3 set 2015

Una nota aggiuntiva sul nuovo articolo di Domenico Cacopardo sulla riforma del Senato

In questa puntuale ed attenta analisi.. Domenico Cacopardo mette in risalto tutte le debolezze di quella che lui stesso definisce “L’allegra compagnia di dilettanti allo sbaraglio che ha accompagnato Matteo Renzi nell’ascesa a Palazzo Chigi”.

Abbiamo ampiamente scritto sull'approssimazione e il semplificativo metodo con cui il premier si è sempre mosso..e sono state poste mille perplessità sull'opportunità di cambiare un sistema bicamerale senza una logica che non guardi prevalentemente ad un risultato di comodo e di interesse. Adesso che i nodi vengono0 al pettine persino il consigliere Cacopardo (spesso pro Renziano) pare riuscire a scorgere le incongruenze ed il lavoro scomposto, oltre all'inettitudine di qualche ministro sul percorso delle riforme.
Ma vorrei prendere l'occasione per porre ancora una volta i miei dubbi sull'insieme di queste riforme che continuano esclusivamente a trarre una precisa opportunità in favore di una governabilità imposta e mai ricercata dal basso.

Se nel merito dell'art 1 e 2 la questione è stata espressa con precisione dal consigliere Cacopardo, vi sono ulteriori dubbi su tutto il pacchetto di riforme costituzionali nel contesto di una nuova legge elettorale che vorrebbe, in tal modo, costruire una governabilità dall'alto fregandosene palesemente di ogni altro più funzionale percorso: Il sostanza.. con una sola Camera eletta e con un Senato che cambierà continuamente figure che non avranno alcun potere sul governo (anzi che ne saranno del tutto condizionate) ed una legge elettorale che potrà premiare le figure proposte da chi oggi sembra in grado di comandare in seno ad un Partito e nel contempo governare, il tutto apparirà assai semplice ed ingabbierà definitivamente ogni principio più alto di democrazia.

Ma tutto ciò sembra non interessare ad alcuno..poichè ogni atto sembrerebbe essere considerato a parte e non in una utile visione d'insieme. Se l'allegra compagnia di dilettenti allo sbaraglio continua su questa strada è proprio per la mancanza di una percezione più utile ..è per una innata incompetenza su una materia che andrebbe considerata con un primario rispetto verso la democrazia e non per opportunismo politico o per farsi belli davanti ad un elettorato che sembra premiare prese di posizioni determinate, ma per niente coerenti e funzionali.

E' proprio il combinato di tutte queste nuove riforme( Una sola Camera- il finanziamento privato - i ruoli politici non separati e compromessi che creano conflitti-una legge elettorale con forte premio di maggioranza- la politica regionale dipendente dal governo centrale..etc ) che dovrebbe far pensare seriamente: Una lunga serie di anomalie che.. messe insieme... forniscono un quadro chiaro di come non vi possa essere nel futuro scampo per un sistema di vera democrazia e di equità sociale.

Certo adesso al Senato l'aria cambierà e non sarà facile per Renzi affrontare i nuovi disegni di un cambiamento tanto falso, quanto frettoloso e dispotico. La lettura è ormai chiara e difficilmente contestabile: Avendo una forte premura per volontà richiesta dalla Comunità europea e non avendo nuove idee in proposito, si è scelto di relegare il quadro istituzionale.. umiliando un sistema di democrazia. Quello che più fa specie e colpisce è..il pretendere di rappresentare questo subdolo cambiamento nel quadro dei principi costituzionali di una vera democrazia....Nessuno oggi sembra in grado di percepire le reazioni che si scateneranno in seguito a questo tipo di riforme che costringono, anche se non nell'immediato, ad un effetto di insofferenza, il pensiero politico di base che dovrebbe rendersi più libero.
vincenzo cacopardo


Ci mancava che Giorgio Napolitano, in un impeto di senile generosità istituzionale, rendesse visita a Sergio Mattarella per sensibilizzarlo sulla necessità di «premere» su Pietro Grasso perché agevoli, al di là del regolamento, la strada del disegno di legge di riforma del Senato. Una specie di intervento a gamba tesa («absit iniuria verbis») di cui nessuno vede la necessità e che aggrava il complesso di illazioni e di sospetti che gravano proprio sul presidente del Senato.
Del resto, Sergio Mattarella è, come si dice in Sicilia, «santo che non suda», e, su una questione così delicata come la riforma del Senato, non eserciterà alcuna pressione propria o impropria come usava il suo predecessore.
A questo punto, dobbiamo fare ammenda nei confronti di Pietro Grasso: non ci sono alternative alla riapertura della discussione di merito sull’art. 1 e sull’art. 2 del disegno di legge, giacché entrambi sono stati modificati –e non in modo marginale- nella seconda lettura della Camera dei Deputati. L’esame del Senato, quindi, si presenta ora come una vera e propria seconda lettura, non una terza come immaginavano Matteo Renzi e la sua corte di incompetenti a partire dal capo del dipartimento affari legislativi, Antonella Manzione (già capo dei vigili urbani di Firenze), e dal suo stesso ministro Maria Elena Boschi. A entrambe è sfuggito –e non poteva sfuggire- che il dettato costituzionale dispone per le leggi di modifica della Costituzione una doppia lettura di un medesimo identico testo, cosa che non è avvenuta nel passaggio dal Senato alla Camera. Qui, con leggerezza degna di un bravo ballerino di Formentera, la ministra per le riforme non ha posto alcun ostacolo alla modifica del testo licenziato dal Senato.
L’idea del «cerchio magico» dei renziani che, ora, Pietro Grasso, travalicano i propri poteri ed entrando in rotta di collisione con i suoi personali obblighi istituzionali, impedisca la discussione di emendamenti agli articoli 1 e 2 (e quindi anche agli altri) dimostra ancora una volta –e se ce ne fosse stato bisogno- l’assoluta ignoranza del premier&intimi dei limiti dell’attività di governo e delle necessità formali e sostanziali di ogni testo legislativo e, a maggior ragione, costituzionale.
Nel merito le questioni sono serie. L’art. 1 (che, ai fini delle esigenze del Paese, è il più importante) definisce le funzioni della nuova assemblea. Le modifiche apportate dalla Camera dei deputati (nella sua prima lettura) hanno natura limitativa. Per esempio: il raccordo tra Unione europea, Stato e misteriosi «altri enti costitutivi della Repubblica» (questo è il livello dei nostri legislatori, a cominciare da quelli seduti nei comodi uffici di Palazzo Chigi, che scrivono un richiamo così generico per non prendersi il disturbo di verificare quali enti siano interessati all’esercizio della funzione di raccordo) cessa di essere funzione esclusiva e si trasforma in partecipazione, il «concorso» nell’esercizio, appunto, del raccordo che rimane limitato ai rapporti tra Stato ed enti territoriali e tra Unione europea ed enti medesimi.
Altro esempio, la cessazione della competenza del nuovo Senato nella valutazione dell’impatto degli atti normativi e delle politiche dell'Unione. E ancora, la valutazione delle politiche nazionali e delle attività della pubbliche Amministrazioni e la verifica dell’attuazione delle leggi statali, cessano di essere compiti esclusivi del nuovo Senato che li può esercitare in «concorso» con gli altri soggetti dell’ordinamento, cioè la Camera dei deputati e il governo.
Infine, è stato soppresso il «concorso paritario» con la Camera nella funzione legislativa in materia di famiglia, di matrimonio e di trattamenti sanitari obbligatori.
In sostanza, nessuna delle funzioni specifiche ed esclusive è sopravvissuta dal vaglio dei deputati. Sono rimaste in vita alcune funzioni da esercitarsi solo in concorso (con la Camera).
Il nuovo Senato, quindi, è ancora più svuotato. Rimarrà solo un fantasma, meno importante e influente del pur non importante e non influente Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (soppresso).
Non si capisce, quindi, la ratio di una sopravvivenza in camera iperbarica, in una sorta di coma farmacologico, dal quale non può sopravvenire alcun risveglio.
Quanto all’art. 2, la questione è presto detta. Nel testo originario, i senatori duravano in carica per la durata dell’organo nel quale erano stati eletti. Ora, il «nel» è stato sostituito da un «dal». Non si tratta di lana caprina, ma di un elemento di parificazione tra consiglieri regionali (eletti senatori) e sindaci. Durando il mandato quanto dura l’organo che dal quale sono stati eletti, quando la regione viene a scadenza, scadono anche tutti coloro (sindaci e consiglieri) che la stessa ha eletto «senatori».
Sembra semplice, ma diventa complicato, visto che il Senato sarà composto da soggetti che avranno tutti scadenze diverse.
Ora, in una situazione come quella che abbiamo descritto, risulta complicato un percorso breve e lineare della terza lettura del disegno di legge che, in realtà, è solo la seconda.
E non sarà possibile a nessuno porre limiti sostanziali agli emendamenti e al dibattito. E, se pure in commissione ci potrà essere un esame piuttosto rapito, l’adozione del «passo del bersagliere» in aula sarà impossibile.
Riaprendosi del tutto il percorso, sarà molto più difficile a Renzi il controllo degli amici, l’esercizio del vacillante potere che ancora ha sul gruppo parlamentare del Pd, la difesa del testo «così com’è».
Quelli che, a prima vista, sembrano problemi tecnici sono già diventati problemi politici, a dimostrazione che presupposto indispensabile di ogni azione di governo è la capacità tecnica dei ministri e dei loro staff rispetto alle questioni di cui sono chiamati a occuparci.
L’allegra compagnia di dilettanti allo sbaraglio che ha accompagnato Matteo Renzi nell’ascesa a Palazzo Chigi –e che pure tante iniziative giuste e necessarie ha preso- è alla prova finale. Una prova che si somma alla legge di stabilità, al problema immigrati e agli altri appuntamenti di questo e del prossimo mese.
Non è proprio detto che il nostro premier ce la faccia.
Se non ce la farà, potrà solo prendersela con se stesso e con la leggerezza con la quale ha affrontato il governo dell’Italia.
Ps: debbo ringraziare il Senato della Repubblica per la qualità del suo sito e per l’eccellente lavoro del suo ufficio studi che ha messo in rete un’analisi completa e comprensibile della riforma. Consultabile da tutti.
Domenico Cacopardo

