3 feb 2015

Una nota al nuovo articolo del consigliere Cacopardo

di domenico Cacopardo
Era l’appuntamento cruciale di quest’inizio d’anno, quello dell’elezione del presidente della Repubblica, e Matteo Renzi l’ha superato brillantemente. Sembrava che la coperta fosse troppo corta: il patto del Nazareno era la chiave di volta delle riforme ma apriva alla minoranza del Pd un varco capace di mettere in discussione la «leadership» di Renzi nel governo e nel partito.

Poiché la politica è una scienza esatta e solo pochi, tra essi il «premier», riescono a interpretarne correttamente tutte le regole, compresi teoremi e postulati, era evidente che per risolvere il problema della presidenza della Repubblica era, prima di tutto, necessario ricompattare il Pd, la base di partenza per la conquista e la gestione del potere. Quindi, bando alle pregiudiziali e candidatura di Mattarella con cui sono state tappate tante bocche emittenti aria, ma purtuttavia capaci di esprimere un voto in Parlamento.
Si dice il «metodo». Certo, il metodo. Ma se l’unico candidato possibile, gradito al Pd, destra, centro e sinistre, non piace al cavaliere? E perché?
E il perché che chiarisce il no di Berlusconi: s’era illuso, l’excavaliere che, dentro il metodo della condivisione, ci potesse essere una enfatica conferma del Patto del Nazareno con la concessione di una specie di veto nei confronti di chi non gli fosse gradito. Se, però si interrogano in «camera caritatis» le persone capaci di intendere, di volere e di capire, gente alla Verdini e alla Letta, si capirebbe subito che nel Patto non c’era niente di simile e che l’idea di Berlusconi era solo un’illusione, alimentata dai soliti adulatori, da coloro ch’erano interessati a ritagliarsi uno spazio purchessia e da coloro che non capivano i termini del problema.
Come sempre è prevalsa una mezza via, la scheda bianca, che non ha impedito a un numero importante (almeno 39) di grandi elettori di Forza Italia di smarcarsi e di votare Mattarella.
Quello che è incomprensibile è il cammino di Alfano.
Ma come, l’excavaliere è in vita (politica) per la respirazione artificiale che gli pratica un giorno sì e uno no Matteo Renzi e tu ti sposti verso di lui, sperando in un abbraccio che non ti può dare nulla, non ti può promettere nulla, non ti può garantire quello che vuoi cioè la sopravvivenza (politica)?
E poi, quando Berlusconi si infila nel «cul de sac» del no (paradossale la telefonata a Mattarella «La stimo, l’apprezzo, ma non posso votarla per il metodo», un altro, ennesimo autogol), tu, Alfano lo segui, dimenticando di essere il ministro dell’interno di questo governo il cui presidente si chiama Renzi, il regista cioè dell’elezione?
E non si capisce nemmeno Sacconi, un politico di grande esperienza che ancora sabato mattina si poneva di traverso, come si trattasse di una ripicca (sempre il metodo) di fronte alla chiara, indiscutibile vittoria del candidato.
Certo tra alcuni socialisti e Mattarella non corre buon sangue e diciamo il perché senza giri di parole o ipocrisie. La questione risale alla candidatura di Claudio Martelli come capolista del partito socialista in Sicilia. L’alleanza con Pannella e le promesse in materia di rigore carcerario, si trasformarono in una specie di plebiscito di voti in suo favore. Voti mafiosi di sicuro, come in odore di mafia erano alcuni dei dirigenti locali del Psi. «I voti si contano e non si odorano» era il ritornello di quei giorni.
Un’operazione riscattata poi dalla chiamata a Roma di Falcone, dall’aggravamento del carcere duro per i mafiosi e dal contrastato progetto di una procura nazionale antimafia (la ragione questa, molto probabilmente, dell’assassinio del candidato più forte, Giovanni Falcone, e della strage dei suoi accompagnatori, a cominciare dalla moglie).
Così Lima tradì gli impegni e fu alla mercé della vendetta dei sanguinari capi bastone e si accentuò quella separazione, quel contrasto tra Stato e mafia, inutilmente messo in discussione ai nostri giorni. E sbaglia, per ignoranza di fatti e circostanze, Stefania Craxi accusando Mattarella, l’uomo del rinnovamento politico, di pregiudiziale antisocialismo. L’antisocialismo di Mattarella riguardava quel ceto contiguo con i Ciancimino e i Lima che portava sì voti al partito, ma quattrini e potere nelle proprie tasche. Mattarella è stato il protagonista della rigenerazione della Democrazia Cristiana siciliana, dalla segreteria regionale di Campione alla presidenza dello stesso di un governo di centro-sinistra non sospettabile di contiguità.
In Sicilia, in particolare in Sicilia, alle sigle non corrispondono sempre comportamenti coerenti. E questa frammistione ha riguardato, a parte i repubblicani, notoriamente succubi di ambienti mafiosi, democristiani socialisti e comunisti. A proposito di questi ultimi, Roma fu costretta a mandare La Torre a Palermo per mettere ordine nei rapporti tra partito e cooperative e tra queste e sistema di imprese mafiose. Una presenza e un’azione, quella di La Torre che gli costò la vita.
Ma con i rancori, sbagliati, non si costruisce il futuro. Ed è di futuro che abbiamo bisogno.
Un breve bilancio. Renzi ha vinto, ma deve guardarsi dalla risacca dei suoi stessi sodali interni. Non hanno rinfoderato le armi, anzi, si sentono vincitori e sono prodighi di dichiarazioni bellicose sui vari dossier in movimento tra Camera e Senato.
Berlusconi deve ragionare, come sa fare nei momenti migliori: per sopravvivere, dopo la sconfitta e il crollo di «leadership», deve sperare nella risurrezione del Nazareno (il patto).
Alfano, e con lui Sacconi, debbono regolare gli orologi sul 2015 e operare perché i tre anni di legislatura che abbiamo davanti siano spesi per consolidare il processo riformista e l’area centrale (questa è geografia) della politica italiana.
Quell’area di cui c’è assoluta necessità perché gli estremismi siano contenuti e battuti ancora una volta come serve alla Nazione.




Una analisi convincente e  più che condivisibile quella che Domenico affronta con grande intuito e consapevolezza dei fatti.
Al di là della ridicola figura di Alfano che, senza ombra di dubbio, ha dimostrato di non avere quel giusto carattere politico e di essere fin troppo legato ai ricordi del suo vecchio Partito, quello di cui non riesco ad essere convinto è l'atteggiamento da parte dei dissidenti all'interno del PD..i quali, seppur contenti del prestigioso nome di Mattarella, hanno davanti sempre una serie di normative istituzionali e costituzionali da portare avanti delle quali... fino al giorno prima..non erano per nulla convinti.

La domanda è quindi quella di capire fino a che punto questa base di dissidenti potrà continuare l'opera di rinnovamento delle riforme poichè...ormai appagata in parte dalla nomina di un presidente della Repubblica ben visto...potrebbero aver perso ogni considerazione del proprio pensiero. Insomma...le riforme sono una cosa, l'elezione di un Capo dello Stato un'altra.

