generare sconforto da parte dei cittadini: Cosa significa la fedeltà in politica quando il principio fondamentale dovrebbe essere quello di essere fedeli alle idee, al programma ed al popolo che ti ha eletto?

Bersani, ritiene fondamentale chiarire la differenza tra esprimere il proprio dissenso e mettersi di traverso: “Dove non sono d’accordo lo dico” e non cambia la sua posizione in merito alle critiche sul Permier .

Al di là delle conseguenze che si riscontreranno col voto al Senato, e che metteranno giustamente in discussione il voto dei singoli, credo che sia opportuna una critica seria sul metodo fin'oggi usato dagli stessi Partiti... Risulta chiaro il nodo dell'ipocrisia e della doppiezza che si propaga all'interno di questi contenitori di consensi, i quali non dovrebbero mai rendersi disponibili o in sudditanza a qualunque governabilità. Il cittadino che guarda da fuori non potrà mai riuscire a comprendere l'atteggiamento menzognero di lealtà di chi si propone per le idee e che... nel contempo... si costringe quasi in una abnegazione.

La lealtà in politica è solo un pretesto, poiché non potrebbe mai esistere nel momento in cui le idee cambiano e gli stessi programmi si modificano e si evolvono in base al tempo ed ai principi di un mondo sempre più globalizzato. 

E' vero -I partiti devono rispettare il metodo democratico, quindi, ogni minoranza deve rispettare le decisioni di una maggioranza (pur restando nella piena libertà di agire per diventare a sua volta maggioranza).Il metodo democratico offre la possibilità dell’alternanza pacifica al potere tra maggioranza e minoranza. Ma ciò non significa che quando non si è d'accordo.. si debba restare fedeli ad un principio di governabilità che stravolge ogni altro principio personale e di pensiero, condizionandone la base. In una democrazia che si vuole parlamentare l'ultima parola deve sempre spettare all'Aula e non può mai essere condizionata da una governabilità..come non deve mai essere condizionata da un “partitismo” che necessita sicuramente di essere ridisciplinato in favore di una funzionalità delle stesse istituzioni.
La separazione dei ruoli è quindi più che necessaria!
vincenzo cacopardo






1 ott 2014

l'eufemismo di Padoan e la dissennata politica estera..

Scrive il cugino Domenico Cacopardo su Italia oggi:
Abbiamo scritto di un “prima” la riforma dell'articolo 18.. e un dopo. Invece siamo rimasti in un “mentre”di cui non si vede la fine, nemmeno in una remota lontananza. Ora, il governo dovrà occuparsi di legge di stabilità. Sta affrontando l'appuntamento nella solita spensierata confusione, dimenticando i dati fondamentali del problema: a fine anno il rapporto debito/Pil avrà superato il 137%..Quando Renzi è arrivato era intorno al 126%. Nove mesi di parole non solo non hanno avviato alcun risanamento, ma anzi l'hanno aggravato. Nonostante l'eufemismo di Padoan che chiama l'attuale deflazione “bassa inflazione”, è in corso una inesorabile marcia indietro del sistema economico nazionale che determinerà una caduta del gettito di tasse ed imposte ed un impoverimento quasi generale”....Prosegue poi...”Ad aggiungere sale nella ferita, si annuncia un aumento del prezzo dell'energia e del gas, per gli effetti della dissennata politica ucraina del presidente Obama, seguito stolidamente dai suoi satelliti europei.”

Come dare torto a ciò che scrive Domenico.. quando da tempo abbiamo sottolineato in abbondanza.. sia sulle manovre inutili del giovane sindaco d'Italia (11 punti di differenza debito/Pil)... sia su quella politica estera dissennata.. alla quale lo stesso avrebbe potuto opporsi tutelando gli interessi che la nostra Nazione intrattiene con il paese Russo.
Dopo la fine della direzione nel PD si annuncia una riforma finta, o meglio, simulata. Le nuove iniziative del governo ( TFR in busta paga) parlano di possibilità di assegnare una cifra mensile al dipendente detraendola dalla buonuscita ..si parla del 50% da spalmare nelle mensilità..Si persevera quindi col focalizzare l'attenzione sui dipendenti ...su coloro che un lavoro lo hanno già, dimenticandosi ancora di fornire nuovo lavoro a chi non lo ha.. e quindi non spostando l'attenzione verso iniziative significative di nuova crescita...Perdonando la metafora:- Come si può mai pensare di far crescere un raccolto quando si innaffia sempre sullo stesso punto?
Ci si continua a muovere senza rendere alcun risultato all'economia di un Paese che vede il Sud ormai ridotto al lumicino...un mezzogiorno totalmente dimenticato da un premier tutto preso dalla usuale e sconsiderata comunicazione che poco sembra costruire.
Vincenzo cacopardo

30 set 2014

Tra vecchi principi e contrapposizioni....