2 set 2015

I decreti del governo...e le competenze regionali

di vincenzo cacopardo

Quello strano decreto sugli inceneritori

Le recenti notizie parlano di un decreto del premier Renzi all'interno dello Sblocca Italia: Il decreto impone di costruire 12 nuovi inceneritori nel territorio nazionale malgrado gli elettori si siano già espressi chiaramente contro la costruzione di tali impianti. Per queste strutture verranno coinvolte quasi tutte le regioni, ma pare che gli inceneritori non li voglia proprio nessuno.

Il testo del governo stabilisce la realizzazione di 12 nuovi impianti di incenerimento dei rifiuti in 10 Regioni: Piemonte, Veneto, Liguria, Umbria, Marche, Abruzzo, Campania e Puglia, due in Toscana e Sicilia. La cosa appare alquanto strana anche in coincidenza del fatto che oltre ad essere poco economici, essi appaiono alternativi al metodo della raccolta differenziata già in essere. Inoltre il notevole impatto ambientale potrebbe ancora scatenare vistose proteste da parte delle comunità cittadine.

Oltre al presidente della Puglia Michele Emiliano  e Sergio Chiamparino, presidente della regione Piemonte, che rimangono del tutto determinati contro tali impianti, persino la regione campana di Vincenzo De Luca (assai vicino al premier) pare restare negativa. Mentre il nostro presidente Rosario Crocetta è più che mai deciso contro ogni loro realizzazione nel territorio siciliano. ...Il governatore ribadisce il piano rifiuti è ..e resta di pertinenza propria.

Non sembra perciò esservi in tutto il territorio nazionale alcun governatore in favore degli inceneritori del piano del governo Renzi.

Ma cosa dice in breve l’articolo 35 dello Sblocca Italia: Il decreto definisce i termovalorizzatori “infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale ai fini della tutela della salute e dell’ambiente”. Ma il comma 7 stabilisce altresì l’applicazione del “potere sostitutivo”... (se le Regioni negano il consenso all’impianto o “perdono tempo”, il Consiglio dei ministri può decidere di scavalcarle).

Ciò crea un certo disagio oltre ad una ulteriore conflittualità.. non di poca importanza.. che viene ad unirsi alle altre che in questo periodo si accavallano nel merito delle competenze tra le regioni ed il governo.


Quel falso trionfalismo che il Paese non merita


di vincenzo cacopardo
Con le parole “il Paese si è rimesso in moto” il sindaco d'Italia persevera nell' impostura. La domanda del giorno dovrebbe essere questa: E' meglio illudere il Paese con la perenne falsa speranza di una crescita..o dire come stanno realmente le cose ed operare con fini più pratici innovativi e funzionali per un vero funzionale sviluppo?.

Secondo i dati trasmessi dall'Istat sembrerebbe calare leggermente il tasso di disoccupazione, che raggiunge il minimo dal 2013. Nel secondo trimestre il tasso di disoccupazione si attesterebbe infatti al 12,1%(-0,1 punti su base annua). Sempre secondo l'Istat..continuano però ad ampliarsi i divari territoriali: dal 7,9% nelle regioni settentrionali, al 10,7% nel Centro fino ad arrivare al 20,2% nel Mezzogiorno. Questi dati, proprio per il Mezzogiorno, in cui l'opera del governo Renzi è rimasta assente, paventano un divario pauroso. In questo quadro..meno importa la crescita del Pil che nel secondo trimestre, ha raggiunto un misero 0,1% rispetto al primo trimestre.. ed è solo strategico da parte del governo pensare di poter parlare su base annua..visto le continue instabilità in cui il Paese va incontro.

Con le parole "Le riforme servono", il Premier non ha perso occasione per commentare questo scarso successo su Twitter ...come è solito uso fare! " E' chiaro a molti che questo nostro Paese è ormai diviso in due per un divario territoriale persistente che continua ad aumentare. Se dopo mesi di dati negativi oggi Renzi mette in evidenza un leggerissimo dato positivo, in molti tra cui confindustria ritengono che tali dati sono meno trionfalistici di come vorrebbero apparire...Pare aver fatto di più Monti e lo stesso Letta...

