Abbiamo
ampiamente scritto sull'approssimazione e il semplificativo metodo
con cui il premier si è sempre mosso..e sono state poste mille
perplessità sull'opportunità di cambiare un sistema bicamerale
senza una logica che non guardi prevalentemente ad un risultato di
comodo e di interesse. Adesso che i nodi vengono0 al pettine persino
il consigliere Cacopardo (spesso pro Renziano) pare riuscire a
scorgere le incongruenze ed il lavoro scomposto, oltre
all'inettitudine di qualche ministro sul percorso delle riforme.
Ma
vorrei prendere l'occasione per porre ancora una volta i miei dubbi
sull'insieme di queste riforme che continuano esclusivamente a
trarre una precisa opportunità in favore di una governabilità
imposta e mai ricercata dal basso.
Se
nel merito dell'art 1 e 2 la questione è stata espressa con
precisione dal consigliere Cacopardo, vi sono ulteriori dubbi su
tutto il pacchetto di riforme costituzionali nel contesto di una
nuova legge elettorale che vorrebbe, in tal modo, costruire una
governabilità dall'alto fregandosene palesemente di ogni altro più
funzionale percorso: Il sostanza.. con una sola Camera eletta e con
un Senato che cambierà continuamente figure che non avranno alcun
potere sul governo (anzi che ne saranno del tutto condizionate) ed
una legge elettorale che potrà premiare le figure proposte da chi
oggi sembra in grado di comandare in seno ad un Partito e nel
contempo governare, il tutto apparirà assai semplice ed ingabbierà
definitivamente ogni principio più alto di democrazia.
Ma
tutto ciò sembra non interessare ad alcuno..poichè ogni atto
sembrerebbe essere considerato a parte e non in una utile visione
d'insieme. Se l'allegra compagnia di dilettenti allo sbaraglio
continua su questa strada è proprio per la mancanza di una
percezione più utile ..è per una innata incompetenza su una materia
che andrebbe considerata con un primario rispetto verso la democrazia
e non per opportunismo politico o per farsi belli davanti ad un
elettorato che sembra premiare prese di posizioni determinate, ma per
niente coerenti e funzionali.
E'
proprio il combinato di tutte queste nuove riforme( Una sola Camera-
il finanziamento privato - i ruoli politici non separati e
compromessi che creano conflitti-una legge elettorale con forte
premio di maggioranza- la politica regionale dipendente dal governo
centrale..etc ) che dovrebbe far pensare seriamente: Una lunga serie
di anomalie che.. messe insieme... forniscono un quadro chiaro di
come non vi possa essere nel futuro scampo per un sistema di vera
democrazia e di equità sociale.
Certo
adesso al Senato l'aria cambierà e non sarà facile per
Renzi affrontare i nuovi disegni di un cambiamento tanto falso,
quanto frettoloso e dispotico. La
lettura è ormai chiara e difficilmente contestabile: Avendo una
forte premura per volontà richiesta dalla Comunità europea e non
avendo nuove idee in proposito, si è scelto di relegare il quadro istituzionale.. umiliando un sistema di democrazia. Quello che più
fa specie e colpisce è..il pretendere di rappresentare questo
subdolo cambiamento nel quadro dei principi costituzionali di una
vera democrazia....Nessuno oggi sembra in grado di percepire le
reazioni che si scateneranno in seguito a questo tipo di riforme che
costringono, anche se non nell'immediato, ad un effetto di
insofferenza, il pensiero politico di base che dovrebbe rendersi più
libero.
vincenzo cacopardo
Ci mancava
che Giorgio Napolitano, in un impeto di senile generosità
istituzionale, rendesse visita a Sergio Mattarella per
sensibilizzarlo sulla necessità di «premere» su Pietro Grasso
perché agevoli, al di là del regolamento, la strada del disegno di
legge di riforma del Senato. Una specie di intervento a gamba tesa
(«absit iniuria verbis») di cui nessuno vede la necessità e che
aggrava il complesso di illazioni e di sospetti che gravano proprio
sul presidente del Senato.
Del resto,
Sergio Mattarella è, come si dice in Sicilia, «santo che non suda»,
e, su una questione così delicata come la riforma del Senato, non
eserciterà alcuna pressione propria o impropria come usava il suo
predecessore.
A questo
punto, dobbiamo fare ammenda nei confronti di Pietro Grasso: non ci
sono alternative alla riapertura della discussione di merito
sull’art. 1 e sull’art. 2 del disegno di legge, giacché entrambi
sono stati modificati –e non in modo marginale- nella seconda
lettura della Camera dei Deputati. L’esame del Senato, quindi, si
presenta ora come una vera e propria seconda lettura, non una terza
come immaginavano Matteo Renzi e la sua corte di incompetenti a
partire dal capo del dipartimento affari legislativi, Antonella
Manzione (già capo dei vigili urbani di Firenze), e dal suo stesso
ministro Maria Elena Boschi. A entrambe è sfuggito –e non poteva
sfuggire- che il dettato costituzionale dispone per le leggi di
modifica della Costituzione una doppia lettura di un medesimo
identico testo, cosa che non è avvenuta nel passaggio dal Senato
alla Camera. Qui, con leggerezza degna di un bravo ballerino di
Formentera, la ministra per le riforme non ha posto alcun ostacolo
alla modifica del testo licenziato dal Senato.