La prossima vittoria della Destra....di vincenzo cacopardo

Premetto che io sono tra quelli che non crede più alle vecchie posizioni ideologiche come presupposto per la guida di un pensiero politico....In una politica che si vuole moderna, le differenze devono essere individuali, di pensiero e di idee... sposate con metodo e funzionalità..Di conseguenza non sono per niente convinto che tali principi sulle contrapposizioni, edificati in quasi tutti i modelli internazionali e mondiali che guidano storicamente la politica per la determinazione delle scelte, siano costruttivi.

In un sistema i cui principi si muovono in tal modo e cioè.. come un elastico..si può immaginare pleonastica la possibilità che, se tirato da un lato in modo assai forte, l'elastico tenderà a rispondere come una molla, dal lato opposto.... E' un principio fisico, ma facilmente intuibile anche in una dinamica costruita su opposte contrapposizioni, soprattutto se attuata in una società dove il valore fondamentale continua ad essere quello dell'economia e della conseguente importanza del denaro che determina forti interessi.

Fatta questa importante premessa.. e cercando di tenere il più possibile i piedi per terra, la mia analisi sulla conduzione politica e sociale del nuovo “sindaco d'Italia” Matteo Renzi, con il suo processo di determinazione e le conseguenti ricette, (più fumose che realizzabili)... sicuramente poco utili ad un vero cambiamento, non potrà che portare conseguenze antitetiche che proietteranno la sua particolare politica di centro sinistra.. verso la edificazione di una destra sempre più forte e liberista. La prossima vittoria della destra non può che essere certa e, maggiore sarà il determinismo di Renzi, più forte e dura sarà la conseguente marcia verso la vittoria di una destra ancora più determinata, sicuramente agevolata da tutta la forza di un potere economico che difficilmente non l'appoggerà più.

Il muro contro muro creatosi con l'ala più a sinistra del PD nei giorni passati, non poteva che dimostrarsi ragionevole, poiché se la sinistra deve fare la sinistra, ottenendo una buona parte dei suoi consensi per proteggere gli interessi di quella classe di lavoratori, tali principi andrebbero salvaguardati al di là di ogni ragionevole dubbio. La posizione attuale del sindaco d'Italia oggi, a prescindere da ogni ragionamento a suo favore, è quella di un moderato con un piede a sinistra, ma spinto fino al midollo verso destra per accaparrarsi i voti di chi, al contrario, manovrerà per una sicura prossima e non lontana.. vittoria.

Quello che rimane sempre vecchio è proprio il concetto di contrapposizione Destra-Sinistra che blocca ogni processo di rinnovamento di una politica che si vuole moderna e funzionale. Le manovre di chi, come Renzi, vorrebbe spingere la politica (più verso la semplificazione che verso il funzionamento) in direzione di un cambiamento... saranno sempre condizionate da procedure ideologiche vecchie e di continua reazione.

   
Questa e la vecchia ed improduttiva procedura della politica delle antiquate contrapposizioni ideologiche! 

29 set 2014

la tiepida intervista di Fazio...



di vincenzo cacopardo
L'intervistatore ha fornito grandi appoggi al giovane premier non solo per la lunga discussione l'articolo 18 (sicuramente una delle poche cose sulle quali non si può dare del tutto torto a Renzi).. articolo attraverso cui sembra si sia costruita una enorme propaganda.. tagliando di netto altri più interessanti ed importanti punti di discussione sul lavoro. Un argomento che naturalmente fa comodo a Renzi. Fazio non ha nemmeno fatto notare la maggiore importanza che oggi può avere.. da parte del governo.. l'iniziativa per il riscontro di lavoro nuovo.. più ancora della ricerca delle regole su quel poco che di lavoro sembra esser rimasto. La domanda da rivolgere sarebbe dovuta essere quella di come si intendono portare avanti nuove iniziative. Quali le ricerche e gli studi per poter sfruttare le nostre energie e la qualità?..

In merito ai poteri forti che vogliono farlo fuori (domanda che si sarebbe potuta omettere), Renzi glissa.. poiché obiettivamente il discorso potrebbe tornargli scomodo, ma approfittando dell' assist offertogli, ha potuto..diversamente.. stigmatizzare la visione ostile dei molti pensieri deboli, ponendosi quasi come una vittima di un sistema che vede ormai parecchi gufi girargli intorno con lo scopo di abbatterlo.