Ancora meno positivo rimane il giudizio del Codacons, che trova sì "molto incoraggiante" la diminuzione del numero di disoccupati in Italia, ma ricorda come l'Italia sia ancora "divisa in due sul fronte del lavoro, con un divario territoriale che si allarga sempre di più". Infine..secondo il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi: " il merito della crescita del PIL non è nostro ma è dovuto solo al dimezzamento del prezzo del petrolio a rafforzamento del dollaro e al Q.e. voluto da Draghi". Il presidente di Confindustria oggi si domanda come mai la crescita del Paese nonstante il percorso del jobs act sia ancora così bassa.

L'atteggiamento propagandistico del giovane premier fiorentino persiste in un quadro che vede, oltre ad una netta linea di confine tra il nord ed il sud che immobilizza ogni sviluppo, un mercato del lavoro caratterizzato da un aumento impercettibile costruito soprattutto su una trasformazione ..più che ad un suo essenziale aumento. Manca un indirizzo di stimolo dell’economia costruita su idee appropriate più che un metodo sulla gestione stessa del lavoro. Manca un piano serio per il Sud e Renzi sembra non percepire affatto l'importanza di tutto ciò.





29 ago 2015

All'orizzonte..il possibile crollo di una democrazia

di vincenzo cacopardo
Continua senza sosta lo storico esodo verso l'occidente e perseverano purtroppo gli incidenti che vedono perire centinaia e centinai di innocenti nella speranza di accedere ad un mondo diverso per sfuggire alle tragedie dei conflitti in essere nei propri territori. Meno importa se fra questi vi possano essere coloro che approfittano delle tragedie per spingersi verso nuovi continenti come clandestini: L'esodo è tale che supera ogni realtà ed ogni possibile differenza tra chi fugge.

Tutto l'Oriente appare infiammato e persino il continente asiatico. Alle problematiche della Libia e l'Iraq..si aggiungono i possibili conflitti fra le due Coree..quella del Pakistan..quella della Siria..quella perenne di Israele contro i palestinesi.. etc. Resta di sicuro un quadro inquietante che pare aspettare solo la scintilla per esplodere in una serie di conflitti che insieme potrebbero divenire apocalittici. Possiamo di sicuro affermare che la politica europea assieme a quella americana non hanno saputo per niente affrontare preventivamente questa lunga serie di problematiche, mostrandosi solo capaci di fomentarle. Ma resta ancora più inverosimile la mancanza di un intervento deciso dell'Onu circa l'esodo che compete ormai le aree di quasi tutti i continenti. 

L'articolo 1 e 2 dello Statuto delle Nazioni Unite riassumono gli scopi e i principi che l'organizzazione internazionale si è da sempre prefissata: ossia mantenere la pace e la sicurezza internazionale; promuovere la soluzione delle controversie internazionali e risolvere pacificamente le situazioni che potrebbero portare a una rottura della pace; sviluppare le relazioni amichevoli tra le nazioni sulla base del rispetto del principio di uguaglianza tra gli Stati e l'autodeterminazione dei popoli; promuovere la cooperazione economica e sociale; promuovere il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali a vantaggio di tutti gli individui; promuovere il disarmo e la disciplina degli armamenti; promuovere il rispetto per il diritto internazionale e incoraggiarne lo sviluppo progressivo e la sua codificazione.


Se andiamo ad analizzare questi scopi ed i principi ci possiamo accorgere come tutti questi entrano nel contesto del fenomeno della migrazione oggi esistente ed appare davvero strana la posizione dormiente di questo organo che già da parecchio tempo avrebbe dovuto prevedere un intervento che oggi appare assai più difficile e complesso.
Questo fenomeno della migrazione.. unito alla già difficile crisi economica che invade ogni continente..non ultima la Cina, sta determinando un cambiamento epocale nei rapporti sociali di tutte le Nazioni. Sul fronte economico globale si è creata un'economia il cui prodotto è risultato superiore alla domanda.. un iper-produzione che ha generato un aumento dei beni senza un riscontro sul reale bisogno ed in più tenendo sotto freno una crescita reale il cui valore oggi avrebbe assunto un effettivo motore di crescita. Un dato di fatto è comunque certo: Il nuovo capitalismo globale riesce ormai ad estremizzare i profitti occupando meno capitale umano. Si perde.. quindi.. il peso di una contrattazione sul lavoro e cresce l'emarginazione di massa. Alcuni sociologi teorizzano persino l’avvicinarsi di una “era globale” con la fine di ogni Stato nazione e quindi di ogni democrazia.

Una politica sterile dei paesi occidentali ancora costruita sulle vecchie ideologie di un tempo... la politica internazionale che non ha saputo gestire la politica tra i diversi paesi... né ha saputo prevedere l'esodo di portata mondiale...l'iperproduzione di una Cina che ha riempito un mercato occidentale ormai saturo...unito ad un principio di corruzione ormai degenerante..fanno sì che nel mondo la democrazia stessa perisca sotto una reazione di un assolutismo destinato quasi a vincere su tutto.

Secondo molti lo stesso principio di democrazia ha senso solo se rimane inserito in un contesto globale.. e proprio il modo di governare presuppone l’esistenza di una società civile globale e dei rispettivi rapporti giuridici che rimangono validi universalmente... Se l’analisi neomarxista ritiene l’idea di una democrazia cosmopolita non realizzabile in quanto l’”etica” viene a confondersi con il “potere”, non possiamo nemmeno dimenticare che tutto ciò che sta accadendo è anche l'effetto di una globalizzazione che appare guidata solo per gli interessi dei pochi potenti a danno della società internazionale.


La reazione più logica potrebbe vedere una totale svolta contrapposta ... un irrigidimento da parte dei Paesi che tenderanno a chiudersi nel proprio ambito nazionale con una logica opposta di un insolito avvenimento di “deglobalizzazione”: - I paesi si chiuderanno..i mercati si marcheranno...le società si distingueranno...le culture si evidenzieranno..etc.. Un sistema mondiale intero che si fraziona e che competerà attraverso logiche differenti più segmentate e connaturate. La democrazia..infine.. potrebbe rischiare di sopperire di fronte a logiche più dispotiche ed assolute.

28 ago 2015

Il vecchio paradigma che costringe le idee e piega ogni logica politica



tra Polis e Res Pubblica”
di vincenzo cacopardo
Aristotele riteneva che l'uomo esprimesse una concezione che faceva della Polis l'unità costitutiva non scomponibile, la dimensione compiuta dell'esistenza. C'era..e c'è sempre stata.. commistione fra politico e sociale: Chi non era sociale era un Idion, un essere carente perché estraneo alla socialità, un emarginato. L'individuo poteva avere una sua dignità solo in quanto cittadino che godeva dei diritti di cittadinanza, inserito nella comunità.

La civitas resta qualcosa di più della Polis, perché acquista una dimensione anche giuridica (iuris societas). “Politicità e giuridicità sono fuse insieme, la politicità si diluisce, la società si depoliticizza assumendo importanza il consenso della legge” come diceva lo stesso Cicerone. Successivamente vi sono state differenze, dovute in gran parte alla scomparsa di quella Polis, sostituita da altri concetti: regnum, regimen, dominium, principatus.