Vi è poi una domanda da porsi sulla quale è difficile poter rispondere..e cioè perchè mai Renzi, seppur astutamente, abbia tirato fuori una figura come Mattarella che in qualità di giudice della Corte Costituzionale, potrebbe opporsi su parecchi punti circa le ultime riforme costituzionali e la particolare legge elettorale proposta. Un punto che collima con il tradimento sull'implicito percorso portato avanti fino al giorno prima con Berlusconi ed il patto del Nazareno. Credo che sull'indirizzo di questa nomina una grossa parte l'abbia svolta lo stesso Napolitano in dialogo col giovane Premier...

Renzi ha preferito ricompattare le truppe del suo Partito?..Certo, ma a che prezzo? Comunque prima di cantare vittoria da un lato o da un altro... sarebbe preferibile attendere un riscontro nel breve futuro...In tutta questa storia vi sono alcune cose da comprendere a fondo. E' comunque chiaro che un Premier che assume contemporaneamente la carica di segretario del partito, oltre che l'evidente (ma costantemente sottovalutato) conflitto, non poteva che stravincere su questa elezione...Lo stesso sarebbe successo ..se al contrario ..fosse stato Berlusconi a comandare una destra con un'ampia maggioranza in qualità di Premier.

Con le anomalie continue di questo Paese si riescono a costruire leggende ed esaltazioni che in realtà dovrebbero magnificarsi meno.

Dobbiamo.. quindi.. pensare che l'ala dei dissidenti in seno al partito del Premier soggiacerà per il solo fatto che si sia nominata una buona figura di garante delle Istituzioni? Il mio sentore adesso è quello di una percezione di disagio da parte di NCD.. che non tarderà a rispondere destabilizzando il quadro politico. ..Una logica reazione dopo il contenimento verso una prassi politica deontologica che ha coinvolto in pieno il ministro degli Interni..ma che ha inciso negativamente sul suo Partito.
vincenzo cacopardo

2 feb 2015

Tra enfasi di capolavori ..si sottovalutano le anomalie


di vincenzo cacopardo
Pur riconoscendone il merito per la scelta sicuramente migliore rispetto alle altre sul nome di Mattarella..in merito ad una elezione che ha visto il plauso di una enorme parte del Paese, non può non mettersi in evidenza il fatto che non può trattarsi di una vera vittoria da parte di Renzi.
Era evidente che qualunque nome che riuscisse a mettere pace all'interno del suo Partito sarebbe stato gradito e la sua ambigua posizione di segretario di partito, contemporanea alla assai conflittuale posizione di capo del Governo, non poteva che tradursi in una vittoria...
Ogni enfasi sul possibile capolavoro operato da Renzi appare.. dunque.. forzata.

Non possiamo ancora esser certi che il nuovo Presidente della Repubblica, fino ad ieri membro della Consulta, opererà in modo intransigente verso le riforme... ponendo paletti al percorso di un premier tanto determinato e semplificativo... o se, invece, assumerà una posizione politica più sottomessa adeguandosi ad un sistema che pare procedere verso riforme costruite esclusivamente da precisa forza governativa ...Certo è che le riforme volute da Renzi sembrano dettare una linea assoluta a beneficio di una governabilità che sottometterà qualunque azione parlamentare più democratica...Nel senso che il Parlamento finirà col non contare più nulla...

Se è vero che una classe politica poco attenta..non pone mai dubbi sul perenne conflitto che genera anomalie al sistema originato dalla doppia carica di un segretario di partito legato alle funzioni di capo dell'esecutivo ...è anche vero che chi è stato un giudice costituzionale.. non può che avere una visione più profonda delle riforme (costituzionali ed istituzionali) che l'attuale governo si è apprestato a mettere in atto anche attraverso continue fiducie.

Se la politica di oggi si muove solo per la spettacolarità o per argomentazioni che alimentano un certo gossip.. allora possiamo continuare a riempire media e giornali con notizie prive di un vero fondamento logico, ma se dobbiamo ...come dovremmo, immedesimarci  con maggior attenzione su argomentazioni più profonde che riguardano un certo funzionamento della politica e le istituzioni, allora possiamo scorgere questa lunga serie di anomalie come una barriera continua che pone argine ad ogni processo di vera costruzione funzionale del sistema.

Le incertezza sul percorso oggi riguardano la figura di Renzi, ma potrebbero concernere l'attività politica di chiunque altro pretendesse di poter attuare riforme che riguardano il futuro di un processo democratico, attraverso questi enormi compromessi e senza prima aver provveduto ad una vera riforma che riguarda i diversi ruoli della politica e la disciplina dei Partiti.     

31 gen 2015

Una macroscopica anomalia...

di vincenzo cacopardo
E' straordinario il fatto che non si metta in evidenza la grande anomalia (di cui la politica del nostro Paese è sempre più colma) sui fatti riguardanti persino la nuova nomina del Capo dello Stato.

Al di là della figura indiscutibilmente valida e stimata di Sergio Mattarella, sicuramente più adatto delle tante figure proposte, quello che non si riesce a comprendere è il silenzio di una classe politica così poco attenta agli evidenti conflitti. Una classe politica che nei tanti talk televisivi non mette mai in evidenza questa incongruenza all'attenzione dei cittadini.

Chi è più dentro nei temi della politica non può sottolineare il grande conflitto oggi esistente riguardo alla figura di Matteo Renzi..contemporaneamente segretario del Partito di maggioranza e presidente di un Esecutivo.

Ci troviamo in un caso particolare in cui un presidente della Repubblica che di norma nomina un presidente del Consiglio..si trova di fatto ad essere nominato, in modo anomalo dallo stesso. Ciò accade anche perchè essendosi dimesso Napolitano..il caso vuole che debba nominarsi un nuovo Capo dello Stato.

Se sull'esigenza di una nuova nomina non ci piove.... rimane davvero anomalo il processo di investitura voluto da un presidente del Consiglio contemporaneamente segretario assoluto di un Partito di maggioranza (che oggi gode di un alto premio) il quale, nella stessa qualità di segretario, guida di logica una attività anche parlamentare, finendo con l'imporre una figura..oltre che tutto il resto.
La enorme anomalia si riduce sicuramente in un conflitto con la carica di capo dell'Esecutivo. Conflitto di interessi che pare non sorprendere alcun politico. Una anomalia del sistema che non vi sarebbe se per logica i due ruoli fossero separati.


Ciò non rimane circoscritto alla sola figura di Renzi, ma coinvolge tutte le personalità politiche che pretendono di poter assumere i due ruoli come fosse una prassi normale che non influenza un percorso istituzionale, ma... in realtà   rimane frutto di una forma mentis distorta della politica che incide con preoccupazione ponendo una seria riflessione della stessa Corte Costituzionale. 

Mattarella ..figura di equilibrio che potrebbe ridurre patti ed accentramenti


di vincenzo cacopardo

Ormai l'elezione di Sergio Mattarella a Presidente della Repubblica sembra essere in dirittura d'arrivo. Malgrado gli assurdi tentennamenti del partito di Alfano e le ingiustificate esitazioni (promosse esclusivamente da giochi di bassa politica) basate su un presunto metodo, la candidatura del giudice Mattarella..troverà un consenso molto più alto del previsto..superiore ai seicento voti.

La figura è decisamente migliore e più adatta delle tante che in questi giorni si sono proposte.

Uomo assai discreto, un po' introverso, e sicuramente adeguato nella parte di Capo di Stato.. poichè ha esercitato il ruolo di membro della Consulta e quindi preparato nella funzione di difesa degli interessi della Costituzione. Mattarella, che ho anche avuto modo di conoscere, è stato professore di diritto Parlamentare presso l'Università di Palermo. Mai come oggi occorre qualcuno che difenda i valori di una democrazia attraverso un particolare equilibrio.

