Da quello
che si è visto al Senato sulla riforma costituzionale..(con un unico
scopo di fretta semplificativa) mi sembra davvero impossibile pensare che l'ambizioso giovane premier possa avere la volontà di rilettere e meditare..
Capisco
perfettamente le perplessita di Domenico Cacopardo espresse in modo
limpido in questa analisi politica... tuttavia nutro anch'io
altrettante incertezze su questa assurda legge elettorale ( ancora non definita in tutto).
Le
preoccupazioni di Domenico circa la vittoria del Movimento 5Stelle
suonano come una mancanza di alternativa per la politica Nazionale
del Paese. Bisogna, tuttavia, rendersi conto che, nel bene o nel
male, questo Movimento richiama l'attenzione di tanta gente ormai
oppressa e vessata da una politica governativa che da un altro lato
non pone il più importante principio sociale al primo posto:
l'equità.
Comprendo
fin troppo bene la diffidenza da parte di chi è inserito in un
sistema e che vive nel benessere: Se il Movimento 5Stelle arriverà
alla vittoria ..il merito probabilmente non sarà solo della propria
forza, ma di una politica governativa che non pare assolutamente
tener conto dei bisogni dei più deboli. Sarà proprio per il fatto
che l'ago della bilancia peserà a sfavore dei meno abbienti
spingendoli per necessità (seppur a malincuore) in favore di un
giovane Movimento che..anche nel suo poco accorto modo di procedere..
ne cura meglio gli interessi guardando alla società con meno
ragioni personali e più considerazione verso il sociale.
Sappiamo
in tanti come i nuovi arrivati della politica (estremamente
prodighi..persino cavillosi.. nel conteggio delle spese), proprio per
il loro confuso e limitato modo di eleggere i propri esponenti,
offrono grandi incertezze e creano esitazione, ma cosa offre
dall'altro lato la politica di un governo che persevera
nelle continue anomalie di una politica con una spocchiosa
arroganza..non curante delle essenziali disposizioni più utili in
direzione di un equilibrio sociale? Cosa regala ai suoi cittadini
..se fin troppo preso e condizionato da una politica europea che lo sottomette ai soliti parametri economici.. sottovalutando una più
importante azione per arrestare quella inesorabile forbice tra
ricchezza e povertà in aumento?.. Se procede attraverso la
politica di un premier arrogante e spocchioso che assai meno si
propone in favore di un risolutivo ed equilibrato welfare?
Un
premier che dimentica totalmente la fondamentale crescita del
mezzogiorno...Fecondo
in una comunicazione ipocrita e capziosa ..Perennemente lieto e quasi
soddisfatto di avere certi gufi tra i piedi che lo perseguitano....ma fin troppo disinvolto verso i bisogni dei più deboli...
vincenzo
cacopardo
Ripensateci.
Ora che la
riforma del Senato ha superato la terza e più difficile boa,
ripensateci e aprite al cambiamento l’Italicum.
Si dice che
l’Italia attuale è l’unica tirannia al mondo nella quale vadano
in video soltanto gli acerrimi, i più faziosi, nemici del tiranno.
Da questa
battuta, parte un ragionamento analitico e complessivo.
La legge 6
maggio 2015, n. 52 disciplina l’elezione dei componenti della
Camera dei deputati. Essa prevede che la lista che raggiungerà il
40% dei voti, otterrà un premio di maggioranza e 340 seggi su 630
(maggioranza 316). Un premio molto contenuto che, ai nostri tempi non
garantisce la governabilità, visto che per comporre una lista
vincente i responsabili dei partiti dovranno imbarcare amici e nemici
interni, consegnando loro ancora una volta un potere di veto o di
ricatto (il che è lo stesso) comparabile con quello esercitato in
passato.
Ma
l’aspetto più preoccupante del sistema è che con le elezioni non
sarà in palio la maggioranza della Camera, ma l’Italia. Una riffa
da giocare sul filo del rasoio, nella quale chi vince potrà,
effettivamente, instaurare un’autocrazia e prendere in mano
l’Italia.
Certo,
se la lista del 40% fosse quella del Pd o di Forza Italia è facile
ritenere che il regime democratico non correrà rischi, a meno che il
leader
del partito non subisse il fascino di derive autoritarie, non
contrastate a sufficienza dagli anticorpi insiti nel sistema come le
maggioranze qualificate per la riforma elettorale, per l’elezione
del presidente della Repubblica e dei giudici costituzionali.