Tuttavia c'èra un punto in comune: mancava ancora una percezione verticale della politica. In molti sanno che il titolo originale de La Repubblica di Platone era Politeia, che in latino si traduce in Res Publica, la cosa comune...appartenente alla comunità: La dimensione verticale della politica e del potere, l’idea di comando e di Stato sovrapposta a quella di società ancora marginale e secondaria, sottintesa solamente da Platone e perduta poi dalla tradizione aristotelica. Infine.. con il concetto di Stato... è la Repubblica che acquista una sua verticalità.

Dopo questo breve, ma significativo cenno storico..potremmo chiederci.. cosa può significare far politica ogni qualvolta siamo in presenza di una comunità di individui che ha bisogno di gestire la “cosa pubblica”. Significherebbe prevedere regole di gestione del potere, processi che consentano decisioni che coinvolgono tutti e strumenti che rendono possibile l’imposizione di quelle decisioni. Ma queste decisioni non potranno mai prescindere da un primario obbligo da parte della politica di rapportarsi col cittadino regolamentando un dialogo. L'arte sta nell'essere capaci di proporre idee e saperle esporre...la scienza.. nel saper trovare il metodo per renderle funzionali!

Renzi oggi afferma che il fenomeno dell'immigrazione non appartiene né ad una destra..nè ad una sinistra! Salvini nella sua comunicazione non fa di meno e grida che la corruzione non appartiene a nessuna delle due politiche..infine anche Grillo urla dichiarando la fine di una politica schierata su fenomeni che appartengono esclusivamente al diritto di una società in cui ogni cittadino vale uno. Qualunque politica oggi ribatte sul tema dell'importanza di poter e dover risolvere i singoli problemi sociali a prescindere da una visione ieologica legata alla formazione del proprio Partito ..

A questo punto ci si chiede quale può ancora essere questo principio che lega la politica a certe concezioni (destra-sinistra) che non possono più avere alcun obiettivo riscontro con i bisogni di una società civile che oggi necessita prevalentemente di idee utili...L'unica triste risposta potrebbe essere quella che assicura ancora ai Partiti un futuro sul quale coltivare interessi e speculare su un metodo di far politica che invero risulta assai poco costruttivo e dispendioso.

Berlusconi..Monti..Letta ed oggi Renzi hanno continuato a rappresentare e vivere la politica in questo ambito e..perciò costretti a motivare scelte difficilmente dettate da idee costruttive, ma legate al paradigma istituzionale definito ormai storicamente per parametri obsoleti legati ad una concesione che stona con una nuova cultura politica che potrebbe risolvere le problematiche in modo più funzionale. Cambiare gli uomini e le figure non basta! ..Trovare un nuovo sistema che premi le idee e non si ponga su una linea ideologica ristretta e persino antica, rimane un dovere da affrontare in profondità se veramente si ama la politica nella sua logica funzionale.






27 ago 2015

una nota al nuovo articolo del consigliere Cacopardo

Non è facile comprendere cosa muove il pensiero di Domenico Cacopardo in favore del sindaco d'Italia.. e cioè l'alta considerazione su un premier che, a parere di tanti, non ha offerto nè idee nuove per la politica, né un impegno reale verso il sud e nemmeno una garanzia politica democratica verso le riforme costituzionali. Ma quello che sbalordisce è il non constatare quanta ipocrisia esiste in questo rampante politico che, proprio perchè intelligente, conosce perfettamente l'uso della sua simulazione nella dialettica.. ostentando una visione a favore di promesse verso una società della quale in realtà, non ne percepisce il dramma.
Con questo articolo Domenico prova a metter in risalto l'azione di Comunione e Liberazione come visione di un cristianesimo diversa ed opposta a quella di Papa Francesco: Ogni occasione pare sempre buona per prendersela con un Pontefice che, in realtà, ha sempre espresso le sue opinioni in base al contesto di una evangelizzazione che prende spunto dalla parola di Cristo uomo.
Continuo a ribadire che l'azione verbale del Papa.. altro non è che un monito verso una società che, sempre più corrotta, continua a proiettarsi verso l'iniquità e l'ingiustizia. Se poi la politica si sente toccata dalle parole del Pontefice vuol dire che una verità sulle responsabilità vi è da parte di chi oggi alza la cresta gridandovi contro.
Sociale e politica hanno un nesso! E' inutile negarlo e mi sembra veramente assurdo e stravagante parlare di neoperonismo (quasi solo per usare termini in voga..) nei confronti di un Papa tanto umano che oggi meriterebbe di sicuro elogi. Il Papa fa il Papa...e a differenza dei tanti politici comunica senza faziosità ed ipocrisia sui temi che riguardano la vita comune! Non c'entra nulla l'essere laici nella visione politica terrena..quando si entra in un tema dove il sociale acquisisce un'importanza fortemente legata ai valori cristiani! Questo non significa entrare in un contesto che al Pontefice non riguarda. Sarà poi solo e sempre la politica a dover trovare le soluzioni, ma se essa non le trova... ogni critica sui valori cristiani può e deve esser fatta.. poiché i valori comuni sono l'anima stessa della vita nella nostra società.
Per quanto riguarda Comunione e Liberazione..nessuno si permette di mettere in dubbio l'impegno che migliaia di giovani mettono in questa organizzazione..tra cui l’accoglienza dei tanti ospiti provenienti da tutto il mondo. Ma come giustamente mette in evidenza lo stesso Domenico, è accaduto che politici di primo piano abbiano fondato la loro carriera sull’appoggio di C&L e che, successivamente, siano stati investiti da accuse di cattiva amministrazione o, peggio, di malversazioni e di corruzione.
Eviteremo di fare nomi, ma credo che ciò sia molto peggio che continuare ad investire un Pontefice nella sua azione di basso neoperonismo ..additandolo quasi come l'artefice di una contropolitica che, in realtà, vede oggi solo in Renzi un autentico autocrate.. molto più simile a Peron.
Vincenzo cacopardo