Sergio Mattarella è figlio di Bernardo, politico democristiano più volte ministro tra gli anni 50 e anni '60, e fratello minore di Piersanti, che nel 1980 fu assassinato mentre era presidente della Regione Siciliana. Vicino per tradizione familiare alla corrente morotea della Democrazia Cristiana, fu eletto alla Camera dei Deputati nella circoscrizione della Sicilia Occidentale. Rieletto alla Camera nel 1987si mantenne vicino alle correnti di sinistra del partito ed in particolare al segretario De Mita. Nello stesso anno fu nominato ministro dei rapporti con il Parlamento nel governo Goria e confermato nell'incarico nel 1988 con ilgoverno De Mita. Nel 1989, con la formazione del governo Andreotti fu nominato ministro della Pubblica Istruzione. Si dimise dall'incarico il 27 luglio 1990, insieme ad altri ministri della corrente di sinistra della DC, per protestare contro la fiduciaposta dal governo sul disegno di legge Mammìdi riassetto del sistema radiotelevisivo. Motivo per il quale Berlusconi sembra non volerlo votare.
Il 22 aprile 2009 è stato eletto dalla Camera dei Deputati componente del Consiglio di presidenza della giustizia. Il 5 ottobre 2011 ilParlamento in seduta comune lo ha eletto giudice della Corte Costituzionale ed alla quarta votazione con 572 voti, uno più del quorum richiesto. Sergio Mattarella fu anche relatore delle leggi di riforma del sistema elettorale della Camera e del Senato che, recependo l'esito del referendum del 1993, introducevano una preponderante componente maggioritaria. La legge Mattarella, alla quale il politologo Giovanni Sartori diede l'appellativo di Mattarellum, fu impiegata per le elezioni politiche del 94, del 96 e del 2001.

Alla fine il presidente del Consiglio Renzi ha preferito mantenere compatto il Partito democratico. Ha così resistito alla tentazione di estendere oltre le riforme istituzionali e la legge elettorale, per giunta già in tasca e a cui manca solo l’ultimo passaggio alla Camera dove i numeri della maggioranza non preoccupano. Certo.. risulta strana e poco comprensibile questa candidatura da parte di Renzi, sia per la sostenibilità del famigerato patto del Nazareno...sia nell'ambito il lavoro di accentratore svolto fino ad adesso dal sindaco d'Italia che potrebbe vedere lo stesso Mattarella, mettere in dubbio alcuni percorsi poco utili e chiari.


La speranza è quella che il nuovo Presidente possa indirizzare meglio le riforme difendendo i valori principali di una democrazia proprio perchè nella qualità di ex membro della Corte Costituzionale, potrebbe avere una visione d'insieme meno politica o di parte ...restituendo al Paese i fondamentali principi di una sovranità popolare. 

Una nota di domenico Cacopardo su Mattarella

di domenico cacopardo
C’è una logica inoppugnabile nell’azione di Matteo Renzi in vista dell’elezione del presidente della Repubblica. Stretto tra la fronda del Pd sulle ultime scelte legislative («jobs act» e «italicum») e il desiderio di Berlusconi di concordare un nome, non poteva che scegliere di ricompattare il suo partito.
Questo gli ha permesso di guidare un vasto fronte, la maggioranza relativa dei grandi elettori, e di aggregare a esso i voti necessari per raggiungere il «quorum» alla quarta votazione, cioè oggi.
D’altra parte, l’abbraccio di Berlusconi, in questo caso, sarebbe stato «l’abbraccio che uccide», il passo che gli avrebbe consegnato per sempre le sorti di Renzi e del suo governo.
La situazione, quindi, non poteva che evolvere in questa direzione e chi (Alfano&C) ha pensato di stringersi al cavaliere per ridimensionare il peso del «premier-segretario» ha sbagliato in matematica e in grammatica: il gioco, oggi, domani e dopodomani, è saldamente nelle mani del boy-scout fiorentino ed è lui lo snodo dal quale occorre partire per sperare in un qualsiasi, significativo ruolo politico.
Perché Mattarella e non altri, come Veltroni o Fassino cui l’assemblea dei grandi elettori Pd non avrebbe potuto dire di no, acclamandoli come ha acclamato l’attuale candidato? Veltroni, avendo una spiccata capacità comunicazionale, insieme a una instabilità congenita (una specie di Badoglio del Pds-Ds, due fughe dalla segreteria per il timore di perdere una battaglia), si presentava come un triplice rischio: fare ombra a Renzi, non garantire la tenuta in circostanze critiche, essere il possibile bersaglio di una vasta frangia di franchi tiratori. Anche Fassino, nonostante l’acclamazione, sarebbe stato facile vittima del segreto dell’urna.
Mattarella è un solido parlamentare di scuola democristiana, nella tradizione del cattolicesimo liberale entrato nella politica italiana nel 1913, con il patto Giolitti-Gentiloni (Ottorino). È una persona garbata, ma ferma nelle proprie convinzioni. Nella lunga attività parlamentare e di governo s’è sempre dimostrato un abile tessitore: ha condotto in porto un buon compromesso tra chi voleva il maggioritario puro e chi era legato al proporzionale realizzando la legge che porta il suo nome, il Mattarellum, eliminato poi, nel 2005 dal Porcellum, cassato dalla Corte costituzionale.
Palermitano (sarà, se eletto, il primo presidente siciliano), figlio del potente Bernardo Mattarella, ha studiato con il fratello Piersanti, assassinato da mano mafiosa, dai gesuiti. Quei gesuiti che, in Sicilia, recano il fardello di avere rappresentato dal Settecento in poi l’ala avanzata e, come dire, progressista della chiesa isolana, e che nelle loro scuole hanno forgiato parte importante della classe dirigente cattolica. Va ricordato, per esempio, il ruolo svolto da Pippo Campione, anche lui allievo dei gesuiti, ma del Sant’Ignazio di Messina, nella «pulizia» e nel rinnovamento di casa Dc.
Naturalmente, la ciambella non è perfetta per Renzi: se sarà eletto, il nuovo capo dello Stato, che ha idee ben chiare in campo del diritto costituzionale, difficilmente accetterà i fantasiosi e improbabili testi legislativi licenziati dal governo e, in qualche caso, dal Parlamento. L’«Italicum», per esempio, fortemente viziato dal punto di vista della Costituzione, difficilmente otterrà, nell’attuale versione, la firma di un uomo come Mattarella.
Ed è da mettere in conto che, stamattina votando, qualche elettore del Pd, per fare dispetto al «capo» si faccia venire un crampo alla mano. Non dovrebbero, comunque, esserci problemi e Sergio Mattarella (ormai per tutti solo Sergio) dovrebbe ottenere i voti necessari.
Alfano deve cambiare idea e in fretta: i rischi che corre sono politicamente mortali. Anche Berlusconi dovrebbe votare. Non astenersi, ma votare. Il patto del Nazareno è, prima di tutto, una garanzia di esistenza politica per lui. Poi, è un forte aiuto anche per Renzi, al quale ha permesso e permetterà di attuare una proficua politica dei due-tre forni.

Infine, a Roma Francesco, il papa, «nero» in quanto gesuita, si troverà vicino un presidente della stessa scuola. Forgiato però alla sobrietà e all’«understatement», doti, queste, delle grandi elite che hanno governato con polso fermo i momenti delicati della Storia.