Quando poi si accenna al bonus degli 80 euro, Fazio evita la domanda più logica di come mai il governo si sia occupato con tale solerzia di fornire il bonus ai dipendenti ormai facenti parte di un certo sistema che gli offre già un lavoro... dimenticando, e mettendo in secondo piano, i tanti pensionati di basso reddito e una grande parte dei lavoratori autonomi. L'unica domanda rimane per Fazio.. quella della possibilità di ripetere l'operazione il prossimo anno... chiedendo se vi sono i soldi per queste garanzie che il premier vorrebbe estendere.

Fazio prova.. con tono opaco e sommesso.. a chiedere del futuro del Partito Democratico e degli scontri interni. Renzi, astutamente glissa e torna sull’Articolo 18 : “Il datore di lavoro deve avere il diritto di lasciare a casa qualcuno. E’ lo Stato che deve intervenire dopo. Chi perde il posto di lavoro deve essere preso in carico dallo Stato.” ?.Si ..ma come?.Con quali risorse? E soprattutto come si costruisce lavoro se non si inventa e si favorisce il nuovo?..Queste sarebbero state le domande più logiche! Difficile pensare che si possa cancellarel'art 18 ed il co.co.co e le altre forme di precariato, inventando un nuovo meccanismo, quando non si inventa prima nuovo lavoro!...Ma Fazio tace...

La grande boutade del premier è quella sulla globalizzazione La globalizzazione non è un nemico, è una grande opportunità per il nostro Paese. Se saremo bravi, capaci di fare un’Italia più attrattiva, saranno i cervelli fuggiti a tornare a casa”.Una frase che ostenta in modo inconsueto l'ottimismo fanatico di chi pensa di poter dare un senso positivo ad un principio che ci ha sottratto lavoro e possibile competizione.. riducendo al minimo le nostre capacità qualitative. ..Poi l'argomento dei trecento miliardi della comunità europea su cui, il modesto Fazio, non ha pronunziato alcun appunto sull'entità precisa che eventualmente spetterà all'Italia e condizionati dalla mancanza dei progetti pronti non prima del finire di due anni.... Poi ancora sull'Isis ed il profondo esagerato sottometersi ad una politica internazionale americana che in realtà non ha esportato alcuna democrazia e che sul piano diplomatico ha coinvolto il nostro territorio persino sotto il profilo terroristico ..

Per finire con la riforma della giustizia affrontata dal premier con la comune semplificazione... ostentando sul principio di offrire meno ferie ai magistrati e dimenticando l'importanza delle dovute risorse che si devono a quell'ambito dove gli stessi giudici sono costretti ad esaminare fino a migliaia di casi l'anno...
Fazio ha dimostrato una remissività fuori dal comune non ponendo le logiche domande ed offrendo sempre più spazio alla loquace parlantina che incanta del sindaco d'Italia. Sappiamo ormai tutti quali capacità ha il sindaco d'Italia di sfuggire alle domande ed a portare dove lui vuole ogni argomento.

Per finire, riguardo alla metafora sull'auto della politica..mi permetto di informare i lettori  e lo stesso intervistatore che,  a differenza di chi , come Renzi, crede di aver formulato per primo questa metafora...il mio post sull'"auto della politica"porta la data del 17 novembre 2012.
L'AUTO DELLA POLITICA di vincenzo cacopardo

28 set 2014

Una recensione al recente editoriale di Ferruccio de Bortoli sul Corriere della Sera