Nato sulla fine degli anni ’60, Comunione e Liberazione è la testimonianza di una visione del cristianesimo diversa e opposta al peronismo di papa Francesco, giacché, invece di porre in discussione la società politica, interviene nella realtà sociale ed economica offrendo una «chanche» a tutti gli uomini e le donne di buona volontà che si vogliano impegnare per se stessi e per gli altri.
Certo, la posizione di papa Francesco (una sorta di neoperonismo astorico) punta alla riconquista di un ruolo politico nel mondo contemporaneo, quel ruolo che fu altrimenti svolto da Giovanni Paolo II, autore (con il presidente Reagan) della fine dell’impero sovietico e del cambiamento della storia. Francesco si propone come l’interprete, invece, di una dottrina confusa e pauperista, l’abbandono del capitalismo e delle regole della sociologia e dell’economia, per un solidarismo arrendevole e la cessazione dello sviluppo e delle sue dure regole.
Comunione e Liberazione è l’applicazione pratica di una filosofia del «fare» pensata e realizzata da don Luigi Giussani, fondatore del movimento.
Per questo, dopo 45 anni di attività concreta, nell’assistenza, nella solidarietà, nella scuola, nell’economia, il Movimento affronta la contemporaneità (dopo la gelida ed autolesionistica accoglienza del papa, l’anno scorso) nella tradizionale kermesse di Rimini, dedicata a «Di che è mancanza questa mancanza, cuore, che a un tratto ne sei pieno?»
Un verso del poeta Mario Luzi: come il poeta, il Meeting vuole interpellare il cuore dell’uomo, trovando le ragioni di una mancanza, dell'incurante superficialità, della confusione senza speranza e della ripetizione compiacente di «verità» diventate vuote e trite.
Chi non è mai stato a Rimini, non può capire quale sia la forza morale di questo Movimento, prima civile che religiosa, proiettato tutto nella vita quotidiana, nel soccorso e nella costruzione di una realtà solidale, anche mediante l’iniziativa economica.
Migliaia di giovani, la linfa vitale dell’organizzazione, convengono nella città romagnola e prestano con entusiasmo il loro lavoro gratuito per permettere la realizzazione del Meeting, dagli aspetti più materiale a quelli più di relazione come l’accoglienza dei tanti ospiti provenienti da tutto il mondo.
Siamo al di là della parrocchia e dello stanco tran-tran ed entriamo in un mondo nel quale il cristianesimo costituisce la ragione di un entusiasmo e di una dedizione difficilmente riscontrabili altrove.
Il rischio che è stato corso e corre, è quello della strumentalizzazione politica di persone o di altre organizzazioni.
È accaduto che politici di primo piano fondassero la loro carriera sull’appoggio di C&L e che, successivamente, fossero investiti da accuse di cattiva amministrazione e, peggio, di malversazioni e di corruzione.
Il Movimento ha di sicuro bisogno di appoggi politici, visto il suo operare nella realtà quotidiana, con le scuole e con le imprese della Compagnia delle opere, il braccio operativo costituito da imprese che operano nel mercato.
Ma questo non dovrebbe significare il superamento delle leggi e dei regolamenti per la creazione di una posizione di privilegio.
Invece, è accaduto.
Ciò, peraltro, non ha messo in discussione le ragioni fondanti di Comunione e Liberazione né la dedizione di tanti dirigenti e delle migliaia di giovani.
Ogni anno, il Meeting è un’occasione di incontro e di messa a punto delle linee ideali del Movimento, per approfondire le ragioni, tutte, quelle profonde e quelle immediate e personali, dello stare insieme.
Quest’anno, il tema della «mancanza» affonda il bisturi sulla principale questione della contemporaneità: l’isolamento dell’individuo e la difficile circolazione dei sentimenti e delle ragioni, in un egoismo di ritorno, aggravato dalla crisi economica e sociale.
Renzi ha compreso e c’è andato.
L’ambiente non gli era costituzionalmente ostile: anzi.
La narrazione del giovane premier è la più vicina al «sentiment» del movimento, proiettato sul fare e sul modificare. La più vicina, forse, di sempre proprio per il disancoraggio dalle vecchie idee che ancora circolano in Italia e per la rottura dei vecchi privilegi, delle vecchie rendite di posizione.
E, occorre sottolinearlo con razionale lucidità, Renzi ha colto l’occasione per tentare una legittimazione popolare e movimentista (oltre che ‘cattolica’) sul controverso tema dell’immigrazione e ha rivendicato la politica del soccorso e dell’accoglienza di cui l’Italia è protagonista (in diretta e decisa polemica con il vescovo Galantino). Una scelta coraggiosa e discutibile, naturalmente, che può non essere condivisa, per l’assenza di un’idea strategica e per l’incapacità di calcolarne le conseguenze.
Tuttavia, nel volgere in positivo gli aspetti più discutibili dell’azione di governo, il premier dimostra ancora una volta la propria capacità politica, la vocazione al rapporto diretto con il «popolo» e un’infaticabile disponibilità che lo condurrà a visitare 100 città per spiegare le riforme approvate, quelle in corso e la nuova politica fiscale.
Eravamo del tutto disabituati a un simile modo di fare politica.
Come lo sono i residuati del passato remoto che costituiscono la minoranza del Pd.
Penso che, con questo ritorno dalle ferie e l’immersione nel Paese, Renzi riuscirà a recuperare consensi e ruolo. Ciò che è necessario in una stagione in cui si tenta di chiudere la Nazione nel piccolo recinto dell’aula del Senato nella quale conservatori e reazionari (con l’interessato supporto di Pietro Grasso) tentano, come congiurati, di far saltare il banco del governo, è proprio un rapporto diretto con la pubblica opinione.
L’isolamento del palazzo di fronte al Paese non ci sarà e la riforma costituzionale, nonostante tutto, passerà. Per il bene del Paese.
Domenico Cacopardo





26 ago 2015

Un' economia che non premia un possibile sviluppo reale


di vincenzo cacopardo
Il sindaco d'Italia continua a promettere ...ma non si capisce quale può essere la ragione di attuare una simile propaganda se non quella di prendere in giro una grande fetta del suo elettorato ..visti i parametri economici e le statistiche di una crescita che offrono poco spazio, a chi come noi, soffre di un pesantissimo debito pubblico. Sappiamo tutti che senza una crescita il debito è destinato ad allargarsi ed in realtà..questo sbandierato sviluppo in salita.. non si riesce mai a riscontrare.

La politica di questi anni si è sempre mossa attraverso promesse. Chiunque sale al premierato diffonde proclami di promesse più che di impegni reali: Renzi, in questo caso, è sempre apparso in prima fila nelle continue filastrocche mielate da una comunicazione ipocrita più che mai. Sarebbe più utile avere un premier che dettasse con maggiore umiltà progetti ed impegni concreti al fine di assicurare senza affermate certezze..ma con intuito, lungimiranza e volontà.. la possibilità di abbassare le tasse. Il premier, come esattamente fece il suo predecessore Berlusconi,  fosse quasi un giochino da niente, promette e promette ..giocando sulla pelle dei cittadini meno abbienti..senza accorgersi che il nostro non è nemmeno un problema limitato alla crescita, ma alla perseverante apertura a forbice di chi può vivere ancora agiatamente ed i tantissimi che rasentano ormai la povertà assoluta.

Limitare la politica economica solo nei racchiusi parametri dello spread o del Pil..significa non aver capito in profondità il metodo necessario ed un percorso che solo attraverso una feconda economia reale potrebbe mettere pace ed equilibrare gli evidenti divari esistenti. Se solo chi ha i capitali può essere in grado di investire... tagliando così fuori una grande parte di cittadini che, priva di questi, potrebbe essere in grado di proporre idee per la crescita, significa limitare ogni vero sviluppo verso la qualità e l'eccellenza che per storia ci appartiene. Anche le banche dovrebbero tornare a fare le banche! Oggi potrebbero entrare in “equity” investendo per e con le aziende, sposando, per un periodo di tempo ed accompagnando la loro crescita... portarle verso un reale sviluppo.