29 gen 2015

nuovo articolo di Domenico Cacopardo sulla situazione politica Greca

Con la vittoria di Siriza in Grecia, si certifica lo stato terminale della malattia che ha colpito l’idea d’Europa. Quell’idea che aveva vitalizzato il continente dal secondo dopoguerra sino alla fine del millennio.

Che l’Unione sia in questo stato lo dimostra l’arrestarsi, ormai più che ventennale nonostante vari velleitari tentativi, del processo di integrazione verso l’unità politica oltre che economica dei 27 stati. Nulla è stato compiuto
per l’armonizzazione fiscale; nulla per un apparato comune di difesa; nulla sul fronte dell’integrazione giudiziaria e della sicurezza; nulla sulle previdenze sociali e sull’assistenza sanitaria; nulla sulla gestione del biblico arrivo di gente dal Sud del Mediterraneo.

È come se, dopo una stagione di politici fortemente europeisti che hanno posposto l’interesse nazionale a quello comunitario, siano tornati in campo gli egoismi nazionali e gli interessi dei ceti parassitari sacrificando quelli dei cittadini. Il medesimo allargamento dell’Unione, avvenuto il 13 dicembre del 2002, sotto la presidenza di Romano Prodi, è stato un colpo mortale (da cui non s’è più ripresa) alla governabilità dell’esecutivo comunitario, soggetto al vincolo dell’unanimità di voto delle 27 nazioni componenti. 

Il tentativo di formulare una Costituzione, redatta nel 2003 dalla Convenzione europea, bloccato dai referendum francese e olandese, è stato definitivamente abbandonato nel 2009. Il successivo trattato di Lisbona, sempre del 2009, non è stato un passo avanti, ha lasciato irrisolti tutti i problemi sul tappeto indicando solo le esigenze per il futuro che, regolarmente, la Commissione (il governo dell’Unione) e gli stati membri hanno disatteso, limitandosi all’imposizione di restrizioni finanziarie ed economiche che hanno consolidato il processo recessivo innescato dalla crisi americana del 2008. 

Ai nostri giorni, con una Commissione dalle idee meno corte della precedente, ma pur sempre corte, si è, per la prima volta, parlato di flessibilità e di rilancio e, a questo fine, il presidente Junker ha annunciato un piano di investimenti di 25-30 miliardi, una goccia nel mare. Come curare con l’aspirina un attacco di polmonite fulminante.

Il medesimo «Quantitative easing», la rivoluzione da 1.200 miliardi, decisa dalla Bce, guidata da Mario Draghi, che inizierà a marzo al ritmo di 60 mld al mese è un annuncio idoneo a confondere le idee dei cittadini del continente. Come ha spiegato bene Riccardo Ruggeri sulle colonne di questo giornale, la Bce non acquisterà titoli di Stato direttamente dagli stati che li emetteranno, ma dalle banche. Come se uno di noi si presentasse da un concessionario di automobili e invece di comprare un’auto nuova (con il che si aiuterebbe la produzione), ne comprasse una di quelle usate, con il che si aiuta il concessionario, cioè le banche. Cioè il principale, le banche, responsabile della recessione in corso, visto che alla disponibilità di capitali a costo vicino allo zero non fanno seguito investimenti e prestiti a prezzi convenienti.

Nella crisi, il sistema si è occupato solo delle banche ricapitalizzandole, rendendole beneficiarie di crediti, insomma di risorse immeritate. Beneficiarie né legittimate da un ruolo di rilancio né, purtroppo, dall’etica, largamente disattesa.

I racconti dei tempi di gente come Mattioli o Rondelli non sono più riferibili ai rapaci banchieri dei nostri giorni, con i portafogli gonfi, quando le istituzioni da loro dirette erano in sofferenza. Con una protezione (del silenzio) inattesa (Monte Paschi), in un Paese nel quale anche le registrazioni delle esigenze corporali degli intercettati vengono diffuse al grande pubblico.

Certo, alla fine qualcosa dei 1.200 mld di Draghi andrà al sistema produttivo. Ma dopo avere ancora ingrassato le banche. Sarà proprio da vedere se la ripresa e l’inflazione avranno luogo e in che misura, visto che non c’è un elemento che possa invogliare chi potrebbe investire a farlo. 

Siriza, da questo punto di vista, è un bel contributo alla paura e alla stagnazione.

A proposito dei sirizisti di casa nostra, quest’accolta di mezzi falliti, ammiratori di Maduro, Castro e della de Kirchner (obbligatorio il ‘de’ nobiliare), incapaci di vedere il mondo con gli occhi della realtà: che succederà dei 44 miliardi di euro che l’Italia ha prestato alla Grecia? 




Presidenza della Repubblica: tra i nomi poco adatti.. manovre e contraddizioni...

di vincenzo cacopardo
Renzi sembra aver partorito un nome fresco: Mattarella.
D'altronde non avrebbe potuto azzardare un nome sicuro solo al quarto scrutinio..lasciando liberi i primi tre senza alcuna figura da proporre.

Pur tuttavia appare strano un nome come quello di Bersani.. venuto fuori e caldeggiato all'improvviso come un possibile candidato. La cosa potrebbe dare da pensare ..e non poco! L'ala bersaniana del PD appare oggi tanto sottomessa alle riforme del Premier ...ingoia continui rospi.. proponendo possibili rotture che subito dopo non vengono mai messe in atto...Non vi saranno forse promesse sottobanco da parte del giovane segretario Premier di una comoda poltrona di presidente della Repubblica per Bersani al fine di ricompattare il dissenso all'interno del Partito?

Certo il nome di Bersani... oggi reiterato con maggior insistenza, potrebbe far pensare a tutto ciò... anche in considerazione che l'ex segretario del PD è inserito nella lista di quei nominativi favorevoli al Movimento 5stelle...Un fatto non di poco conto che offrirebbe al Premier una maggiore sicurezza nella quarta votazione... per buona pace di un patto del Nazareno.. ormai forse di minor interesse... in considerazione che le riforme sono ad un passo dalla conclusione....Inoltre una possibile ricongiunzione all'interno del partito offrirebbe un futuro più tranquillo al giovane Renzi che, senza più una difficile Camera come quella del Senato, vivrebbe la sua politica governativa lontano da ogni rischio.

Al di là della figura decisamente pulita e nobile di Bersani...di sicuro poco appropriata ad un ruolo che spetterebbe ad una figura meno di parte e più inserita nei temi costituzionali, quello che indubbiamente fa tanto pensare... è la confusione ricca di contraddizioni che regna nel Movimento di Grillo. La scelta di nomi come Prodi, in contrasto con la sparizione di una figura come quella di Rodotà,  appare più contraddittoria che mai anche in considerazione del fatto che è stato proprio Prodi il politico che ha voluto l'ingresso nella nuova moneta (dal Movimento oggi tanto odiata) ad un cambio non certo favorevole.. ed ha persino rappresentato la Commissione in qualità di presidente.