Ma
immaginiamo lo scenario peggiore. Che quel 40% sia conquistato dal
Movimento 5 Stelle che pone come suo obiettivo l’uscita dall’euro,
il che vuol dire, di fatto, l’uscita dall’Europa, oltre a una
serie di amenità autolesionistiche (per l’Italia) di natura
paraecologista o paraeconomica, come la follia della crescita zero e
dell’opposizione alle infrastrutture di sopravvivenza civile ed
economica, come le ferrovie veloci, le autostrade (aggiornamenti di
tracciati e di rete), i termovalorizzatori e simili.
Il governo
sarebbe in mano a una compagnia di scombiccherati votati a portare il
Paese nel medio evo di un oscurantismo fondamentalista dal quale
sarebbe difficile uscire in breve tempo.
Probabilmente,
un successo del Movimento 5 Stelle innesterebbe reazioni all’interno
del sistema statuale e non è peregrino immaginare che potrebbero
essere molto decise.
Ma tant’è:
Deus amentat quos perdere vult
(Dio acceca coloro che vuol perdere). E se gli italiani decidessero
di non far raggiungere il 40% a nessuno dei contendenti in campo e si
andasse al ballottaggio tra il Pd e i 5Stelle, potrebbe verificarsi
il demenziale effetto Parma,
per il quale per non votare un vecchio e bolso quadro di partito (del
Pd), gli elettori di destra e di centro sono confluiti sul candidato
grillino, tale Pizzarotti Federico, una nullità culturale e politica
i cui effetti negativi (e distruttivi, come il rifiuto del
collegamento tra l’Autobrennero e l’Autocisa) hanno già
gravemente colpito quella che è stata la capitale emiliana, e
continueranno a colpirla almeno sino alle prossime elezioni
amministrative.
Un effetto
Parma che potrebbe indurre gli
elettori orfani del fuleader
del centro-destra, Silvio
Berlusconi, e dei tradizionali riferimenti moderati, convinti tuttora
della necessità di opporsi alla sinistra, anche a quella annacquata
e democristiana dei nostri giorni, a votare per il male
maggiore, Grillo&suoi in
una sorta di purificante karakiri,
di cui subito dopo (come a Parma) si pentirebbero, visto che il
prezzo maggiore lo pagherebbe il ceto medio e moderato nazionale.
Se l’onestà
è la bandiera dei 5Stelle (un’onestà da porre alla prova
dell’esercizio del potere) essa non può essere il criterio
discriminante per esprimere il proprio voto. Il criterio dovrebbe
essere quello di scegliere chi prospetta un programma realistico e
convincente e può mostrare di avere le carte in regola per
realizzarlo. Così come non affrontereste un’operazione scegliendo
il chirurgo col criterio dell’onestà, ma con quello delle notoria
capacità professionale, così non dovreste affrontare le elezioni
con un principio deviante e, nel caso della troupe
grillina, con l’acritica
accettazione di idee rovinose e/o inattuabili.
Certo,
l’ipotesi di cui abbiamo scritto è marginale, al limite di un
corpo elettorale preso da un’incontenibile pazzia, come il corpo
elettorale che 6 aprile 1924 dette il 60% al partito nazionale
fascista avviando l’instaurazione della dittatura. Ma, proprio per
la valutazione delle conseguenze estreme, abbiamo detto all’inizio
Ripensateci e
lo ripetiamo ora: Ripensateci!
Ci sono due
vie per mettere l’Italia al riparo dalle avventure: la prima è
consentire la formazione di coalizioni di partiti, legittimandole
all’ottenimento del premio di maggioranza. La seconda è un aumento
del limite dal 40 al 42%. In questo modo, si renderebbe veramente
remota l’ipotesi dei 5Stelle, e si darebbe al governo espresso
dalla coalizione vincente un margine più consistente di seggi per
realizzare il proprio programma.
Se qualcuno
si scandalizzerà dall’esplicita menzione del Movimento 5 Stelle
come soggetto politico cui contrapporre una legge elettorale che ne
renderebbe ancora più difficile la vittoria, lo rassicuro: di norma
le leggi elettorali vengono scritte ritagliandole sugli interessi
specifici e concreti della maggioranza del tempo. In questo caso,
occorre mettere al centro dell’attenzione l’Italia, il suo
faticosissimo uscire dalla crisi, la necessaria coerenza con decenni
di politica europeista, nella quale oggi abbiamo più cittadinanza e
peso di qualche anno fa.
Pensare
all’Italia per sbarrare il passo alla compagnia di giro dei
grillini (i geometri contro gli ingegneri).
È l’Europa
il nostro contesto, il nostro futuro, il nostro orizzonte.
Rinunciarci
sarebbe un grave e costoso sacrificio e che condurrebbe sulla via
dell’avventura.
E l’Italia
non può essere la posta di uno spaventoso gioco alla roulette.
Ripensateci!
Domenico
Cacopardo