Sono temi difficili da affrontare e si capisce, ma anche predominanti che in vero vengono poco valutati preferendovi una sterile propaganda fatta di promesse fiscali e quant'altro. Un dato di fatto è certo..in tutto ciò il vero sviluppo dell'economia nazionale potrebbe essere indirizzato verso una crescita del Sud ed in questo ancora nessuno, né tantomeno il sindaco d'Italia, riesce ad immedesimarsi. 

post collelati: le ragioni della crisi economica
                  il paese e lo sviluppo

Interessante nota di Domenico Cacopardo

Le nubi che si addensano sul cielo cinese rischiano di avere conseguenze su tutto il mondo sviluppato (e non) e di mandare a carte quarant’otto la tela di Penelope tessuta in Italia per la definizione della «Legge di stabilità 2016».
Torniamo a parlarne, nell’unico modo oggi possibile, come se il fattore Cina non dovesse avere spiacevoli effetti.
I comuni italiani saranno in prima linea per la possibile abolizione della Tasi e la necessità di trovare fonti alternative di finanziamento.
Per risolvere la questione il governo s’è rivolto al Sose (Soluzioni per il Sistema Economico Pubblico e Privato), un istituto di ricerca riferibile all’Anci e al medesimo ministero dell’economia.
Il Sose ha lavorato sulla spesa storica dei comuni d’Italia.
Per esempio qualche dato: in Emilia-Romagna la spesa storica ammonta a 3 miliardi di euro l’anno (circa), pari a 693 euro per cittadino. In Calabria un po’ meno di un miliardo (995 milioni) pari a euro 495 pro-capite. Il dato, naturalmente, non chiarisce il rapporto tra spesa e servizi erogati.
Va ricordata inoltre: che la Corte costituzionale, investita del problema dell’autonomia finanziaria della regione Piemonte, ha ritenuto incostituzionale il dirottamento di fondi ricevuti da uno scopo all’altro. È, infatti, accaduto che la regione (come altre) abbia incassato un cospicuo finanziamento dello Stato per il pagamento delle partite arretrate (debiti verso i fornitori).
Ricevuti i quattrini, il Piemonte ne ha destinato una parte al pagamento dei fornitori e un’altra, credendosi legittimata dalla propria autonomia, a spese ordinarie (anche nuove). Questo è stato ritenuto incostituzionale e la Corte, così, ha introdotto un serio elemento di moralizzazione della finanza pubblica (le autonomie debbono rispettare vincoli e indicazioni dello Stato nazionale).
Forti di questa indicazione, i tecnici del ministero dell’economia e della presidenza del consiglio dei ministri hanno ora la possibilità di definire il «montante» (il totale ripartibile per categorie) del finanziamento secondo un criterio tecnico inoppugnabile, visto che è stato proposto da un organismo (il Sose) emanazione dei comuni italiani. Il criterio è quello dei «fabbisogni standard», una valutazione perequativa delle esigenze dei comuni in rapporto ai servizi erogati, abbandonandosi per questa via il criterio dei fabbisogni storici.
Il nuovo sistema difficilmente diventerà integralmente operativo nel 2016, ma, nel 2016, dovrebbe trovare un importante avvio: il Sose e il ministero dell’economia sono in grado di utilizzare un algoritmo che ingloba tutte le variabili constatate sul campo da Aosta a Trapani e le rapporta alla teorica capacità fiscale della comunità interessata.
Questo rapporto darà concretezza e attuabilità alle misure di riorganizzazione della spesa comunale e indicherà a ogni amministrazione la strada (virtuosa) da seguire per evitare il commissariamento della gestione del proprio bilancio. E, soprattutto, limiterà le possibilità delle ruberie attuali, quelle che emergono confrontando i costi unitari (la classica biro fornita ad alcuni comuni costa più di 20 volte di quella fornita ad altri)
Il discorso, in pratica, è meno difficile della sua descrizione.
Chi vuole potrà approfondirlo nei siti dedicati.

Domenico Cacopardo

24 ago 2015

Una recensione sul nuovo articolo del giornale di Sicilia del 22 Agosto sul pensiero del professore Giovanni Sartori.


   di vincenzo cacopardo                                                           

L'ISIS FA STRAGE ...MA L'OCCIDENTE NON SI MUOVE.”.
                                             Queste le dure parole del noto politologo!

La critica è forte e lascia poco spazio a diverse interpretazioni...Il professore, noto politologo ormai ultra novantenne, si esprime a tutto campo e senza peli sulla lingua cominciando dal caos che incombe in tutto il pianeta...partendo dal clima e finendo da una realtà che sta cambiando ed un lavoro che tracolla. 
L'autorevole personaggio prende spunto dal suo nuovo libro “la corsa verso il nulla”, affronta argomenti complessi scatenatesi negli ultimi tempi nell'intero mondo: Parla del nuovo scontro di civiltà tra Islam e Cristianesimo ..sottolineando il pericolo costante di un'Isis pronta ad uccidere e devastare senza che il Papa alzi parola sugli eccidi cristiani e le stragi dei cattolici sul resto del mondo. Le parole più toccanti sono quelle riferite a chi continua a parlare insensatamente di conflitti locali mentendo spudoratamente: Questa è una guerra ..afferma.. e ad una guerra si risponde solo con le armi. Il professore accenna alla Libia..asserendo l'inutilità di poter sperare di risolvere il problema degli immigrati in modo diplomatico e dichiarando che ogni strada dell' integrazione rimane senza alcuna via di sbocco: L'integrazione non esiste..quella che noi definiamo tale ..è in realtà..un patto di reciproca estraneità.

Ma il tratto più importante della sua intervista sembra essere indirizzato verso quell'Occidente che ha smesso di difendere i proprio valori. Le guerre operate dagli Stati Uniti sono state inutili ed imbecilli, non hanno esportato alcuna democrazia..poichè a loro stessi non interessava. Nel frattempo la stessa Chiesa sembra essersi rassegnata alla laicità dello Stato. Per Sartori dunque..una certa situazione fuori controllo e precisi interessi privati..hanno susseguentemente determinato il successo di figure interessate e demenziali assurte al potere, ma prive del tutto di ogni capacità in materia storico politica.

Sartori passa infine alla scontata critica dell'Unione Europea definita dallo stesso come una Confederazione più che una Federazione; per lui una unione di sette.. otto Stati con una banca centrale con controllo della moneta andava più che bene, ma la pretesa di una espansione verso Paesi poco similari , ha creato un autentico pasticcio: Cosa c'entra... ad esempio... l'Ucraina con l'Europa?

Oggi..termina il professore..l'incompetenza e ed il dilattentismo avanzano e fanno il gioco degli appetiti dei pochi. Ma per lui la rassegnazione non dovrebbe esistere... bisogna perciò difendersi e non arrendersi: occorre più realismo e forza di volontà! La salvezza viene dalla conoscenza. Per Sartori occorre quindi la cultura e l'istruzione ...più che la speranza.

Non si può che essere d'accordo col pensiero e l'analisi del Professore Sartori... anche se in certi termini si esprime in toni forti ed assoluti. Sono argomenti trattati diverse volte in questo blog.  Ma alla fondata ricerca del realismo e la forza di volontà mi permetterei di aggiungere la forza delle idee che spesso poco collima col realismo di coloro che tendono ad imporre con forza pragamtismi perentori dando spesso prova di non saper leggere in lungimiranza.  