Che Prodi possa essere una figura preparata non ci piove..ma che rischia di costituire una parte di una posizione politica risulta anche chiaro..Egli ha rappresentato per anni la contrapposizione alla figura di Berlusconi per la presidenza del Consiglio...Proporre lui (seppur nelle palesi differenze) sarebbe come proporre Berlusconi. La domanda è quindi quella di non riuscire a comprendere la politica confusionaria ai limiti dell' incompetenza di questo assurdo Movimento 5Stelle che si è sempre prodigato in continue proposte anti sistemiche, e nel contempo propone figure assai sistemiche per il ruolo delicato di una presidenza della Repubblica...Il colmo dell' illogico!

Nella loro lista vi sono tuttavia personaggi come Zagrebelsky o la Lorenza Carlassare..figure più adatte e di alto profilo giuridico costituzionale.

28 gen 2015

Legge elettorale e Senato: un danno infinito per l'efficienza e la democrazia


Nell'immobilismo dei Partiti mai rinnovati...prosegue il percorso frettoloso ed inadeguato della semplificazione a danno di un funzionamento democratico

di vincenzo cacopardo
Tra un canguro ed un altro...ormai la nuova legge elettorale detta “Italicum” si dirige verso la sua definizione. Malgrado le difficoltà e le evidenti perplessità che hanno visto un Parlamento sfaldarsi nella propria maggioranza fino ad averne avuto un evidente bisogno di un'altra.
La nuova legge elettorale, come ormai tutti sappiamo, prevederà un premio di maggioranza alla lista che arriva al 40%..E' chiaro che Berlusconi avrebbe preferito un premio di maggioranza per la coalizione...una coalizione avrebbe sicuramente reso più forza ad uno dei due schieramenti evitando un prevedibile ballottaggio che metterà in evidenza un minor numero di votanti nel Paese. Siamo comunque quasi tutti convinti che nessuna delle liste, anche in considerazione dei sondaggi, potrà mai aspirare al superamento della soglia del 40%

I sondaggi ci avvisano che il numero dei votanti alle prossime politiche si attesterà tra il 45 ed il 55%...ci comunicano anche che ad un eventuale, e quasi certo, ballottaggio..i cittadini che andranno al voto...saranno circa il 30% in meno di quelli che hanno votato al primo turno. La conseguenza beffarda di tali scelte volute da una legge elettorale raffazzonata voluta da una Boschi poco adatta al ruolo.. (sempre più favorevole ad un pensiero del Premier che ad uno personale)... pare correre verso un qualunque traguardo privo di logica e di una vera funzionale azione politica, porterà alla determinazione di una maggioranza tratta in modo veramente particolare ed espressa da meno di 25% dei cittadini aventi diritto al voto.
Questo richiamo all' avidente mancanza di una logica democratica..pare non sconvolgere mai i tanti cittadini... oggi tante pecore che si accompagnano ad un qualsiasi pastore capace di comunicare qualunque grossolanità.

Il pensiero di Renzi e di grossa parte dei componenti del governo che lo segue.. rimane quello di correre verso la semplificazione inutile che porterà conseguenze catastrofiche anche in considerazione del fatto che con altrettanta semplicità si sta mettendo fuori dai giochi una Camera alta che nel passato ha rappresentato un pensiero politico più maturo e qualificato.

E' vero !...i tempi hanno finito col portare in Senato personaggi persino squallidi e privi di un vero pensiero politico, ma tutto ciò si sarebbe potuto superare attraverso formule e normative più appropriate e non col metodo tranchand del renzismo estremo...Oggi ..con la nuova riforma sembrano poter entrare in Senato persino giovanotti di diciotto anni portati dalle Regioni che non prevedono un'età minima per l'ingresso alle amministrative. Quello che per la storia è stato un monumento istituzionale... oltre che maestoso nella sua architettura artistica...finirà col divenire un'Aula chiassosa in cui figure di un certo stampo di senatori a vita si scambieranno con l'irruenza di giovanotti imprudenti proiettati in una politica amministrativa assai discutibile..ancora non perfettamente disegnata.

Se a questo aggiungiamo il fatto che per questo rinnovamento del Senato i risparmi sembrano essersi fermati ad una cifra di circa 40 milioni di euro rispetto a quella enfatizzata da Renzi di 1 miliardo di euro...abbiamo di sicuro un riscontro obiettivo sulla incongruenza di tale riforma.

Il bicameralismo perfetto, che in realtà non sembrava tanto perfetto...aveva solo bisogno di modifiche funzionali che avrebbero dovuto garantire una migliore efficienza nel percorso normativo. Una distinzione dei ruoli più appropriata unita alla diminuzione dei compensi e delle presenze...sarebbe bastata. Ciò che invece si è voluto fare con la fretta ...provocherà danni che nel prossimo futuro avremo modo di constatare. Danni  anche evidenti al percorso di una espressione di vera democrazia..e motivi di scoraggiamento per la evidente mancanza di una utile funzionalità istituzionale...che in modo diverso si sarebbe potuta ricostruire.

Una nota di Rosario Neil Vizzini su spread, speculazioni ed interessi.

Restituire la fiducia

Coniugare crescita e rigore”. Così il polacco Donald Tusk ha esordito insediandosi nella carica di Presidente del Consiglio dell’Unione europea e subentrando a Herman Van Rompuy. Un posto che da sempre è ad appannaggio di una persona indicata dal Bilderberg, il Comitato internazionale che influenza gli equilibri monetari, finanziari e sociali di tutto il mondo. Su quella poltrona avrebbe dovuto esserci però Enrico Letta, ma la insensata pervicacia e ripicca ha condotto Matteo Renzi a respingere la prestigiosa offerta del Bilderberg all’Italia e a pretendere invece l’irrilevante e senza portafoglio Commissario agli Esteri: portando così l’Italia, come mai era successo prima, fuori da tutte le stanze che in Europa contano davvero.

Se il Bilderberg si esprime in tali termini vuol dire che la ferrea alternativa tra austerity e crescita proclamata in lungo e in largo da Renzi è falsa. Egli in definitiva se continua a chiedere di allentare il rigore sui conti pubblici finisce per essere il frontman della partitocrazia consociata che vuole continuare a banchettare alle spalle del popolo e delle istituzioni finanziarie. Ma come si è arrivati a questo punto?

Secondo quanto risulta a IlFattoGlobale tutto è iniziato il 4 gennaio 2014 a Napoli. Dove è stato tacitamente siglato un accordo bancario internazionale tra i Rothschild, storici finanziatori della politica, e lo Stato italiano. Accordo di cui erano informati sia il Governatore della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, che il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Il quale quel giorno si trovava a Napoli, a Villa Rosebery, insieme al sindaco Luigi De Magistris giunto in visita di cortesia. In realtà il patto pur prendendo le mosse dalla situazione italiana fu ben più ampio dell’Italia, coinvolgendo l’intera Europa.
La premessa fu infatti che salvata l’Italia con Mario Monti dalle grinfie degli speculatori nelle cui mani Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti l’avevano abbandonata. E non senza lacrime e sangue degli italiani. Urgeva cambiare sistema, intonando il requiem dell’economia fondata sul debito che tanta crisi aveva portato. I Rothschild dunque accettarono di ridurre le loro partecipazioni nelle Banche Centrali sotto il 50%, anche perché ci stavano perdendo, a vantaggio delle banche nazionali. E di fermare i finanziamenti ai partiti politici, facendo il paio con l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti varata dal Governo Letta. Ma come ogni buon patto che si rispetti serviva una garanzia: circa 15 miliardi di euro più titoli e gioielli, il cosiddetto “Tesoro di San Gennaro”, soldi degli italiani perlopiù, rubati e trafugati all’estero da politici e finanzieri corrotti e recuperati attraverso una vasta operazione di intelligence internazionale sul finire del 2013.