L’idea
del «cerchio magico» dei renziani che, ora, Pietro Grasso,
travalicano i propri poteri ed entrando in rotta di collisione con i
suoi personali obblighi istituzionali, impedisca la discussione di
emendamenti agli articoli 1 e 2 (e quindi anche agli altri) dimostra
ancora una volta –e se ce ne fosse stato bisogno- l’assoluta
ignoranza del premier&intimi dei limiti dell’attività di
governo e delle necessità formali e sostanziali di ogni testo
legislativo e, a maggior ragione, costituzionale.
Nel merito
le questioni sono serie. L’art. 1 (che, ai fini delle esigenze del
Paese, è il più importante) definisce le funzioni della nuova
assemblea. Le modifiche apportate dalla Camera dei deputati (nella
sua prima lettura) hanno natura limitativa. Per esempio: il raccordo
tra Unione europea, Stato e misteriosi «altri enti
costitutivi della Repubblica» (questo è il livello dei nostri
legislatori, a cominciare da quelli seduti nei comodi uffici di
Palazzo Chigi, che scrivono un richiamo così generico per non
prendersi il disturbo di verificare quali enti siano interessati
all’esercizio della funzione di raccordo) cessa di essere funzione
esclusiva e si trasforma in partecipazione, il «concorso»
nell’esercizio, appunto, del raccordo che rimane limitato ai
rapporti tra Stato ed enti territoriali e tra Unione europea ed enti
medesimi.
Altro
esempio, la cessazione della competenza del nuovo Senato nella
valutazione dell’impatto degli atti normativi e delle
politiche dell'Unione. E ancora, la valutazione delle politiche
nazionali e delle attività della pubbliche Amministrazioni e la
verifica dell’attuazione delle leggi statali, cessano di essere
compiti esclusivi del nuovo Senato che li può esercitare in
«concorso» con gli altri soggetti dell’ordinamento, cioè la
Camera dei deputati e il governo.
Infine, è
stato soppresso il «concorso paritario» con la Camera nella
funzione legislativa in materia di famiglia, di matrimonio e di
trattamenti sanitari obbligatori.
In
sostanza, nessuna delle funzioni specifiche ed esclusive è
sopravvissuta dal vaglio dei deputati. Sono rimaste in vita alcune
funzioni da esercitarsi solo in concorso (con la Camera).
Il nuovo
Senato, quindi, è ancora più svuotato. Rimarrà solo un fantasma,
meno importante e influente del pur non importante e non influente
Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (soppresso).
Non si
capisce, quindi, la ratio di una sopravvivenza in camera iperbarica,
in una sorta di coma farmacologico, dal quale non può sopravvenire
alcun risveglio.
Quanto
all’art. 2, la questione è presto detta. Nel testo originario, i
senatori duravano in carica per la durata dell’organo nel quale
erano stati eletti. Ora, il «nel» è stato sostituito da un «dal».
Non si tratta di lana caprina, ma di un elemento di parificazione tra
consiglieri regionali (eletti senatori) e sindaci. Durando il mandato
quanto dura l’organo che dal quale sono stati eletti, quando la
regione viene a scadenza, scadono anche tutti coloro (sindaci e
consiglieri) che la stessa ha eletto «senatori».
Sembra
semplice, ma diventa complicato, visto che il Senato sarà composto
da soggetti che avranno tutti scadenze diverse.
Ora, in una
situazione come quella che abbiamo descritto, risulta complicato un
percorso breve e lineare della terza lettura del disegno di legge
che, in realtà, è solo la seconda.
E non sarà
possibile a nessuno porre limiti sostanziali agli emendamenti e al
dibattito. E, se pure in commissione ci potrà essere un esame
piuttosto rapito, l’adozione del «passo del bersagliere» in aula
sarà impossibile.
Riaprendosi
del tutto il percorso, sarà molto più difficile a Renzi il
controllo degli amici, l’esercizio del vacillante potere che ancora
ha sul gruppo parlamentare del Pd, la difesa del testo «così
com’è».
Quelli che,
a prima vista, sembrano problemi tecnici sono già diventati problemi
politici, a dimostrazione che presupposto indispensabile di ogni
azione di governo è la capacità tecnica dei ministri e dei loro
staff rispetto alle questioni di cui sono chiamati a occuparci.
L’allegra
compagnia di dilettanti allo sbaraglio che ha accompagnato Matteo
Renzi nell’ascesa a Palazzo Chigi –e che pure tante iniziative
giuste e necessarie ha preso- è alla prova finale. Una prova che si
somma alla legge di stabilità, al problema immigrati e agli altri
appuntamenti di questo e del prossimo mese.
Non è
proprio detto che il nostro premier ce la faccia.
Se non ce
la farà, potrà solo prendersela con se stesso e con la leggerezza
con la quale ha affrontato il governo dell’Italia.
Ps:
debbo ringraziare il Senato della Repubblica per la qualità del suo
sito e per l’eccellente lavoro del suo ufficio studi che ha messo
in rete un’analisi completa e comprensibile della riforma.
Consultabile da tutti.
Domenico
Cacopardo