20 ago 2015

Bergoglio e Galantino: due richiami forti che confluiscono in un rispetto dei valori sociali

di vincenzo cacopardo
L'errore  che penso si commetta spesso... è quello di credere che ogni argomento trattato dal Pontefice riguardo la società ed i suoi valori, possa essere preso come una posizione politica. Non ci si cura del fatto che l'esegesi cristiana fa parte integrante della vita dell'uomo nella nostra società: Cosa dovrebbe dunque fare un Pontefice nella sua opera di evangelizzazione ...se non attivarsi nel stigmatizzare i mali che in essa convivono?   

Il santo Padre definisce il lavoro come sacro” ..espressione di dignità della persona umana. Per lui creare una perdita di posti di lavoro significa causare un grave danno sociale.

Il tema dell'occupazione come tema sociale sta molto a cuore a Papa Francesco che lo contrappone all' incubo del profitto economico e quella particolare tecnologia che sta mettendo in forte rischio lo scandire della via umana. Bergoglio..nella qualità di pastore di una Chiesa che avanza nel messaggio cristiano, rimane addolorato dal constatare l'enorme massa sociale priva di lavoro e di una propria dignità dispersa proprio per la mancanza di questo.

Molti oggi vengono privati di una possibilità di dimostrare le proprie capacità perchè il ritmo di questa società lo impedisce danneggiandone lo spirito. Il Papa definisce ciò come una grave responsabilità umana e sociale che convive nell'attività dei pochi che si arricchiscono attraverso le regole di un mercato quasi divinizzato. A tal proposito Bergoglio si esprime con forza sui rischi che tale logica del profitto può portare incidendo come per imprigionare l'essere umano e rendendolo un ostaggio.
Queste... le sue chiare parole in proposito: Quando il lavoro è solo in suo “ostaggio” e si distacca quindi “dall’alleanza di Dio”, allora “l’avvilimento dell’anima contamina tutto, la vita civile si corrompe e le conseguenza colpiscono soprattutto i più poveri”.“La moderna organizzazione del lavoro mostra talvolta la tendenza a considerare la famiglia un ingombro, un peso per la produttività del lavoro”.

Altre e più crude le parole riportate sul Sole 24 Ore dal segretario generale della Cei,. Monsignor Nunzio Galantino nella sua Lectio degasperiana: “La politica non e' forse quella che siamo stati abituati a vedere oggi, vale a dire un puzzle di ambizioni personali all'interno di un piccolo harem di cooptati e di furbi. La politica é ben altro, ma per comprenderlo é inutile prodursi in interminabili analisi sociologiche o in lamentazioni, quando é possibile guardare a esempi come quello degasperiano».
«I veri politici - continua il segretario generale della Conferenza episcopale italiana, prendendo ad esempio la politica di De Gasperi - segnano la storia ed è con la storia che vanno giudicati, perché solo da quella prospettiva che non é mai comoda, si possono percepire grandezze e miserie dell'umanità».
«Un popolo non è soltanto un gregge, da guidare e da tosare: il popolo è il soggetto più nobile della democrazia e va servito con intelligenza e impegno, perché ha bisogno di riconoscersi in una guida. Da solo sbanda e i populismi sono un crimine di lesa maestà di pochi capi spregiudicati nei confronti di un popolo che freme e che chiede di essere portato a comprendere meglio la complessità dei passaggi della storia».

Queste parole per quanto assai contestate da una buona parte dei politici, segnano una strada comune con il comunicato di Papa Bergoglio. E' inutile prendersela con chi esordisce in tal modo ..quando è sotto gli occhi di chiunque lo stato delle cose..La politica che si sente offesa dal peso di queste esternazioni..dovrebbe comprendere come il suo ritmo scandisce e definisce in modo pedissequo una tendenza sociale ed umana offendendo spesso principi e valori che non possono non essere questioni legate ad un messaggio umano e cristiano.

Ma attenzione...quello di Bergoglio, non potrà mai essere definito un messaggio politico..Egli non specifica..nè avrebbe il potere di definire regole che la politica dovrebbe, invero, apprestare: La sua rimane una interpretazione come Pastore di una Chiesa che si muove nel.. e per.. il rispetto del sociale..attraverso valori cristiani che dovrebbero far riflettere. A differenza..quello del Nunzio Galantino, accennando e prendendo esempio da una precisa politica Degasperiana... rimane un messaggio più critico e dirompente, se pur nel rispetto dei valori di una politica più integra e umana.

Due messaggi diversi che confluiscono in un unico fine rappresentato dalla forza dei valori che in una società non possono mai essere mortificati da una politica sociale irrispettosa e poco attenta all'equità comune.









18 ago 2015

Una breve critica all'articolo di Domenico Cacopardo sulla riforma Rai

Quello che non si riesce a sopportare è proprio quel metodo “sottile di strategie” per ottenere risultati a favore di interessi politici personalissimi esaltati proprio dalle “scaltrezze” di un gioco che... in vero... uno svago non dovrebbe mai essere . Le “furberie di tipo andreottiano” a cui fa riferimento il dotto cugino Domenico in questo articolo, altro non sono che strategie che appartengono ad un passato che ha rovinato tutto l'andazzo di una politica che si vorrebbe oggi più nobile e fattiva. Se Freccero non ha mai sostenuto questa politica ed i metodi di Berlusconi e Renzi è proprio per il fatto che costoro si sono sempre mossi con atteggiamenti e posizioni da veri restauratori e meno come effettivi riformatori. Non credo si tratti di odiare, ma di valutare l'operato assai discutibile di tali strategie dedite esclusivamente a distribuire il potere con fini di ottenere consensi, ma quasi mai per ottenere giusti meriti ed efficienza.

Con estrema limpidezza ed un po' del solito disinvolto cinismo...Domenico scrive: Le capacità manovriere e mistificatrici del primo ministro che, tra polemiche comunque contenute, ha portato a casa, con tecnica andreottiana, il risultato desiderato: tempismo, un gioco sottile di accelerazioni e di rallentamenti, spregiudicatezza, col recupero di un rapporto sostanziale con Silvio Berlusconi.
Tutto si definisce quindi nella capacità di saper manovrare, nella spregiudicatezza.. e nell' aver saputo giocare con astuzia, ma quasi mai si entra nel merito di queste riforme , esaltandone  e mitizzandone gli sterili risultati e le figure di coloro che.. con una certa spregiudicatezza.. hanno saputo ottenere risultati attraverso l'uso di metodi andreottiani o similari.Quello che purtroppo oggi ancora esalta una gran parte di cittadini che analizzano i risultati come successi personali a prescindere... privandosi di considerarli in profondità nel merito!: E' quella "foma mentis" rimasta legata alle strategie di un passato che ci ha reso politicamente deboli e assai poco costruttivi. 

Ma, non so se Domenico percepisce che è proprio questo vecchio concetto che si vuole cambiare (sia che esso venga sostenuto dalla politica del nuovo M5S o condotto da altri nuovi movimenti) da parte di una nuova politica che avanza con fatica... altrimenti quel cambiamento non potrà mai essere il vero cambiamento. 