Il lunedì successivo, 6 gennaio, scatta l’esecuzione degli accordi. Lo spread italiano crolla sotto i 150 punti e la BCE blinda il tasso di sconto allo 0,25%. Per poi nei mesi successivi abbassarlo allo 0,15% e infine allo 0,05%. Mai come oggi il denaro è stato a così buon mercato. Tuttavia la situazione è ancora tutta da stabilizzare prima che che gli istituti possano riaprire i rubinetti del credito per finanziare la crescita. Sono in corso diversi scandali bancari in Europa, come quelli relativi al Monte dei Paschi di Siena e alla Cassa di Risparmio di Genova. issati i termini dell’accordo bancario europeo la BCE vara gli stress test per verificare lo stato di salute del sistema bancario. Manca poi la mossa della politica, che per l’Italia arriva con il decreto Bankitalia varato dal Governo Letta prima di dimettersi e che sancisce di diritto i patti napoletani.

Caduto il Governo Letta dovrebbe toccare a Renzi il compito di fare da esecutore prudente e attento alle istanze sociali delle indicazioni sul cambio di sistema. Ma come non era stato al suo posto da Sindaco di Firenze – e come diversi volponi di lungo corso si aspettavano – non ci sta neanche da Presidente del Consiglio. Non solo fa di testa propria ma tutto il contrairo di quello che bisognava fare generando l’ultima cosa di cui il Paese e l’Europa avevano bisogno: un immane caos istituzionale, finanziario e relazionale.

L’esordio è dei peggiori: la riesumazione di Berlusconi, estromesso dalla politica perché troppo compromesso col passato per una gestione a dir poco allegra della cosa pubblica, con il Patto del Nazzareno. Un Patto leonino, incostituzionale e a danno del popolo e delle istutuzioni democratiche.

A seguire aggredisce quelle case pubbliche che altri avevanoappena messo in sicurezza distribuendo denaro pubblico a fondo perduto, paternalisticamente e senza risultato apprezzabile sulla caduta dei consumi a fini elettorali europei, gli 80 euro. Raccoglie il 40,8% alle europee e presenta il conto agli italiani: un salasso fiscale mai visto prima, 54 miliardi di euro in un solo giorno. Poi va in Europa e spende come peggio non si può il risultato elettorale, rifiutando come detto un posto nel Sanct Sanctorum della finanza europea e mondiale e pretende la Mogherini agli esteri.

L’escalation di “smisurata ambizione” diventa esponenziale. Il Governo abolisce le province ma solo nella parte democratica e rappresentativa trasformandoli in comitati d’affari a nomina partitica, a seguire aggredisce la Pubblica Amministrazione colpendo fior di professionisti tutori dell’interesse dello Stato per sostuirli con persone se non fidate ricattabili in quanto precari. E non è finita. Matteo Renzi inizia a sostenere che a bloccare la crescita è nientemeno che la Costituzione. E riesuma un vecchio progetto piduista, che Licio Gelli si premura di rinnegare, per “abolire” il Senato, che proprio lì viene approvato in combutta con Berlusconi per tramite di Denis Verdini. Anch’egli rinnegato dalla Massoneria.

Durante l’estate il PIL va sotto zero ma la risposta del Governo è il Jobs Act sponsorizzato dal Ministro del Lavoro Giuliano Poletti che si è completamente dimenticato dei principi del mondo della cooperazione da cui viene. Un progetto che in un Paese dove c’è un bisogno disperato di lavoro e assunzione facilita i licenziamenti, aggredendo i sindacati, innescando la conflittualità sociale e cercando disperatamente la sponda del mondo delle imprese che però dietro ai grandi sorrisi rimane guardingo. Infatti subito dopo arriva il capolavoro, una manovra finanziaria con un’altra stangata fiscale che in risposta al crollo dei consumi li tartassa. E aggredisce risparmi e pensioni di inermi cittadini. Testimonial è il Ministro della Finanze Piercarlo Padoan, anch’egli smemorato, nel suo delle indicazioni dell’Ocse da cui proviene.

Qual era e qual è il problema dell’Italia? Che cosa bisognava fare? L’italia uscita dal berlusconismo e dalla cura shock di Monti è un Paese che sembra in un dopoguerra, specialmente al Sud. La lotta alle mafie, la corruzione politica il continuo aumentare della pressione fiscale hanno ridotto a brandelli il tessuto economico. La libera iniziativa economica sancita dalla costituzione è solo carta scritta, la proprietà privata tartassata contro il dettato costituzionale. Difficilissimo sopravvivvere per i piccoli commercianti, le Partite Iva, le piccole imprese che di quel tessuto erano l’anima. Ancor più difficile avviare una nuova impresa, con lo Stato e la sua burocrazia pronti a fare incetta del malcapitato con l’idea di business. Al punto che molti sono portati addirittura a rimpiangere il pizzo criminale.

Messe in sicurezza le finanze pubbliche – poco tempo dopo Napoli da una rilevazione tedesca risultò che l’Italia era il Paese meno indebitato dell’Unione, secondo solo alla Lettonia appena entrata nell’Ue – bisognava restituire fiducia ai cittadini e ai mercati. Come? Anzitutto allentando la pressione fiscale senza incidere sulle casse pubbliche, detassando quindi i consumi e tenendo ferme le imposte sui redditi. In modo tale da lasciare che l’economia si rigenerasse da sola senza immettere nuovi capitali pubblici e privati per evitare che finiscano sull’altalena delle Borse e nel tritacarne della speculazione finanziaria. Quella fiducia peraltro non concessa liberamente dai cittadini ma estorta con un sistema elettorale anticostituzionale, il Porcellum.

Persone comuni, cittadini con più soldi in tasca intanto consumano di più inducendo un aumento della produzione. un’impresa non costretta a svenarsi per anticipare l’Iva intanto versa tutto e volentieri e con quanto gli rimane può pensare di avviare una nuova linea di prodotto, ammodernare, assumere. Ovvio che nessuna ricetta può pretendere di essere quella giusta, ma questa arriva da chi aveva in mano le redini del vecchio sistema finanziario basato sul credito, e che gli è sfuggito di mano soprattutto per disinteresse della politica concentrata solo su se stessa e la sua sopravvivenza, e ha deciso di cambiarlo, invertendo la rotta verso un sistema fondato sul credito, inteso come rispettabilità, valori etici laici e religiosi, onestà, sostenibilità, profittabilità senza abuso dello stato di necessità altrui.

Chiudiamo con una notizia dell’ultimora che poi è la conseguenza ultima degli accordi di Napoli: il 20 novembre su Twitter l’ex Presidente del Consiglio Ue Herman Van Rompuy annuncia la nascita della supervisione bancaria centralizzata europea: “Una rivoluzione nell’architettura finanziaria d’Europa – afferma – politicamente impensabile fino a cinque anni fa”.
Coniugare rigore e crescita è possibile.
Rosario Neil Vizzini



26 gen 2015

Elezioni in Grecia:Una riflessione profonda per tutta l'Unione


di vincenzo cacopardo
Se la linea del programma sarà mantenuta dal nuovo governo proposto da Tsipras..vi potrebbe essere un effetto a catena sugli altri paesi..non ultimo.. il nostro...