Il nemico allo specchio di ferruccio de Bortoli
Devo essere sincero: Renzi non mi convince.Non tanto per le idee e il coraggio: apprezzabili, specie in materia di lavoro. Quanto per come gestisce il potere. Se vorrà veramente cambiare verso a questo Paese dovrà guardarsi dal più temibile dei suoi nemici: se stesso. Una personalità egocentrica è irrinunciabile per un leader. Quella del presidente del Consiglio è ipertrofica. Ora, avendo un uomo solo al comando del Paese (e del principale partito), senza veri rivali, la cosa non è irrilevante.
Renzi ha energia leonina, tuttavia non può pensare di far tutto da solo.La sua squadra di governo è in qualche caso di una debolezza disarmante. Si faranno, si dice. Il sospetto diffuso è che alcuni ministri siano stati scelti per non far ombra al premier. La competenza appare un criterio secondario. L’esperienza un intralcio, non una necessità. Persino il ruolo del ministro dell’Economia, l’ottimo Padoan, è svilito dai troppi consulenti di Palazzo Chigi. Il dissenso (Delrio?) è guardato con sospetto. L’irruenza può essere una virtù, scuote la palude, ma non sempre è preferibile alla saggezza negoziale. La muscolarità tradisce a volte la debolezza delle idee, la superficialità degli slogan. Un profluvio di tweet non annulla la fatica di scrivere un buon decreto. Circondarsi di forze giovanili è un grande merito. Lo è meno se la fedeltà (diversa dalla lealtà) fa premio sulla preparazione, sulla conoscenza dei dossier. E se addirittura a prevalere è la toscanità, il dubbio è fondato.
L’oratoria del premier è straordinaria,nondimeno il fascino che emana stinge facilmente nel fastidio se la comunicazione, pur brillante, è fine a se stessa. Il marketing della politica se è sostanza è utile, se è solo cosmesi è dannoso. In Europa, meno inclini di noi a scambiare la simpatia e la parlantina per strumenti di governo, se ne sono già accorti. Le controfigure renziane abbondano anche nella nuova segreteria del Pd, quasi un partito personale, simile a quello del suo antico rivale, l’ex Cavaliere. E qui sorge l’interrogativo più spinoso. Il patto del Nazareno finirà per eleggere anche il nuovo presidente della Repubblica, forse a inizio 2015. Sarebbe opportuno conoscerne tutti i reali contenuti. Liberandolo da vari sospetti (riguarda anche la Rai?) e, non ultimo, dallo stantio odore di massoneria. Auguriamo a Renzi di farcela e di correggere in corsa i propri errori. Non può fallire perché falliremmo anche noi. Un consiglio: quando si specchia al mattino, indossando una camicia bianca, pensi che dietro di lui c’è un Paese che non vuol rischiare di alzare nessuna bandiera straniera (leggi troika). E tantomeno quella bianca. Buon lavoro, di squadra.


In questo recente editoriale del qualificato giornalista, si mettono in evidenza le stesse perplessita già da tempo espresse nella lunga serie dei miei post. L'ipertrofia alla quale fa riferimento il giornalista è quella quantitativa che molto spesso finisce col coprire ogni percorso qualitativo di merito e di sostanza.
Bortoli esprime termini come egocentrismo, debolezza di idee, parlantina spinta e superficialità.. sottolineando così l'operato della sua squadra di governo: “Ogni competenza appare un criterio secondario. L’esperienza un intralcio, non una necessità”. Il giornalista prosegue esprimendo perplessita sulla conduzione del suo partito pieno ormai di “controfigure renziane che abbondano nella segreteria” .Infine si domanda se il “famigerato” patto del Nazareno finirà pure con l'eleggere un presidente della Repubblica.
Nei tanti post inseriti nel mio Forum si è sempre messa in seria discussione la figura del nuovo sindaco d'Italia..il suo percorso ricco di una fumosa loquacità, una comunicazione accattivante e ricca di slogan..ma soprattutto di scelte non conformi al percorso che oggi si dovrebbe per una politica meno di semplificazione e con più fine funzionale.. Infine.. appare illogica l'opera di rinnovamento condotta unicamente da una figura col solito incalzante determinismo.. ancor pur stimolato da una mancanza totale di altre figure capaci di dialogare.
Quando si critica l’operato di Matteo Renzi, non lo si vuole fare per partito preso o per finire con l’essere assimilati a quei gufi di cui lui stesso parla:- Mentre in tanti lo contestano su un operato ancora da vedere e sulle sue possibilità di reperire risorse per raggiungere lo scopo, le mie osservazioni restano più profonde e legate soprattutto al merito.

Renzi pare procedere come una falciatrice e tagliando tagliando...avanza noncurante della precisa ed utile logica che si deve al funzionamento di un’attività politica. Per quanto si possa criticarlo nel metodo, quelle che colpiscono... a chi guarda la politica in senso più costruttivo, restano le sue “scelte” che continuano a non avere un riscontro con un criterio di funzionalità e dei valori di una qualità democratica... Quello che oggi infastidisce è il fatto di non poter opporsi alla sua figura senza esser presi come coloro che contrastano un cambiamento o addirittura che aspirano alla palude.

Il neo imperatore della politica, Matteo Renzi, appare oggi più un “restauratore” che un vero “rottamatore”, proseguendo in un’opera di ristrutturazione del sistema connessa a quella che nel passato pretendeva di passare come opera in favore di una visione progressista. La sua attività politica appare sempre più decisa, anzi “decisionista”, e suona assai poco attenta rispetto ad una sua prima volontà di voler procedere verso un cambiamento di certe figure, non guardando col dovuto rispetto alla riqualificazione di un utile impianto politico istituzionale.


Non si può quindi che essere d'accordo con quanto afferma nell'editoriale de Bortoli, il quale rende conto con estrema chiarezza di tutti i vuoti e le conseguenti anomalie presenti nel percorso politico di una figura che, seppur armata di buona volontà, potrebbe finire col costringere il Paese a dover alzare quella bandiera straniera a cui fa riferimento il giornalista.