Questa è la ragione per la quale si deve contrastare questo metodo della visione cinica e pragmatica che avanza dirompente a sfavore di una più larga visione che tenga conto della ricerca e delle teorie di base e che realizzi ogni fine come utile funzione. Questa logica delle manovre astute (sia che si tratti di riforma RAI o altre riforme più complesse) porterà sempre risultati flebili, scomposti e di parte, ma mai a favore di un cambiamento che si vorrebbe di vera funzionalità. E' facile dare simili meriti ..molto più difficile operare per un cambiamento più serio senza emulare operazioni di strategie andreottiane di alta convenienza personale che si esprimono, poi, in una bassa politica costruttiva. 
vincenzo cacopardo


UN'OPERAZIONE ANDREOTTIANA

Mentre gli ultimi guerrieri giapponesi, ignari che il mondo è andato oltre Hiroschima, il Vietnam, il Golfo, Osama Bin Laden, si battevano come leoni per impedire la riforma della Rai proposta, per conto di Renzi, da Maria Elena Boschi, il governo concordava con le opposizioni il rinnovamento del consiglio di amministrazione, presidente e amministratore delegato secondo la (vigente) legge Gasparri.
All’operazione ha, inaspettatamente, partecipato il Movimento 5Stelle che, smentendo l’usanza di consultare il popolo via web, ha indicato come suo rappresentante Carlo Freccero, il noto e apprezzato professionista dei media che, per la vecchiaia e nonostante i riconoscimenti ottenuti, ha scelto il mestiere di odiatore del mondo e, in particolare, di Berlusconi e di Renzi.
In realtà, il risultato ottenuto sul tema Rai conferma le capacità manovriere e mistificatrici del primo ministro che, tra polemiche comunque contenute, ha portato a casa, con tecnica andreottiana, il risultato desiderato: tempismo, un gioco sottile di accelerazioni e di rallentamenti, spregiudicatezza, col recupero di un rapporto sostanziale con Silvio Berlusconi, mai venuto meno, in verità, mediato questa volta da sua felpatissima eminenza Gianni Letta, e cinica gestione degli uomini in campo.
Repubblica che, da tempo ha abbandonato il campo di Carlo Magno (capo di tutti i cristiani) per passare a quello di Agramante (capo di tutti i mori), protesta stizzita con un durissimo fondo di Ezio Mauro: la sensazione, però, è che la causa sostanziale della stizza derivi da una incontestabile caduta di peso e di influenza che restringe la sua area di riferimento politico agli scontenti di sinistra, cioè a gruppi marginali e ininfluenti, e, tentativamente, alla combriccola grillesca, peraltro ben più e meglio interpretata dal noto Marco Travaglio.
Nel merito, la nuova Rai è interessante. Si rimuovono la presidente Tarantola, che, a via Mazzini, sembrava l’asino in mezzo ai suoni, provenendo da Bankitalia e da una discussa esperienza alla Vigilanza, e il manager Luigi Gubitosi, il cui risultato migliore (la riorganizzazione dei Tg) è stato lasciato in eredità ai successori. Si inseriscono al vertice Monica Maggioni, cui si muove l’accusa di carrierismo, tipica manifestazione di invidia di colleghi interni ed esterni, mentre nessuno mette in discussione i risultati sempre ottenuti negli incarichi svolti, compresi quelli più rischiosi, nei fronti iraqeni e nel palazzo presidenziale di Assad. E, come direttore generale (e possibile futuro amministratore delegato) un personaggio interessante, anche se ignoto al grande pubblico: Antonio Campo dell’Orto. Cinquantunenne, proviene dall’universo Mtv, e dal consiglio di amministrazione delle Poste, ov’è stato inserito proprio da Renzi.
Tralasciando la povertà degli altri, una compagnia di nani (nei quali si intruppa Freccero, la cui possibilità di incidere sarà pari a zero), nella quale spicca per «nanità» una certa Rita Borioni, designata da Matteo Orfini, col quale ha collaborato nella commissione cultura del Pd, il duo Maggioni-Campo dell’Orto può imprimere una svolta all’azienda, introducendo un principio ignorato: la terzietà. Sin qui l’equilibrio dell’informazione era figlio della lottizzazione: gli utenti riuscivano a ottenere una rappresentazione dei fatti e delle opinioni (sempre squilibrata a favore del potere aziendale, monopolizzato dal Pd, frazioni exdemocristiana ed excomunista) da giornalisti strettamente lottizzati.
Ora, potrebbe verificarsi il caso che la notizia governi l’informazione e, quindi, sia essa dotata di quella terzietà da tutti invocata, ma da nessuno voluta. Certo una terzietà limitata dalla riconoscenza per Renzi, la cui misura, però, è nelle mani dei due massimi dirigenti.
Renzi, nonostante i propositi bellicosi, ha fatto un bagno di realismo: in fondo, ma non tanto, questo governo è dominato dalla democristianeria. Una democristianeria giovane e giovanilista, perciò più gradevole della vecchia, ma in sostanza sempre uguale a se stessa: cinismo, complicità, spregiudicatezza praticata con misura, disponibilità a tutto purché il potere sia mantenuto.
Nello sfondo, si animano i fantasmi di tragici passati. Se questo metodo di governo sprofonderà, come spesso sembra voglia fare, i movimenti populisti e nihilisti si rafforzeranno ulteriormente e sfioreranno il potere riportando d'attualità i nostri periodi bui, nei quali il vento dell’antipolitica ha prodotto una dura tirannia.
Certo, nello scenario manca una forza politica rigidamente democratica e liberale, radicalmente legata alla forza della legge e dello Stato di diritto, capace quindi di prospettare agli italiani una soluzione diversa, nella quale ci dovrebbe essere l’equilibrio dei diritti e dei doveri e la moralità pubblica non fosse sfiorata dal dubbio.
Questa forza c’è stata e si chiama Partito radicale: pur con numeri elettorali risicati è riuscito a imporre le principali riforme civili che rendono oggi l’Italia omogenea al mondo laico occidentale. E ha condotto, con esiti alternati, grandi battaglie di civiltà.
Oggi, un declinante Marco Pannella non è più percepibile come un leader capace di dettare l’agenda del prossimo futuro.
Ci manca, perciò, chi può far risuonare nelle aule parlamentari la voce della Repubblica democratica, aperta ai giovani e all’innovazione, capace di essere protagonista nella Penisola e in Europa.
Dobbiamo quindi arrangiarci.
Mentre aspettiamo che il destino di Renzi si compia, sia esso la sopravvivenza, o sia quello di Cesare assassinato da Bruto, dobbiamo renderci conto che mentre discutiamo e ci sbraniamo sulla Rai, l’Egitto di Al Sisi inaugura l’ampliamento del Canale di Suez (un anno di lavori per 8 miliardi di dollari) a dimostrazione dell’immarcescibile vecchiezza di questo Stato, dei suoi riti, delle sue cautele cartolari, dei suoi aeroporti di Fiumicino, bloccati per mesi per l’incendio di un bar, delle sue Ilva di Taranto, passata dal governo dell’economia al governo dei giudici, dei suoi cantieri di fama mondiale bloccati sempre dai giudici.
Insomma, se Renzi, benché democristianuccio (ma non di sagrestia come quelli cui eravamo abituati, alla prodi), riesce ad arrivare al 2018 con le riforme approvate, viva Renzi e il renzismo.

Domenico Cacopardo