Questo sarebbe di già un motivo valido da parte della Germania per ostacolare il progetto di risanamento voluto dai nuovo vincitori delle elezioni in Grecia. Ma non si possono nemmeno omettere i tanti errori fatti precedentemente dalla stessa Germania che oggi vanta un credito di circa ottanta miliardi dal paese greco, la cui stabilità economica governativa, ha ripetutamente messo in dubbio...Riesce quindi davvero difficile comprendere per quale ragione ha pensato di investire in un paese al quale oggi potrebbe non voler credere.

Ogni decisione da parte della Comunità europea non potrà evitare di guardare in profondità le problematiche di un Paese come la Grecia che in piena democrazia ha votato. Il rischio è uguale da qualunque lato voglia guardarsi, poiché l'economia del paese è debole e gli sforzi di una possibile crescita sono legati ad un piano che possa aituare un reale sviluppo ..e che non potrà mai sostenersi con l' insistenza degli oneri su un debito.

L'effetto a catena sembra quasi certo in considerazione del fatto che restano molti i paesi dell'unione che faticano ad andare avanti con i sacrifici fin'ora imposti...La stessa nostra Nazione non potrebbe mai crescere se costretta a pagare quasi cento miliardi l'anno di interessi sul debito...anche con l'operazione voluta da Draghi circa il “Quantitative Easing” e malgrado le poco utili riforme volute dal sindaco d'Italia Renzi

La conseguenza di una linea di programma come quella della Grecia che.. incollata ad una impossibilità di crescita, propone un piano di rientro per logica più utile ed accettabile... (in mancanza del quale le è impossibile crescere), non potrà che riflettersi su tutti i paesi europei che mantengono un forte debito pubblico e porterà ad una riflessione assai profonda che aprirà molti dibattiti e profonde incertezze nel prossimo futuro.

Syriza..ed il futuro della Grecia

Se per Renzi “il futuro è adesso”...per la Grecia “la troika è il passato”!

di vincenzo cacopardo
La Grecia va al voto vincendo contro li burocrati che nella Comunità impongono l'austerity, le tasse ed i continui tagli. Sono andati alle urne quasi dieci milioni di cittadini e sembra essersi profilato un trionfo di Syriza, guidata dal giovane Alexis Tsipras che ha raccolto oltre il 36% dei voti, contro il 28% di Nea Dimokratia guidata da Samaras e il 6,35% di Alba Dorata...che ormai rappresenta la terza forza politica della Grecia.

Syriza trionfa, ma senza una maggioranza assoluta.. conquistando 149 seggi (contro i 151 necessari per avere la maggioranza assoluta) e ad Atene è festa... Tsipras esordisce con “una vittoria storica che ha mobilitato il popolo contro l'austerità”...ma quali potrebbero essere i risvolti?

Nei giorni scorsi Samaras aveva accusato Tsipras dichiarando che Syriza in caso di vittoria avrebbe portato il Paese in bancarotta e fuori dall'euro. Quello che si teme è proprio il fallimento di una lotta contro una comunità Europea oggi impaurita da queste ventate antieuropee prive di ogni riferimento con una realtà economica ormai determinata al suo interno.

Per Nichi Vendola..in Italia.. l'esperienza greca è un ritorno positivo della sinistra movimentista...come la definizione di una nuova organizzazione:«Possiamo prefigurare la nascita di un coordinamento fatto da rappresentati di tutti coloro che sono interessati a questo processo. In questo coordinamento dovrà essere consentita la doppia militanza, ognuno con la sua tessera» Una sorta di soluzione ponte per non mettere in difficoltà la sinistra del Pd, ma facilitarne la scissione. Pippo Civati esordisce dichiarando che il programma quasi anti europeista di Syriza, somiglia tanto a quello della sinistra italiana anni Novanta ed afferma che il coordinamento, sta già lavorando su molte iniziative tra cui il conflitto d'interesse o la legge elettorale.
Il trionfo di Syriza destabilizza sicuramente il piano di costruzione di una Europa a conduzione tedesca, ponendo non pochi ostacoli al piano della Merkel. Lo scenario... nella logica dei mercati economici... sarebbe quello che la Grecia continui a rispettare gli accordi presi con la Troika (Ue-Fmi-Bce)..in caso contrario i rischi potrebbero essere superiori, ma un dato di fatto è certo: la Grecia si è spostata decisamente a sinistra..una sinistra antieuropea che potrà creare non pochi problemi al futuro già incerto di una unione Europa ancora poco stabile.
Al di là di ogni visione pratica riguardante la direzione di un consenso di questo paese...vi è una preoccupazione che deriva da una concezione fin troppo decisa delle posizioni ideologiche (destra- sinistra) che ancora una volta si propongono come l'unica soluzione per il cambiamento di ogni società moderna. Bloccarsi su queste ideologie per determinare un vero cambiamento non porterà lontano ...nè tali contrapposizioni potranno più consentire un successo sicuro a favore di un benessere sociale...Un vero cambiamento funzionale deve ormai prescindere da simili posizioni.



25 gen 2015

piccola nota al nuovo articolo di Domenico Cacopardo



di domenico cacopardo
Vivevano tranquilli in un mondo che non c’era più: il partito, i quadri, le federazioni, i comitati regionali, le cooperative (migliaia di cooperatori con famiglie legati tutti alla “Casa” e votano come soldatini) con i presidenti che venivano in visita bussando con i piedi, visto che le mani erano piene dei soldi delle solite regalie, l’Arci con le migliaia di società sportive, le centinaia di società che gestiscono impianti sportivi comunali, anche di lusso, e le centinaia di Onlus e Ong, gratificate di soldi pubblici, anche qui migliaia di dipendenti con famiglie, legati tutti alla “Casa” e che votano come soldatini. E la Rai con le sue truppe bulgare pronte a obbedire al partito e mettere in crisi tutti gli altri. E le migliaia di comuni, regioni, il Parlamento, un’altra legione di persone tutte legate a filo doppio al partito che controllano un territorio immenso, milioni di cittadini, che non possono ritirare un certificato di nascita o una concessione edilizia senza inviare un pensiero grato all’amministratore excomunista che gliel’ha fatto avere. E la stupida follia di voler far votare gli immigrati senza cittadinanza, che, anzi, la cittadinanza italiana non la vogliono, fa loro schifo, nella speranza di guadagnare qualche percentuale in più, a scapito del consenso degli italiani, quelli delle classi povere costrette a fare i conti con la novità dell’immigrazione e del favore con cui viene trattata dai comuni (di osservanza).

Non si rendevano conto, i nostri amici, che tutto questo impero era in crisi: la statica lo stava tradendo, le fondamenta stavano cedendo, presto i pilastri si sarebbero sgretolati e tutto sarebbe venuto giù in un collasso improvviso e imprevisto. Con esso, le protezioni attive che riscuotevano in molti ambienti, dalla cultura alla magistratura, dall’università alla pubblica Amministrazione, si sarebbero esaurite e li avrebbero costretti alla vita comune dei comuni cittadini. Compresi gli avvisi di garanzia.

Certo, i segnali c’erano stati.

Il primo era stato accolto con bottiglie di champagne: il crollo di Craxi e dei socialisti, ribaldi concorrenti che avevano intercettato i flussi di denaro a loro destinati e s’erano appropriati non solo delle tangenti, ma del complesso di relazioni che esse comportavano. Nessuno aveva capito che Craxi non aveva colto sino in fondo il senso della caduta del Muro di Berlino, né dei rancori che il taglieggiamento aveva provocato negli italiani, né che un gruppo di magistrati spregiudicati coltivando un disegno di potere, da altri definito (proprio da loro, i comunisti, per mano e cervello di Luciano Violante), s’era messo in proprio e aveva deciso sì di fare giustizia, un compito che non competeva loro, pagati dallo Stato per applicare la legge, ma soprattutto di prendere in mano il potere. Non c’erano riusciti perché la società italiana, laica e trasgressiva, aveva preferito l’amico di Craxi, l’imprenditore puttaniere dal linguaggio nuovo e attraente, alla gioiosa inquietante macchina da guerra di Achille Occhetto, la ridicola caricatura dei capi d’un tempo (e nessuno se n’era accorto che si trattava di una caricatura).

La fine del comunismo e del democristianismo d’accatto, quello di una sinistra “economica”, battiti di petto e denaro, Dossetti e Iri, che aveva vagheggiato di sopravvivere in comunella con i “compagni” in un compromessino storico che avrebbe salvato gli stipendi e gli extra di tutti, è stata sancita il giorno in cui, non avendo di meglio (e, avendolo, rifiutandolo per il timore che uno consapevole avrebbe potuto fare pulizia e ammodernamento), avevano affidato il condominio al più grigio dei politicanti di provincia di cui erano gonfi: lo statista di Bettola, Pierluigi Bersani.

Poi, la resa e l’arrivo di un ragazzo, proprio un ragazzo di 39 anni, senza precedenti (penali), libero di pensiero e di mano, spregiudicato, duro quanto basta, che con un linguaggio vittorioso ha conquistato il partito e il governo.

Tutto nuovo, tutto rottamato, a costo di mettere degli imbecilli in posizioni chiave, tanto non contano, conta solo il «main stream» la corrente del grande fiume del nuovismo, del risanamento e del rilancio e, vivaddio, dell’orgoglio nazionale.

Non lo hanno capito nemmeno ora i nostri Tafazzi excomunisti ed exdemocristiani (economici). Non hanno capito che l’art. 18 (la bandiera dello stolido Cofferati, finalmente autorottamatosi con la consolazione di uno stipendio da eurodeputato da aggiungere alla pensione), il voto di preferenza (quello di castità politica era già stato infranto), l’economia di mercato dichiarata a parole, per ammantare i propri affarucci di un’aura perbenista, sono finiti. Che il mondo è cambiato e sono cambiati gli italiani, a costo di votare il nulla celebrale e politico rappresentato da Grillo e dai suoi giovanotti, o coloro che temono l’ondata islamica e si giovano del suffragio degli spaventati. 

Hanno ritrovato la speranza, gli italiani, intorno al giovanotto di Firenze, che, alla fine, li deluderà, rischiando la fine di un Masaniello qualsiasi. Però ora e adesso è lui e il suo disegno che contano. I Tafazzi possono rodersi il fegato: sono destinati all’oblio e all’oscurità.



La visione del "giovanotto" di Firenze..mi fa tanto pensare al nuovo Forrest Gump italiano (anzi fin troppo fiorentino) che corre e corre...senza sapere dove andare...La battuta di Sgarbi circa la sua energia che deve esprimersi a tutti i costi..continuando a pedalare come fosse su una ciclette..è assai adatta. 

La comune frase dei tanti cittadini .."di una mancanza di alternative"...sembra, invece, un voler accettare a prescindere.. con gran dose di masochismo... un innaturale percorso senza il quale saremmo finiti! 

Un vero cambiamento non è quello portato dalle figure, ma quello proposto dalle idee..e le idee semplificative del "giovanotto"...non credo possano portare risultati positivi...La politica necessita di funzionamento e non di fretta e semplificazione! 

L'aver diviso il popolo in gufi e non gufi è un'altra delle caratteristiche di chi tende a voler dividere..fingendo di rottamare, e finendo.. poi... col determinare solo baratti. 

Quello che veramente bisognerebbe rottamare è un vecchio sistema sul quale si incardinano interessi e burocrazia..che tanto fanno comodo ad una politica assai poco funzionale che lo stesso premier tende a proporre.
Vincenzo cacopardo







24 gen 2015

Renzi...l'impetuoso Machiavelli della politica moderna

di vincenzo cacopardo

Accanto ad una Merkel impettita e rigida ed una monumentale scultura di Michelangelo, il Premier Renzi, pare esprimersi prevalentemente come sindaco di Firenze.”

Sembra quasi che che da un momento all'altro una buona parte di deputati e senatori PD tenda ad alzare la cresta... disturbata dal losco patto del Nazareno e dall'ambiguo dialogo del loro leader con l'oppositore Berlusconi. Siamo stati abituati a vedere queste improvvise fiammate..rivelatasi poi solo fuochi di paglia inutili..Ognuno di essi pare rimanere seduto nella propria comoda poltrona..poichè il pensiero di doversi organizzare in posizione diversa, staccandosi dal partito per combattere una lotta di idee contro il segretario Capo del Governo..potrebbe indurli alla definitiva sconfitta che li metterebbe fuori dal gioco. Ma la politica non è certo un gioco!..non è una comoda poltrona sulla quale stare seduti con il beneficio di un congruo compenso...

Certo se Renzi non avesse avuto ambedue le posizioni di comando (segreteria del Partito e Presidenza del Consiglio) un patto del Nazareno sarebbe risultato più difficile da mettere in campo....Ma questa è una storia lunga..sono conflitti reali difficili da far recepire ai tanti politici odierni..spesso privi di un costruttivo pensiero politico...

La realtà è che nel PD ridotto, come già ripetuto, ad un vero ectoplasma, con figure deboli al suo interno e nessuno sembra in grado di di esprimere a fondo una propria personalità politica..nè il carattere idoneo di chi dovrebbe far seguire le proprie idee...Bastano tre o quattro slogan pronunciati dal Premier..e tutto pare rimettersi a posto! Tutti ricadono come pere che abbandonano l'albero..come fossero abbagliati dalla comunicazione del leader..pur consapevoli dell'ipocrita gioco..Nessuno è in grado di seguire una propria linea di pensiero e portarla al traguardo!

Accanto ad una Merkel impettita e rigida, e la prorompente immagine del David di Michelangelo, il Premier Renzi, pare esprimersi prevalentemente come sindaco di Firenze. Somiglia tanto ad un nuovo Machiavelli che opera giustificando ogni mezzo..usa termini come "turbo" e premia esclusivamente l'arte fiorentina ..quasi sottovalutando il resto dell'arte del nostro Paese: L'accostamento tra l'arte di Michelangelo (che toglie dal marmo per riscontrare la figura) ed il lavoro del suo governo (che toglie il superfluo per riscontrare le giuste riforme) appare come un'altra trovata sloganistica tediosa che tanto piace a coloro che lo seguono in questo limitativo percorso di semplificazione.

Nella realtà quel marmo in più viene tolto dal suo governo in modo assai frettoloso ed imprudente..tipico di una certa approssimazione. Anche se sugestivo il paragone..risulta davvero difficile poter collegare il suo lavoro con quello di un artista come Michelangelo. Ma conosciamo bene Renzi e la megalomania che l'accompagna. 

post correlato: LA DELETERIA CONCEZIONE MACHIAVELLICA CHE NON CI AIUTA